Piccoli sconci scorci di dialetto veneziano: post vietato ai minori di 18 anni.

 
Quando da ragazzino vai in vacanza in un posto dove la lingua parlata non è proprio la tua, quali sono le prime cose che si imparano?
Le parolacce.
E infatti mio marito, che in confronto a me è un ragazzino, le prime cose che ha imparato quando si è fidanzato con me sono state le parolacce o meglio, alcuni modi di dire simpatici, ma un pò pesantini, che hanno i veneziani.
Il bello è che il mio maritino spesso si diverte ad esercitarsi quando siamo in vaporetto.
Pericoloso, molto pericoloso.
Certe cose gliele ho insegnate io che del dialetto veneziano so ben poco quindi si sente lontano un miglio che mio marito non è del posto e di conseguenza il suo modo di parlare sa da presa in giro.
Ocio!
Un paio di giorni fa cercavo su internet il vero significato di uno dei nostri “delicati” modi di dire e mi  sono imbattuta in un sito fantastico che spiega tutto per benino.
Se siete di quelli che si scandalizzano allora lasciate stare e cambiate blog, subito.
Se invece avete voglia di farvi due risate continuate pure a leggere
Alcune frasi e alcune varianti ho preferito non pubblicarle e vi lascio immaginare il perché…
Chei cani dei to morti: modo di dire, molto comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche, ma qui la faccenda si ingarbuglia…
Variante: “I to morti” (semplice) , “Varemengo ti ta morti” (composto) , “Chei becanassi de tuti i to morti” (in questo caso i parenti sono stati traditi, in vita, dalla propria moglie)
Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro qualcuno (NB della BLOGGER: lo so che è pesante, ma è una delle più famose e non me la sono sentita di cancellarla!).
Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi.
Spesso questa frasetta “carina e leggera” viene addirittura usata nelle frasi per intercalare al posto del “cioè” italiano. 
Varianti: “Che ghe sboro” , “sboro mi” , “che ghe sbiro”(NB della BLOGGER: quest’ultima è la versione soft che usavo spesso da sbarbata).
Ma ti se sbregà: letteralmente: “sei rotto?” come per dire che c’è qualcosa in te che non funziona.
Date cò un legno: darsi le botte in testa da soli con un pezzo di legno. Frase tra quelle più recenti che viene utilizzata per dire a qualcuno di mettere la testa a posto.
Buso de cueo: apprezzamento verso una bella ragazza.
Buso de cueo 2 : avere fortuna.
S-ciopà : letteralmente scoppiato. Si dice di solito ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra esserlo.
Imatonìo : persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
Casso : persona un pò imbranata. “Casso” messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
Es: temperateitacchi.com sì che è un blog divertente “casso”.
Col casso : figurarsi, scherzi?, No di certo! 
Goldòn: preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che diceva “Gold-one!”.
Ma ti gà e moròidi in testa? : domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della “faccia da culo”.
Muso da mona: faccia da vagina: classicissima espressione veneziana (e non solo veneziana) per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido.
Ciapar cassi per attaccapanni: più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare “prendere un abbaglio”. Letteralmente “confondere i peni con appendiabiti” (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).
Bene, adesso se volete venire a farvi un paio di giorni in questa splendida città, imparate un paio delle frasette qui sopra, magari di quelle più soft.
In certi posti dove si va a fare l’aperitivo, se ti scambiano per veneziano ti fanno lo sconto.
Ahahah
Barbara 

 

Galateo on the beach

 
Perdindirindina, ma è proprio così difficile rispettare un paio di regole semplici e direi anche parecchio intuitive?!
Non credo serva chiamarsi Albert (quello famoso faceva “Einstein” di cognome) per capire che certe cose sarebbe meglio non farle, azz.
Sono con Danny boy a Venezia da mia mamma e quindi ci capita di andare in spiaggia.
