Baby blogger

 

 

Ho aperto un blog più di un anno fa.

Mi ero illusa di essere una blogger ormai navigata.

Il blog me lo ha aperto mio marito, ma per il resto mi gestisco tutto da sola: scrivo, uso le mie foto, cambio e ingrandisco font, pubblico, modifico, taglio, cancello, aggiungo…

Temperateitacchi: anche il nome del mio blog me lo sono inventato tutto da sola!!!

Per essere una che col computer non ha mai avuto questa grande dimestichezza, ero davvero orgogliosa di quello che ero riuscita a fare.

E invece?

E invece ieri ho fatto un corso con un bravo grafic design, esperto di blog e di tutte quelle che sono le regole da rispettare, e  ho capito che non avevo capito proprio un tubo!

Ieri mi sono sentita piccola, ma tanto piccola.

Blogger io?

Ma quale blogger.

Al massimo sono il girino di una blogger.

Questo è il mio articolo numero 501 e ieri ho scoperto che gli altri 500 li ho scritti tutti usando il font sbagliato.

“Guarda che il font che ha usato tu non è un font che si usa per il blog, ma per le poesie, per esempio”.

Bella questa!

Non sapevo esistessero i font per i blog e i font per le poesie.

Io sapevo solo che non è educato scrivere in maiuscolo perché è un po’ come urlare.

Avevo trovato un font che mi piaceva e avevo deciso che avrei usato sempre quello, giusto per dare un po’ di ordine al mio blog.

Praticamente ho scritto un “libro” di poesie, senza saperlo.

E che poesie!

Si vede che sotto sotto mi sento un po’ poetessa ribelle, ahahahahah

“Ma lei le mette le parole chiave? Nel titolo ce ne vanno almeno 3″.

“E i tag? E la meta description?”

“Quando mette link di video, magari presi da youtube, usa lo short link? Aggiunge il codice da incorporare in modo da togliere la pubblicità? Lo sa che le immagini devono essere 72 dpi?”

“Quando prende informazioni dal web, per esempio da Wikipedia, prima di incollarle nel suo post, le copia in Text edit o in bloc-notes, e toglie così tag, codici etc?”

Cosaaaaaaaa?

Che hai dettooooooo?

Chi ha un moment perfavoreeee?

Anzi, facciamo un aulin che è megliooooo!

Sapete cose vuol dire fare un corso del genere dalle 9.30 alle 13.30?

Vuol dire entrare con tanta curiosità e uscire con tanto mal di testa!

E io che pensavo di essere una neo blogger.

Ma quale neo blogger!?!

Io sono una baby blogger, una infant blogger.

Il problema è che, anche ora che ho ricevuto e registrato un sacco di nuove informazioni (proprio tutte no, ma qualcuna in più sì), so già che le cose non cambieranno molto.

Mi ci vedete a me che vado su “Google trend” per vedere quali sono gli argomenti più cercati nel web e che quindi decido di parlare di uno di quegli argomenti per migliorare la mia indicizzazione, per aumentare il numero dei miei lettori, e le speranze di trovare qualche sponsor che decida di investire nel mio blog!?!?!?

Sì, sì, certo che sì.

E’ ovvio che mi piacerebbe tanto iniziare a guadagnare qualcosa, ma la verità è che io scrivo perché mi piace scrivere.

Io parlo di quello che mi va di parlare, e non di quello che vorrebbero sapere gli altri.

Però sto migliorando dai!

Oggi ho cambiato font, ho messo qualche parola in neretto, un paio di link , tag e parole chiave.

Se continuo così, sento che tra qualche mese sarò pronta per lo svezzamento.

Sono sicura che il mio S.E.O. pian pianino aumenterà.

S.E.O?

Perdindirindina, ma vedete che ho già cambiato il mio modo di parlare???

Fino a ieri manco sapevo cosa fosse sto S.E.O. (search engine optimization)

Troppa roba, mi sta tornando il mal di testa di ieri.

Direi che per oggi ho fatto un sacco di piccoli grandi passi, e quindi passo e chiudo.

Vi lascio, e torno al mio biberon.

Magari ci metto dentro anche un moment tritato dai.

Baby blogger Barbara

P.S: non ho cambiato nome e sesso, ma ho solo rubato ad un amico il suo fantastico costume di carnevale!

 

Aiutoooo i compitiiiii !

