Io, Nek e Mr Bean

Laura se n’era andata da poco

Laura non c’era già più, ma io sì

Io che ero già una sua fan, e di lui sapevo tutto

Sono arrivata sotto il palco con la maglietta di Marco Simone, e gliela ho regalata alla fine di quel piccolo concerto per gli addetti ai lavori.

Addetta ai lavori?

Eh sì, perchè nella mia vita ho fatto anche la “giornalista” musicale.

Ok, ok “giornalista” è una parola grossa! Diciamo che facevo l’inviata per una radio della mia città: radio S.Marco centrale.

A radio San Marco centrale ci lavorava un mio amico di infanzia, e siccome io mi ero trasferita a Milano a studiare allo IULM, le interviste per la radio gliele facevo io, e gli risparmiavo il viaggio.

Ho intervistato Lucio Dalla, i Kool & The Gang, George Michael, Concato e tanti altri.

Ad un certo punto ho smesso, ma sono rimasta un po’ nel giro, e quindi mi invitavano a veder qualche concerto.

Filippo Neviani, in arte Nek, mi era piaciuto subito, e quindi mi ero informata, avevo scoperto che era milanista, e al concerto mi ero presentata con un regalino, visto che al Milan avevo le mie conoscenze…

Era impossibile non perdersi dentro quelli occhi, e quel sorriso…

Dopo quel concerto ci visti, e rivisti.

Oltre al Milan avevamo scoperto di aver un’altra passione in comune: Mr Bean!

Lui, il suo mitico segretario Alan, ed io, passavamo le serate a casa mia a vedere le video cassette di Mr Bean!

Ho tutta la collazione completa io, e vi assicuro che una collezione di cassette di Mr Bean funziona meglio di una collezione di farfalle…

Ebbene sì, lo ammetto: una sera ci è pure scappato un bacio, ma la cosa è finita lì!

Ci divertivamo talmente tanto assieme, da amici, che abbiamo preferito continuare a vedere Mr Bean, anche se Laura non c’era più, e io ero single.

Non mi dimenticherò mai le risate a fine serata, nel suo albergo (nella hall) quando mi ha invitata a vederlo cantare sul mitico palco di Sanremo, tantiiiiii anni fa.

E’ stata la sera in cui tornando, in auto, mi sono spaventata, e per anni non ho più guidato.

Sono passati 18 anni…

Mi ricordo che il suo manager dei tempi mi aveva chiesto una mano, ed ero andata alla Nec, quelli dei telefonini, a domandare se volevano diventare sponsor del suo tour, ma risposero che Nek non era abbastanza famoso per loro.

Se penso a quanto avevamo chiesto loro…

Si saranno mangiati le mani…

Dopo quella volta ci siamo un po’ persi di vista, lui si è sposato con Patrizia, che non ho mai avuto il piacere di conoscere, ma che so essere una donna fantastica, ed è pure diventato papà di Beatrice, una bimba bellissima, come lui.

Ci siamo rivisti in qualche occasione, e l’ultima volta è stata un paio di anni fa , nel back stage del concerto di Radio Italia in Piazza Duomo (se guardate il video qui sotto piegate la testa, perché come cameraman faccio pietà!!!)  nekduomo.MOV (480p)

image

 

Quella sera ho pubblicato le foto della serata su facebook e a quel punto mi ha chiamato una mia cara amica.

Suo figlio Tiago, che ha un anno meno di Danny, è un super fan di Nek, e suona e canta tutte le sue canzoni.

Dopo pochi minuti sono capitata davanti ad uno specchio e, attenzione attenzione, nello specchio non c’ero io, ma una che somigliava un po’ a Raffaella Carrà e un po’ alla De Filippi.

Volevo fare una sorpresa a Tiago!

Mi serviva una giacca con le spalle imbottite, oppure un postino!

Ma perché complicarmi la vita? Forse con un semplice messaggino avrei risolto tutto più velocemente, e così è stato.

Ho scritto a Filippo, e gli ho chiesto un piccolo favore

Filippo non si è mai montato la testa, e per gli amici c’è sempre, tanto che dopo 5 minuti mi aveva già mandato un video per Tiago su whatsapp!

Durante Sanremo ho cantato a squarciagola e ballato, come se fosse stato l’ultimo ballo della mia vita.

In piedi, sul mio divano, saltando, quando mio figlio era già a letto, e mio marito era a boxe.

Non ci sono testimoni che possano raccontare di quella adolescente travestita da fan stagionata, ma fidatevi di me.

Per me è lui il vero vincitore del Festival, lui e la sua carica, lui e la sua energia positiva.

Lui che, come me, non ne vuole sapere di crescere.

Grande Filippo!

Continua a crescere dentro, ma fuori resta quel ragazzino con i capelli a spazzola e gli occhi azzurri, lo stesso che ho conosciuto quando Laura se ne era appena andata.

Sappi che fuori, in mezzo alle migliaia di quattordicenni che cercano i tuoi occhi azzurri, c’è anche una vecchia amica, un po’ stagionata, che non ha mai smesso di cantare le tue canzoni.

Besos

Barbara

 

 

La mia lunga gita al pronto soccorso, e la sanità!

 

Sabato mattina mi sono svegliata sentendo uno strano prurito al viso.

E la pelle mi bruciava.

Mi sono alzata nel buio della stanza, e sono andata in bagno.

Quando ho acceso la luce mi è preso un colpo: il mio viso era rosso, gonfio e pieno di brufolini sotto pelle.

Aiutooooo!

Non sono una che si allarma facilmente, ma sabato mi sono davvero spaventata.

Ho cercato di capire se la sera prima avevo mangiato qualcosa che non mangio mai, o usato prodotti nuovi.

Mistero!

Forse era stato il cioccolato fondente 90% che di solito non amo, ma che era l’unico cioccolato rimasto in casa?

Può essere!

Mi calmo, faccio un paio di chiamate, e poi mi tranquillizzo, mando mio marito a comprare una pomata lenitiva, e mi metto l’anima in pace…

La sera metto un filo di cipria ed esco a mangiare la pizza con amici e prole a seguito.

