La mia prima corsa e la sua prima partita: c’è sempre una “prima volta”

 

È stata una 48 ore ricca di prime volte: io ieri ho fatto la mia prima corsetta e oggi il mio cucciolo è andato a vedere la sua prima partita, allo stadio, col suo papi!

Per mio figlio che ha 7 anni è normale che quasi ogni giorni ci sia una prima volta, ma per me che di anni ne ho ho 45…

Nella vita secondo me ci dovrebbe essere sempre una “prima volta”, da quando emettiamo il primo vagito, a quando esaliamo l’ultimo respiro.

Tragica? No! Realistica, curiosa e speranzosa.

Che vita sarebbe senza una “prima volta”, ogni tanto?!

Ve la ricordate la prima volta che avete baciato qualcuno sulla bocca? Qualcuno che non fosse un vostro parente stretto?

Io sì: ero a Ponza ed ero giovane, molto giovane.

Forse avevo 8 anni, non ricordo, ma ricordo lui, quel ragazzetto romano con i capelli un po’ lunghi che piaceva a tutte, ma che quella sera, tra una partita di ping pong e l’altra, ad un certo punto ha deciso di sfiorare me, con le sue labbra…

E “quella” prima volta ve la ricordate?!
Io sì: che paura!

Ma la prima volta che ricordo con più allegria è stata quella del primo bacio con la lingua: continuavo a chiedere alle amiche più esperte se la lingua andava girata in senso orario o antiorario.

Effettivamente, ripensandoci, sono sempre stata una precisina, troppo precisina, ahahahahah!

E quella volta che uscì con un ragazzo più grande di me e per la prima volta un maschio mi toccò il seno?

Il giorno dopo, in spiaggia, mentre mi infilavo il reggiseno del costume, mia mamma mi chiese se l’amico con cui ero uscita la sera prima mi aveva toccato il seno.

Io diventai rossa e urlai subito “no!”, e lei, ridendo,  mi disse di non mentire, perché si vedeva.

A quel punto diventai ancora più rossa e, d’istinto, mi coprì i due seni velocemente, con le mie mani.

Che tonta!

Mia mamma iniziò a ridere per prima, e io la seguì a ruota, capendo che da qual momento in poi, a mia mamma, avrei potuto raccontare tutto, senza temere sgridate o giudizi scontati ed affrettati, come spesso fanno alcuni genitori quando si dimenticano di essere stati giovani, anche loro.

La prima volta fa sempre brutti scherzi.

La prima volta emoziona; la prima volta stordisce; la prima volta delude; la prima volta fa venire voglia di farlo un’altra volta, fa venire voglia di fare una giravolta, di guardare in su, di guardare in giù, e di dare un bacio a chi vuoi tu, ahahaha!

Chissà cosa avrà provato oggi il mio cucciolo entrando in quel grande stadio che io conosco bene: io lavoravo al Milan, e per anni ho tifato Milan, ma lui ha deciso di tifare Inter, come il suo papà, e come tanti suoi amici.

Delusa?

Ma chisseneeeeeeeee

Io non tifo più per nessuno!

Al Milan, delle persone a cui volevo bene, non è rimasto più nessuno, e a me del calcio non me n’è mai importato molto.

Certo è che mi farà un po’ strano quando, per la gioia di mio figlio, mi ritroverò a sperare che la sua squadra del cuore vinca, ops!

Oggi Danny, e alcuni suoi compagni di classe, sono andati a vedere Inter-Genova, con i loro papà.

Quelle sì che sono le prime volte che non si dimenticano, specialmente quando si vince, e tutti ti dicono che è stato anche un po’ merito tuo, che hai portato fortuna.

Prima di Natale Danny aveva avuto occasione di vedere i suoi idoli dell’Inter dal vivo, in giacca a cravatta, e oggi li ha visti di nuovo dal vivo, ma in mutande, mentre correvano dietro a quel magico pallone che tante emozioni sa regalare.

Correre…

Anche io ieri finalmente ho corso, ma non in mutande.

Mi sono fatta convincere da un caro amico che ormai corre da un po’, e ho provato a correre anche io, per la prima volta.

Anche Mario, come me, non aveva mai corso, poi un giorno si è fatto male, e per tornare a giocare a calcio gli fu ordinato di iniziare a correre.

Fu così che iniziò a correre per forza, e che ben presto inziò a correre per amore, per passione.

A me piace molto camminare, velocemente, ma era da anni che non correvo.

Anzi, forse, non ho mai corso, se non durante l’ora di ginnastica, alle medie e al liceo.

Da giovane (ieri) mi faceva male la milza se correvo troppo, e da grande (ora) ho due protrusioni, e un bravo medico, quando lavoravo al Milan, mi aveva detto che per me sarebbe stato meglio non correre, e quindi io ho felicemente obbedito.

Ma durante le ultime vacanze di Natale…

Durante le ultime vacanze di Natale ero in Puglia, nella nostra nuova casa di campagna (che affittiamo, sappiatelo!), e durante una delle mie lunghe camminate, un giorno ho provato ad accelerare, e ho pian pianino iniziato a correre.

Con la musica che mi accompagnava passo dopo passo,  in quell’incredibile paesaggio fatto di stretti tratturi ed imponenti trulli, è stato facile correre senza sentire la fatica.

Ho corso davvero poco, ma mi è piaciuto, e mi sono detta che ci avrei riprovato, con calma.

Correre mi fa un po’ paura, perché a volte tra il rinforzare un muscolo, e il farsi male, la differenza diventa davvero minima.

Se corro devo tenere ben contratti gli addominali, e non è sempre facile.

Ieri ho corso, e ce l’ho fatta.

Ieri ho superato una mia paura: ieri ho corso per circa 2 km.

Se in questo momento siete state leggendo seduti sul comodo divano di casa vostra, sappiate che quel divano non ve lo ruberà nessuno anche se, qualche volta, lo lascerete da solo.

Abbandonate i vostri divani, fate un piccolo sforzo, e uscite.

Uscite a camminare, uscite a correre.

Fatelo con i vostri figli, con i vostri amici, con i vostri cani.

E se c’è qualcosa che non avete mai fatto, e che avreste voglia di provare a fare, fatelo, per la prima volta.

Cambiate strada e fate quella strada nuova, per la prima volta.

Andate a fare la spesa, comprate quella verdura che non avete mai comprato prima e cucinatela, per la prima volta.

Ci sono tante cose che non avreste mai pensato di poter provare, ma ora è giunto il momento di provarne alcune, per la prima volta.

Un nuovo sport, un nuovo hobby, una nuova destinazione, un nuovo ristorante, un nuovo sapore, un nuovo amore…

Provate qualcosa di nuovo per la prima volta, e magari scoprirete che non sarà l’ultima.

Baci

Barbara

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Dal pantalone elaticizzato al digiuno: ecco come sono uscita dalla modalità #campagnola!