 
Gli animali con due zampe si chiamano “bipedi”.
Gli animali con quattro zampe si chiamano “quadrupedi”.
Gli animali che mangiano gli insetti si chiamano “insettivori”.
Mamma quante zampe ha una mosca?
“Quattro?”
“Ma nooooo mammaaaa! Ne ha seiiiii”
“Amore, ma lo so che la mosca ne ha sei di zampe. Scherzavoooo, volevo vedere se eri attento”
La mosca sei zampe? Ma davvero?
Gooooogle: numero zampe, mosche.
Le mosche, come tutti gli insetti, hanno sei zampe.
Oh perbacco!!!
Questa me l’ero proprio dimenticata.
E adesso?  
Come farò ad aiutare mio figlio a fare i compiti se non mi ricordo neanche quante zampe hanno gli insetti!?
Semplice: non lo aiuterò!
Ormai ho una certa (età) e ci sono dei giorni in cui sono talmente stanca che devo andare a guardare sulla carta di identità per ricordarmi  come mi chiamo.
Oggi sono entrata in acqua col cellulare per fare una foto ad una bellissima medusa molto vicina alla mia gamba.
Ad un certo punto il telefono ha suonato e io mi sono spaventata.
Non chiedetemi perchè, ma ho lanciato il cellulare in acqua.
Forse ho associato allo squillo il tocco della medusa.
Ma che ne so io.
Spesso mi sento chiedere dove trovo tutta questa energia per fare tutto quello che faccio, e che pubblico.
A parte il fatto che non mi sembra di fare niente di così diverso da quello che fanno tutte le altre mamme e donne che abbiano un minimo di entusiasmo…
Ma la mia risposta è:”Non la trovo tutta questa energia, e infatti ogni tanto, come oggi, vado in corto, in tilt”. Devo ammettere che senza telefono non sto così male, anzi.
Sto pensando se ho più voglia di andare alla Apple o di resuscitare da qualche cassetto un mio vecchio cellulare dove “internet” sia solo una brutta parola.
Stanotte ci penso su, ma intanto ho preso appuntamento per domani pomeriggio al Genius Store dell’Apple Store di Rozzano.
Ora in mio iPhone giace all’interno di un sacchetto di riso (sperando che il riso assorba l’umidità e mi resusciti il prolungamento della mia mano destra) e io mi chiedo:
“Può una squilibrata del genere essere in qualche modo utile a suo figlio?”
 “Può una che non si ricorda neanche che gli insetti hanno 6 zampe, ricordarsi un giorno tutti i capoluoghi di provincia, i confini, i fiumi, le milioni di inutili guerre e tutto ciò che Danny dovrà imparare?”
Aiuto!!! Come farò???
Un’idea ce l’ho: e se fosse lui ad aiutarmi a ricordare tutto raccontandomelo, volta per volta, mentre studia o ripassa?
Lui imparerã da subito ad arrangiarsi da solo e io mi sentirò meno ignorante di come mi sento oggi.
Yes, mi piace.
Barbara 
 

Difendersi: giusto o sbagliato?

 
“Mamma la maestra mi ha sgridato perché ho dato una spinta a un mio compagno”.
“E perché hai dato una spinta al tuo compagno?”.
“Perché ha iniziato lui e papà mi ha detto che se uno mi spinge io devo spingerlo, più forte”.
Ecco, siamo a posto.
D’altronde da un marito rugbista cosa potevo aspettarmi?!
All’inizio, ovviamente, mi sono arrabbiata con papi, ma poi…
Poi ci ho pensato, e ripensato.
E’ giusto o no difendersi?
A mio figlio ho sempre detto che se un bambino lo spinge, o gli fa male, deve andare a dirlo alla maestra.
Ma, se devo essere proprio sincera, non sono mai stata molto convinta di questo suggerimento.
Ho provato a dirgli di difendersi con le parole, arrabbiandosi e dicendo “Smettila!” guardando dritto negli occhi “l’aggressore”.
Ma secondo voi un bambino di 6 anni può essere capace di una reazione del genere, verbale?!
Forse è ancora troppo presto
E porgere l’altra guancia?
A porgere sempre l’altra guancia si rischia di tornare a casa con ben due guance gonfie.
Certo che è proprio difficile fare la mamma.
Mio figlio è un bambino sensibile, non aggressivo e a volte troppo permaloso.
Chissà da chi ha preso!!! (un piccolo dubbio ce lo avrei)
Non voglio che diventi il bersaglio facile di qualche suo compagno più scaltro.
Non voglio che debba sempre chiedere aiuto ai grandi.
Vorrei che imparasse da subito ad arrangiarsi da solo.
Non lo fanno stare in porta, e si offende.
Non vogliono fare il gioco che vorrebbe fare lui, e si offende.
E tutte le volte che si offende, viene da me, con gli occhi bassi e la bocca imbronciata.
Una mamma in quei momenti avrebbe voglia di prendere il figlio per rimetterselo sulle ginocchia, e cullarlo, consolarlo.
Ma i figli crescono, e vanno rispediti subito al mittente.
“Arrangiati!”
Quante volte mi sento dire questa frase quando invece avrei solo voglia di alzarmi per andare io dai suoi amichetti, in cerca della soluzione che faccia felici tutti.
E invece non si può.
Ogni tanto lo ho fatto, ma spesso mi trattengo.
A 6 anni vanno osservati da lontano, ma lasciati liberi.
Liberi di fare la cosa giusta, ma anche di sbagliare.
“Sbagliando si impara” può sembrare il semplice detto e ridetto, ma è vero, verissimo.
Non c’è niente di meglio di un bello sbaglio per imparare.
E allora sai cosa ti dico amore mio?!
Se qualcuno ti ferisce, con le parole o con i gesti, difenditi.
Cerca di non fare male a nessuno, ma difenditi.
La vita ti porterà spesso agli scontri, e spesso in quei momenti sarai da solo.
Fai la faccia da cattivo, punta i piedi, allontana chi ti ferisce…
Fai quello che vuoi, ma impara a difenderti.
La mamma e le maestre non saranno sempre accanto a te, e quindi impara ad arrangiarti da solo, da subito.
Quando però sarai tanto triste o tanto arrabbiato perché non riuscirai a trovare una soluzione…
Allora vieni da me e vedrai che con uno dei nostri forti abbracci passerà tutto.
Barbara
 