Domenica mi sveglio e mi vedo leggermente migliorata, quindi riempio la sacca della palestra, salgo in motorino e mi avvio a fare il mio corso “Legs program”.

A metà strada uno strano giramento di testa

Mi fermo, tiro fuori l’acqua dalla borsa, e ne bevo un sorso.

Faccio fatica a deglutire, sento uno strano “gnocco” in gola, e mi spavento.

Ho quasi 45 e so bene che quando c’è qualche allergia in corso, la cosa più pericolosa è che si gonfi anche la gola, impedendoti di respirare.

Prendo il cellulare e chiamo il mio dermatologo spiegandogli cosa mi era successo.

Avevo provato a chiamarlo una volta il giorno prima, ma era spento, e mi scocciava disturbare di sabato.

Vai immediatamente al prontosoccorso, e non ti muovere da lì fino a che non ti hanno visitata”.

Ho chiamato mio marito e mio figlio dicendo loro di andare a giocare a bowling senza di me: sapevo che sarebbe stata lunga, e non volevo che venissero con me.

Sono entrata al prontosoccorso alle 13.45, ma il prontosoccorso dermatologico aveva chiuso alle 13.30 (il sabato e la domenica apre solo dalle 11.30 alle 13.30).

Spiego all’ingresso che oltre a quello che vedono con i loro occhi, ho sentito qualcosa di strano in gola deglutendo, e ho avuto un forte giramento di testa, ma loro mi consigliano di andare il giorno dopo in dermatologia, in Via Pace.

Ieri c’era molta gente, e per una visita con medico generale avrei dovuto aspettare circa 2 ore.

Richiamo il mio dermatologo e gli racconto cosa mi hanno detto.

Sono dei pazzi! Tu non vai via! Aspetti lì e non ti muovi fino a che non ti vedono”.

Dopo 3 ore finalmente una dottoressa mi visita, e mi fa fare un’iniezione di un forte antistaminico.

Mi dice di aspettare fuori per un’ora, per vedere se la puntura fa effetto.

Dopo due ore entro e chiedo di parlare con qualcuno: la mia faccia è uguale a prima.

A quel punto un’altra dottoressa mi dice che dovranno somministrarmi del cortisone, e che quindi dovrò restare lì ancora 2 ore, per vedere gli effetti.

Sono rimasta al pronto soccorso quasi 6 ore per farmi dare l’antistaminico!

Altre 2 ore per il cortisone no, grazie!

Ormai con la puntura di antistaminico il peggio lo avevo evitato.

“Posso avere la ricetta per il cortisone, e vado a prendermelo a casa mia?”

Dimessa, con bollettino!

Bollettino?

Eh sì, perché sono entrata con codice verde, ma siccome non sono rimasta per almeno 7/8 ore (non ricordo il numero esatto che mi hanno detto), il mio codice è diventato bianco, e quindi devo pagare 25 euro.

Scusate, ma io trovo tutto un po’ assurdo!

Avrei potuto andare dal mio medico della mutua? Non di domenica.

Avrei potuto chiamare la continuità assistenziale (ex guardiamedica)? Per farlo sarei dovuta tornare a casa, ma io mi sono sentita male mentre ero in motorino, e il pronto soccorso era più vicino.

Se fosse stato per chi mi ha ricevuto all’ingresso del pronto soccorso, io sarei dovuta tornare a casa, con il rischio di soffocare per strada.

Sono rimasta lì 5 ore per un antistaminico, e mi è stato anche chiesto di pagare 25 euro!

Mi sembra ovvio che i codici gialli e rossi abbiano la precedenza sul mio codice verde, e su questo non discuto, ma mettere più medici no?!

E poi scusate, ma a me 25 euro non mi cambiano di molto la vita, anche se con tutte le tasse che pago avrebbero potuto fare a meno, ma 25 euro, per chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, sono tanti, cribbio!

Una ragazza che conosco, oggi mi raccontava che in liguria, dove va lei in vacanza, se le capita di dover portare il figlioletto al prontosoccorso, le danno codice giallo, per evitare di farle pagare il bollettino all’uscita.

Sono davvero allibita. e lo sono ancora di più se penso a quei due poveri bambini che ultimamente negli ospedali ci hanno perso la vita, per errori umani.

Un ottimo medico pochi anni fa ha salvato mia mamma, e un altro, tanti anni fa, ha salvato mio padre.

E’ pieno di medici bravissimi, e su questo non discuto, ma sulla sanità italiana un paio di paroline da dire le avrei…

Adesso vi lascio, ho la mia bella dose di cortisone che mi aspetta, in attesa di scoprire presto a cosa sono diventata allergica.

Se scopro di essere diventata allergica al cioccolato vado diretta dallo psicologo, io ve lo dico!

Besos

Barbara

prontosoccorso

 

 

 

 

S.Valentino, e il mio piccolo segreto!

Ma voi lo sapete perché esiste la festa di San Valentino?

Io non lo sapevo fino a 10 minuti fa, poi ho digitato due paroline su goooooogle, e ho scoperto tutto!!!

Per gli antichi Romani febbraio era considerato il mese in cui ci si preparava all’arrivo della primavera, la stagione della rinascita.

Si iniziavano i riti della purificazione, pulendo le case e spargendovi sale ed una particolare farina.

Verso la metà del mese iniziavano le celebrazioni dei Lupercali (gli dei che tenevano i lupi lontano dai campi coltivati).

I Luperici, l’ordine di sacerdoti addetti a questo culto, si recavano alla grotta in cui, secondo la leggenda, la lupa aveva allattato Romolo e Remo, e qui compivano i sacrifici propiziatori, e il sangue degli animali veniva poi sparso lungo le strade della città, come segno di fertilità.

Ma quello che contava di più per i giovani romani, era una specie di lotteria dell’amore.

I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un’urna e un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinchè il rito della fertilità fosse concluso.

Nel 496 d.C Papa Gelasio annullò questa festa pagana sostituendola con quella di San Valentino vescovo, martirizzato dall’imperatore Claudio II, in quanto univa in matrimonio giovani coppie alle quali l’imperatore aveva negato il consenso.