Abbiamo la fortuna  di poter usufruire di una capanna, della nonna e delle sue amiche, che si trova in una spiaggia direi bellina e ben frequentata eppure anche lì si vedono e si sentono cose che non si vorrebbero vedere e sentire.
Ok, sono una rompiballe cosmica di quelle della peggior razza ossia di quella delle “precisine senza scampo”, ma certe cose nooo daiii!
Tagliamo la testa al toro e partiamo subito subito con una lista facile facile e veloce veloce (si capisce che trovo le che le ripetizioni rafforzino i concetti più dei superlativi?!).
Se questo elenco dovesse toccarvi nel profondo, allora vorrà dire che potete ancora migliorare (mettiamola così).
1) FUMO: se proprio vi viene voglia di fumare in spiaggia, fatelo pure, ma lontano dagli altri.
Anche se siete all’aperto, il fumo può dar fastidio a chi vi sta vicino, specialmente se si tratta di bambini o se il fumo è quello di un sigaro.
Ed evitate di lasciare i mozziconi nella sabbia: basta una bottiglietta vuota oppure li spegnete e poi li buttate dove cavolo volete.
2) SPAZZATURA: ciò che siete voi a produrre sarete voi a dover portare via.
A meno che non siate così fortunati da avere una filippina così fissa, ma così fissa che possa seguirvi anche in spiaggia, nessuno passerà a raccogliere le bottigliette vuote o le altre cose che avrete lasciato nel pezzo di sabbia dove avrete trascorso il vostro tempo libero.
3) PULIZIE CORPORALI: capisco benissimo che i granelli di sabbia nelle parti intime possano dar fastidio perchè vi assicuro che capita anche a me di ritrovarmi interi secchi di sabbia nel costume, ma vi consiglio di guardarvi attorno e di assicurarvi che nessuno vi stia osservando, prima di iniziare le profonde pulizie con mano a cucchiaino, non è chic.
4) CAMBIO COSTUME: i bambini posso farlo anche all’aria aperta, ma i grandi sarebbe meglio lo facessero in capanna.
Ho visto donne uscire dalla capanna senza il reggiseno per poter sfoggiare le loro tette nuove prima di doverle ricoprire.
Ma non sarebbe meglio scegliere una spiaggia dove il topless sia cosa e buona giusta? 
E poi se volete proprio rifarvi il seno, fatelo quando il resto del corpo possa sembrare ancora lo stesso di cui fanno parte anche le tette in questione.
Due meloni rigidi sopra un piatto di burata…stonano.
5) VOLUMI: se il bambino è in acqua ed è pronto il pranzo o è il momento di interrompere quel lungo bagno, non mi sembra utile ed educato comunicarlo a tutta la spiaggia urlando come se qualche inutile squadra di seria A avesse vinto lo scudetto: “LUCAAAAAAAAAA VUOI USCIRE DALL’ACQUA E VENIRE IN CAPANNA A MANGIARE LA TUA INSALATA DI RISOOOOOOO”.
Se Luca è ancora in acqua e le sue mani sembrano quelle della sua bisnonna non ce ne po’ fregà de meno e se oggi sei stata una mamma così brava che ti sei svegliata alle 5 e gli hai fatto anche una bella insalata di riso anni ’80, è un problema tuo.
Alza quelle chiappe e avvicinati a tuo figlio invece di fare la mamma dall’ugola d’oro.
Io oggi, per esempio, non ho preparato un tubo da mangiare.
Quando Danny dovrà uscire dall’acqua lo capirà da un mio semplice cenno della mano e se avrà fame andremo al bar e mangeremo un panino, tiè.
6) ABBIGLIAMENTO: caro maschio italiano, lo so che il boxer non è il massimo per l’abbronzatura e che lo slip sarebbe molto meglio, ma fattene una ragione: si nun c’hai er fisico, lascia stare.
Cara donna italiana, so che ormai in commercio ci sono dei costumi pazzeschi tutti tempestati di brillanti che ti mettono di buon umore solo a guardarli, ma prima di comprarli vedi di provarli e di guardarti allo specchio assieme a loro, indossandoli.