 

Ci ho messo un paio di giorni, ma ci sono riuscita: sono uscita dalla modalità #campagnola e sono rientrata nei miei panni cittadini, ops!

Già sono una che si trucca poco, e che alle gonne e ai tacchi preferisce jeans e scarpe da ginnastica, ma quando vado in Puglia, nella nostra casa di campagna, tocco veramente il fondo.

Ho sempre avuto un grande spirito di adattamento e quindi quando parto ci penso sempre molto bene a cosa mettere in valigia.

Quando vado in vacanza entro in modalità “Zingara chic”, e a volte faccio anche a meno dello “chic”.

Sono sempre stata un po’ selvaggia, e quindi appena posso torno alle origini.

Se parto per Formentera, o se vado in Africa, dove ho conosciuto mio marito, di certo in valigia non metto abiti da sera e tacchi, ma solo gonne lunghe, qualche comodo vestitino, costumi, parei e qualche sandalo basso.

Quando vado in Puglia idem, e se ci vado in inverno, come quest’ultima volta, mi porto 4 paia di pantaloni, tenuta e scarpe da ginnastica (per fare le mie amate camminate), magliette a maniche lunghe e caldi pullover.

So a cosa state pensando: “Povero marito!!!

Guardate che io non ho mai mentito, e non mi sono mai venduta per quello che non sono!

Quando ci siamo conosciuti, in discoteca a Zanzibar, le sue amiche con cui era in vacanza avevano i tacchi, ma io indossavo le mie comode infradito di cuoio, sotto un’ampia gonna da zingara.

Io i tacchi li tempero, mica li indosso!

E non penso che mio marito sperasse che, una volta indossata la fede, mi sarei trasformata in una donna tutta gonne e tacchi, ahahahahah!

Quando vado in campagna non porto trucchi, se non la cipria e il mascara, che però alla fine ho usato giusto a capodanno, e la manicure e la pedicure me li scordo fino al rientro in città.

La vera fregatura è che quando andiamo in Puglia mio marito, che è l’unico in famiglia che lavora seriamente, arriva sempre dopo di noi e riparte prima, e quindi l’apertura e la chiusura della casa, che non è proprio una passeggiata, specialmente in estate, spetta a me, e a Danny boy, che mi aiuta come può.

Partire per la campagna con lo smalto rosso sui piedi e sulle mani sarebbe davvero una perdita di tempo: in campagna le mani si usano parecchio, e i piedi spesso stanno dentro gli stivali di gomma, assai comodi per camminare tra piante e terra rossa.

E vogliamo parlare dell’acqua della cisterna?

Da noi non arriva l’acquedotto, e quindi abbiamo dovuto costruire una cisterna dove ci mettiamo l’acqua che ci porta il camion o l’acqua piovana, quando piove.

Il problema è che quell’acqua è bella “pesante” e quindi i capelli vellutati, fino a che sei in campagna, te li scordi!!!

Ma posso dirvi una cosa? Chissene importa dei capelli setosi.

Io amo la campagna, amo sporcarmi le mani, e amo vestirmi da maschiacchio, per essere comoda.

Amo stendere la ghiaia sulle stradine, e amo condividere tutti i lavori che posso con mio figlio, e con mio marito, quando c’è.

La campagna unisce.

La campagna spesso è faticosa:  parti con dei bei libri da leggere, ma poi ti rendi conto che di tempo per leggere ce n’è ben poco, e se hai del tempo libero magari preferisci una mini pennica.

La sera vai a letto stanca, e spesso con il mal di schiena, ma vai a letto felice.

Chissene importa dei trucchi e dello smalto sulle unghie.

Per quelli c’è sempre tempo, ma le albe e i tramonti che ho visto a casa nostra in Puglia sono riusciti a togliermi il fiato.

Si litiga in campagna, si litiga di brutto, ma gli abbracci, dopo le litigate, sono i più forti di tutti.

Un vicino ti bussa e ti porta le noci, e i giardiniere, anche se quest’anno le tue olive erano troppo acide per  essere tirate giù e per farci l’olio, ti fa la sorpresa e ti porta 10 litri di olio ricavati da un altro terreno.

Quando vado in Puglia stacco la spina, e passo le giornate tra la ferramenta di Cisternino e il mercato di Ostuni.

Quando la casa sarà completamente finita forse riuscirò a riposare un po’ di più, ma per ora mi sta bene così e, quando sono giù, mi sento più viva che mai.

Stanca, ma viva.

Il giorno della befana avevamo il volo per tornare a Milano.

All’aereoporto di Bari ci hanno accompagnati una mia amica di Foggia e suo figlio, che sono stati ospiti da noi un paio di giorni, quando papà è dovuto tornare a Milano a lavorare.

Quando siamo scesi dalla macchina, e siamo entrati all’aereoporto, per me è stato un piccolo shock: ma quanta gente, quanta luce, quanto rumore.

In campagna ho imparato a riapprezzare il silenzio.

In campagna ho imparato che il televisore spesso è più utile da spento.

Sono davvero felice di aver deciso di investire in Puglia e di costruire questa casa, e nonostante io di solito sia molto gelosa delle mie cose, sono anche molto felice di aver deciso di costruire una casa da affittare.

Eh sì, perché le cose belle vanno condivise e l’idea che qualcuno dormirà nella nostra casa, vivrà le emozioni che viviamo noi, vedrà i colori che vediamo noi e sentirà i profumi e i sapori che ci accompagnano tutte le volte che scendiamo in campagna, mi piace assai.

La mattina della nostra partenza sono andata nella lavanderia nella contrada vicino a noi a portare lenzuola e asciugamani da lavare.

Ormai lo sapete bene che io non sono nata casalinga e che non morirò casalinga.

Mentre tornavo dalla lavanderia, e percorrevo quel bellissimo tratturo in mezzo ai trulli, ho pianto.

Mio figlio era a casa con la mia amica e suo figlio, e io ero da sola, in mezzo agli ulivi, libera di sfogare le mie emozioni.

Per me è sempre molto difficile ripartire da lì, ed è ancora più difficile quando ritorno a casa e ritrovo LEI, la bilancia

Questa volta ero partita con le migliori intenzioni, e la prima settimana sono stata anche brava, limitandomi con il cibo, e andando a fare le mie lunghe e veloci camminate, un giorno sì e un giorno no.

Ma poi…

Ma poi in Puglia è arrivata la neve, e a casa nostra più di 40 cm di neve ci hanno impedito di uscire per giorni!!!

Addio camminate e benvenuti carboidrati.

Mio marito, che si è scoperto grande panificatore (termine assai più fashion di “panettiere”), ha svaligiato il mulino di Cisternino e si è divertito a fare pane ai 5 cereali, pane integrale, pizza e brioche.

Povera me che mi sono illusa che il pane fatto in casa, con il lievito madre fatto dalle manine sante del mio amore, non facesse ingrassare come il pane del panificio!