 

Riempite quella panchina

 
In questi giorni i parchi in città iniziano a pullulare.
Le mamme che hanno la fortuna di non avere un orario di ufficio troppo intenso, quelle che lavorano mezza giornata o quelle che, come me, lavorano da casa, vanno a prendere i bambini a scuola e li portano al parco.
Dopo ore seduti al loro banco, un paio di ore all’aria aperta se le meritano no?!
A volte si vede qualche nonna, o qualche zio, ma le mamme sono tante.
Mamme sdraiate sul prato con altre mamme.
Mamme in coda al carrello dei gelati.
Mamme che parlano al telefono, e con gli occhi seguono i loro bambini.
E panchine gremite di mamme con i loro bambini e mamme con altre mamme, impegnate nelle loro chiacchiere da panchina.
Poi vedi una panchina vuota, e il pensiero corre a loro, a quelle mamme che si sono viste togliere i loro figli.
Ieri mattina Danny è andato a scuola col papà, e io mi sono concessa il lusso di tornare a letto per guardare il tg delle 8 sotto il piumone (forse oggi metto la coperta, ma per ora mi godo ancora il piumone)
Dopo il tg c’era la trasmissione della Panicucci, e per curiosità mi sono fermata a guardare anche un pezzetto di quella.
In studio c’era ospite una mamma, una mamma disperata.
A quella mamma, e al suo compagno, hanno tolto una figlia perché non avevano i soldi per poterla mantenere.
I genitori avevano iscritto la figlia alla scuola primaria, ma in seconda elementare erano stati costretti a ritirarla.
A quel punto i servizi sociali sono arrivati a casa e, anche se la madre aveva promesso di riportare la figlia a scuola, o di mandarla a vivere dalla nonna materna, la bimba è stata portata via.
Non capisco perché dei genitori debbano ritirare una figlia dalla seconda elementare quando alla scuola pubblica i libri sono gratis e le diverse gite e attività extra scolastiche sono facoltative.
Solo la mensa è a pagamento, ma si può sempre prendere i figli prima di pranzo e riportarli dopo.
Resta il fatto che togliere una figlia ai loro genitori per problemi economici è una cosa per me inaccettabile.
I servizi sociali, in caso di indigenza, dovrebbero, per legge, averle l’obbligo di eliminare il problema dando un aiuto economico alla famiglia, e invece?
E invece portano via una figlia ai loro genitori, gliela lasciano vedere 1 ore e mezza a settimana per un anno, e poi trasferiscono la bambina e spariscono.
E non è finita qui: la corte d’appello ha dichiarato la bambina adottabile.
Quei genitori non vedono la loro figlia da un anno, e non sanno dove sia finita.
In Italia ci sono 1800 centri di accoglienza per minori, e il costo del mantenimento di un bambino in questi centri varia dai 70 ai 400 euro al giorno.
Adesso penserete che io sia pazza, ma un dubbio mi viene: non staranno mica speculando sulla pelle dei bambini?!
1800 centri mi sembrano davvero tanti, troppi.
Alla fine del 2011 erano 29.338 i minori in affido temporaneo, e il numero è in continuo aumento.
Si parla di un +24%
Ok che c’è la crisi e che molte famiglie sono in serie difficoltà, ma si può levare un bambino ai propri genitori perché non hanno i soldi per mantenerlo?
Sono state fatte diverse perizie sia sui genitori che sulla figlia, ma non sono risultate patologie a livello psicologico né sugli adulti né sul minore.
Solo la seconda perizia ha evidenziato un attaccamento eccessivo dei genitori nei confronti della figlia.
E tu levi una bambina alla sua mamma e al suo papà perché questi sono troppo attaccati ed ansiosi, e non hanno i soldi per mantenerla?
Mi sembra ovvio che un genitore diventi ansioso se non ha un lavoro e i soldi per mantenere i figli, cribbio!
Ma se lo stato invece che dare i soldi ai centri accoglienza, desse i soldi alle famiglie in crisi, lasciando i figli con i genitori e aiutandoli così ad eliminare le ansie?
Adesso il papà della bimba ha un lavoro fisso, ma sua figlia è sparita.
In uno degli ultimi incontri con la madre, quella bimba ha chiesto se fosse stata lei a fare qualcosa di sbagliato costringendo quelle persone a portarla via da casa.
Scusate, ma non capisco, e mi rifiuto di capire.
So solo che le leggi ci sono e che , salvo casi davvero diversi da questo, sono sempre dalla parte dei genitori, e della famiglia.
I figli devono poter crescere e vivere con i genitori.
Ma perché vengono fatte e leggi se poi non vengono applicate?
Questo paese ha dei seri problemi, serissimi problemi.
Barbara
 
 