Prima della sua esecuzione Valentino, che si era innamorato della figlia del suo carceriere, le scrisse una ultima lettera firmandola “dal tuo Valentino” frase che è arrivata fino ai nostri giorni.

Mentre stavo scrivendo le prime righe di questo post ho fatto una pausa, e ho scritto un sms a mio marito: “Ma domani avrò almeno un cioccolatino?”

E’ arrivata presto la sua riposta: “Ma noi non abbiamo mai festeggiato San Valentino!”

Veramente è LUI che non lo ha mai voluto festeggiare, e non IO !

Ok, ok: San Valentino ormai è diventata una festa commerciale, e in effetti è un po’ stupido festeggiare l’amore una volta l’anno quando, invece, andrebbe fatto tutti i giorni…

La verità è che tutti i giorni c’è qualcosa più importante e di urgente da fare, e allora uno spesso si dimentica di dire “Ti amo”.

La verità è che spesso stanchezza e stress fanno brutti scherzi…

La verità è che io sono sempre stata un po’ un maschiaccio, e quindi è facile pensare che io a certe cose non ci tenga.

Adesso vi svelo un segreto: “Sotto quell’apparente maschiaccio c’è una donna super romanticaaaaaa”

Sotto quell’apparente maschiaccio c’è un mare infinito di sensibilità che molti non riescono neanche ad immaginare.

A volte sono la prima a sorprendermi, e a non riconoscermi: io che ci tengo a certe cose? Io che mi emoziono quando mio marito torna a casa con dei fiori?

Ebbene sì!

Quante volte ci si ritrova a pensare: “Ma vaaaaaa, daiiii, figuratiiii! A me di San Valentino non me ne importa un tubooooooo! Cosa vuoi che me ne freghi a me se mio marito torna a casa con una scatola di cioccolatini o un mazzo di rose! Io so che mi ama 365 giorni l’anno! Non ho mica bisogno di queste feste stupide ioooooo!”

Palle! Scusate il termine, ma sono solo palle!

E’ un pò di tempo che ho deciso che non ho più l’età per raccontarmi le bugie, da sola, e , sopratutto, di raccontarle agli altri.

Per anni mio marito mi ha chiesto: “Ma non sarai mica una di quelle donne che ci tiene a queste stupide feste veroooo?!??!”

E per anni io ho risposto: “Ma vaaaaa! Io?! Ma figurati!”

Ma la verità è che per anni ho sperato che lui avesse capito che mentivo, e che arrivasse a casa con uno stupido pensierino per me, per la sua innamorata.

Bene! Oggi ho deciso che alla veneranda età di quasi 45 anni, era giunto il momento di svelare a mio marito un piccolo segreto: “Pensa pure di aver sposato una stupida romantica, pensa pure che per avere un regalo farei carte false, ma sappi che la dura verità è che io a San Valentino ci tengoooooooooo!

Ecco, l’ho detto!

E ora sto molto meglio!

Adesso vado a fare la spesa: domani per pranzo farò il mio plumcake salato preferito, e la farò col cuore…

Se siete delle inguaribili romantiche come me, ma in questo momento non avete la fortuna (non sempre è una fortuna!!!)  di avere un compagno da cui farvi regalare degli stupidi cioccolatini, scrivete un bigliettino ad una persona a cui volete bene, fate una foto al biglietto, e mandategliela su whatsapp (arriva prima che con la posta).

San Valentino potrebbe essere la giusta occasione per ricordare a qualcuno che gli volete bene, uomo o donna che sia…

Besos

Barbara

Orecchini “Gipchic”: un sogno in vetrina.

 

Nuovo anno nuove idee, vecchie passioni, e sogni tirati fuori, dai cassetti…

Mi ero ripromessa che nel 2015 avrei coltivato una passione della mia infanzia, e così ho fatto.

Quando vivevo a Roma, spesso andavo in vacanza a Ponza, con i miei genitori, ed è proprio a Ponza che ho fatto le mie prime bancarelle, in piazzetta, e sul porto.

Le altre bambine vedevano braccialetti e collanine fatti con le classiche perline colorate, e io facevo braccialetti e collane con le girelle che si usavano per pescare.

Non mi è mai piaciuto fare le cose che facevano gli altri: le mie amiche andavano sui pattini? E io andavo sullo siate; le mie amiche vestivano di rosa? E io vestivo di verde.

Mio papà avrebbe voluto un maschio, e io a diventare un maschiaccio ci ho messo un attimo!

Un paio di anni fa sono entrata in un negozio da pesca con mio figlio, e ho rivisto loro, le girelle.

Ho comprato una decina di sacchettini, mi sono comprata delle perle marroni e color bronzo, e mi sono fatta una collana come quelle che, da piccola, vendevo alle amiche di mamma.

girelleIMG_3735

Quella passione era finita in un cassetto, insieme a quei sogni che spesso nei cassetti fanno la muffa

Il 20 gennaio ho tirato fuori da un cassetto un vecchio sogno, e una manciata di murrine.

Il 21 gennaio ho comprato due pinze, e qualche base in argento, e la sera, dopo aver messo a letto Danny, ho iniziato a liberare la mia creatività, quella creatività che avevo quasi dimenticato di avere.

Vedevo le murrine nelle vetrine della mia città da anni, e mi chiedevo come mai a nessuno fosse venuta l’idea di dare vita a quelle murrine, facendolo in un modo un po’ diverso dal solito.

E allora ci ho provato io.

Sono passate meno di 3 settimane, e dopo quel primo orecchino di prova, ne sono arrivati tanti altri…

primoorecchino

Sono sempre stata un’appassionata di orecchini, e più grandi sono e più mi piacciono.

C’è un posticino, a Cortina d’Ampezzo, dove ci sono sempre degli orecchini bellissimi.

Viviana, la proprietaria di Nanà, quel piccolo angolo di paradiso, vive con la pinza in mano, e inventa, e crea…e io compro.

Ogni volta che vado in montagna, cosa che per fortuna non capita troppo spesso, passo da lei e mi regalo un paio dei suoi bellissimi orecchini.