E poi mai partire per le vacanze di Natale con in valigia solo pantaloni elasticizzati, senza avere neanche uno straccio di bilancia sul posto!

Non pensavo di essere ingrassata così tanto, quindi immaginate la mia faccia quando a Milano sono salita sulla mia bilancia è ho visto apparire la scritta “80,4”

Aiutoooo!

In quel momento ho sentito una forte nausea, e ho capito che avevo bisogno di disintossicarmi, subito!

Ho aperto l’armadio, ho tirato fuori le mie buste di proteine, sali minerali e vitamine, e ho riempito la mia prima bottiglietta.

Sono a digiuno da due giorni, ho perso quasi 3 kg e mi sento più forte che mai.

Ieri ho fatto acqua gym, e oggi indor walking.

Ieri sera mi sono lavata i capelli e ho fatto un super mega impacco di crema, e stamattina ho fatto manicure e pedicure (in casa!).

Mi guardo allo specchio e inizio a piacermi di nuovo, e mi sento bene.

In campagna mi guardavo allo specchio solo quando mi lavavo il viso, e i denti.

In campagna non mi interessano gli specchi, ma la forza del mio corpo, che spesso metto un po’ troppo alla prova.

Mi ci è voluta una seduta di shiaztsu e un massaggio di un’ora per farmi passare il mal di schiena. Sto diventando anziana, ma la saggezza è ancora un concetto a me sconosciuto, e quindi speso sollevo pesi che non dovrei, e poi ne pago le conseguenze, ops.

Sono ufficialmente uscita dalla modalità #campagnola, ma una lieve malinconia mi avvolge il cuore.

Stamattina ero in giro in scooter, e ad un semaforo mi hanno suonato perché non sono partita nel centesimo di secondo in cui il semaforo è diventato verde.

Mi è sempre piaciuto correre.

Mi è sempre piaciuta l’energia che si respira nelle grandi città, ma i tempi cambiano, e ora andrei di corsa in aereoporto, e salirei sul primo aereo diretto al sud.

Ma siccome mio figlio è scuola e alle 16.30 devo andare a prenderlo per portarlo dal dentista…

Ora torno coi piedi per terra, mi faccio passare il magone, sorrido e faccio un paio di telefonate: anno nuovo, vita nuova!

E poi domani si vedrà…

Besos

Barbara

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Silent party: quando la musica unisce.

 

Siete mai stati ad un silent party?

Io fino a qualche sera fa non ci ero mai stata, e ora non vedo l’ora di andare al prossimo, magari senza mio figlio.

Silenzio e musica.

Queste due parole racchiudono un pó quello che la Puglia rappresenta per me: la pace e, nello stesso tempo, un insieme di note che ti smuovono tutto, dentro e fuori.

Silenzio e musica mi fanno pensare anche ad un grande della musica che ci ha improvvisamenfe lasciati.

Pino Daniele mi ha accompagnato in molti momenti importanti della mia vita.

Non mi dimenticherò mai quella sera in cui mi ritrovai a cena con lui e la nostra amica comune Rossana Casale.

Pino Daniele era davvero simpatico, e di cuore.

Immaginate la mia faccia quando chiesi a Rossana se Pino era strabico, perché aveva uno strano modo di guadarmi, e lei mi rispose che aveva un occhio di vetro!

Una delle tante gaffes della mia vita, OPS!

Oggi lo voglio ricordare così, mentre sorrideva.

E me lo voglio immaginare con la chitarra in mano, sdraiato su una nuvola a cantare col suo grande amico Massimo, Troisi.

Oggi lascio la mia amata Puglia, e parto con una valigia enorme, carica di ricordi, di sapori, e di profumi.

Parto anche con una sacca piena di silenzio, e di musica.

Sarà che, come dice sempre gentilmente il mio giovane marito, ormai sono stagionata.

Sarà che sono diventata un pó un orso, e alla mondaneità spesso preferisco il mio pigiama e le coccole dei miei uomini.

Ma io ad un Silent party non ci ero mai stata!

Il Silent clubbing, per chi non lo sapesse, è una festa che di solito si fa nelle piazze, all’aperto.

Ci sono tre dj che mettono tre generi di musica diversi tipo revival, house etc, ed un banco dove, al costo di 5 euro, ti affitti la tua cuffia.

La cuffia?

Eh sì, perché la musica si ascolta solo in cuffia, e sei tu che scegli quale dj ascoltare.

A seconda del dj che decidi di ascoltare  la tua cuffia cambia colore.

Ecco che mentre tu balli, e ti guardi in giro, vedi chi ha scelto di ballare la stessa musica che hai scelto tu, e allora magari ti avvicini, e condividi quel momento, quel ballo.

E se ti togli le cuffie?

E se ti togli le cuffie ti ritrovi in un ambiente surreale, dove la gente balla felice, ma tutto intorno regna il silenzio.

Il Silent party è un evento geniale che si può fare nelle piazze più belle d’Italia.

Un evento dove la musica fa da protagonista, ma l’inquinamento acustico è pari a zero.

Geniale!

Geniale perché la musica unisce, e lo fa sin dalla nascita, anzi, da nove mesi prima.

Il battito cardiaco della mamma è la prima musica che sente un bambino, ed è proprio da quelle prime note che inizierà un lungo e fortissimo legame.

Anche Danny ha voluto provare le cuffie, e abbiamo ballato assieme la stessa musica, poi lui ha preferito giocare con una montagna di neve rimasta in piazza, e io ho continuato a ballare con i miei amici.

Gran bella esperienza, da ripetere, magari senza figli, per potersi scatenare un pó di più e fino alle ore piccole.

E mentre la mia amica guida per accompagnarci all’aereoporto di Bari, ora vorrei avere una cuffia per ascoltare il rumore che fanno gli ulivi quando soffia forte il vento.

Ho da poco lasciato la nostra casa in campagna e già mi manca.

Si torna al nord, alla vita di tutti i giorni.

Mi piace l’energia che si respira a Milano, ma in questo momento della mia vita avrei bisogno d’altro e quindi stasera metterò la testa sul mio cuscino, chiuderò gli occhi e ripenserò a questa incredibile terra, sognando il giorno in cui, magari, riusciró a trasferirmi per sempre nella mia amata Puglia.

Besos

Barbara

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Puglia: le mie bianche prigioni!

 

Ebbene sì: per Quasi 48 ore siamo rimasti chiusi in casa, senza vie di scampo!

Il 30 siamo andati in gita ad Otranto: sole, ma tanto freddo, e al ritorno…

Al ritorno, sulla statale, all’altezza di Brindisi, ci siamo improvvisamente ritrovati in una bufera di neve.

La polizia è stata velocissima, iniziando a presidiare tutte le uscite della litoranea per suggerire agli automobilisti i percorsi più scorrevoli, mentre i gatti della neve erano già al lavoro.

