L’importanza della solitudine, e quella forza apparente.

Un paio di giorni fa, sfogliando virtualmente il faccia da libro (facebook), ho trovato questa frase:

“Se riesci ad apprezzare la solitudine, non correrai mai il rischio di sentirti solo”

Sono parole che ti fanno riflettere…

E dopo poco ecco che trovo un’altra frase, importante:

“Non esiste nessuno più difficile di chi sa stare solo. Ha imparato a fare la cosa che fa più paura al mondo. Quindi non sarà mai disposto a barattare la sua solitudine con rapporti di circostanza, ne con persone che cercano compagnia solo perché hanno paura del vuoto”.

Ah, che grandi verità!

Spesso su facebook leggo un sacco di cavolate, e inutili polemiche, ma questa volta no.

Imparare a stare bene da soli è davvero una delle cose più importanti da fare, anche se spesso è difficile.

Ma è solo imparando a stare bene da soli che si finisce con l’imparare a stare bene con gli altri, per il piacere di starci, e non perché se ne ha bisogno.

E poi chi non ama la solitudine non sa cosa sia davvero la libertà…

Non so voi, ma io mi sento davvero libera solo quando sono da sola, magari durante una delle mie passeggiate in mezzo alla natura.

Sono figlia unica, e quindi da piccola mi sono spesso ritrovata a giocare da sola.

E’ giocando da soli, e iniziando a stimolare la fantasia, che si inizia a prendere confidenza con i pregi e difetti della solitudine.

Quando giochi da solo mai nessuno potrà strapparti dalle mani il tuo oggetto preferito, ma non ci sarà neanche nessuno ad aiutarti a metterlo a posto, quando si romperà.

Quando abiti da solo non ci sarà mai nessuno a dirti di abbassate la musica perché vuole dormire, ma non ci sarà neanche nessuno ad infilare nello stereo il suo cd, facendoti conoscere un cantante nuovo.

Quando sono venuta a vivere a Milano, per studiare all’università, io avrei voluto dividere casa con un’amica, ma mio padre non me lo ha permesso.

“Vai a vivere da sola, e imparerai prima che certe cose le puoi fare, e altre no, ma per rispettare  te stessa e, non per rispettare gli altri”.

Aveva ragione il mio papà.

Forse era un po’ brusco nei modi, ma il mio papà aveva spesso ragione.

Ho vissuto da sola per circa 15 anni.

Ho avuto diverse relazioni, ma non ho mai permesso a nessuno di dividere con me la mia casa.

Non sono mai stata disponibile a barattare la mia preziosa solitudine con rapporti in cui non credevo, al 100%.

Il primo uomo con cui ho deciso di dividere lo stesso letto, non solo il fine settimana, è diventato mio marito, e il padre di mio figlio.

Ma ancora ora…

Ancora ora mi sento davvero libera solo quando lui magari è via per lavoro, o semplicemente perché ha una lezione di inglese, o di boxe.

Io mi sento libera solo quando posso essere me stessa, al 100%, e questo succede solo quando sono da sola.

Non devo fare felice nessuno, non devo piacere a nessuno, e, soprattutto, posso guardare tutte le cavolate che voglio, in tv.

Ahahahahahahah!

A patte gli scherzi, per me la solitudine è davvero importante, essenziale.

Io da sola sto proprio bene.

Non fraintendetemi: io amo mio figlio, e mio marito, e amo condividere una parte della mia vita con loro, ma una parte…

Imparare a stare bene da soli, nella vita, ti può solo essere di aiuto.

Se una sera mio marito esce, io non sto a casa a pensare dove sia, con chi sia, e cosa stia facendo.

Io sto a casa, nutro e metto a letto nostro figlio, e poi mi guardo un film di quelli smielosi, oppure mi faccio un bagno caldo e mi leggo un libro romantico, o un bel manuale di quelli che spiegano come tenere a bada mariti e figli, quando rompono.

Quando vivi da sola per tanti anni, e non permetti a nessun uomo di invadere i tuoi spazi con la copia delle tue chiavi di casa, impari anche ad arrangiarti, e a fare tutto, da sola.

Quando mi si bucò la prima gomma della mia prima macchina, ero da sola, e non passava nessuno.

Ero uscita da qualche discoteca, e me ne stavo tornando a casa sola soletta, in “tranquillitè”!

Ho preso il cric e la gomma di scorta, e mi sono arrangiata, da sola.

Per le mie amiche, e per i miei amici, sono sempre stata una donna forte!

E’ proprio quando gli altri iniziano a pensare che tu sia davvero una donna forte, che sei fregata!

Perché le donne forti non hanno bisogno di aiuto.

Le donne forti vengono guardate da lontano mentre si cambiano la gomma dell’auto da sole, e nessuno chiede loro se hanno bisogno di una mano, perché tanto le donne forti non hanno mai bisogno di aiuto.

Il vero problema è che quando passi una vita a fare tutto da sola, alla fine diventa davvero difficile chiedere aiuto.

A volte vorrei farlo, ma mi ritrovo a mordermi la lingua, e a fare da sola, come sempre.

Sarà una questione di abitudine, sarà perché quando impari a fare a modo tuo, ti convinci che se qualcuno ti aiutasse a modo suo, ti darebbe fastidio.

Sarà quel che sarà, ma una cosa l’ho capita: “Le donne forti sono quelle che hanno più bisogno di protezione. Perché sono stanche, di lottare da sole”.

Ecco! L’ho detto!

E adesso chi ha orecchi per intendere intenda!

Se avete un’amica che vi è sempre sembrata forte…

Se avete una sorella che vi è sempre sembrata forte…

Se avete una moglie che vi è sempre sembrata forte…

Se avete una madre, o una zia, o una figlia, o una nipote, che vi sono sempre sembrate forti…

Sappiate che sono proprio le donne forti che hanno bisogno di essere protette, aiutate e amate, anche più delle altre.

Il problema è che spesso non sanno chiedere…

Besos

Barbara

 

Caveman: quando ridere fa bene, e fa riflettere…

E poi una giorno la mamma di un amichetto di tuo figlio ti ferma davanti alla scuola e ti dice: “Mio marito ed io, con una coppia di amici, settimana prossima andiamo al Teatro Nuovo a vedere che Caveman. Vuoi che prendo i biglietti anche per te e Marcello?”

Sììììììììììììììììììììììììì!

E’ da anni che volevo andare a vedere quello spettacolo, ma per un motivo o per l’altro non ci ero mai riuscita.