Mi è sembrato naturale far vedere a Viviana il mio nuovo hobby, e le mie prime creazioni…

Viviana i miei orecchini li ha voluti subito, per il suo Nanà!

Venerdì ho finito di preparare gli orecchini che aveva scelto, e sabato glieli ho mandati in negozio tramite un’amica di mia mamma.

E sempre sabato, mentre uscivo da un negozio di Venezia dove ero andata a far vedere i miei orecchini, mi è arrivato un messaggio su whatsapp…

Era una foto che mi aveva mandato Viviana…

In quella foto si vedevano i miei orecchini nella sua vetrina!!!

Pensate pure che io sia una stupida sensibile, ma mi sono commossa, di brutto!

Mai avrei sognato tanto!

Io ero già felice al pensiero di fare gli orecchini per le mie amiche, e di magari iniziare a venderli in uno di quei  mercatini dove di solito vado da cliente, e invece…

E invece è successo molto di più di quanto mi sarei mai aspettata, e una lacrima di gioia ha attraversato un infreddolito viso sorridente.

Il mio sabato è iniziato così, ed è finito con un altro negozio che ha voluto i miei “Gipchic”.

Ebbene sì, ho deciso di chiamare i miei orecchini “Gipchic”: un po’ gipsy, e un po’ chic, come me.

Io che amo girare in jeans, o con lunghe gonne.

Io che i tacchi li tempero, ma che, se potessi, starei sempre a piedi scalzi.

E io che pensavo di aver trovato un nuovo hobby…

E invece ora mi tocca rimboccarmi le maniche, per cercare di  trasformare questo hobby in una nuova avventura lavorativa.

Andiamo avanti così, con le mie solite stupide paure dei cambiamenti, e il mio solito entusiasmo di una ragazzina che non ne vuole sapere di crescere.

Adesso vi lascio che devo chiamare il commercialista, aiutoooooooooo

Besos

Barbara

Collage di orecchini "Gipchic"

Isola dei famosi? Adesso parlo io!

 Alessia ed io una volta sull’isola ci siamo state, ma non era “questa” isola, e io era su questa isola che volevo andare.

Aleeeee se quest’anno sull’isola mandate anche i non famosi, mandate anche meeeee?!?!?”

Ebbene sì, devo ammettere che ci ho provato.

L’isola dei famosi secondo me è la miglior dieta che esista al mondo, e visto che quest’anno la mia amata Puglia ha lasciato il segno per ben due volte (estate e Natale), ho pensato che un paio di settimane sull’isola sarebbero state la soluzione perfetta per rimettermi in forma, ops!

Avete idea di quante diete io abbia provato nella mia vita? Un’infinità!

E sapete quante volte ho miseramente fallito? Un’infinità!

Per riuscire a fare bene una dieta dovresti chiuderti in casa, e non comprarle proprio le cose che fanno ingrassare, ma avendo io un figlio che mangia biscotti e non solo, e dovendo io uscire una volta ogni tanto, le tentazioni diventano troppe, e la mia forza di volontà è pari a quella di un criceto.

Ma sull’isola…

Sull’isola niente biscotti, niente pastasciutta, niente pane, e niente pizza (le mie droghe), ma tanto cocco.

Cocco e Rocco!

Ecco appunto, parliamo di questo benedetto Rocco: facciamolo ora e poi non facciamolo mai più!

Se Rocco di cognome non facesse Siffredi, e non avesse una certa “fama”, e fame, non se lo filerebbe nessuno: ha la pancia, è parecchio stempiato (credo abbia un capello ogni 10 cm quadri), e con quel costume a mutanda nun se po’ guardà!

E poi durante la prima puntata ha pure detto che sua moglie è una donna fantastica e che quindi cercherà di battere il suo record di astinenza.

Bene ragazze! Visto che il nostro sogno di vederlo attaccato ad una liana con la prima che gli capitava, è svanito nel nulla, ora concentriamoci su qualcosa di davvero interessante: Alex!

Già il cognome dice tutto: Belli!

Ma quanto Belli sono i suoi occhi? Ma che sguardo ha?

E poi daiiiiii! Uno che vince la prima prova, e quando vince il diritto di iniziare la sua isola su un’isola di lusso, vorrebbe rinunciarci per restare con i suoi compagni di avventura, merita già di vincere!

E gli altri? Cosa penso degli altri?

Di Catherine Spaak penso che sia sempre stata una signora, e come tale si è comportata anche quando è stata pesantemente attaccata in studio da Mr Signorini.

Si parla di un contratto da 100.000 euro dove la signora Spaak ha preteso di non dover entrare in contatto con l’acqua, e di non dover apparire in costume.

E si parla di un grosso spavento preso durante una traversata alquanto travagliata, con mare in burrasca, e, a quanto pare, un capitano un po’ inesperto!

Fermo restando che le clausole che ha preteso la Signora Spaak qualcuno gliele ha firmate, e quindi accettate, ma si può criticare una donna perché questa ammette di essersi presa un brutto spavento?

La produzione secondo me ha fatto il possibile per riuscire a portare i naufraghi sull’isola per la prima puntata, ma così facendo, forse, ha messo in pericolo i naufraghi, e una donna che dell’acqua aveva molta paura.

A me è capitato più volte di ritrovarmi in barca in mare aperto con mare in burrasca, e vi assicuro che non è bello, specialmente quando la barca è è piccola.

Ma ora lasciamo Catherine nel suo brodo, sperando che non ci anneghi, a parliamo d’altro.

Parliamo di Alessia, che tanto è stata attaccata quando la prima puntata è stata sospesa a causa del tempo avverso.

Anche io ci sono rimasta male visto che ero bella spapparanzata sul divano nella speranza di vedere Rocco in perizoma, prima di scoprire dell’esistenza di un certo Alex Belli, ma se non si può non si può daiiiii!

Simona Ventura sarebbe riuscita a fare la puntata anche senza isola e senza naufraghi?!

E brava la Ventura, ma la Ventura faceva quella trasmissione da anni, e aveva un’altra produzione.

Alessia era alla sua prima puntata, e di certo non è stata lei a decidere di non andare avanti.

I capelli troppo biondi?! Eh sì, in effetti questi sì che sono problemi di cui vale la pena discutere!