Un tuffo nel passato e un ricordo per il futuro

 
Ieri Danny, causa post elezioni, non aveva scuola.
Il fine settimana sono stata in Puglia con mio marito per seguire il cantiere, e Danny è rimasto a Monza con la nonna.
Avevo voglia di passare una giornata col mio cucciolo.
Avevo voglia di una giornata leggera.
Dopo un fine settimana di appuntamenti, conti, numeri ed infiniti ragionamenti…avevo bisogno di resettare il cervello.
Potevo forse trovare soluzione migliore di una bella giornata a Gardaland?
Io amo Gardaland
Io amo tutti i lunapark
Ogni tanto mi sento più figlia che mamma.
Essere figlie è più facile, e lo capisci solo quando diventi mamma.
I ruoli principali, che si interpretano in una vita, sono quelli di bambino, adulto e genitore.
Il bambino nasce, cresce, ubbidisce, ascolta, inventa, crea e gioca
Finita la fase del bambino si passa lentamente a quella dell’adulto.
Qualcuno desidera diventare subito adulto e autosufficiente, per non dover più accettare gli ordini.
Spesso quando diciamo NO a qualcuno non lo diciamo alla persona che abbiamo davanti, ma ci prendiamo una rivincita per tutti i NO che sono stati detti a noi…
Quando siamo bambini c’è qualcuno che si occupa di noi, ma quando diventiamo adulti dobbiamo imparare ad arrangiarci, e gran parte della nostra libertà va a farsi friggere.
A volte è quasi più facile occuparsi degli altri che di noi stessi, ed ecco che diventa quasi più naturale essere genitori che adulti…
Il trucco è quello di imparare ad entrare in tutti i tre ruoli ed essere poi capaci di passare da un ruolo all’altro, quando l’occasione lo richiede.
Devo dire che il ruolo che mi riesce meglio è quello di bambina.
Quando sono Danny spesso faccio un tuffo nel passato.
Tornare bambini vuol dire sentirsi più leggeri, anche se solo per un paio di ore.
Ieri mi sono sentita così: leggera!
Avevo bisogno di staccare la spina e di sentirmi come quando ero piccola, quando qualcuno si occupava di me e non avevo nessuna preoccupazione se non quella di dire cosa avrei voluto mangiare a pranzo, o a cena.
Bei tempi quelli…
Bellissimi tempi anche questi, ma ovviamente quando diventi genitore i pensieri aumentano, in numero e intensità.
Uno dei miei pensieri di ieri è stato quello di creare un ricordo in più per il futuro.
Un ricordo per lui, e un ricordo per me.
I ricordi sono importanti, e una giornata a Gardaland non si dimentica facilmente.
Io di quando ero piccola non ho tanti ricordi.
Ho sempre avuto una pessima memoria io, ecco perché vivo con i post-it
Ma le giornate passate con la mia mamma al Lunapark dell’Eur di Roma me le ricordo, eccome se me le ricordo.
Quando ero piccola ho vissuto un po’ a Roma e spesso mia mamma mi portava in questo Lunapark grandissimo che c’era all’EUR, non lontano da dove aveva il bar mio papà
Forse quel Lunapark non era poi così grande, ma io me lo ricordo enorme.
I ricordi sono importanti, specialmente quando sono così lontani, ma rimangono così intensi, e scaldano il cuore.
Grazie mamma.
Grazie perché è per merito dei ricordi che ho con te che ho capito quanto sia importante generarne altri, per il mio Danny.
Barbara

collagefoto

Quasi quasi cambio lavoro!

 

Il 1o maggio del 2013 abbiamo disegnato il perimetro di una casa nel centro di un terreno, con il gesso

Il 10 maggio del 2014 su quel terreno la casa è apparsa, davvero

Sembra un miracolo, e invece è un sogno che si avvera

Un sogno fatto di notti insonni a pensare, a fare i conti, a cercare di capire, di decidere

Un sogno fatto di decine di fogli, di conti, di numeri e di punti di domande

Un sogno fatto di sacrifici, di paure, e di ansie

Un sogno fatto di sorrisi, di abbracci e di intensi picchi di gioia

Ci siamo, siamo quasi arrivati alla fine del cantiere e all’inizio di un sogno che si sta pian pianino materializzando

Materializzato, materiali…

Devo dire che seguire questo cantiere è stata davvero un’esperienza molto bella, forte, intensa

Avevo già seguito un cantiere, a Milano, quando avevo sventrato una mansarda per costruire la casa dove abito ora, ma costruire una casa in città e una casa al mare, in campagna, è diverso, molto diverso

In una casa al mare, in campagna (siamo a 15 km dal mare, ma siamo su, in campagna) ci si può sbizzarrire di più

Chianche e cemento colorato per terra, lavandini e pavimenti che sembrano di pietra, ma sono fatti con il cemento, che se lavorato dalle mani esperte di Marco Ippolito diventa bellissimo, e costa molto meno della pietra

Fare una casa con budget illimitato è facile, anche se serve il gusto, ma fare una casa col gusto, ma con budget limitato, molto limitato, è parecchio complicato, è una sfida

Il bello è che io amo le sfide !!!