8.000.000 di telespettatori, di cui 50.000 solo a Milano!

Se state per sposarvi, se siete al settimo anno di matrimonio, o se state per lasciarvi, non potete non andare a vedere “Caveman: l’uomo delle caverne”.

Ci credete se vi dico che ho ancora un certo indolenzimento alla mandibola per quanto ho riso ieri sera?!?!

Che gli uomini vengano da Marte, e che le donne vengano da Venere, già lo sapevo, ma ieri sera ho scoperto un sacco di cose nuove.

Gli uomini, dai tempi delle caverne, hanno sempre avuto un solo compito: cacciare!

Per l’uomo esiste solo un’arma, e un obiettivo.

Una clava e una animale; un arco e un animale; un fucile e un animale; il pisellino e la patatina; il mouse e il computer; il telecomando e il televisore!!!

Ecco perché gli uomini, da sempre, fanno una sola cosa alla volta!

Una sola cosa alla volta, ma fatta bene (Questo lo dicono loro! Ahahahahah).

Quando individuano il loro obiettivo, si concentrano solo su quello, e altro non vedono, e non sentono.

Se il vostro compagno sta guardando il televisore, o sta facendo qualcosa sul computer, e voi gli fate una domanda, ma lui proprio non vi sente, non vi arrabbiate: non è che ci sentono, ma non ci cagano (ops). Loro non ci sentono proprio!

Alla quarta volta che facciamo loro la stessa domanda, allora escono dalla loro caverna, si girano come ci vedessero per la prima volta nella loro vita, e ci chiedono: “Hai detto qualcosa?”

Ma a quel punto la rabbia si sarà definitivamente impossessata di noi, ad oltranza, e la nostra risposta sarà: “Niente, niente!”

E lui? E lui si arrabbierà ancora di più, perché lui sarà uscito dalla sua caverna, perdendo il suo obiettivo, e lo avrà fatto per sentirsi dire: “Niente, niente!”

Come sono diversi gli uomini da noi donne!

Perché gli uomini si arrabbiano, ma dopo due minuti si sono già dimenticati perché si erano arrabbiati.

Come sono diverse le donne dagli uomini!

Perché le donne si arrabbiano, e per circa 5 ore con continuiamo, ad oltranza, a chiedersi perché hanno scelto di dividere la loro vita con uno così.

Gli uomini cacciavano, con un solo obbiettivo alla volta, e noi raccoglievamo, dovendo stare attente, già ai tempi, a tante cose, tutte assieme: colori, sapori, profumi, consistenze…

Loro continuano a saper fare una cosa alla volta, e noi continuiamo a farne 1000, e tutte bene (ovviamente).

Era da anni che non vedevo mio marito ridere così tanto, e per così tanto.

Abbiamo riso assieme per due ore, senza sosta.

Quanto fa bene ridere.

Se poi tra una risata e l’altra riesci anche a fare una piccola riflessione, tanto di guadagnato.

Quando vedi un uomo sul palco che prende in giro i suoi simili, dando loro, simpaticamente, degli “stronzi”, e, guardandoti attorno, vedi che tutti i suoi simili reagiscono ridendo, allora capisci tante cose:

1) Gli uomini sono consapevoli di essere “stronzi” (ovviamente lo dico con tanto affetto!), e la cosa li fa pure ridere (Strani davvero!)

2) Lo “stronzo” (sempre detto con tanto affetto, usando i termini dell’artista), non è solo il tuo di marito: il mondo è pieno di “stronzi”, consapevoli, e quindi evviva il famoso detto “Mal comune mezzo gaudio”.

3) Mio marito quando guada la tv, o lavora sul pc, e non risponde alle mie domande, non lo fa per cattiveria o perché non gli interessa quello che gli dico, ma perché proprio non mi sente (oggi compro un megafono!)

Ah come sto meglio oggi!

Ah come mi sento meno arrabbiata e più rilassata!

Ieri sera ho scoperto davvero un sacco di cose nuove, e parecchio utili alla sopravvivenza di coppia.

Lo sapevate che una donna dice mediamente 7000 parole al giorno, e un uomo 2000?

Quando tornano a casa dall’ufficio , e spesso non vanno oltre al “Ciao!”, non è che non ci amano più, o che vorrebbero essere altrove, magari con un’altra più giovane e più magra, ma hanno solo finito le 2000 parole giornaliere!

Grazie Maurizio Colombi!

Grazie perché ieri sera mi hai fatto ridere davvero di gusto, come non mi capitava da tanto, e mi hai pure fatto riflettere, sentendomi meno sola, e meno diversa, dalle altre donne.

Ieri sera ho capito che siamo davvero tutte nella stessa situazione, e che tutti i nostri compagni sono tutti nati nelle caverne, e nelle loro caverne continuano a rifugiarsi anche ai giorni nostri, pur continuando ad amarci.

Adesso però una domanda mi sorge spontanea: visto che gli uomini sanno fare una sola cosa alla volta, secondo voi mio marito, ieri sera, mentre rideva, sarà riuscito anche a riflettere?

Mistero.

Besos

Barbara

Stasera si ride

Stasera si ride

 

 

 

 

Vena safena – Temperateitacchi : 0-1

 

Ebbene sì: sto giro ho vinto iooo !!!

Era da due anni che dovevo togliere sta cavolo di vena safena, ma la fifa aveva sempre preso il sopravvento.

Poi un giorno arriva lui, il bell’anestesista, amico di amici, e mi dice che ormai la vena safena non la sfilano più, ma la bruciano col laser.

Madavvvvvvveroooooo!?!??!

E, fortuna fortunella, lui aveva anche un bravo amico chirurgo vascolare che faceva proprio quello.

Bingo!

Preso appuntamento, fatto ecodoppler (una sorta di check-up che ti fa vedere come funzionano le vene, e che avevo già fatto due anni fa), e data intervento fissata.

Se devo proprio essere sincera sincera, il giorno prima ero terrorizzata, quasi in lacrime dalla paura.

Ma la mattina dell’intervento, come sono arrivata in clinica e ho visto i miei due dottori che mi aspettavano,  mi sono immediatamente tranquillizzata.

Della giornata di ieri mi ricordo solo un sacco di risate.

Non dimenticherò facilmente la faccia dei barellieri che sono venuti a prendermi in stanza, quando hanno guardato “con orrore” il mio smalto rosso sulle unghie:

“Ma signora! Non si può andare in sala operatoria con lo smalto rosso sulle unghie!!!”