Se non avete il fisico di Elle Macpherson, tenete a freno la fantasia e andate sul classico che non si sbaglia mai.
7) PROTEZIONE: è possibile che ci sia ancora gente che si ostini a non volere usare la crema protettiva perchè pensa che con quella non ci si abbronzi?
Con la crema protettiva la sera la pelle non scotta e la mattina dopo ci si sveglia più abbronzati del giorno prima, ma senza strane chiazze, bolle o eritemi.
Il colore che otterrete durerà molto più a lungo e non recherete danni esagerati alla vostra pelle.
Ma non vi sentite ridicoli a girare con quelle facce viola e con quelle schiene in fiamme?
E poi se non vi piace il segno del costume, evitate di girare con spalline abbassate e lembi di carne che fuoriescono da ogni angolo, ma compratevi dei bei costumi a fascia che ormai ce ne sono a bizzeffe.
Per finire ecco un paio di cosucce che personalmente mi urtano parecchio se indossate dagli uomini:
a) Infradito di gomma: concesse al massimo per andare a fare la doccia.
b) Cerchietto o fascia nei capelli: mi disturba meno una fronte abbronzata col segno del ciuffo.
c) Moto d’acqua: se fai casino, se acceleri e se fai numeri da circo vicino alla riva, non si allunga il pisello a te, ma spacchi i maroni agli altri.
Buone vacanze.
Barbara

E Redentore fu.

 
La Festa del Redentore è l’evento che ricorda la costruzione della Chiesa del Redentore per la liberazione della città dalla peste del 1575 -1577.
In soli due anni morì di più di un terzo della popolazione della città.
Alla fine della pestilenza, nel luglio del 1577, si decise di festeggiare, tutti gli anni, la liberazione della peste allestendo un ponte votivo per consentire ai fedeli di arrivare a piedi alla Chiesa del Redentore.
Ma se vogliamo proprio dirla tutta, più che per i motivi religiosi, la festa del Redentore la conoscono tutti per il super spettacolo di fuochi di artificio che si tiene tutti gli anni il terzo sabato di luglio.
Lo specchio d’acqua davanti a Piazza San Marco diventa un vero e proprio tappeto di barche che iniziano a prendere posizione già dalle prime ore del pomeriggio.
Quando eravamo più giovani (l’altro ieri) tutti gli anni si affittavano dei barconi (quelli che normalmente si usano per il trasporto della frutta o di altre merci in generale) e si andava in bacino di San Marco ad aspettare i fuochi.
In attesa si beveva e si mangiava (ognuno portava qualcosa) e si ascoltava la musica del proprio barcone o dell’impianto del barcone accanto.
Poi gli anni passano e tutto quello che prima suonava “figo” ha iniziato a suonare “scomodo e un pò noioso”.
Aspettare 6/7 ore?
Prima era figo perchè si ingannava l’attesa mangiando, bevendo tanto, ballando etc etc e poi 6/7 ore sono iniziate a diventare un pò tante.
Non avere il bagno per fare pipì?
Prima era figo perchè ci si organizzava nei modi più disparati e a nessuno importava di quello che vedessero o pensassero gli altri, e poi ha iniziato a diventare solo una rottura.
Negli ultimi anni mio marito ed io i fuochi li abbiamo visti da casa.
Ok , magari i fuochi bassi non si vedevamo perchè erano nascosti dai palazzi davanti, ma la comodità di vedersi i fuochi belli comodi, vicino ad un bagno, alla poltrona e al frigo, cancellava il resto.
Ieri però…ieri ci tenevo tanto ad andare proprio davanti a San Marco: volevo fare vedere i fuochi a nostro figlio dalla barca, per la prima volta.
Negli ultimi 2 anni lo abbiamo svegliato pochi minuti prima dei fuochi e li ha guardati con noi, da casa, ma ora che ha 5 anni e mezzo e che facendo tardi al concerto di Jovanotti, mi ha dimostrato di essere diventato un ometto, volevo fargli godere il vero spettacolo nella giusta location.