Ci abbiamo messo un po’ a tornare a casa e all’arrivo siamo rimasti sorpresi nello scoprire che su in campagna non aveva nevicato neanche un pó, se non quei pochi fiocchi di neve scesi la mattina mentre mi godevo la mia lunga e veloce camminata del mattino, tra i Verdi ulivi.

Ma avevamo parlato troppo presto…

Eravamo rientrati in casa da pochi minuti quando la neve ha iniziato a scendere, sempre più fitta.

All’inizio sembrava polistirolo, poi grandine, poi neve, tanta, ma tanta neve.

La mattina dopo, al nostro risveglio, non riuscivamo a credere ai nostri occhi: sembrava di essere in montagna!!!

Nella fine degli anni ’90, in Puglia, erano scesi circa 20 cm di neve, e nel 2005 15 cm, ma questa volta i cm erano almeno 40, e in certe zone ne sono scesi anche 70.

Mio marito sulla sua macchina ha le ruote da neve, ma non c’è stato verso di muoverla: le strade erano impraticabili e gli spazzaneve il 31 non sarebbero passati.

E la nostra festa di capodanno al Mavù con cenone, dj,  ricchi premi e cotillons?

Ed ecco che mi arriva la telefonata: festa annullata per troppa neve!

Ecco, appunto.

E ora che si fa?! Bloccati in casa senza la possibilità di andare a fare la spesa per il cenone?!

Non avevamo nè lenticchie nè cotechino!!!

Sono anni che mangio lenticchie e cotechino e non sono mai diventata ricca quindi…

Abbiamo aperto frigo e dispensa e abbiamo scoperto che avevamo tutto quello di cui avevamo bisogno: bollicine, orecchiette, cime di rapa raccolte nel nostro terreno proprio prima che iniziasse a nevicare, patate novelle e un po di carne comprata durante la nostra gita ad Alberobello.

Ci mancava il dolce, caspiterina!

Non si può fare un cenone di capodanno senza dolce!

Mio marito in questo periodo è entrato in modalità “panettiere casalingo”, quindi eravamo pieni di farina, ma avevamo finito le uovaaaaaaa

E quindi? E quindi navigando in internet ho trovato la ricetta per fare una crostata senza uova, et voilà, i maschi si sono messi al lavoro e la crostata è saltata fuori dal forno splendida e splendente.

Vi state chiedendo se oltre ad essere bella era anche venuta buona!?

Facciamo che sorvoliamo?

Sorvoliamo!

Alla fine è stato un bel capodanno lo stesso: barricati in casa, ma con una simpatica coppia di amici, e nostro figlio.

Una giornata passata tra pupazzi di neve e relax al sole, e finita giocando a shangai davanti al camino acceso.

Il 2015 è iniziato con uno splendido sole che ha sciolto un pó di neve e ci ha permesso di uscire dalla nostra bianca prigione.

Dalla prigione bianca alla città bianca: due passi ad Ostuni ci sembravano la scelta ideale dopo quasi 48 ore di felice prigionia.

È sempre bella Ostuni, e camminare tra i suoi vicoletti ha sempre il suo grande fascino.

Una sosta per pranzo alla Taverna della gelosia e poi ancora due passi per la città, prima di tornarcene nella nostra ex prigione.

E visto che oggi il sole è ancora più caldo di ieri, ce ne andiamo a mangiare al mare.

Buon inizio 2015, nella speranza che sia un anno che vi porti almeno una delle cose che state desiderando.

Perchè ogni tanto bisogna sapersi accontentare no!?

Besos

Barbara

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Pillole di emozioni pugliesi

 

Sono un paio di giorni che non scrivo, e me ne scuso, ma la vita in campagna spesso scorre veloce, troppo veloce, e il cellulare prende male, troppo male.

Ho portato anche l’ipad con me, ma tutte le volte che cerco di scrivere con l’ipad, l’oggetto in questione rischia di finire scaraventato contro un trullo: io odio scrivere sull’ipad!

E allora scrivo sul mio iPhone, che però in casa in campagna prende male, e quando esco, e ritrovo la linea (purtroppo non quella fisica, che in Puglia smarrisco inesorabilmente), le emozioni preferisco viverle, piuttosto che scriverle.

Ma oggi farò un’eccezione…

Abbiamo appena lasciato mia mamma all’aereoporto di  Brindisi, da dove partirà per tornare nella sua amata Venezia, e ora sta guidando un amico.

Il nostro viaggio prosegue verso Otranto, e visto che ho le dita libere, ho deciso di usarle per fissare nel tempo le emozioni vissute negli ultimi giorni, così, in ordine sparso, come riaffioreranno dalla mia memoria.

Una delle emozioni più forti l’ho sicuramente vissuta quando il 26 dicembre siamo andati a visitare il presepe vivente di Pezze di Greco.

Avevo letto che era uno dei presepi viventi più grandi d’Europa e avevo anche visto qualche immagine, ma la immaginazione non aveva lavorato abbastanza, e sono rimasta sconvolta da quello che mi sono ritrovata davanti: un villaggio vero e proprio con una novantina di figuranti.

Siamo arrivati tra i primi del primo giorno, e quindi non c’era ancora tanto macello, ma considerate che per vederlo tutto ci abbiamo messo più di un’ora e mezza.

Sembrava davvero che il tempo si fosse fermato, mentre le emozioni correvano veloci tra una grotta e l’altra, guardando i volti di quelle donne e di quegli uomini, e i sorrisi di tanti bambini, tra cui spiccava quello del bambin Gesù.

Peccato non aver potuto condividere quella splendida camminata con gli amici che sono venuti a trovarci pochi giorni dopo…

Mi emozionano le stazioni dei treni, le attese.

Mi emoziona sapere che potrò condividere la mia amata Puglia con chi ancora non conosce certi angoli di paradiso.

E mentre la prima settimana mi sono goduta il sole sulla pelle mangiando a casa fuori in veranda o sulla terrazza di uno dei miei ristoranti preferiti, al mare, oggi ho mangiato fiocchi di neve durante una delle mie amate passeggiate, tremando di freddo e di gioia.

Anche ieri sera a Locorotondo e ad Alberobello faceva un freddo pazzesco, ma le luci degli addobbi della prima, e le proiezioni sui trulli della seconda, ci hanno scaldato il cuore, e reso più sopportabile quello strano pizzicorino che si stava impossessando delle nostre mani e dei nostri piedi.

E vogliamo parlare delle costine di agnello che ho mangiato ieri sera davanti al camino del mitico Gino, a Ceglie?

In Puglia il cibo è pura emozione…

Da Gino si mangiano solo verdure spontanee!

Cosa sono le verdure spontanee?! Beh, lo dice la parola: sono le verdure che nascono da sole, senza bisogno di seminare ed annaffiare.

E quando la natura ti regala della fantastica materia prima, e trovi chi la sa trasformare in sogni per tutti i sensi, il gioco è fatto.