“Mandatemi subito un’estetista con solvente per smalto semipermanente, e io me lo faccio levare!”

E giù tutti a ridere!!!

“Riesce almeno a togliersi braccialetti e anelli!?”

“Ops, mi ero dimenticata! Provvedo subito!”

“Signora ma deve levarle le mutande!”

“Le mutande!? Ma la vena mica me la sfilano dall’inguine co,e a cevano una volta! Me la tolgono col laser! E poi questa pseudo camicia da notte7grembiulino, che mi avete dato, è cortissimo, ed è aperto dietro, e io il chirurgo e l’anestesia ormai li conosco bene! Mi vergogno! Le mutande non le tolgoooooo!”

E giù tutti a ridere di nuovo!

E poi finalmente loro: la morfina, e l’anestesia spinale!

Wow!

Non ho ben capito cosa mi abbia iniettato il bell’anestesista, ma stavo proprio na favolaaaaaaaaa!

L’intervento sarà durato circa 1 ora e mezza, ma il tempo è volato via, leggero.

Sono entrata in cliic a alle 8, alle 10.30 ero già tornata in stanza, alle 12 mi sono mangiata una bella pastina in brodo, un piatto di prosciutto e una mela cotta, e alle 14 ero in taxi, diretta a casa.

Ma come?! Nessuno mi ha accompagnata e nessuno è venuto a prendermi?!

E no! Io per certe cose sono un po’ strana!

E infatti di questo piccolo intervento, che ho fatto ieri, non ho detto niente a nessuno.

Non voglio nessuno tra i piedi quando devo fare visite importanti o, peggio ancora, interventi.

Zero mamme, zero suocere, zero mariti e zero amici.

Il giorno prima devo dire che ad un certo punto mi sono pentita di avere questo brutto carattere, e avrei tanto voluto chiamare tutte le mie amiche per chiedere loro di venire con me, ma poi ci ho ripensato.

Sono stati i barellieri, le infermiere e i dottori la mia compagnia più speciale.

Sono stati loro che mi hanno tranquillizzata, e fatta ridere.

Grazie, davvero!

Avreste dovuto vedere la mia faccia quando mi hanno dimessa dicendomi che avrei dovuto farmi una puntura da sola sulla pancia, una volta al giorno per sei giorni!

Io farmi una puntura da sola?! Ma siete fuori!!!

Quando l’ho raccontato a mio marito, che gioca a rugby, va in moto, e ora fa pure pugilato, lui mi ha ammesso che anni avrebbe dovuto farsi delle punture da solo anche lui, ma proprio non ci era riuscito!

Attenzione!

Dopo anni che mio marito dice che sono una fifona, finalmente era giunto il momento di dimostrare il contrario, e quindi…

E quindi ieri sera ho preso la siringa e taaaaaac: mi sono fatta la mia prima puntura da sola, e ridendo pure, tiè!

Adesso non vedo l’ora di levarmi tutte ste bende, e di cacciarmi sotto una doccia calda.

Sembro l’omino Michelin, ma tra 24 ore finalmente srotolerò via da tutto ciò.

E secondo voi cosa farò appena toglierò le bende?!?

Una bella camminata, ovvio.

E poi?

Poi una bella doccia.

E dopo la doccia?

Andrò a comprarmi un paio di stivali provando solo quello destro!

Non fate quella faccia! Adesso vi spiego!

Il fatto che sta benedetta safena non facesse più suo dovere, aveva fatto sì che la mia gamba sinistra fosse diventata più grossa della destra.

Il problema è che non me ne ero accorta subito!

Mi era quindi capitato di andare a provare un paio di stivali, provando solo quello destro, e di avere una brutta sorpresa una volta tornata a casa: la cerniera dello stivale sinistro non si chiudevaaaaaaa!

Quel giorno no che non avevo riso, ma proprio pennnnienteeeeee!

Besos

Barbara

 

PS: Giusto per farvi capire qualcosina di più, la vena safena è una vena importante che parte dal piede e arriva fino al femore.

Dentro questa vena ci sono varie valvole che, richiudendosi al passaggio del sangue in risalita, permettono al medesimo di tornare su.

Le mie valvole, da anni, non funzionavano più e quindi il mio cuore pompava il sangue in giù, ma questo poi non riusciva a tornare su perché le valvole non si richiudevano al suo passaggio.

Da questo ne derivava un problema di circolazione, e la comparsa di bellissssssime vene varicose, che ieri mi hanno tolto con la vena safena, olè!

image

Je suis Dolce & Gabbana

 

Io davvero non capisco…

Dopo quello che è successo a Parigi, e dopo tutti bei discorsi fatti sulla libertà d’espressione, c’è chi fomenta il mondo a boicottare un’intera casa di moda perché uno degli stilisti si è permesso di esprimere una SUA idea personale?

Ho dovuto leggere e rileggere il commento di Elton John sotto la foto di Dolce & Gabbana che ieri ha pubblicato su Instagram: non volevo crederci!

Ma partiamo con ordine dalle parole dette da Domenico Dolce in un’intervista rilasciata a Panorama:

“Non l’abbiamo inventata mica noi la famiglia. L’ha resa icona la Sacra famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni”

E Domenico, rispondendo a una domanda sulla voglia di paternità, continua dicendo: “Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”

Ho letto e riletto le parole di Domenico e, sinceramente, non riesco a dargli torto.

Se ora volete boicottare il blog temperateitacchi fatelo pure, ma sappiate io continuerò a dire quello che penso, come ho sempre fatto.

Forse se fossi gay, e fossi innamorato di un uomo con cui vorrei avere un figlio, la penserei in maniera diversa, ma non lo sono, e quindi dico la mia, ma non mi permetto di giudicare chi non la pensa come me.

Certo è che viviamo in una società, e parlo dell’Italia, in cui c’è ancora chi si gira vedendo una donna bianca che cammina mano nella mano con un uomo di colore, o viceversa, e quindi figuriamoci a come verrebbero guardati due papà che spingono il passeggino con il loro figlio.

Non siamo sicuramente pronti a vedere figli cresciuti da due mamme, o da due papà, e il peggio è che chi ne farebbe le spese sarebbero sicuramente i bambini.

Ma, ripeto, io non sono nessuno per giudicare, e quindi posso solo fare come Domenico, e dire quello che penso io, senza per questo mancare di rispetto a nessuno.

“Non sono d’accordo su quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”

Elton John avrebbe potuto prendere in prestito queste bellissime parole di Voltaire, ed avrebbe fatto una gran bella figura.