Era un paio di giorni che cercavo la soluzione ottimale, magari in barca con altri amici con bambini in modo che aspettando i fuochi, i ragasssssi potessero giocare tra di loro.
Ed ecco che ieri arriva l’sms di Tilli “Ok, si esce in barca e abbiamo tre posti per voi”.
Che gioia! 
Avete presente quando vi sembra che il cuore batta un pò più forte e vi sentite stupidi perché sapete che sta succedendo per una cosa piccola piccola?!
aspettando1fotoEcco.
Anche se per me sapere di poter vedere i fuochi in barca con i miei amici e con i miei uomini, non era una cosa piccola.
Ieri mattina siamo andati in spiaggia, abbiamo fatto una ventina di bagni e poi con Capitan Francesca e la sua barca, siamo tornati a Venezia passando per il bacino di San Marco dove già molte barche stavano prendendo posto ben 6 ore prima dei fuochi.
Un emozionante passaggio sotto al Ponte dei Sospiri e siamo scesi dietro la Piazza perché Francesca doveva caricare a bordo cibo e bevande per la serata. Ad attenderla all’Hotel Angelo, con tante cose buone, c’era infatti il mitico Renato.
A quel punto siamo scesi e tornando verso casa per una doccia veloce, siamo passati a comprare baccalà mantecato, crostini e un paio di altre cosuccie per la serata.
Alle 20 siamo usciti di casa e abbiamo fatto una passeggiata fino al ponte votivo, lo abbiamo attraversato arrivando alla Chiesa del Redentore e lì Capitan Daniele e sua moglie Tilli ci hanno caricati a bordo.
Et voilà: dopo un fantastico e tattico posizionamento in super pole position, niente popò di meno che davanti alle zattere da dove sarebbero partiti i fuochi, è iniziata l’attesa per quella splendida ed emozionante esplosione di colori.
Ottimi tramezzini, calde mozzarelle in carrozza, bianco con e senza bollicine, playstation, dvd portatile, chiacchiere, ricordi dei vecchi tempi, attimi e colori da immortalare: tutto era valido per ingannare il tempo ed arrivare all’ora X.
I bambini, felici ed eccitati, saltavano da una parte all’altra delle barche (eravamo 4 barche unite) entrando ed uscendo da piccoli oblò.
E alle 23.30, puntualissimi, eccoli finalmente ad illuminare il cielo davanti e sopra di noi.
Una vera esplosione di botti e di sfumature, di colori, di forme e di effetti speciali.
Tutti a bocca aperta con il mento all’insù.
Nessuna delusione, ma tanta gioia.
Più di mezz’ora di fuochi bellissimi e quegli ultimi 5 minuti di pura follia che il nostro Danny si è perso perchè tanta allegria e tanta emozione lo hanno fatto crollare secco a prua, sulle mie ginocchia.
Con l’aiuto di quei due tappi per le orecchie arancioni, Morfeo lo ha rapito ai fuochi e lo ha portato nel mondo dei sogni, un mondo che forse per una notte sembrava un p0′ la realtà.
Grazie amici, ieri ci avete regalato un sogno, anche a noi che eravamo svegli.
Barbara 
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Turista per caso, con sorpresa, da Manet.

 
Ieri, nel primo pomeriggio, mia mamma sarebbe tornata a casa, a Venezia.
Era andata in Sardegna con mia suocera e il loro nipotino (il mio Danny boy) ed erano lì da ben 9 giorni.
Non ci vedevamo da circa 20 giorni e avevo voglia di rivederla quindi avevo deciso di non andare in spiaggia, ma di aspettarla a casa.
Mi sono svegliata con calma, ho fatto colazione, sono andata a fare la ceretta (oggi arrivano anche i miei maschi e non vorrei mai che mi scambiassero per una scimmia) e ho bevuto un caffè fresco shakerato con una mia amica, in Campo Santo Stefano.