Ma per favoreeeeeeee!

E Mara Venier? Mara è Mara, e non si tocca, ciò!

Degli altri non parlo perché io sono una che fa già fatica ad inquadrare quelli che conosco, quindi figuriamoci quelli che non conosco!

Le sorelline cantanti che ora fanno tanto quelle che sorridono, secondo me tra poco di sbraneranno per una vongola!

Si dice che un certo Scanu presto farà outing: che carinoooooo! Ma secondo te non lo abbiamo già capito tutti quando, con quella canotta agghiacciante, ti sei rifiutato di prendere in mano un granchio?!?!?

Della sorella di Belen cosa volete che dica?! Mi sembra una ragazza davvero dolce, ma un po’ mi spiace per lei, perché la competizione con il parentado sarà sempre impresa ardua, come impresa ardua sarà scalare tutti i giorni quelle “montagne” a piedi scalzi.

La prima puntata è stata noiosa?!

La prima puntata è sempre noiosa, ma vedrete che appena inizieranno ad avere fame inizieremo a divertirci.

Ammetterlo non sarà proprio cosa buona e giusta, ma tanto si sa che siamo tutti in attesa che questi inizino a scannarsi per 10 chicchi di riso, no?!

Manca poco ragazzi, manca molto poco!

Presto i primi sorrisini di presentazione lasceranno i posto a tigri che ruggiscono, e a gattine che miagolano, e allora ci sarà davvero da ridere.

L’isola dei famosi: nessuno la guarda, ma tutti ne parlano.

Perché la verità è questa: il grande fratello, l’isola dei famosi etc etc sono le classiche trasmissioni che vengono etichettate come trasmissioni inutili e inguardabili, poi però, chissà come mai, tutti ne parlano.

Non vergognatevi di ammettere che ogni tanto un po’ di leggerezza fa bene allo spirito.

Se poi volete continuare a guardare solo “Porta a porta” e “Quarto grado”, fate pure: nel mondo c’è posto per tutti!

Besos

Barbara

 

 

Oggi ve lo dico: i dolcificanti non fa dimagrire, ma fanno ingrassare!

 

Ebbene sì, lo so già da un po’, ma ogni tanto faccio finta di non saperlo, perché usare lo zucchero mi da subito l’idea di ingrassare!!!

Tempo fa sono andata dal Dottor Speciani, alla clinica Eurosalus, per un consulto su intolleranze ed abitudini alimentari.

Vi avevo già parlato di questa visita, e del Dottor Speciani.

Era stato lui a spiegarmi che per vincere gli attacchi di fame serali, che spesso si presentano per colmare dei vuoti, bisognava iniziare la giornata con un’abbondante colazione, iniziando a riempire quei vuoti dalla mattina.

Ma ora torniamo ai dolcificanti

Prima di andare alla visita, la signora che mi aveva fissato l’appuntamento al telefono,  mi aveva anche raccomandato di leggere alcuni articoli sul loro sito.

Fino a quel giorno mi ero illusa che bere bibite light, e dolcificare con i dolcificanti, fosse il primo passo verso il mondo delle magre.

Avevo anche provato a bere il caffè senza zucchero

A detta di molti il caffè senza zuccherò è davvero più buono, ma io proprio non ce la faccio: bevo un caffè al giorno, con il latte (ora di riso, perché ho eliminato tutti i latticini), e quel caffè deve essere dolce, mooooolto dolce!

Da quella visita una domanda mi è sorta spontanea: se nessuno è mai riuscito a dimagrire con i dolcificanti ipocalorici ci sarà un perché!?

Nel corso degli anni numerosi studi hanno confermato che l’uso di bibite light, piuttosto che di cibi trasformati in ipocalorici, ha contribuito alla crescita dell’obesità anziché alla sua diminuzione.

Il problema non è la presenza o meno di zucchero: che si usino zuccheri normali, o dolcificanti, il sapore dolce determina comunque un segnale forte che attiverà, in seguito, una ricerca ulteriore di altro zucchero e di carboidrati, e quindi di cibi ricchi di calorie.

Il famoso “zucchero chiama zucchero”:

Un articolo pubblicato tempo fa sul Time, nella sezione “Health and Family”, spiegava in modo molto preciso questa sequenza di eventi, segnalando l’importanza della dolcificazione in sé come induttore di una ricerca successiva di calorie, preferibilmente ottenibili attraverso sostanze zuccherine.

A questo punto, se proprio non si riesce a farne a meno, tanto vale usare dello zucchero normale, o al massimo dello zucchero non trattato, integro.

E quindi?

E quindi evviva lo zucchero di canna, e la vera dolcezza, quella autentica!

Besos

Barbara

 

 

 

Salvatempo o cellulare?

Se ripenso a quel giorno di circa 10 anni fa…

Di solito a fare la spesa ci vado da sola, la mattina, subito dopo aver accompagnato Danny a scuola.

Ma quel giorno al supermercato ci sono andata di sabato, con il mio giovane marito.

“Ma non prendi il salvatempo?”

“Il salvatempo??? No, no! A me ste cose moderne non piacciono!

Io sono stagionata, come simpaticamente mi chiama mio marito, e la spesa mi ostinavo a farla normalmente, buttando le cose nel cestino, o nel carrello, e facendo la coda alle classiche casse, dove a volte ti capita pure di scambiare due chiacchiere.

La verità è che una volta ci avevo anche provato ad usare quel cavolo di salatempo, ma avevo dimenticato di battere la metà delle cose, e proprio quel giorno mi era capitata la rilettura!

Che vergognaaaaaaaaa!

La cassiera avrà pensato che volessi rubare giusto qualche cosuccia, per risparmiare un po’…

Ero anche stata tentata di cambiare supermercato, per la figuraccia che avevo fatto, ma dopo una sola spesa dal nemico, avevo deciso di tornare velocemente all’ovile, a testa bassa.

Il salvatempo non faceva proprio per me, e la volta dopo mi ero rimessa buona buonina in coda, tanto all’ora in cui andavo io, non c’era mai troppa gente.