Sono sempre più felice della scelta che abbiamo fatto costruendo casa qui in Puglia, in campagna.

Sono felice di averla disegnata io pur non essendo un architetto, e di averla arredata io pur non essendo arredatrice.

Avevo paura che in questa vacanza mio figlio si sarebbe annoiato, visto che a parte un suo vecchio compagno di asilo e qualche altro bambino, non ha avuto molte occasioni per stare con altri bambini da quando siamo arrivati.

Immaginate quindi l’emozione quando ho scartato il suo regalo e ci ho trovato un suo disegno con scritto “Grazie mamma e papà che mi avete portato in Puglia”.

E il mitico proprietario del Plastic di Milano che dalla sua amata Villa Castelli è venuto a trovarci a Cisternino perché voleva vedere casa nostra dal vivo!?

Un pugliese doc che mi fa i complimenti per come ho saputo rappresentare la tradizione pugliese nella nostra nuova casa!? Che onore! Grazie Lucio!

In campagna c’è sempre qualcosa da fare, e poco tempo per riposare, specialmente quando la casa è nuova, e spunta sempre qualcosa da finire, da migliorare.

Ma la stanchezza della campagna non mi pesa: mi piace andare a letto presto e svegliarmi poco dopo il sole.

Adesso vi lascio perche siamo arrivati ad Otranto.

Ci aspetta una bella passeggiata in spiaggia per smaltire i panzerotti di Speziale,  in cerca di nuove emozioni, di emozioni pugliesi.

Barbara

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Aboliamo Babbo Natale!!!

 

Ho fatto passare più di 24 ore per cercare di smaltire la rabbia, ma siccome non passa, ho deciso di fondare un movimento:

“Aboliamo Babbo Natale!!!”

Alzino la mano quelle mamme che quando i loro figli, scartando i regali, guardano in alto e urlano “Grazie Babbo Nataleeeee”, non vorrebbero avere Babbo Natale davanti per strappargli la barba e smascherarlo!

Eh che cavolo!!!

Babbo Natale, San Nicola etc etc: tutte belle storie che potete leggere qui http://www.miocarobabbonatale.it/storia.html, ma la realtà è che noi mamme a Natale ci facciamo un mazzo così, e poi dobbiamo vedere i nostri figli che, tutti felici e sorridenti, ringraziano il vecchietto con la barba!

Mi oppongoooooooo!

Ci ho messo un mese a trovare quel cavolo di elicottero giallo, e la macchina della polizia con il carrello e la barca a traino!

Danny li aveva visti a casa dei suoi compagni di classe e li aveva messi nella sua letterina a Babbo Natale. Peccato che fossero due articoli fuori produzione (sempre fortunata io!) e che dopo averli cercati in una decina di negozi, a volte anche in scooter sotto la pioggia (altro che slitta con renne e coperte di cachemire), sono dovuta andare direttamente alla fonte, ordinandoli online sul sito della Playmobil.

E vogliamo parlare del papi che se n’è venuto in Puglia in macchina per portare giù il carico di doni per evitare che Rynair ci mandasse in bancarotta per l’extra bagaglio!?!

Mio marito è stato davvero un mito: è arrivato dopo 8 ore di viaggio, è  entrato vicino alla casa pian pianino mentre io distraevo Danny, ha scaricato e nascosto i regali e poi è uscito, è risalito in macchina, è andato via ed tornato suonando il clacson!

Se a Danny era venuto qualche dubbio sulla vera identità di Babbo Natale (un paio di volte ci ha provato a dire “Tanto secondo me siete tu e papà”), questa volta si è levato ogni punto di domanda dall’orizzonte.

L’ho visto sbirciare nella macchina di papà in cerca di qualche pacco…

Una visita a Cisternino dal mitico Vitino per un nuovo taglio, la prima cena della vigilia nella nostra nuova casa di campagna in Puglia, il camino acceso, e poi spento per evitare al vecchietto di ustionarsi il sedere, e quella sveglia alle 7 del mattino, carica di gioia e di grandi aspettative.

“Ci ha trovati anche in Pugliaaaaa! È arrivatoooooo! Guardate quanti regaliiiiii! E ci sono anche due sacchetti dell’Inter!!!”

Cosa non si fa per amore dei figli…

Io che ero Milanista, e che per il Milan ci ho pure lavorato, non solo mi ritrovo con un figlio interista, ma quando alcuni parenti mi hanno chiesto consiglio su cosa regalare a Danny per Natale, ho anche suggerito loro di comprare qualsiasi cosa di neroazzurro.

E dopo tutto ciò io devo sentire mio figlio che ad ogni regalo aperto molla un urlo e ringrazia Babbo Natale!?

Ma quale Babbo e Babbo! Mamma e papà devi ringraziareeeeeeee!

Sono io che vorrei vederti saltellare verso di me per poi buttarmi le braccia al collo urlando: “Grazie mammaaaaaaaa!”

E quindi ora fondo questo movimento e cerco mamme che mi aiutino a farlo partire alla grande per sostenere i nostri diritti: dall’età di 5 anni (prima concediamo loro di far volare l’immaginazione, daiiii) i bambini devono sapere che Babbo Natale NON esiste e devono riempire di baci noi mamme e, un pochino (ma poco poco), anche papà e parenti vari.

Approvate?

Accendiamo?

Besos

Barbara

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Viavì: alla scoperta di aneddoti e sapori sotto uno splendido cielo stellato

 

Questa volta non so davvero da dove cominciare.

Le ultime due serate sono state davvero intense, di profumi, di sapori, di colori e di emozioni.

Forse posso iniziare raccontandovi cos’è Viavì

Il progetto ViaVì, ristorante itinerante, è una produzione di Luzzart – Syncretic Agency APS, Macrohabitat APS e SYNCRETIC, nata all’interno di Terra per la Terra – Syncretic Med Festival, un festival ideato tre anni fa per destagionalizzare il turismo attraverso eventi syncretici, in grado di unire ambiente, arte, enogastronomia, tradizioni e territorio.

Sono arrivata a Cisternino, con mia mamma e mio figlio, pochi giorni fa, e la prima sera, mentre cenavamo nella nostra macelleria preferita, il mio occhio è caduto su quel volantino, e la mia curiosità ha fatto il resto.

La prima sera, per il primo percorso, ho portato con me anche nonna Mao e Danny Boy, mentre la seconda sera ho preferito andare da sola: non volevo perdermi una sola parola, e quindi non volevo distrazioni.

Il caronte che ci ha guidato nei due percorsi, per assaggiare i piatti proposti dai diversi ristoranti di Cisternino, tra aneddoti e curiosità, è stato Nick Difino, un noto food hacker.

Cosa sia un food hacker non l’ho capito bene neanche io, ma credo di aver intuito che si tratti di qualcuno che entra a gamba tesa in tutti i sistemi dove si parli e si tratti di cibo, andando a caccia di pregi e difetti, per poi fare le proprie scelte di vita, magari consigliandole anche al prossimo suo.