Ma chiedere a tutto il mondo di boicottare Dolce & Gabbana per colpa di una semplice idea personale…

Questo è davvero troppo, e assurdo!

Una casa di moda non è fatta solo dai suoi stilisti, ma da una moltitudine di persone che lavorano dalla mattina alla sera, con passione e dedizione.

Stefano ha detto chiaro e tondo che non la pensa come Domenico, ma resta ovviamente al suo fianco, e difende a spada tratta l’opinione di un uomo che è cresciuto in sicilia, dove l’immagine della famiglia classica è sicuramente più forte e più sentita che in tante altre regioni d’Italia.

E poi, davvero, se tutti dovessimo boicottare tutti quelli che la pensano diversamente da noi, allora io non potrei più andare a comprare la frutta dalla mia amata fruttivendola: lei non vota il partito che voto io!

Quello che vorrei chiedere a Domenico, che ha parlato di “figli della chimica” e di “bambini sintetici”, è se è contrario alla fecondazione assistita solo per le coppie di gay, o anche per le coppie etero.

Questo mi piacerebbe saperlo!

Io sono stata fortunata e il mio Danny è arrivato così, senza bisogno di altro al di fuori di me, del suo papà, e di un bellissimo atto d’amore.

Ma ci sono coppie che non hanno avuto la stessa fortuna, e che con l’aiuto della “chimica”, e di tanti sacrifici, sono riusciti a realizzare il loro grande sogno.

Posso essere d’accordo sul fatto che anche a me sembra più “naturale” un bambino nasca da un padre e da una madre, anche se un giorno magari crescerà con uno solo di loro, ma chiamare “figlio della chimica” un bimbo arrivato con un aiuto, ma tanto desiderato, cercato, e amato, questo forse lo avrei evitato.

Resta il fatto che ognuno dovrebbe essere libero di esprimere la propria opinione, senza dover per questo essere boicottato, ed insultato.

Besos

Barbara

La giornata dei desideri: oggi vorrei…

 

Esiste il giorno delle donne, il giorno delle mamme, il giorno dei papà, il giorno dei morti, il giorno dei santi, e chi più ne ha più ne metta.

Ma il giorno dei desideri?

Una bella giornata in cui tutti possano sedersi, rilassarsi, e sognare?!

E che cavolo! Direi che un giorno così ce lo meritiamo no?!

E allora io mi investo del potere di sindaco, e di presidente del consiglio, e decido che, a partire da oggi, in Italia, venerdì 13 marzo sarà per sempre “Il giorno dei desideri”.

E quindi, siccome non sono una che perde tempo, inizio subito:

oggi vorrei che le mie gambe sembrassero così magre non solo quando mi faccio i selfie dall’alto.

Oggi vorrei essere una mosca, per entrare nelle case delle altre famiglie e vedere se anche le altre mamme la mattina perdono la pazienza, e con i figli, sempre in ritardo, mollano un urlo di troppo, come ho fatto un paio di ore fa con Danny.

Oggi vorrei essere più magra, e vorrei che la scatola dei biscotti al cioccolato fosse messa così in alto da diventare davvero irraggiungibile, anche con la scala.

Oggi vorrei abbandonare la città, e trasferirmi in campagna, nella mia amata Puglia, senza pensare troppo al futuro, ma vivendo il presente, e poi si vedrà.

Oggi vorrei essere meno stressata.

Oggi vorrei smetterla di pensare sempre a tutte le cose che devo fare, ma a tutto quello che ho già fatto.

Oggi vorrei imparare a prendermela con un po’ più di calma.

Oggi vorrei che mio marito lavorasse di meno, e che avesse tempo di leggere quello che scrivo.

Oggi vorrei tornare indietro, per dire un “ti voglio bene” in più a chi se ne è andato.

Oggi vorrei vincere l’enalotto e fare il giro del mondo in 80 giorni, con mio marito, mio figlio, e una bravissima babysitter fissa (possibilmente molto giovane, e molto racchia).

Oggi vorrei che fosse già Pasqua, per essere già in campagna, a Cisternino.

Oggi vorrei capire se devo farlo o no sto benedetto sito per vendere i miei orecchini “Gipchic” online.

Oggi vorrei che mio figlio avesse di nuovo 3 mesi, facesse tanta cacca, e meno capricci.

Oggi vorrei non volere niente di più, perché alla fine ho già tanto, di cui essere felice.

Besos

Barbara

 

 

Masterchef: il quarto giudice!

 

Dopo la finale di ieri sera, oggi Masterchef ha un quarto giudice!

giudiciiii

Per fortuna non guardo quasi mai Striscia (ho sempre paura di vedere riapparire Miss Hunziker), e quindi non ho saputo in anticipo il vincitore, ma mi sono gustata la finale incollata al divano, fino all’ultimo istante.

Su quello che ha fatto Strisciaanticipando il vincitore della finale, posso dire solo la stessa cosa che ha detto Cracco, ossia che bisognerebbe avere più rispetto nei confronti dei telespettatori.

Avrebbero potuto fare il loro “scoop” sulla presunta irregolarità della partecipazione di Nicolò a Masterchef, ma senza svelare in anticipo il vincitore.

Sembra, e sottolineo “sembra”, che Nicolò abbia lavorato da Sadler per più di un anno, prima di partecipare a Masterchef, e i concorrenti dovrebbero essere chef non professionisti.

Però il regolamento dice che i concorrenti non possono aver lavorato per un ristorante per più di 6 mesi, mentre Sadler, nel video rubato da Striscia, dice che si ricorda di lui, ma parla di uno stage di 1/2 mesi…

Quello che mi fa ridere è che a Striscia, dopo aver “fetentemente” annunciato in anticipo il vincitore, abbiano parlato di “premonizione”!

Per poi aggiungere che Nicolò, ancora prima della finale, già lavorava al ristorante di Cracco

Ma perdindirindina! Volete dirmi che quelli di Striscia non sanno che Masterchef è stato registrato la scorsa estate?

E’ ovvio che gli addetti ai lavori sapessero il vincitore!!!

Peccato che non tutti hanno mantenuto il segreto…

Ma ora lasciamo stare Striscia, e parliamo di ieri sera.

Ma quanto mi è piaciuta questa finale?!?

Mi sono emozionata prima, durante, e dopo.

Ho avuto anche un momento di grande malinconia quando il papà di Nicolò gli ha detto, davanti a tutti, di essere molto fiero di lui.