Artisti, amici, artigiani, outlet, cantine, garage, mercatini…

È da un anno che giro a destra e sinistra come una matta

Ho recuperato vecchi mobili di mia mamma e di mia suocera e li sto facendo restaurare da Dario e Antonio, un napoletano e un barese che ci sono stati presentati per lavoro, e che sono diventati amici

Parlo al singolare perché mio marito, come tanti mariti, di giorno lavora, tanto, e quindi non ha avuto molto tempo  per seguire questo cantiere, ma si è fidato di me  e mi ha dato il suo ok tutte le volte che gli ho proposto qualche piccola nuova pazzia

Scrivanie antiche e vecchi mobili per macchine da cucire, trasformati in mobili su cui poggiare i lavandini ; vecchie e massiccie catene al posto di ringhiere; un vecchio cancello comprato da un ferrivecchi assieme a tanti altri oggetti apparentemente finiti, ma ancora pieni di vita…

Mi sono divertita e appassionata a cercare, scovare e trasformare, e i risultati piacciono tanto a me, a mio marito e a tutti quelli che sono venuti a curiosare

A questo punto la domanda sorge spontanea: ma se cambiassi lavoro?

Da organizzatrice di eventi ad arredatrice di case?

Quasi quasi ci faccio un pensierino…

Barbara

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Principessa cerca castello, marcondirondirondello!

 
Un paio di giorni fa sono ho portato Danny ad una festa di compleanno su un tram.
Sì, sì, su un tram, bellissima idea!
Peccato che il tram partisse da Piazza Castello, e che per arrivare alla partenza io sia dovuta passare in mezzo a quello scempio di struttura.
“Expo Gate”, inaugurato il 10 maggio senza il sindaco, con poca gente e tante contestazioni, è il luogo dove EXPO dovrebbe essere presentato ai milanesi e ai turisti.
Forse che forse che c’era poca gente perché la metà dei potenziali partecipanti erano in galera? E magari tutti i loro familiari e amici hanno preferito stare a casa?
Si dice che “Expo Gate” e la sua “leggerezza” (Cerrrrto, leggerissimo!!!), dovrebbero richiamare le strutture di Eiffel.
Da Parigi 1889 a Milano 2015?
Ma perfavore, non diciamo cazzate!
Scusate, ma “cavolate” non avrebbe reso.
Si diceva che “Expo Gate” si sarebbe ben integrato con l’ambiente urbano, rispettando il canocchiale visivo Castello Sforzesco-Cordusio.
Tra tanti progetti è stato scelto quello di “Expo Gate” per la sua semplicità, per la rapidità col quale sarebbe stato realizzato, e per la sua economicità.
Io vorrei sapere quale tipo di droga avevano assunto quando hanno sostenuto delle cavolate del genere (avrei voluto scrivere “cazzate”, ma lo avevo già scritto una volta)
Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano, e della sua storia.
Fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza (Duca di Milano) sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV, e tu mi ci costruisci davanti “Torre Eiffel 2 la vendetta”?
E poi scusate, ma 5 milioni di euro sarebbero “economici”?
Avete idea di quante cose intelligenti e utili si sarebbero potute fare con 5 milioni di euro?!?!
E poi ci lamentiamo se c’è la crisi!
Se buttiamo via i soldi così…
Vogliamo parlare anche dei danni che hanno fatto con questa famigerata zona pedonale?
Chi vive in zona si è visto togliere un sacco di parcheggi, se non è residente non può neanche più parcheggiare la macchina nei posti auto all’interno dei palazzi, e non può fermarsi davanti al portone neanche per scaricare la spesa.
Sempre se a casa riescono ad arrivarci…
I negozianti e gli uffici fanno fatica a ricevere fornitori e clienti che, oltre all’ingresso per l’area C, ora dovrebbero pagare anche i mezzi o i taxi per arrivare a destinazione.
E lo smog sta salendo alle stelle, impuzzolentendole.
Ma consoliamoci dai: tra poco, arriveranno i mega-schermi per i mondiali di calcio, e allora sì che la zona verrà ripulita e abbellita (??!?!?)
Manca poco anche all’arrivo di sdraio e lettini.
Ma come abbiamo fatto a vivere senza fino ad oggi?
Ma perché nessuno ci ha pensato prima?
Ma che fortuna!
Ma che geni!
Dovremmo essere proprio felici di avere un sindaco così perspicace e così abile nel dare risalto ad uno dei simboli più importanti della città.
E poi come avremmo potuto sopravvivere senza le bancarelle che vendono mutante e i chioschi che fanno salsicce e hotdog?
Milano ne aveva proprio bisogno.
Grazie sindaco.
Adesso però fammi un’ultima cortesia ok?!
Per stare in tema te lo dico con un’espressione che si usava ad Asti, nei tempi dell’alto Medioevo.
In quell’epoca i condannati per reati relativi al patrimonio, e soprattutto gli autori di fallimenti, venivano confinati nel comune più periferico del ducato.
Quel comune si chiama “Aramengo”.
Ecco appunto…
Vai a ramengo!
Barbara
PS: se la pensate come me  scrivete al sindaco per cortesia e lamentatevi.  Su fb sulla pagina: comune di milano – palazzo marino oppure mail a sindaco.pisapia@comune.milano.it
Le "preziose" bancarelle di Piazza Castello
 
 
Festa in tram!
 