Di una cosa però sono sicura: mi spiace aver conosciuto Nick Difino solo ora!

In queste serate ho scoperto delle cose pazzesche, cose che voi umani…

In queste serate ho saputo cose che forse avrei preferito non sapere, e altre che avrei voluto sapere prima, molto prima.

Pensavo di aver assaggiato tutte le focacce in commercio nel mondo, ma la focaccia di Remix, fatta con la farina del Senatore Cappelli, ha un altro sapore, e non ti si gonfia nella panza appena la mandi giù.

Solo quando assaggi certi sapori, e senti La differenza, capisci davvero di cosa si parla quando si parla di prodotti a kilometro zero!

E vogliamo parlare della cialledda di Diavolicchie?

Pane secco, capperi, diavolicchi (una sorta di peperoncini), cipolla rossa, cocomero, olio, sale e origano.

La cialledda è un piatto della tradizione contadina, risalente al secolo scorso, in cui si mangiava quello che si trovava in casa, e il pane raffermo non mancava mai.

“Pa”, in sanscrito, vuol dire “proteggere, nutrire”.

Il pane è femmina, perché è tondo, caldo e nutre, e si fa con il lievito madre.

Il pane avvolge in sė la figura dell’uomo e della donna, diventando il principio dell’universo cibo.

E per ogni piatto Nick Difino, che nasce come dj, sceglieva un pezzo da suonare con il suo “nuovo ipod”.

Il suo nuovo iPod, in realtà, era uno splendido grammofono originale degli anni ’30.

La musica e il cibo sono strettamente collegati, e la musica influisce fisicamente nei sapori che le camminano di fianco.

Pensate alla nascita di un bambino…

Dopo 9 mesi il bimbo arriva nel mondo e, assieme al battito cardiaco della mamma, la prima cosa che gli succede, dopo essere stato prima appoggiato sul ventre materno, è essere attaccato al seno di chi gli ha dato la vita, per nutrirsi del suo latte.

Il battito cardiaco è musica, e il latte è cibo.

Musica e cibo sono fatti per camminare uno al fianco dell’altro, sin dai nostri primi respiri.

Trovo che questo sia emozionante, come trovo che sia stato per me molto forte scoprire che un bambino che non è stato allattato avrà più possibiltà di non avere un ottimo rapporto con il cibo.

Io non sono stata allattata,  non ho mai avuto un bel rapporto con il cibo, e soffro di attacchi di fame.

E a chi dice che bisogna mangiare la carne perché le proteine sono importanti?

Li manderei tutti ad assaggiare la zuppa di cereali e legumi che fanno da Micro: quelle sì che sono proteine bbbbbone!

Ma lo sapete che servono 1500 litri di acqua per fare 100 grammi di carne?,

E che per fare 100 grammi di legumi ne bastano 60?!

So che vi state chiedendo dove finiscano i 1500 litri di acqua che servono per la carne, ma ricordatevi che le mucche bevono tanto, e vanno pure lavate!

Non dico che la carne vada eliminata, ma ieri ho capito che va sicuramente ridotta, e mentre ci pensavo mi gustavo le mitiche pucciette col capocollo del bar 32, OPS!

Sul purè di fave e cicorie di Bari Vecchie ho già detto tanto, ma condividere con dei nuovi amici un piatto che normalmente si condivideva in famiglia, come piatto unico, mi ha emozionata.

Danny era stanco e quindi purtroppo abbiamo saltato l’ultima tappa del primo tour, anche se noi la pasta di mandorle ricoperta di cioccolata fondente, del bar fod, la conosciamo bene da anni…

Il secondo tour, quello di ieri sera, è stato molto più intimo: eravamo in 6 e quando l’intimitá cresce, diminuiscono i freni inibitori, e le parole fluiscono come un buon bicchiere di vino rosso del gentil Natalino.

Come prima tappa siamo andati al centodieci cavalli mozzarella bar, un posticino delizioso che si chiama così perchè all’inizio la gente entrava, comprava le mozzarelle e se le portava velocemente a casa.

Ma quando entri lì diventa difficile scappare.

Ti siedi al banco, ti mangi le loro mitiche frise al pomodoro, e inizi a chiacchierare con Gianni.

Sapete cos’è esattamente la frisa?

La frisa è pane biscottato, ossia cotto due volte (bis cotto) e durante la biscottatura viene essiccata.

E sapete perché le frise hanno il buco? Per poter infilarci lo spago con cui si faceva una corona che veniva poi appesa per essere conservata.

La corona veniva portata nei campi e nelle pagghiare (le pagliare), dove i contadini dormivano.

Assieme alle corone di frise si appendevano anche i pomodori che, assieme all’acqua, servivano per completare il loro pasto.

Le frise, infatti, si bagnavano in acqua di mare, se avevano il mare vicino, o con acqua normale, e poi si mangiavano con sopra i pomodori.

Il pane si faceva una volta alla settimana e lo si usava in diversi modi.

Uno di questi modi era bagnarlo e saltarlo con un pó di olio, per poi mesacolarlo con i fagioli cotti nel brodo vegetale e, per non buttare nulla, con le carote (che tra una delle sue proprietà ha quella di eliminare i gas dei fagiolo), il sedano, la cipolla e l’alloro usati per fare il brodo.

Parola di Mimmo che, nella sua Zia Rosa, ci ha accolti con una fantastica zuppa di fagioli con crostini di pane, e verdure.

Sono rimasta sorpresa nel trovarmi davanti al baccalà in tempura della Bell’Italia: ma come?! Siamo in Puglia e con tutto il pesce fresco che hanno qui, ci servono del pesce essiccato?!

E a quel punto ha preso la parola  il grande Beppe Lorusso che ieri sera era con noi da “spettatore”, e che stasera sarà il caronte del terzo tour al quale, purtroppo, non riuscirò a partecipare.

Giuseppe Lorusso, per chi non lo conoscesse, è un giornalista, scrittore d’enogastronomia, e studioso e ricercatore di storia dell’alimentazione e degli usi e comportamenti di consumo.

Ieri sera, tra le varie cose, ci ha spiegato anche come e perché il baccalà sia utilizzato così tanto anche nei posti di mare dove il pesce fresco non manca: il baccalà è un pesce conservato che costa molto meno del pesce fresco e può essere, appunto, conservato per periodi ben più lunghi.

Per finire in bellezza siamo andati alla cremeria Vignola, per perderci nei sapori delle sue fantastiche torte.

Che dire ancora?

Che ringrazio Luca e Walter per avermi dato l’occasione di unirmi a loro in questi bellissimi percorsi, perché camminando sotto un fantastico cielo stellato, tra una tappa e l’altra, ho conosciuto proprio delle belle persone.