Poi un giorno, la parte orgogliosa che c’è in me, si è messa a sussurrarmi nell’orecchio “Eddai su riprovaciiiiii!”

Bingo!

Nessuna rilettura, forse un piccolo furto involontario, ma tutto era filato liscio.

La terza volta mi era ricapitata la rilettura e, attenzione attenzione, avevo battuto più cose di quelle prese, e la cassiera mi aveva salvata da un extra conto!

Ci ho messo un po’, ma ora sono diventata bravissima, e velocissima.

Beh, proprio bravissima issima no, dai!

Ogni tanto mi capita di cercare di leggere i codici a barra col telefonino, invece che con il “telecomando” del salvatempo.

Sì, sì lo so che non si chiama “telecomando”, ma “lettore ottico”, ma io sono stagionata, ve lo eravate dimenticato?!

Pensate che il telecomando di casa lo chiamo “cambiere”!!!

E il bello è che quando leggo i codici a barre col telefonino, all’inizio mi incavolo pure, perché non sento il classico BIP di conferma della lettura e penso che, come ogni tanto succede, il codice a barre sia illeggibile!

Poi mi guardo la mano destra e vedo lui, il mio cellulare, e nella mano sinistra lui, il lettore ottico.

“Chi è stato scambiatiiiii!?!??! Fatevi avanti codardi”

E allora la rabbia si trasforma in una fragorosa risata, che di solito scoppia tra i banchi della frutta e della verdura, dove a volte mi capita di scattare qualche foto, e il cellulare mi rimane in mano, al posto del lettore, ops!

Che se poi vogliamo dirla tutta, secondo me io questi errori non li faccio perché sono un po’ stagionata, e tanto sbadata, ma perché sono troppo avanti!!!

Volete vedere che entro un paio di anni i codici a barre li leggeremo davvero col cellulare, e lo scontrino finale sarà direttamente addebitato sulla nostra carta di credito senza neanche bisogno di passare dalle casse veloci?!

Besos

Barbara

 

 

 

Bentornata creatività

 

Era tanto che mi sentivo un po’ come una pentola in cui l’acqua bolle, e bolle, e bolle, e nessuno ci butta niente.

Se l’acqua continua a bollire, e nessuno tu non ci butti dentro niente, pian pianino l’acqua evapora, e il fuoco va spento, si spegne.

E quando il fuoco si spegne che fai?!

Capisci che hai perso qualcosa, e ti dedichi ad altro, magari facendoti assorbire dal sistema delle “doverizzazioni”.

Doverizzazioni? Sì, sì, avete letto bene!

Devo essere una brava mamma, una brava moglie, una brava casalinga, una brava pr…

Ma quell’acqua che bolliva, e quel fuoco che la faceva bollire?!

Cos’era? Cosa è successo?

Creatività, passione, desideri…

Quante volte ci passa per la mente qualcosa che avremmo voglia di fare, qualcosa che ci fa brillare gli a occhi, e poi nulla!?!

Qualcuno o qualcosa ci spegne quel fuoco, e noi lasciamo fare, perché sentiamo che abbiamo altro di più importante da fare, e non abbiamo tutto tempo da perdere.

A volte la paura fa brutti scherzi…

A volte il timore di fallire diventa peggio di un freno a mano.

Ma la vita è una sola, e l’acqua che bolle, scaldata da un fuoco, è qualcosa di troppo prezioso per essere sprecato.

E se poi ci provo e non va bene?

E se finisce che spreco il mio tempo per un sogno senza futuro?

Ma chi se ne importa! Intanto proviamoci, per non vivere di rimpianti…

E poi la giornata è fatta di 24, e il tempo, se uno davvero lo vuole, lo trova.

Quanto tempo dedichiamo ai social network, a facebook, a whatsappare con gli amici, a guardare la tv …

E se quel tempo lo dedicassimo a qualcosa di diverso? Ad un sogno? Ad una passione?

Detto da me fa un pò ridere, ma proprio perché ci sto provando anche io, forse potete provarci anche voi.

Quando ero ragazzina riempivo i diari di disegni, infilavo perline, e facevo bancarelle dove vendevo quello che creavo, e che scovavo.

Ad un certo punto dai diari sono passata alle tele e ai pennelli.

Ho sempre avuto un certo prurito alle mani…

Quest’estate mi sono ritrovata ad arredare la nostra nuova casa in campagna, in Puglia, e le mani hanno riniziato a prudermi.

Ho dipinto sedie e trasformato strani oggetti in complementi d’arredo.

Quanto mi sono divertita!

Quanto mi sono sentita viva!

Quest’estate ho capito che nella mia vita mi mancava qualcosa…

Quest’estate ho sentito l’acqua che bolliva, e mi sono ripromessa che non avrei più permesso a niente e nessuno di spegnere quel fuoco.

Era da anni che mi mancava qualcosa, e non capivo cosa…

Sono diventata mamma; ho un marito di cui mi lamento sempre, ma che è esattamente il compagno che ho sempre desiderato; e bene o male ho sempre lavorato, guadagnandomi quello che mi serviva per vivere bene.

E quindi? Cosa mi mancava?

Mi mancava lei, la mia creatività!

Fare la mamma mi rende felice, fare la moglie anche, ma creare mi fa sentire viva.

Era da un pò di tempo che avevo un’idea, e ora ho deciso di provare a realizzare un sogno.

Ho comprato una pinza, degli anellini, la colla, e tanto altro, e mi sono messa al lavoro.

Forse questo progetto mi scoppierà tra le mani, o forse non succederà nulla, ma era anni che non mi sentivo così felice.

Bastano degli orecchini a farti felice? A volte sì, a volte basta anche molto meno…

Se lasci un sogno nel cassetto troppo a lungo, quel sogno farà la muffa!

Tirate fuori dai cassetti sti benedetti sogni, trascurate un pó quel senso del dovere che cammina sempre al vostro fianco, passate un pó meno tempo davanti agli schermi, e accendete  i vostri fuochi!

Besos

Barbara

 

 

Dal cestino della rabbia alle inutili punizioni, passando per un bell’urlo!

 

Se capovolgete la scritta mamma, in inglese, leggerete “wow”.