Ieri sarebbe stato il compleanno del mio papà, quel papà che anni fa se ne è andato, per sempre, senza mai dirmi che era fiero di me.

Ma non voglio parlare di cose tristi, quindi avanti tutta, in altre direzioni!

Di ieri mi è piaciuto tutto: dall’atteggiamento di sana competizione dei 3 finalisti, ai piatti da loro proposti.

Che capolavori, che idee, wow!

Una cosa sola non mi è piaciuta: l’atteggiamento di Nicolò nei confronti dell’età di Stefano.

Se non avete visto la finale guardate almeno questo video che ho fatto per voi…

Ma come si fa a sostenere che un uomo che ha più di 40 anni non dovrebbe vincere?!

Tutti devono avere la possibilità di migliorarsi, di riniziare, di farsi una vita nuova, e di cambiare strada, nella vita.

Tutti devo avere la possibilità di riscattarsi, di migliorare e di affermarsi.

Non è una questione di età, ma di momenti giusti.

Stefano ha coltivato la sua passione per anni, e ha inseguito un sogno con tutta l’intensità e l’amore che lo hanno contraddistinto sin dall’inizio di questa quarta edizione di Masterchef.

Ho tifato per Stefano dal primo giorno.

Mi piaceva molto anche Nicolò, ma ieri sera mi ha deluso.

Carò Nicolò, anche tu un giorno avrai 40 anni, e come tanti di noi (quarantenni), forse ti capiterà un momento difficile, un momento in cui ti chiederai se quello che hai fatto sino ad oggi è giusto, o se è arrivato il momento di dare un senso diverso alla tua vita.

CraccoBene! Quando succederà ricordati del 5 marzo del 2015, e abbassa lo sguardo, come di sicuro stai facendo ora che lavori nella cucina di Cracco, che di certo non ti consentirà di fare il fenomeno, quando hai ancora tanto da imparare.

Ho incontrato Carlo Cracco in diverse occasioni e, a differenza di quello che può sembrare in televisione, è uno che, nonostante i successi ottenuti, nella vita reale non se la tira per niente, e fa il suo lavoro con lo stesso entusiasmo, e la stessa umiltà degli inizi.

Ti farà bene lavorare accanto a uno come lui.

Grande Stefano! Sono felice per te, per la nuova vita che ti aspetta, e per la nuova vita che sta prendendo forma nella pancia della tua compagna, che tanto ti ha sostenuto e spronato.

Ti aspettano un sacco di nuove ed intensissime emozioni, goditele tutte.

Dimenticavo: comprati un bel pacco di fazzoletti famiglia, perché tra lacrime di gioia, e sudore, ne avrai da asciugare!

Besos

Barbara

La gioia di Stefano, vincitore di Masterchef 4

La gioia di Stefano, vincitore di Masterchef 4

 

New York: dove tutto può succedere…

 

E dopo anni di festeggiamenti con gli amici, ballando sul cubo (a volte metaforicamente, e a volte no), quest’anno il mio compleanno l’ho voluto festeggiare a New York, con il mio maritino.

Un lungo week-end da soli, senza figlio, ogni tanto ci sta proprio bene.

Quando si diventa genitori non bisogna dimenticarsi che si è anche una coppia: un po’ di intimità serve a tutti, sopratutto ai figli.

“Partite per New York?! Ma avete visto i telegiornali?! Fa un freddo cane, i fiumi sono ghiacciati e le strade sono piene di neve!”

Porca paletta, e quindi?

E quindi siccome conosco i miei polli, e so che spesso alla gente (anche quella della tv) piace esagerare, ho fatto un paio di telefonate, e sono partita serena.

NYgeloeneve

Chiaramente in valigia non ho messo il costume da bagno, ma dei caldi maglioni; e chiaramente non ho portato nessun tacco 12, ma un bel paio di comodi simil Ugg col pelo, e scarpe da ginnastica.

Siamo arrivati a New York giovedì pomeriggio, abbiamo preso una velocissima metro (dove c’era gente strana appesa a testa in giù), e in 4+4=8 eravamo all’Hotel Hugo, nel bel mezzo delle mie zone preferite: Meatpacking, Soho e Tribeca.

Giusto il tempo di farci una veloce doccia, ed eravamo già in strada, per la nostra prima passeggiata, e il nostro primo hamburger!

Prima di ogni mia partenza faccio un lungo, lunghissimo lavoro di studio e aggiornamento sul posto in cui andrò.

Scrivo e chiamo gli amici più esperti nella mia prossima destinazione, e mi faccio consigliare posti da vedere, ristoranti da provare, e negozietti da non perdere.

Sono dell’idea che il tempo e le occasioni vadano ottimizzati, al massimo.

Avevamo 3 giorni e 3 notti, e non volevo perdermi nulla!

Per me era la terza volta a Ny, e per mio marito la seconda, ma dall’ultima volta erano passati ben 7 anni, e quindi avevamo bisogno di fresche dritte!

La prima sera abbiamo sbranato il nostro primo hamburger alle “Oficina latina”, un posto davvero delizioso, aperto da due italiani,  dove ho bevuto un ottimo mojito.

In hotel avevamo scelto la formula “colazione non inclusa”, perché amo fare colazione in giro, per scoprire nuovi posticini!

“C’è un posticino carino che si chiama “Cafe Gitane” (quello in Mott st, perché ce ne sono due) dove spesso ci fa colazione anche Leonardo di Caprio”

Mio marito è un santo! Mio marito mi conosce, e siccome di solito mi danno sempre ottimi consigli, ormai si è rassegnato, e mi segue, spesso senza opporsi (non sempre!)

Alle 10 eravamo al “Gitane”, Di Caprio non c’era, ma non c’erano neanche i turisti, e io amo i posti senza i turisti!

Mi piace vivere i posti che vivono i local , e mangiare quello che mangiano loro.

E infatti dopo un ottimo cappuccino e brioche, mi sono mangiata anche un fantastico yogurt con frutta e muesli.

Quando sai che dovrai camminare tanto, sai che ti servirà tanto carburatore no?!

E dopo una mattinata a zonzo, nel primo pomeriggio siamo finiti all’Oyster bar del Grand Central terminal (dove arrivano treni e metrò).

Non so voi, ma io non avevo mai mangiato un panino con l’aragosta, fino alla mia ultima volta a NY, sette anni fa, e da qual giorno me lo sono sognato almeno una volta al mese, credo.