 
 

Felicemente #sconnessa, o quasi…

 
Ti ritrovi a pranzo con un’amica, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone
Sei a cena con tuo marito, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Le tue amiche stanno cercando di raccontarti qualcosa, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Tuo figlio ti chiede di spingerlo sull’altalena, ma tu non senti, perché i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Succede, eccome se succede.
E a me, ultimamente, stava succedendo troppo spesso.
Ho sempre pensato che la consapevolezza dei propri limiti, e dei propri difetti, sia il primo passo verso il cambiamento, ma poi a questo cambiamento ci devi andare incontro.
Sono mesi che ci giravo intorno, e che sentivo di dover fare qualcosa, per darmi dei limiti, e cambiare.
Ne avevo anche già parlato qui, nel mio blog, ma poi?
Poi ho continuato a condividere, commentare, aspettare…
E un giorno un’amica mi dice che ultimamente quando lei è con me, io non sono con lei…
E il giorno dopo me lo dice un amico, e la settimana dopo me lo sento dire anche a scuola: ” Tuo figlio soffre questa cosa che tu abbia sempre il telefono in mano. A scuola dimostra di aver un estremo bisogno di attenzioni, forse perché gli mancano a casa…”
Big Ben ha detto stop!
Se mi si tocca mio figlio divento una iena, anche contro me stessa.
Oggi sono tanti i bambini che si contendono genitori fisicamente vicini , ma con la mente altrove, e io non voglio essere tra quelli.
Quello stesso giorno sono entrata in libreria e ho comprato un libro di cui mi avevano parlato: “Felicemente #sconnessi, come curarsi dall’iperconnettività” .
L’ho letto in tre giorni.
Me lo sono divorato.
Non che Frances Booth, l’autore, abbia scoperto l’acqua calda, ma è forte, molto forte leggere certe cose e scoprire che tanta gente, come me, per colpa dell’eccessiva connessione, si sta perdendo tante cose, troppe cose.
Vivi connessa, sai tutto quello che succede intorno a te, ma ti perdi la lettura, il piacere della solitudine, la memoria e il sonno.
Svanisce nel nulla anche il piacere del viaggio (e quando mai ora si guarda fuori dal finestrino, come si faceva prima dell’avvento di smartphone e ipad), la creatività, la capacità di ascolto (sempre rapiti dai nostri schermi), l’apprendimento e le relazioni.
Sono tanti i motivi che portano alla iper connessione.
Sembra che i motivi principali siano la noia, e la soddisfazione dell’ego.
A volte io nel mio ego ci navigo, lo ammetto, e all’improvviso mi rituffo nella mia vasca di insicurezza.
E poi c’è il bisogno di contatti sociali, il desiderio di comunicazione, la ricerca di riconoscimento sociale, lo studio, la paura, il bisogno di sentirsi necessari (BINGO!), la ricerca di informazioni, l’abitudine, la dipendenza (TROPPA!), e distrazione (che genera altra distrazione, senza fine).
Prima dell’arrivo degli smartphone ci si collegava circa 5 volte al giorno, per periodi più lunghi, mentre adesso la media è di 27 volte al giorno (e io sono tra quelli che la alza).
Mi piace sentirmi necessaria, mi piace sentirmi meno sola anche quando sono sola, mi piacciono le sorprese…
Ogni volta che controlli le mail, le notifiche di facebook e instagram, vai incontro a sorprese.
Ma sapere che per soddisfare i tuoi bisogni, trascuri i veri affetti…questo no!
“E’ arrivato un nuovo messaggio, una nuova notifica: devo leggerla, subito! Qualcuno sta pensando a me! A qualcuno piace quello che ho detto, la foto che ho postato! Wow”
Ci sono giorni in cui sento il telefono suonare, ma non suona.
Ci sono momenti in cui sento strani bip, ma è solo l’immaginazione che fa dei brutti scherzi.
Il telefono era diventato la prolunga della mia mano destra, e i pollici a volte roteavano anche se il telefono era appeso al collo.
Eh sì, appeso al collo.
Io da anni tenevo il telefono in un porta telefono, e lo indossavo tipo collana, sempre.
Basta! 
A volte posto foto per far credere che sono felice, e invece magari sono incavolata nera.
A volte sorrido, scatto e scrivo che sono felice, e invece non è vero che sono sempre felice.
Facebook spesso ti aiuta a convincerti, convincendo gli altri, di qualcosa che non è come sembra.
Basta finzioni!
E basta trascurare i rapporti umani per quelli online.
Da oggi il telefono lo voglio usare per fare una chiamata in più, per sentire la voce degli amici, e per fissare più pranzi, e meno chat.
La dipendenza da internet dal 2013 è stata inclusa nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Ecco, lo ho sempre detto che sono un po’ matta.
E poi la distrazione digitale fa a cazzotti con la concentrazione!
Ho mille sogni e mille progetti, ma poi mi arrampico nella rete…e perdo il filo.
Camminare, leggere, dipingere…
Sto riscoprendo altri modi per impegnare il mio tempo.
Non fraintandetemi: non lascerei mai facebook, instagram e i miei nuovi amici mediatici, ma ho deciso di darmi dei limiti.
Sto riscoprendo il piacere di lasciare il telefono dentro la borsa, e di perdere anche qualche chiamata, qualche messaggio.
Sto riscoprendo il piacere di guardare gli amici negli occhi quando mi parlano, sempre.
Ora so quando mio figlio vuole che io lo spinga sull’altalena, e lo so prima che me lo chieda.
Adesso il cellulare non entra più in camera da letto, ma rimane in carica in salotto.
Non è più l’ultima cosa che guardo prima di addormentarmi, e la prima che guardo quando mi sveglio.
Ebbene sì, sto facendo outing, e mi sento già molto meglio.
Il digitale ha una grande forza di attrazione perché promette gratificazioni immediate: ogni “Plin” potrebbe essere un’opportunità di lavoro, sessuale (non per me), o sociale.
Ma quanto durano queste gratificazioni?
E assieme alle gratificazioni…quante volte arrivano le delusioni?
Una mail che tarda a comparire sul vostro schermo, un sms diverso da quello che avremmo voluto…
Se anche voi soffrite di iperconnettività…iniziate comprando questo libro, e cercate di ricaricarvi.
Ci sono momenti in cui mi ritrovo a rispondere a una mail, a commentare un commento ad un mio post su facebook, a rispondere ad una richiesta di informazioni, e nel frattempo giro il sugo sul fuoco e metto via i vestiti stirati (non da me! Odio stirare)
Così non va.
Così non ce la faccio più.
A volte ho paura di fare aspettare la gente, di non rispondere abbastanza velocemente.
Ma poi mi arriva una mail di una persona che non ho mai visto, una mail nella quale questa donna è molto arrabbiata con me perché da mesi mi ha chiesto di incontrarci, di conoscerci, ma non è ancora successo, e allora sono diventata la sua nemica numero uno.
Ho un cantiere da seguire, un marito, un figlio, e i miei amici di sempre.
Sto passando un periodo un po’ intenso e non sempre riesco a trovare il tempo per tutto, e per tutti.
Spesso arrivo alla sera che sono stanca, a pezzi, e crollo.
Mi spiace, mi spiace molto cara Signora X, ma io non sono wonder woman e non ho più intenzione di fare i salti mortali per tentare di fare contenti tutti.
Quando si salta troppo si rischia di cadere, e di farsi male. 
Da oggi in poi farò quello che potrò.
Da oggi in poi continuerò a condividere i miei sorrisi, ma capiterà anche che condividerò un mio momento no.
Da oggi in poi non appenderò più il telefono al collo, e risponderò quando avrò tempo, e voglia.
E quando uscirò a cena con mio marito, il telefono non starà più sul tavolo, ma in  borsa.
Così se litigheremo avrò ho una cosa in meno da lanciargli addosso! Hihi
Barbara
 