E ringrazio tutti quelli che con i loro ristoranti hanno aderito a questo splendido progetto e ci hanno accolti con tanta gioia, tanta passione e tanta gentilezza.

E, per finire, ma non in ordine di importanza, ringrazio Nicola Difino e Giuseppe Lorusso per tutto quello che mi hanno raccontato ed insegnato in queste due serate così particolari, così intense.

In verità mi avete raccontato anche cose che avrei preferito non sapere, ma prometto che cercherò di metabolizzarle e di prendere al più presto la retta via.

Forse avrei preferito non sapere che la busta delle insalata è trattata internamente con una vernice ritardante che consente all’insalata in busta di restare verde per almeno 3 giorni.

Forse avrei preferito non sapere che nelle sigarette mettono l’ammoniaca per creare dipendenza, e che negli hamburger di Mc Donald…

Vabbè dai, sto zitta che è meglio!

Adesso vado in cucina, lavo un pó di insalata comprata oggi dal contadino e me la gusto pensando a voi.

Domani è un altro giorno, e si vedrá

Non so cosa mangerò quando tornerò a Milano, ma so che, anche senza caronte, nei prossimi giorni andrò a farmi il terzo tour che non riuscirò a fare stasera.

Eh sì, perché questi tre tour, anche mescolandoli tra loro, si potranno fare tutte le sere fino al 6 di gennaio (tranne il 25 il 31 e il 1),  e il costo di ogni tappa sarà di soli 3 euro.

Ecco qui sotto il menù dei tre tour!

Se siete in Puglia credete a me e fatevi un giro a Cisternino, che merita assai.

Besos

Barbara

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Ritorno in Puglia con ricetta: il vero purè di fave e cicoria

Ebbene sì: sono tornata nella mia amata Puglia.

Perchè quando ami qualcuno lo ami sia quando fa caldo, e ci stai sdraiata accanto prendendo il sole, e magari tenendogli la mano, sia quando fuori fa freddo e lo guardi mentre mette la legna nel camino.

Quando ami un posto è lo stesso: io la Puglia la amo anche in inverno.

È così verde la Puglia a dicembre…

Siamo atterrati e siamo stati subito accolti dai suoi colori, e dai suoi profumi.

Impossibile guidare senza abbassare i finestrini, anche quando inizia a calare il sole, e l’aria si fa più fresca.

Il tempo di arrivare a casa, di disfare le valigie, e di fare un minimo di spesa, al volo, e alle otto di sera eravamo già da Vito, al “Bari Vecchie”, la mia macelleria preferita, a Cisternino.

Sono drogata di purè di fave e cicoria, e il loro è stratosferico!

E quando vado al “Bari Vecchie” non mi faccio mancare mai un paio di bombette impanate con il formaggio (trattasi di carne, ovviamente!)

Ieri sera mi sono fatta spiegare bene la ricetta del loro purè di fave.

Lo avevo già fatto più volte con la ricetta che mi aveva dato un’amica, ma non mi era mai venuto neanche lontanamente simile al loro.

Eccovi qui una vera chicca di ricetta!

Come INGREDIENTI servono un sacchetto di fave decorticate che potete trovare in qualsiasi supermercato, patate e cicoria, sale e olio.

Quando avete tutto iniziamo: mettete le fave a mollo per 12 ore, in frigo, poi scolatele, sciacquatele e mettetele in una casseruola con un filo di olio sotto, per ungere bene la base della casseruola.

Formate 2 strati alternati di fave e 2 di patate tagliate a rondelle da 1/2 cm e versateci sopra dell’acqua con la brocca fino a coprire tutto e, a fiamma potente, fate andare senza allontanarvi troppo.

Quando inizierete a vedere della schiuma, con un cucchiaio di legno o plastica (non acciaio), toglietela man mano che viene a galla.

Quando vedrete la schiuma quasi sparita abbassate la fiamma al minimo e mettete il coperchio.

Lasciate andare per un’ora abbondante.

Quando la forchetta affonderà nelle patate vorrá dire che siete arrivati quasi alla fine!

Spolverate di sale, aggiungete olio e frullate.

Per le cicorie è più facile: basta pulirle e bollirle!

Questo piatto nasce come piatto conviviale che veniva servito nella tradizione contadina: il purè di fave veniva messo in mezzo alla tavola come piatto unico, e intorno a lui venivano messi: uva bianca, fornetti fritti (tipo i peperoni lunghi verdi), cipolla in agrodoce, gli “spunzel” (cipollotti freschi Verdi), le “vope” fritte (tipo pesce azzurre) e altre cosucce buonissime.

Che dire ancora?

Che oggi mi sono fatta 6 km di camminata per levarmi qualche senso di colpa, e che ora sono pronta per affrontare la mia seconda serata di sapori pugliesi.

Baci

Barbara

 

Cosa succede mettendo un cellulare nel riso?

 

Cosa succede mettendo un cellulare nel riso?

Succede che il cellulare si asciuga e tu, all’improvviso, ti ricordi di come si stava bene quando…

Adesso vi spiego meglio.

Un paio di giorni fa ho avuto una giornata di quelle un po’ di corsa, un po’ complicate.

La giornata è iniziata con la pioggia, e quindi ho dovuto lasciare a casa il mio amato scooter, e optare per la mia bat renna, e il traffico.

Avevo un appuntamento di lavoro e poi dovevo andare in sede al Milan a ritirare una regalo per un amico.

Conoscevo bene la vecchia sede del Milan, visto che ci avevo lavorato, ma la nuova sede era per me ancora un mistero, e anche il mio navigatore del cellulare non conosceva quella via…

Devo dire che la nuova sede del Milan è davvero bella, e imponente, ma il calore della vecchia sede era un’altra cosa.

Sarà una questione affettiva, ma la nuova sede mi sembra un po’ una clinica svizzera, vabbè!

Tornando verso casa il cellulare ha deciso di abbandonarmi: lo schermo è diventato nero, ma il cellulare suonava, e io non potevo rispondere.

Sono tornata a casa, ho lasciato la macchina, sono salita in scooter e mi sono precipitata alla Apple di Rozzano, per scoprire che si era sono impallato lo schermo, e che sarebbe bastato schiacciare due pulsanti assieme per ripristinarlo.

Un’ora persa guidando lo scooter sotto la pioggia, al freddo.

Ero stanca e arrabbiata.

Avevo bisogno di una coccola, e quindi, prima di andare a prendere mio figlio a scuola, sono andata dalle veloci cinesi per farmi fare mani, piedi e massaggio foLte su poltLona vibLante.

Avevo il cellulare appoggiato sulle gambe, i piedi immersi in una vasca di acqua calda, e le mani affidate ad una seconda ragazza.

Ad un certo punto la ragazza ai mie piedi mi fa inavvertitamente il solletico, io muovo le gambe di scatto, e il mio cellulare finisce dritto dritto nella vasca di acqua calda, assieme ai miei piedoni.