Questa volta ci hanno fatto provare anche le ostriche fritte: wow!

Avevamo il pieno di carburante anche per il pomeriggio, e quindi, approfittando di un fantastico sole, ce ne siamo andati in giro per central park, e dintorni.

Un salto e in hotel, e poi via per l’aperitivo nel bar segreto

Tra i vari fogli con i suggerimenti degli amici, avevo tenuto anche qualche ritaglio di giornale che parlava di New York, e tra questi si parlava anche del mitico “Please do not tell”.

Ebbene sì, proprio mitico!

Avreste dovuto vedere la faccia di mio marito, che secondo me non aveva creduto a nulla di ciò che gli avevo raccontato, quando ha tirato su la cornetta

barsegreto

Per entrare al “Please do note tell” devi entrare prima in un tristissimo bar che si chiama “Crift dogs”, al 113 di St.Marks Place, e una volta lì dentro devi entrare in una vecchia cabina telefonica, schiacciare una volta il cicalino, e aspettare che si sposti la parete della cabina telefonica.

Et voilà, ecco apparire un piccolo posticino carino carino, con una ventina di posti a sedere.

E il giorno del mio compleanno cosa ho fatto?

Il giorno del mio compleanno siamo andati a farci un bel giro a Brooklyn, ci siamo goduti un altro giorno di sole all’aperto, e siamo finiti, non per caso, in una macelleria molto simile alle macellerie della nostra amata Cisternino, in Puglia.

Da “Fette sau”, però, non si può prenotare, si mangia seduti a lunghi tavoli, assieme agli altri, e non hanno le bombette!!!

Sabato era pieno, e quindi abbiamo pranzato al bancone del bar, in pole position davanti alle originali spine delle loro ottime birre.

Alle 19 siamo andati in un vecchio hotel abbandonato, a vedere una pièce teatrale molto particolare, che non credo dimenticherò presto…

Ma di quelle 3 ore emozionanti, ed intense, vi parlerò meglio nei prossimi giorni.

Dopo tanta emozione mi era venuta fame, e quindi siamo andati da “Minetta’s tavern”, dove avevamo prenotato un tavolo per due per le 23.

Un’amica mi aveva consigliato questo ristorante perché si mangia molto bene, e perché si può fare “vipwatching”!

Ahah! Io amo mangiare (ma va?!) e sono nata curiosona, impicciona e un po’ pettegola (non troppo)!

E quindi? E quindi alle 23 ci siamo seduti al nostro tavolo, ed ho iniziato a guardarmi in giro.

Brad Pitt non pervenuto, Di Caprio neanche, e George Clooney neppure!

“Forse quelli vivono a Las Vegas” mi sono detta, tra me e me!

“Forse qui ci sono un sacco di attori famosissssssimi che però noi non conosciamo!”, ho detto a mio marito che era tutto concentrato sul suo ottimo piatto!

Vabbè, vorrò dire che mi dedicherò anche io al midollo di mio marito (quello nel suo piatto), che mi sembra più buono del mio patè de foie gras affondato in un strana gelatina di verdure!

ciboMa quando sto per addentare il mio primo boccone di crispy pork (ben più chic di “maiale croccante”), lo vedo, lui!

“Marcello, ma secondo te quello nero col pizzo non è uno famoso?! A me sembra di averlo già visto”

Anche lui ha la stessa mia sensazione, ma non sa il nome.

Fermo restando che non era Denzel Washington (quello, per ovvi motivi, che ormai sapete, lo avrei riconosciuto, ops).

Dovevo scoprire se era qualcuno, e sopratutto, chi!!?

Tiro fuori il cellulare, vado su google e digito “Attore di colore”

Ahahahahaah! Giuro! L’ho fatto!

Ne sono usciti un botto, ma lui non c’era!

E’ bastata una veloce domanda al nostro cameriere, ed ecco scoperto l’arcano: avrei dovuto digitare “cantante di colore”, perché quel signore abbronzato col pizzetto era Mr Common, e la settimana prima aveva “solo” vinto un Oscar, per “Glory”, la colonna sonora di “Selma”, scritta da lui e cantata da lui e dal grande John Legend.

Che demente! Ma come avevo fatto a non riconoscerlo subito?!?!? Forse perché guardando la sua esibizione agli Oscar mi ero commossa talmente tanto che le lacrime mi avevano annebbiato la vista oscurandomi lo schermo? Può essere!

Fatto sta che alla fine della nostra cena io mi sono alzata, sono andata dritta dritta al suo tavolo e lo ho ringraziato per avermi emozionata tanto durante la sua esibizione agli Oscar.

Gli ho fatto i complimenti e gli ho detto che era il mio compleanno, e che avrei taaaanto gradito se mi avesse cantato “Tanti auguri a te!” (ovviamente scherzavo, un po’!)

A quel punto ci siamo messi tutti a ridere, e ci siamo seduti un paio di minuti con loro, giusto il tempo di scoprire che anche lui e il suo amico con cui era a cena (assieme alle rispettive girls) sono due pescioloni come me (lui fa gli anni il 13 marzo e il suo amico il 10)

Che emozione!

Pensavo di averne provate già tante nella mia vita, ma chiacchierare con un Oscar mi mancava!

In effetti un paio di amici che si chiamano Oscar li ho, ma parlare con loro è un’altra cosa (Ahahahahhaha! Come sono scema!)

memorialA New York può davvero capitarti di tutto, anche di andare a visitare il “National September 11 memorial & museum” , e di aver bisogno di uscire, perché ti manca l’aria.

Siamo stati lì dentro più di due ore, ed è stata dura, durissima.

Non sto qui a descrivervi la quantità di foto e di voci che mi hanno disintegrato il cuore, perché sapete che non amo parlare di cose che rattristino, ma è stato davvero difficile stare lì sotto.

Il sorriso, comunque rigato da copiose lacrime, me lo ha ridato un piccolo film di 9 minuti, sulla rinascita di ground zero, e sulla speranza, in un futuro migliore.

Quando siamo usciti da lì nevicava, forte!

Ci siamo avviati velocemente verso la metropolitana, tenendoci per mano, e siamo andati cercare il nostro secondo hamburger della vacanza.

Avevo bisogno di riempire subito quel gran senso di vuoto che si stava facendo largo nel mio stomaco…

Perché ho scritto “cercare” il nostro secondo hamburger? Perché il nostro secondo hamburger ce lo siamo dovuti letteralmente cercare!