 

Le paure che non fanno crescere

 
 
Ieri sera un’amica, maestra di asilo, mi raccontava di alcuni bambini che, all’ultimo anno (circa 5 anni), bevono ancora tenendo il bicchiere con due mani.
Molti dei bambini che a scuola bevono dal bicchiere con due mani, sono gli stessi che la mattina bevono ancora il latte dal biberon.
Quante volte le piccole paure di noi mamme impediscono ai nostri figli di crescere?!
“Se gli faccio bere il latte con la tazza…di sicuro me lo versa sul divano”.
“Se gli dico di vestirsi da solo…sicuramente facciamo tardi a scuola, e poi io devo correre per non fare tardi al lavoro”.
“Se gli dico di tagliarsi la carne da solo…sicuramente si fa male o, come minimo, un pezzo di carne volerà sul pavimento e mi toccherà buttarlo”
A meno che non diate a vostro figlio un coltello di quelli che si usano per fare i sushi, a vostro figlio non succederà niente di grave (i cerotti esistono per quello); voi arriverete in ufficio due minuti in ritardo, ma non verrete di certo licenziate per quello, e una macchia di latte dal divano si smacchia facilmente.
Non voglio fare la maestrina perché vi assicuro che, un giorno sì, e uno anche, ho anche io ho la mia lista personale di “mea culpa”.
Diciamo che sto scrivendo come se fosse una sorta di terapia di autoconvicimento, ops.
E’ da quando Danny ha imparato a camminare che compro solo scarpe con lo scratch per evitare di dover perdere il mio tempo ad insegnargli a come si fa un fiocco con i lacci, ma ad un certo punto tocca arrendersi, e più tardi lo lo si fa e più difficile diventa.
Ad un certo punto avevo davvero perso la pazienza, ma, per fortuna, è arrivato in soccorso papi.
Ci sono paure piccole e paure più grandi, ma quello che è sicuro è che le paure non fanno crescere.
E’ giusto stare attenti ai nostri figli e cercare di fare il possibile perché non si facciano male, fuori e dentro, ma bisogna anche imparare a fare i conti con le nostre paure, e lasciarli fare.
Stamattina ho svegliato Danny con il solito bacino e a quel punto lui ha aperto gli occhi e la prima cosa che mi ha detto, con un sorriso milleottantordici denti, è stata: “Mamma possiamo andare a scuola in bici!?”
A scuola in bici???
Lo avevamo già fatto una volta, ma era un venerdì in cui in molti erano via per non ricordo quale ponte, e le strade erano deserte.
Per andare da casa nostra a scuola in bici (io sulla mia, e lui sulla sua) ci vogliono circa 10 minuti.
Si può fare un pezzo di strada andando pian pianino sul marciapiede (lo so che non si potrebbe, ma abbiate pietà di una mamma apprensiva), ma poi bisogna fare un bel pezzo per strada e bisogna anche attraversare Viale Umbria (sempre molto trafficata).
Ho avuto la tentazione di rispondere che era tardi e che sarebbe stato meglio andare in scoter come sempre, ma poi ho guardato l’ora…
Erano le 7.30 ed avevamo tutto il tempo del mondo per mangiarci le nostra uova strapazzate, bere il nostro frullato alla frutta, vestirci e andare a scuola in bici.
Perché privare mio figlio di una gioia così grande per colpa di una mia paura?
Ci sono mamme che non permettono ai loro figli di andare in bici in città e quindi le bici diventano il gioco dell’estate, al mare, o in campagna.
Ma vicino alla scuola di Danny c’è il Parco Marinai di Italia, e dopo scuola Danny si diverte così tanto a girarsi il parco in lungo e in largo con la sua bici…
Care mamme, stringiamo i denti e cerchiamo di soffocare qualcuna delle nostre paure.
Facciamolo per la gioia dei nostri figli.
Non teniamoli dentro una campana di vetro perché tanto nella vita dovranno soffrire per forza, come è successo, e come succederà ancora, anche a noi.
Facciamoli cadere, ma insegnano loro a rialzarsi.
Spaventiamoli raccontando loro che ci sono persone cattive che non vogliono bene agli animali e che, a volte, fanno anche male ai bambini, ma raccontiamo loro che ci sono anche tante persone buone che sanno amare davvero, e che passano la loro vita ad aiutare chi ne ha bisogno, chi è meno fortunato di noi.
Se ripenso a stamattina e alle macchine che sfrecciavano accanto a noiche paura!
Ma poi riguardo questa foto che gli ho scattato mentre eravamo fermi ad un semaforo, guardo il suo sorriso, e la paura diventa solo un lontano ricordo.
Se però il caro Sindaco si decidesse a fare qualche pista ciclabile in piùnoi mamme saremmo di certo più felici!
Vero mamme?!?!?!?
Barbara 

