Ma è possibile che io sia così ignorante da non sapere che Manet, in uno dei suoi tre viaggi a Venezia, si è messo a dipingere un gondoliere che guarda caso, era proprio sotto alle finestre della casa dove vive ora mia mamma?!”.
Che grande sopresa, che enorme sopresa. Erano in tanti davanti a me ad ammirare quel quadro e io avrei voluto urlare a tutti che in quella casa ci era nata (tranne me che sono nata in Scozia) e cresciuta tutta la mia famiglia. Che emozione, non dimenticherò mai quell’ultima sala dedicata al mare e alla mia Venezia. Sono uscita dalla mostra accecata dalla luce di quel quadro e sono rimasta ancora più accecata quando, dalla penombra dell’appartamento del Doge, mi sono ritrovata scaldata ed illuminata da un forte ed intenso sole. Il cielo era azzurro e dopo neanche un’ora avrei rivisto la mia mamma. Che giornata intensa e ricca di emozioni, ieri. BarbaraTurista per caso, con sorpresa, da Manet.
Ieri, nel primo pomeriggio, mia mamma sarebbe tornata a casa, a Venezia.
Era andata in Sardegna con mia suocera e il loro nipotino (il mio Danny boy) ed erano lì da ben 9 giorni.
Non ci vedevamo da circa 20 giorni e avevo voglia di rivederla quindi avevo deciso di non andare in spiaggia, ma di aspettarla a casa.
Mi sono svegliata con calma, ho fatto colazione, sono andata a fare la ceretta (oggi arrivano anche i miei maschi e non vorrei mai che mi scambiassero per una scimmia) e ho bevuto un caffè fresco shakerato con una mia amica, in Campo Santo Stefano.
Dopo il caffè ho guardato l’ora: erano le 12.
“Invece di tornarmene sola soletta a casa, cosa posso fare per un paio di ore a Venezia?”
“Faccio shopping?”
“No, devo risparmiare i soldi per la casa che stiamo costruendo in Puglia”
“E allora che faccio?”
E a quel punto mi è venuta l’idea: “Faccio la turista: faccio una bella passeggiata e me ne vado in giro per la mia città a scattare foto.”
Cammina cammina e sono arrivata in Piazza San Marco, ho alzato lo sguardo verso Palazzo Ducale e ho visto la scritta “Manet: ritorno a Venezia. In mostra fino al 18 agosto 2013”.
Bingo!
Ecco dove vado: a vedermi la mostra di Manet.
Facciamo subito outing così mi levo il pensiero e non ci penso più: per quanto riguarda l’arte, sono ignorante come una capra.
Ignoro nel senso che non so, ma sono capace di leggere ed imparare e quindi ieri, visto che avevo del bel tempo a disposizione, mi sono impegnata.
Sono un’esteta, mi piacciono le cose belle, ma non vado oltre alle nozioni base imparate a scuola (quelle che mi ricordo ancora).
Ho pagato il biglietto, ma prima di entrare alla mostra ci ho messo quasi mezz’ora.
Era da anni, tanti anni, che non entravo dentro Palazzo Ducale e mi sono persa, smarrita.
Smarrita nei pensieri, smarrita tra le ombre e i raggi di sole che illuminavano il cortile, le colonne, gli archi, le statue…
Che spettacolo.
Alla fine ho ritrovato me stessa e sono entrata.
Non sto qui a raccontarvi tutta la storia di Manet perché se la volete leggere basta che digitiate il suo nome su Google e fate prima.
Vi dirò solo quello che ha colpito me tra le tante cose che ho letto prima sulle pareti dell’appartamento del Doge, dove è stata allestita la mostra, e poi sulla guida che mi sono regalata.
Di questa mostra si è parlato tanto e per tanti motivi.
Innanzitutto è esposto “Olympia”, il dipinto mai uscito prima dalla Francia.
Quel dipinto che Manet ha fatto ispirandosi alla “Venere d’Urbino” di Tiziano, dopo averla prima copiata durante un suo soggiorno a Firenze.
I due dipinti hanno molto in comune, ma è il senso che è molto diverso.
Le cose che mi hanno colpito di più sono che nella “Venere d’Urbino” c’è un cane, simbolo delle fedeltà, mentre in “Olympia” c’è un gatto, simbolo del demonio (nella foto si vede male perché è nero ed è in basso a destra).
Nelle “Venere d’Urbino”, inoltre, la mano di lei si appoggia rilassata sulle parti intime, mentre in “Olympia” la mano è più aperta, ferma, quasi fosse uno sbarramento.
In “Olympia”, la sensualità è decisamente meno forte che nel dipinto che Tiziano dedicò alla giornata nuziale.
In “Olympia” lei non aspettava il futuro marito, ma forse un amante da cui voleva farsi desiderare, senza concedersi (questa l’ho pensata io, magari è una cavolata, ops!).
Per molto tempo la critica ha parlato della pittura spagnola come grande fonte di ispirazione di Manet, ma con questa mostra, per la prima volta, si capisce quanto invece sia stata forte l’influenza dell’arte antica Italiana sull’opera di questo grande artista che in Italia soggiornò numerose volte tra Firenze e la mia amata Venezia.
Tiziano, Raffaello, Andrea del Sarto e Tintoretto sono solo alcuni degli artisti a cui Manet si è ispirato.
Scandalizzò molto i suoi contemporanei per il fatto che attingeva un pò troppo spesso dai maestri del passato, ma se l’arte e la moda continuano ad esistere è proprio perché gli artisti di oggi guardano agli artisti di ieri appropiandosi delle loro idee e sviluppandole a loro modo no?!
Credo sia inevitabile, anche se forse Manet si è un pò troppo “allargato” e, visitando questa mostra, la cosa salta molto all’occhio.
Non dico che Manet non mi piaccia, ma di sicuro (ricordatevi che ho fatto outing e ho ammesso che sono ignorante) preferisco quelli che ci hanno messo più del loro.
Resta il fatto che la mostra è davvero bella e che vedere certi quadri dal vivo è davvero emozionante, toglie il fiato.
Manet è nato nel 1832 a Parigi in una ricca famiglia borghese ed è stato suo zio, portandolo al Louvre, a mettere in lui il seme dell’arte (l’ho sempre detto che gli zii sono indispensabili).
Manet non voleva studiare giurisprudenza come avrebbe voluto il padre (meno male che ogni tanto i figli si ribellano) e avrebbe preferito la scuola navale dove però non lo accettarono (meno male che non lo accettarono).
Fu così che iniziò la sua carriera artistica e che Eduard (ormai lo sento “amico”) posò le dita prima su un pianoforte e poi sui pennelli, gli stessi pennelli con cui ha creato le splendide opere che ho potuto ammirare ieri.
Ho continuato il mio giro leggendo i racconti dei suoi viaggi e dei suoi percorsi e ammirando tanti altri suoi dipinti, fino a che sono arrivata all’ultima sala, e lì mi sono bloccata.
“Cavolo, ma quella è la casa della famiglia di mia mamma?”
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