Scorci di vita Veneziana: la porcellana e altre curiosità – Prima Parte
Essere in Puglia a seguire il cantiere della nostra casa sta scatenando tutta la mia fantasia e la mia immaginazione.
Ormai sogno ad occhi aperti e visualizzo la casa già finita ed arredata, pronta ad accogliere parenti ed amici.
Il problema è che ho già fatto i primi danni: due giorni fa ho comprato 6 sdraio per la nostra futura piscina e ieri ho rischiato perchè la mia amica Flora mi ha portato da un artigiano di Ostuni che fa oggetti di ceramica e terracotta (per fortuna mi sono trattenuta e non ho comprato nulla)
Ammirare tutti quei piatti, ma non solo, e iniziare a “vedere” la nostra cucina dove preparerò i miei pranzetti e le mie cenette per i nostri ospiti, mi ha fatto pensare a mio zio…
Un paio di mesi fa, durante una della trasferte a casa di mia mamma a Venezia, sono andata a trovare mio zio Agostino.
Mio zio agostino dipinge, sa cucinare divinamente ed è un appassionato della storia Veneziana quindi quando vado da lui spesso rimango ad ascoltare i suoi racconti.
L’ultima volta che sono andata a casa sua, mi ha svelato la storia della porcellana.
Ne sono rimasta letteralmente affascinata quindi oggi, con l’aiuto dei suoi preziosi appunti, cercherò di raccontarvela.
A Venezia la manifattura della porcellana è nata intorno al termine del secondo decennio del ‘700
La prima fu quella di Vezzi, che seguì di pochi anni (1714) quella di Meissen in Sassonia.
I preziosissimi, ricercatissimi, rarissimi e, naturalmente, costosissimi oggetti di questo materiale erano stati importati fino ad allora dalla Cina.
Per vari secoli in tanti tentarono invano di produrre la porcellana in Europa e tra loro ci furono i Medici che investirono un sacco di soldi in questo inutile tentativo.
Quello che non si sapeva era l’esatta lista dei componenti dell’impasto perchè i cinesi, ovviamente, si tenevano ben stretto il loro segreto: uno dei componenti della porcellana era top secret!
All’inizio del ‘700 il segreto, che si divulgò rapidamente, fu svelato: si trattava del caolino.
Quasi contemporaneamente una cava di questo materiale fu scoperta in Sassonia, e, a Meissen, si cominciarono a produrre oggetti di porcellana.
Naturalmente in Sassonia fu subito messo il divieto assoluto di esportare quel materiale.
Ma i Veneziani , che erano parecchio furbi, riuscirono ad ottenerlo, di contrabbando, pagando a carissimo prezzo una fantomatica ” cipria ” di cui nessuna dama mai fece uso.
Che fenomeni, e comunque alla fine il merito è sempre di noi donne! Hihi
Fu così la produzione della porcellana arrivò dalla Cina all’Europa rendendo così possibile il possesso di oggetti in questo materiale ad un più vasto numero di acquirenti sia per il prezzo ormai ben più accessibile, sia per la quantità di oggetti che il mercato proponeva.
Il nome, datole da Marco Polo, pare derivi dalla somiglianza con certe conchiglie tondeggianti e rosee come, appunto, un porcellino.
Io questo proprio non lo sapevo!
Certo è che comunque l’impiego della porcellana non entrò nell’uso quotidiano, dove si adoperava la ceramica (che è simile alla porcellana, ma molto meno pregiata)
La porcellana si usava solo in occasione di feste o di importanti ricevimenti.
Nei primi tempi veniva usata al posto dei servizi d’argento, oppure d’oro, nelle grandi circostanze.
A proposito di questo, è famoso un aneddoto riguardante la “doviziosissima” (amo questi vecchi paroloni che non si usano più!) famiglia Labia: pare che un suo esponente, alla fine dei lussuosi pranzi che offriva, usasse lanciare in Canal Grande le stoviglie su cui gli ospiti avevano mangiato ed accompagnasse il gesto dicendo:”Che l’abia o non l’abia son sempre Labia!”
Vorrei tanto conoscere il nome del suo pusher, ops!
Nei servizi di ceramica, e naturalmente ora di porcellana, la quantità dei piatti era enorme, sproporzionata a quella degli invitati composta, anche nei grandi avvenimenti, da un numero limitato di persone.
A questo proposito ora vi svelo un altro aneddoto a dir poco buffo che mi ha raccontato sempre mio zio .
Mio zio un giorno andò a casa di amici, che spesso organizzavano importanti cene, e vide, appeso alle pareti, un enorme servizio di Wedgwood; la sala da pranzo era letteralmente tappezzata da piatti da portata e non solo.
Qua e là, sulle mensole, spuntavano anche delle bellissime zuppiere bianche.
“Tanti vero?” , chiese a mio zio il suo amico. “Aspetta! Ti faccio vedere l’ordine. Riderai!”
Poco dopo, datato 1780, gli fu mostrato un documento dove, in italiano, si leggeva :
“Vogliate inviarci:
250 piatti fondi
250 piatti piani
30 zuppiere grandi
15 zuppiere piccole
40 piatti da portata grandi
40 piatti da portata medi
40 piatti per contorni
15 legumiere
12 salsiere
2 o 3 vasi da notte”
L’ordine era indirizzato al Signor Wedgwood in Inghilterra.
Dopo qualche mese, via mare, la famiglia ricevette quanto ordinato. ”Solo che, concluse l’amico, i vasi da notte erano 203″, come da ordine.
Secondo me i Wedgewood avevano lo stesso pusher del Sig. Labia
E non finisce qui…
A domani per la SECONDA ed ultima PARTE
Barbara
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