Eh sì, perché fare la mamma è davvero how!

Fare la mamma è emozionante!

Fare la mamma è gratificante!

Fare la mamma vuol dire avere la scusa per tornare bambini, e risalire sulle tue giostre preferite senza mai sentirsi troppo vecchie per farlo.

Fare la mamma vuol dire avere la certezza che finalmente qualcuno ti amerà per quello che sei, e per sempre.

Perché i figli ti amano anche quando li sgridi, anche quando li metti in punizione.

Fare la mamma è wow, ma fare la mamma è anche il mestiere più difficile del mondo!

Il problema di quando fai un mestiere complicato, come quello della mamma, è che devi stare al passo con i tempi, e con le nuove scoperte.

Se non ti informi rischi di rimanere indietro, e, se ti va male, rischi anche di fare dei danni, grossi.

Pensate a cosa succederebbe se un falegname dei giorni nostri continuasse a lavorare il legno con la vecchia pialla: otterrebbe un risultato inferiore, e perderebbe tanti soldi.

Con i bambini, a meno che non si parli di Pinocchio, la cosa è sicuramente diversa, ma non fidatevi sempre dell’intuito da mamme, perché sto scoprendo che le cose sono ben diverse da quello che sembrano.

Ho appena finito di leggere un bellissimo libro intitolato “Urlare non serve a nulla”, scritto da Daniele Novara.

Non avrei potuto non comprare un libro con un titolo del genere.

Trovatemi una mamma che non urla mai!

Trovatemi una mamma che appena finito di urlare non si faccia prendere dai sensi di colpa!

Beh! Io urlo spesso, e subito dopo vengo colta dai crampi di colpa, altro che sensi.

Ho letto quel libro tutto d’un fiato, e ci ho trovato un sacco di cose interessanti: intanto ho capito che davvero urlare non serve a nulla, e poi ho scoperto che anche le punizioni non servono a nulla.

Avete mai sentito parlare del cestino della rabbia?

Andiamo con ordine che l’è megl

1) URLARE

Sembra che le urla e le minacce punitive minino il senso di fiducia e contribuiscano a rafforzare, nei bambini, comportamenti  problematici.

Di solito non è il genitore violento che urla, ma, al contrario, il genitore che vorrebbe essere “morbido”.

Quando il figlio non fa quello che il genitore vorrebbe, allora ecco nascere un conflitto che, quasi sempre, sfocia nelle urla, a volte quasi senza accorgersene.

Il genitore che urla altro non fa che dimostrare la sua debolezza.

Invece di urlare sarebbe più utile chiarire bene quali sono le regole, e farle rispettare.

Ovviamente ho cercato di semplificare l’argomento come potevo, ma ovviamente non finisce qui.

Il libro ti offre delle alternative comportamentali da usare al posto delle urla, e vi assicuro che ci sto provando, e funziona.

Devo ammettere che già solo leggendo che il genitore che urla mostra al figlio la sua debolezza, qualcosa in me è cambiato: “Debole io?!?

Adesso glielo faccio vedere io a Danny che io non sono debole!”

Ed è stato a quel punto che ho iniziato a dirgli le cose a bassa voce, guardandolo seria seria e dritto dritto negli occhi, e lui ha capito.

2) LE PUNIZIONI

Quante volte avrò detto a Danny: “O fai i compiti o ti tolgo l’ipad per 2 giorni!” ???
Boh, avrò perso il conto.

E dopo averlo lasciato senza ipad per 2 giorni, secondo voi la volta dopo ha fatto i compiti senza fare storie? Ma quando mai!

Quando ti ritrovi con la pancia inizi a chiederti che tipo di mamma sarai, e, soprattutto, se sarai in grado di essere una buona mamma.

E allora la tua memoria va indietro, ti ricordi di cosa succedeva quando eri tu la figlia, e ti dici che forse basterà rifare quello che hanno fatto con te…

Ma ne sono passati di anni, e forse con gli anni anche qualche sbaglio.

Oggi privare un bambino dell’uso dei giochi elettronici per 48 ore non dovrebbe essere una punizione, ma un gesto educativo.

Oggi costringere un figlio ad apparecchiare la tavola perché ha preso una nota a scuola non dovrebbe essere una punzione, ma una cosa buona e giusta.

Se un bambino fa qualcosa di sbagliato forse vale più la pena rispiegargli le regole, per essere sicuro che le abbia capite bene.

Spesso noi genitori non siamo molto chiari, ed è normale che i bambini entrino in confusione.

Come quando li portiamo al parco e urliamo loro “Corri, ma non sudare!

Come si fa a correre senza sudare?!?!?

Se i nostri figli la mattina non vogliono vestirsi da soli perché si perdono nel loro armadio, invece di sgridarli, o metterli in punizione, provate a preparare assieme a loro i vestiti la sera, prima di andare a dormire, e la mattina fate una gara per vedere chi si veste prima!

E se qualcuno finisse lo stesso per arrabbiarsi?

3) CESTINO DELLA RABBIA

Ecco un’altra cosa molto intelligente che ho imparato leggendo il libro di cui vi parlavo prima.

Si prende la confezione di un panettone, un cestino, o una grande scatola, la si da al figlio e gli si chiede, innanzitutto, di personalizzarla con scritte, adesivi etc etc

E poi? E poi gli si spiega che quello, da oggi in poi, sarà il cestino della rabbia.

A volte, anche a scuola, succede qualcosa che fa arrabbiare i nostri figli, ma magari per vergogna, o per semplice dimenticanza, alla cosa non viene data la giusta importanza, e rimane lì, nei ricordi che non svaniscono.

Da oggi in poi in quel cestino finiranno tutte le cose che li fanno arrabbiare!

Un compagno li ha presi in giro perché durante la lezione di coro, secondo qualcuno, lui non cantava abbastanza forte?!

Lo scriviamo su un foglietto, accartocciamo il foglietto e lo buttiamo nel cestino.

C’è un gioco che non ci riesce mai e ci fa arrabbiare? E anche il gioco finisce nel cestino.

E il cestino rimane lì, senza essere svuotato, per dare modo ai bambini di recuperare quello che un giorno non li farà più arrabbiare.