IL nostro secondo hamburger ce lo siamo mangiati al “Burger Joint”, dietro la reception dell’hotel Parker Meridien.

“Burger Joint” esiste da ben prima dell’hotel, e la proprietà dell’hotel se lo voleva comprare, ma loro non hanno mai ceduto, e sono rimasti lì, nascosti dietro una tenda di velluto rosso, alla destra della reception dell’hotel.

Entri nell’hotel, ti guardi attorno, e dietro quella tenda rossa vedi quella piccola insegna luminosa, e capisci che ci sei, che l’hai trovato.

Ma devi saperlo che è lì, proprio lì, sennò non lo troverai mai.

Dai giganti lampadari dell’hotel, a quella piccola stanza con le pareti ricoperte di ritagli di giornali e di foto.

Ti metti in coda, compili un foglietto con il tipo di hamburger e la cottura che vuoi, ti siedi dove trovi posto, e aspetti che chiamino il tuo nome.

Siamo usciti da lì che nevicava ancora, sempre più forte.

“Ma il nostri aereo partirà?!”

Ho sperato…

Siamo arrivati all’aeroporto e abbiamo scoperto che il nostro volto delle 21.30 sarebbe partito all’1 di notte!

“Eh no! Io alle 16.30 di domani devo andare a prendere mio figlio a scuola, e devo portarlo a tennis!”

Si vede che sono stata convincente, perché ci hanno spostati sul volo delle 23, sempre dietro a Londra.

E meno male, visto che alla fine il nostro vecchio volo è stato proprio annullato.

“Mi raccomando le valigie signora!”

Ho detto alla gentile signora extra large e abbronzata, che ci aveva gentilmente assistiti al check in.

“Don’t worry Miss”, mi ha risposto!

E infatti noi siamo arrivati a Linate lunedì pomeriggio, ma le nostre due valigie sono ancora a zonzo.

Mi hanno appena chiamato per dirmi che oggi pomeriggio ce ne portano a casa una.

Adesso il problema è che non so se sperare che sia la mia (per ovvi motivi), o quella di mio marito dove avevamo messo tutti i vari regalini comprati per Danny, visto che la mia era piena!!!

Cuore di mamma, un po’ tanto ebete!

Barbara

PS un grazie di cuore alla mitica Caterina Barbini che mi ha dato un botto di dritte, e alla super Vanieta che all’hotel Hugo ci ha coccolati e viziati, compresa la boccia di prosecco che ci ha fatto trovare in camera al ritorno della cena del mio compleanno (la prossima volta meglio di pomeriggio, visto che la sera eravamo già ciucchi! Hihi)

La della nostra camera all'hotel Hugo

 

 

No Garavelli no party!

 

Avete mai visto il film “Mamma ho perso l’aereo 2“?

Tutta la famiglia è in partenza per la Florida, ma Kevin, il solito bambino biondo di “Mamma ho perso l’aereo 1”, insegue uno con la giacca uguale a quella di suo papà, e finisce sul volo per New York.

Vi starete chiedendo perché io abbia parlato di quel film, e la mia risposta è: non lo so!

Beh, fin verità forse un motivo c’è: anche nella mia vita c’è un bambino biondo, ma stavolta resta a casa, con la nonna.

E io non vado in Florida con il resto della famiglia, ma a New York, con mio marito.

YEEEEESSSSSSSSSS

Tra poche ore mi imbarco, e bye bye Milano.

Sabato compio ben 45 anni e siccome si dice che passare il ghiaccio sulla pelle ringiovanisca, ho deciso di andare a New York, e di strisciare a faccia in giù sui marciapiedi della grande mela, per un intero week-end! Ahahahahahahhaha

Me la ricordo ancora la mia prima festa di compleanno, semi seria.

Era il 1982, ero a Venezia,  e compivo 12 anni!

Dopo aver passato anni bendata, nel tentativo di attaccare la coda nel punto giusto dell’asino, per vincere uno stupido giocattolino, finalmente era arrivato il tempo del gioco della bottiglia, dei primi lenti, e dei primi baci.

Il 1982 era l’anno del “Tempo delle mele 2” e nessuna colonna sonora poteva essere più adatta al gioco della bottiglia, e ai primi baci umidi (con lingua).

Da quell’anno, forse perché ci avevo preso gusto, non ho più smesso…

Ma nooooo! Non di dare baci umidi, ma di fare feste per il mio compleanno!

Ma quest’anno…

Quest’anno, per il primo anno, ho deciso di non fare la festa, ma di partire, con mio marito.

Ci siamo regalati un lungo fine settimana tutto per noi, senza figlio, nella grande mela.

A New York ci siamo già stati una volta, assieme.

Danny era piccolo piccolo e noi, per iniziare la nostra carriera di genitori col piede giusto, avevamo deciso che una coppia deve continuare a vivere anche di luce propria, con i figli ben lontani, ogni tanto.

Sono passati circa 7 anni, e quella voglia di starsene un po’ lontano da tutto e da tutti è tornata.

No Garavelli, no party!

Scusate amici, ma quest’anno festeggio in un modo un po’ diverso.

Quest’anno ho bisogno di rinfrescarmi le idee, e forse ho scelto il posto giusto per farlo, ops!

Besos, ci si sente al mio ritorno.

Barbara

 

Quando un Oscar ti tocca da vicino…

 

Non sono una di quelle che passa la notte in bianco per vedere gli Oscar, ma l’ho registrato con MySky, prima di crollare, a due minuti dall’inizio della diretta.

Domenica Danny ed io ci siamo sparati 2 ore e mezza di corriera, e 2 ore e mezza di treno, per tornare dalla montagna, e la sera eravamo cotti bolliti, altro che Oscar in diretta!

Ma ieri mattina Danny a scuola ci è andato col papà, e io dal letto sono passata in un balzo sul divano, e ho iniziato la prima parte della visione.

La prima parte è filata abbastanza liscia, ma la seconda parte, che mi sono vista subito dopo pranzo, è stata tosta, tostissima.

Sarebbe bello sapere che le mie lacrime erano cellulite sciolta!

Se qualcuno brevettasse una sostanza che permette di espellere la cellulite tramite le lacrime, io sarei anoressica!

Io se sono felice piango!

Io se sono triste piango!

Io se mi commuovo piango!

imageQuando Graham Moore ha ritirato la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale, per “Imitation game”, ha confessato di aver tentato il suicidio, all’età di 16 anni.

Si sentiva diverso.