Prendi il cellulare al volo, asciugalo, tira fuori la sim, e infilalo nel fornetto che le cinesi di solito usano per asciugare le unghie.

Corri a prendere il figlio, passa al volo in un negozio che ripara telefoni, dove scopri che il tecnico era appena andato via, e scappi a casa in cerca di un kilo di riso, nella dispensa.

Riso?

Eh sì, perché già la scorsa estate mi era caduto il cellulare nell’acqua, di mare, e lo avevo salvato mettendolo nel riso.

Ho asciugato ancora un po’ il cellulare con il phon, ho infilato un cotton fioc nel buchino del microfono per togliere l’acqua in eccesso, e, senza rimettere la sim, ho infilato il cellulare in un kilo di riso verso le sei di sera, e ce l’ho lasciato per tutta la notte.

Vi starete chiedendo se il trucco ha funzionato, e se il riso ha davvero assorbito tutta l’umidità che si era formata nel cellulare.

Ebben sì, il cellulare è resuscitato, e, per ora, funziona perfettamente.

Ma la cosa più importante è che io ho passato una bellissima serata, senza di lui.

All’improvviso mi sono ricordata di quando i cellulari non esistevano.

Mi sono ricordata di quando suonava solo il telefono di casa, e, se rispondevi, all’altro capo del filo c’era un parente, o un amico, e non un operatore di Vodafone o di Sky, pronti a farti alzare da tavola per proporti l’ultima loro imprendibile offerta.

Mi sono ricordata di quando le foto, per vederle subito, non le facevi con il cellulare, ma con la polaroid, e dovevi aspettare quel magico minuto in cui l’immagine prendeva forma davanti ai tuoi occhi.

Mi sono ricordata di quanto era emozionante portare un rullino a sviluppare, e aspettare un paio di giorni prima di poter vedere se le foto erano venute belle, e se valeva la pena stamparle più grandi, o fare le copie per gli amici.

Mi sono ricordata di quanto era magico sentire la sua calda voce che usciva dalla cornetta, altro che sms e whatsapp.

E vogliamo parlare dell’intimità che a volte si andava a cercare dentro una cabina telefonica, quando non volevi che nessuno, a casa, ascoltasse i cavoli tuoi?!

Ho una gran bella collezione di cd, ma non ricordo l’ultima volta in cui ho sfilato uno di quei cd dal suo scaffale, per infilarlo nello stereo.

Ormai ascolto la musica dal cellulare, o dell’ipod

Mannaggia!

Se penso che sono stata una delle ultime tra i miei amici a comprare al cellulare…

Avevo una fantastica segreteria telefonica, e ascoltavo i messaggi anche quando ero fuori casa, appoggiando il magico bip sulla cornetta, e digitando il mio codice segreto (questa ve l’eravate dimenticata eh?!)

Ho resistito a lungo, ma poi ho ceduto, e ho velocemente recuperato il tempo perso.

Ormai il cellulare è diventato una prolunga del mio braccio destro.

Quanti sguardi si perdono per colpa di questi cellulari.

Quante parole, quante emozioni.

Quante coppie si vedono sedute al ristorante con la testa bassa.

Sono tristi? No no, sono solo concentrati sugli schermi dei loro cellulari, invece che sullo sguardo di chi siede davanti a loro.

Capita anche a me, capitava anche a me…

Quando ti rendi conto ci certe cose, diventa inevitabile cercare di correggersi un po’, e a volte qualcosa si riesce a fare.

La ragazza che mi ha assistito alla Apple mi ha detto che spesso i cellulari si impallano perché ormai la gente non li spegne più, neanche di notte.

Quella ragazza mi ha fatto riflettere.

Quella sera il mio cellulare ha dormito nel riso, e io mi sono goduta un bel film, senza distrazioni.

Mio figlio era al sicuro nel suo letto, e mio marito era fuori a cena.

Mia mamma e mio marito il numero del telefono di casa lo conoscono bene, e io ero serena, anzi, serenissima (essendo veneziana)

Spegniamo un pò di più questi cavolo di cellulari, e dedichiamo le nostre attenzioni alla nostra famiglia, agli amici, e a noi stessi.

Settimana scorsa sono andata a ballare al 4cento, a Milano.

La musica era bellissima.

Ad un certo punto mi sono avvicinata a Danilo, il dj, e gli ho chiesto se aveva una sua cassetta.

Danilo si è messo a ridere, e io con lui.

Bei tempi quelli delle cassette, e della penna bic, perfetta per arrotolorare il nastro quando il mangiacassette faceva i capricci.

Oggi sono in fase nostalgica, ma una nostalgia piacevole, di quelle nostalgie che ti riportano indietro, e ti accarezzano il cuore.

Buon fine settimana amici.

E che la corsa per gli ultimi regali abbia inizio!

Besos

Barbara

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Le cotolette scaloppate, all’arancia.

 

Qualche sera fa facevo zapping davanti alla tv, e mi sono fermata a guardare chef per un giorno, o qualcosa del genere.

C’era ospite la mia amica Veronika Logan che, per una sera, si era calata nelle parti di un vero chef, alle prese con la cucina di un vero ristorante.

Veronika aveva un bel po’ di clienti in sala, e una vera giuria, tutti pronti a giudicare i suoi piatti, senza sapere che fosse stata lei a idearli.

Uno di quei piatti mi ha incuriosito, e allora ho provato a rifarlo.

Peccato che non mi fossi scritta la ricetta, e andando a memoria, ho fatto un pasticcio.

Lo chef che assisteva Veronika, mentre lei gli spiegava la sua ricetta delle scaloppe all’arancia, stava svelando la sua ricetta per fare delle ottime cotolette, e io ho fatto un mix delle due.

E quindi, invece di fare delle semplici scaloppine passando la carne solo nella farina, le ho poi passate anche nell’uovo e le ho impanate, facendo delle alquanto buffe  “cotolette scaloppate”.

Ma siccome le mie “cotolette scaloppate” sono piaciute molto sia al marito che al figlio, ho deciso di darvi la ricetta.

ingredienticoloteefotoIniziamo come sempre dagli INGREDIENTI:

fettine di pollo, o di tacchino

pan grattato

farina (io uso quella di riso che è più leggera)

un uovo

burro, olio, sale e pepe

Quando avete tutto INIZIAMO:

Passate le vostre fettine prima nella farina, poi nell’uovo e infine nel pan grattato.

Accendete il fuoco e metteteci sopra una padella con un po’ di olio e un po’ di burro.

Rosolate le vostre fettine, girandole, fino a che saranno un po’ dorate e, all’ultimo, versateci sopra il succo di un arancio spremuto.

Fate andare ancora un po’, a fuoco basso, spolverate con un pò di sale e servite.

Io come contorno ho optato per una semplice insalata mista 

Eccole qui sotto in padella, e sopra impiattate! 

Besos

Barbara

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