Tanti auguri dalla tua bricci.

 

Solo quando diventi mamma puoi capire quanto sia difficile fare la mamma.
Solo quando diventi mamma puoi capire quanto sia dura dire di no.
Solo quando diventi mamma puoi capire quanto, a volte, sia difficile anche dire di sì, e lasciar andare.
Solo quando diventi mamma puoi capire quanto possa essere impegnativo sapere che il futuro di qualcuno dipenderà da te.
Solo quando diventi mamma puoi capire quanto sia bello sapere che non sarai più sola.
mammafotoGrazie mamma, perché io non ho fatto più sentire sola te, ma tu non hai più lasciato sola me.
Grazie mamma, perché sei sempre stata al mio fianco, anche quando forse avresti potuto mandarmi a spigolare, come ci piace dire a noi.
Grazie perché da quando sono diventata mamma anche io, sono diventata più dura, più esigente, più rigida, ma tu hai spesso fatto finta di niente.
Grazie perché mi hai sempre lasciata libera di sbagliare, e di capire, con un tuo aiuto, ma da sola.
Perché è solo sbagliando da soli che si cresce davvero.
Grazie perché mi hai insegnato a vivere, e a sorridere, sempre.
Grazie perché mi hai spiegato da subito che tutti meritano rispetto.
Grazie perché mi hai dato un’infanzia serena, e piena di stimoli.
Grazie perché mi hai lasciata andare, anche se so che è stata dura.
Non deve essere stato facile sapermi a Milano, da sola.
1988: Il mio debutto, in società

1988: Il mio debutto, in società, a Venezia

Ma tu ti sei sempre fidata di me, e io ho cercato di non tradire mai la tua fiducia.

Grazie per tutti i treni che hai preso per fare la mamma, e per quelli che continui a prendere per fare la nonna.

Grazie per essere la nonna che sei, senza dimenticarti di essere mamma.
Non sono sempre rose e fiori, e spesso ci scontriamo, ma sai bene che succede perché l’amore è forte, fortissimo.
E quando ci si ama, ci si scontra, sempre.
Come potrei dimenticare le amiche che venivano a suonare al nostro campanello, per parlare con te?
Perché tu hai sempre saputo ascoltare, senza giudicare, senza condannare.
Orgogliosa e felice di avere una mamma come te, da sempre e per sempre.
Auguri mamma
La tua Bricci
E ovviamente i miei auguri, di cuore, vanno a tutte le mamme del mondo.
A quelle che combattono, a quelle che sorridono e a quelle che a volte piangono.
Perché fare le mamme è dura. e a volte fa paura.
Perché fare le mamme spesso è davvero stancante, e può capitare che stanchezza e stress si trasformino in urla, e lacrime.
E’ umano cedere, è umano piangere.
E’ umano pensare di non potercela fare.
E’ umano anche andare a letto distrutte, e risvegliarsi col sorriso, per andare incontro ad un abbraccio.
I miei auguri vanno anche a quelle donne che non sono diventate madri, ma che sono madri dentro.
Perché le donne nascono madri, e se non lo sono dei loro figli, a volte lo diventano dei loro amici a quattro zampe,  degli amici del cuore, dei fidanzati e dei mariti.
Siamo nate per occuparci di chi amiamo.
E quindi tanti auguri anche a chi mamma non è, ma mamma si sente.
Barbara