E dopo questa forte confessione ha lanciato un grande messaggio a tutti quelli che si sentono diversi, dicendo loro di non mollare, perché un giorno anche loro potrebbero finire su quel palco, ed essere felici, come lui.

Tante volte mi sono sentita diversa.

Mi sono sentita diversa quando ero sempre la più alta, la spilungona.

Mi sono sentita diversa quando mi prendevano in giro perché avevo la testa molto grossa in confronto al corpo,  e allora mi chiamano Mercury, come i motori fuoribordo.

Mi sono sentita diversa quando le mie amiche andavano sui pattini e giocavano con le bambole, mentre io non mi separavo mai dal mio skate, e odiavo il rosa.

Mi sento diversa che ora, quando mi ritrovo a tavola con donne che parlano di scarpe e borsette: non mi sono mai interessate certe cose.

Non è mai stato un segreto che mio padre volesse un maschio, e io, forse nel tentativo di non deludere nessuno, ci avevo messo poco a diventare un maschiaccio.

Avevo appena finito di asciugarmi le lacrime che ecco arrivare la busta d’oro con dentro il nome della miglior attrice protagonista.

Una commossa Julienne Moore è salita sul palco, e, dopo i vari ringraziamenti, ha aggiunto che era felice di aver fatto quel film, nella la speranza di riuscire a sensibilizzare il mondo verso i malati di alzheimer, facendoli sentire meno soli.

E patapum: le mie lacrime sono tornate a sgorgare!!!

Ci sono arrivata più volte vicino ad andare a vedere quel film, ma non ho ancora trovato il coraggio.

imageNon potrò mai dimenticare quella telefonata: “Mamma qui a Formentera si sta benissimo! Quasi quasi resto tre giorni in più!”

“Preferirei che tu tornassi! Papá non sta bene, si comporta in modo strano.”

Non mi ricordo neanche che estate fosse, ma sono passati circa 15 anni dall’inizio di quell’incubo.

Una mattina di quell’estate mio papà si è svegliato e, tutto agitato, ha detto a mia mamma che doveva tornare subito a casa, da sua moglie.

Non esistono esami per capire se si tratta di demenza senile o di alzheimer.

Non esistono medicine per guarire i malati di alzheimer, ma solo per calmarli.

Ogni malato è diverso dall’altro, ogni storia è diversa dall’altra…

Sono stati anni lunghi e duri, specialmente per mia mamma, che viveva con lui.

Io vivevo già a Milano da tanti anni, e quando tornavo a Venezia facevo fatica a guardarlo negli occhi: quello non era più mio padre.

A volte, nella vita, per difendersi dal dolore, bisogna fare delle scelte difficili.

Per me mio padre era quell’uomo che anche in estate, non rinunciava mai ai suoi jeans bianchi, lunghi, e alla sua camicia di oxford fatta su misura.

Mai una maglietta a maniche corte, mai un bermuda…

Era un uomo molto elegante mio padre, dentro e fuori.

Chissà se prima di andarsene ha capito che quel bambolotto biondo che gli ho messo due volte sulle ginocchia era un bambino vero, suo nipote.

Non mi sento in colpa nel dire che ho desiderato con tutta me stessa che se ne andasse, e che quando se ne è andato prima ho pianto, ma subito dopo mi sono sentita leggera, molto leggera.

Prima o poi lo troverò il coraggio per andare a vedere quel film, e spero che nel frattempo qualcuno brevetti sta cavolo di sostanza che trasformerà la cellulite in lacrime!

Besos

Barbara

 

 

 

 

 

 

 

 

Lui, la coppa e l’artista

 

“Signora ci siamo dimenticati di dirle che domani ci sarà la gara!”

La gara?

Mio figlio ha fatto un corso di sci quando aveva 3 anni, e poi forse avrà sciato altre 6 volte nella sua vita, e voi gli fate fare una gara il primo giorno che rimette gli sci dopo 2 mesi?!

Ovvio che una mamma si preoccupi che il figlio possa sentirsi inferiore agli altri bimbi.

Uno slalom gigante con un botto di porte, e una pista lunga, lunghissima, di quelle vere!

Nooooo! Non ce la farà mai! Si fermerà a metà, e salterà la metà delle porte, come facevano sempre la sua mamma e il suo papà, quando erano piccoli.

“Scende ora il numero 3, Agrati Daniele”

Porca paletta! Lo hanno addirittura annunciato col microfono, come nelle gare vere! Aiutoooooo! Che è emozioneeeeeeee

Ma, ma, maaaaa! Guarda come viene giù il mio patatoneeeeee! Non ne sta saltando una di porta! Non ci credo! Non può essere nostro figlioooooo! C’é stato uno scambio nella culla!!!

Quando aveva visto il podio si era rattristato: “Mamma io su quel podio non saliró mai oggi!”

E invece nella sua categoria erano in 4, e lui è arrivato terzo: podio e coppa!

Tra lui e la coppa è stato amore a prima vista, non ci voleva credere!

Ieri sera ha voluto la coppa sul comodino, prima di spegnere la luce.

E stamattina si è svegliato alle 6.47: “Mamma accendi la luce perfavore? Voglio vedere se la coppa c’è ancora”

L’ha vista, ho spento la luce, e si è riaddormentato felice.

Che giornata ricca di emozioni quella di ieri: la prima gara di sci del mio patato, e la sua prima coppa, e, per non farci mancare nulla, la presentazione della mia linea di orecchini “Gipchic” da Nanà, qui a Cortina.

Sono venute le mie amiche di sempre, ma anche tante persone che conoscevo, e qualche “uips”, che fa sempre bene allo spirito, e ai social network (hihi)

“È lei l’artista? Complimenti! Ha avuto una bellissima idea, e gli orecchini sono bellissimi”

Io artista?

Questa mi mancava, ma mi piace, e parecchio.

Mi hanno spesso chiamata “Pr”, a volte “stagionata” (il mio simpatico marito), e da 7 anni “mamma”, ma “artista” mai!

Bene, e visto che ora il piccolo campione sta sciando, l’artista approfitta di questa libertà forzata e va a farsi una bella passeggiata tra i monti.

Besos

Barbara

Presentazione Gipchic da Naná. Viviana, la titolare, ed io, ed altri ospiti tra cui Elisabetta Ferracini, Alessandro Benetton e Debora Compagnoni

Presentazione Gipchic da Naná. Viviana, la titolare, ed io, ed alcuni ospiti tra cui Elisabetta Ferracini, Alessandro Benetton e Debora Compagnoni