Bello questo libro!

Bello scoprire che anche nel mestiere della mamma c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare.

Adesso la mia domanda è: secondo voi il cestino della rabbia potrebbe funzionare anche per noi grandi?

E, se la risposta è “sì”, sapete dirmi dove posso trovare un cestino abbastanza grande da poter contenere mio marito?!

Ahahahahahahahhahahahahha

Besos

Barbara

 

“Mi piace”? Non mi piace

 

Anche a me piace facebook.

Anche io spesso sono su facebook.

Facebook può essere un aiuto in certi momenti di solitudine, e di insicurezza.

Facebook può essere di aiuto quando si ha bisogno di consigli ed informazioni.

Ma da lì a far diventare facebook il termometro della nostra vita, e delle nostre relazioni personali, questo nooooooooo daiii!

Sono stata una delle ultime a diventare attiva su facebook: c’ero già da un paio di anni, ma non ci andavo mai, poi un giorno mio figlio ha preso la varicella, poi l’influenza, e il danno è stato fatto.

Due settimane forzatamente chiusa in casa mi hanno fatto da trampolino per facebook, e mi ci sono tuffata di testa.

Ho anche rischiato di annegarci in facebook, ma per fortuna sono sopravvissuta.

Ci sono stati momenti in cui mi sono resa conto che facebook era diventata una presenza troppo forte nella mia quotidianità, e allora ho rallentato un pò…

Ora ci entro, pubblico qualche cosa, do un’occhiata veloce a cosa succede nel mondo, e poi torno alla mia vita.

Lo uso ancora, e mi diverte, ma  facebook non è la mia vita.

Ma per qualcuno facebook è diventata una cosa seria, troppo seria!

Conosco gente che pensa che pubblicare certe immagini, o certi video, possa servire a cambiare il mondo, e invece non capiscono che parlare di violenza, e pubblicare violenza non porta mai a niente di buono.

Conosco gente che mi ha scritto in privato per chiedermi perché non clicco mai “mi piace” sotto quello che pubblicano.

Conosco gente che mi ha scritto chiedendomi come mai tra i miei amici ci fosse quella tale persona.

No, ma dico…state scherzando o fate sul serio?

Per me facebook è come una grande palco dove ogni tanto qualcuno sale e parla.

Tutti possono salire un attimo su quel palco, ma non è detto che sotto quel palco in quel momento ci sia qualcuno pronto ad ascoltare, e ad approvare.

Se ti va di dire la tua dilla, ma non ti aspettare nulla.

A volte la gente ha altro da fare, o di meglio da ascoltare.

Magari quello che dici piace a tutti, ma nel momento in cui sei salito sul palco, la gente era impegnata a fare altro, e non ti ha ascoltato.

Ovvio che anche a me fa piacere se la gente clicca “mi piace” sotto le mille cavolate che pubblico.

Io pubblico principalmente per fare sorridere,  e per suggerire…

Per me un “mi piace” equivale ad un sorriso, e io ho sempre amato far sorridere la persone.

Io pubblico ciò che mi fa stare bene e che mi rende felice, per ricordare a tutti che la vita è bella, nonostante tutto.

Io pubblico per ricordare a tutti di guardare anche quello che va, e non so quello che non va.

Sarei un’ ippocrita dicendo che non sono contenta quando alla gente piace quello che pubblico, ma giuro, e ripeto “Giuro”, che non ci sono mai rimasta male se un amico o un’ amica non hanno dimostrato pubblicamente la loro approvazione.

Ma chi se ne importa di un “mi piace” in più, o di un “mi piace” in meno e soprattutto, di chi lo clicca.

Io lo so quello che pensano di me i miei veri amici, nel bene e nel male, e del resto poco mi importa.

Forse facebook dovrebbe cambiare in “contatti”, quelli che ora chiama “amici”, per ricordare a tutti che i veri amici sono altrove, e che è di loro che dovrebbero occuparsi di più…

Invece di dare così importanza al quel “mi piace” in più, prendete il vostro cellulare e fate una chiamata, in più!

Secondo facebook io, in questo momento,  avrei 2540 “amici”.

Peccato che i miei veri “amici” si contino sulle dita di al massimo due mani.

Ma vale davvero così tanto un “mi piace”?

Chiediamoci il perché di questo grande bisogno di conferme, dall’esterno, e da chi, forse, non abbiamo neanche mai visto dal vivo.

Anche se “a me mi” non si dice…

A me “mi piace” quando suona il cellulare e vedo il nome di qualcuno che non sento da tanto.

A me “mi piace” quando mio marito torna a casa e apprezza quello che gli ho preparato per cena.

A me “mi piace” quando mio figlio mi guarda e mi sorride, senza motivo.

A me “mi piace” quando va bene un appuntamento di lavoro.

Diamo un giusto peso alle cose e alle persone.

Diamo un giusto peso alle vere emozioni e alle vere delusioni.

Non vi sto dicendo queste cose da mestrina, ma da alunna che ci è passata, e che pian piano ne sta uscendo.

Non me ne è mai importato nulla dei “mi piace” di facebook, ma l’approvazione delle persone a me care era diventata per me troppo importante.

Sin da piccoli iniziamo cercando l’approvazione della nostra mamma, e del nostro papà, arrivando poi a  quella degli amici.

Ma ricordatevi una cosa: l’approvazione più importante è la vostra.

“Mi piaccio” conta molto di più di uno stupido “mi piace”.

“Mi piaccio” è l’unica cosa che conta davvero, il resto è superfluo, è un di più che fa bene, ma non basta.

Quello che gli altri pensano di te è di sicuro importante, e il fatto di piacere fa sicuramente bene, ma la vera felicità va cercata dentro di noi, e non intorno a noi.

E se non siete felici? Pensate a cosa vi manca per esserlo, e mettetevi al lavoro.

Non è piangendosi addosso, o contando sull’approvazione degli altri, che si ottiene qualcosa.

A volte, per capire, bisogna imparare a fermarsi un attimo.

Io l’ho appena fatto, e sto già molto meglio.

Besos

Barbara