Dopo il caffè ho guardato l’ora: erano le 12.
“Invece di tornarmene sola soletta a casa, cosa posso fare per un paio di ore a Venezia?”
“Faccio shopping?”
“No, devo risparmiare i soldi per la casa che stiamo costruendo in Puglia”
“E allora che faccio?”
E a quel punto mi è venuta l’idea: “Faccio la turista: faccio una bella passeggiata e me ne vado in giro per la mia città a scattare foto.”
Tutti di Manet: "Colazione sull'erba", "La pesca", "Il piffero", "La corsa dei tori" e "Il balcone".
di Manet: “Colazione sull’erba”,
“Il piffero”, “La pesca”,
“La corsa dei tori” e “Il balcone”.
Cammina cammina e sono arrivata in Piazza San Marco, ho alzato lo sguardo verso Palazzo Ducale e ho visto la scritta “Manet: ritorno a Venezia. In mostra fino al 18 agosto 2013”.
Bingo!
Ecco dove vado: a vedermi la mostra di Manet.
Facciamo subito outing così mi levo il pensiero e non ci penso più: per quanto riguarda l’arte, sono ignorante come una capra.
Ignoro nel senso che non so, ma sono capace di leggere ed imparare e quindi ieri, visto che avevo del bel tempo a disposizione, mi sono impegnata.
Sono un’esteta, mi piacciono le cose belle, ma non vado oltre alle nozioni base imparate a scuola (quelle che mi ricordo ancora).
Ho pagato il biglietto, ma prima di entrare alla mostra ci ho messo quasi mezz’ora.
Era da anni, tanti anni, che non entravo dentro Palazzo Ducale e mi sono persa, smarrita.
Smarrita nei pensieri, smarrita tra le ombre e i raggi di sole che illuminavano il cortile, le colonne, gli archi, le statue…
Che spettacolo.
Alla fine ho ritrovato me stessa e sono entrata.
Non sto qui a raccontarvi tutta la storia di Manet perché se la volete leggere basta che digitiate il suo nome su Google e fate prima.
Vi dirò solo quello che ha colpito me tra le tante cose che ho letto prima sulle pareti dell’appartamento del Doge, dove è stata allestita la mostra, e poi sulla guida che mi sono regalata.
Di questa mostra si è parlato tanto e per tanti motivi.
Innanzitutto è esposto “Olympia”, il dipinto mai uscito prima dalla Francia.
Sotto "La Venere di Urbino" del 1538 dipinta da Tiziano e sopra "Olympia" del 1863 dipinta da Edouard Manet
Sotto “La Venere di Urbino” del 1538 dipinta da Tiziano e sopra “Olympia” del 1863 dipinta da Edouard Manet
Quel dipinto che Manet ha fatto ispirandosi alla “Venere d’Urbino” di Tiziano, dopo averla prima copiata durante un suo soggiorno a Firenze.
I due dipinti hanno molto in comune, ma è il senso che è molto diverso.
Le cose che mi hanno colpito di più sono che nella “Venere d’Urbino” c’è un cane, simbolo delle fedeltà, mentre in “Olympia” c’è un gatto, simbolo del demonio (nella foto si vede male perché è nero ed è in basso a destra).
Nelle “Venere d’Urbino”, inoltre, la mano di lei si appoggia rilassata sulle parti intime, mentre in “Olympia” la mano è più aperta, ferma, quasi fosse uno sbarramento.
In “Olympia”, la sensualità è decisamente meno forte che nel dipinto che Tiziano dedicò alla giornata nuziale.
In “Olympia” lei non aspettava il futuro marito, ma forse un amante da cui voleva farsi desiderare, senza concedersi (questa l’ho pensata io, magari è una cavolata, ops!).
Per molto tempo la critica ha parlato della pittura spagnola come grande fonte di ispirazione di Manet, ma con questa mostra, per la prima volta, si capisce quanto invece sia stata forte l’influenza dell’arte antica Italiana sull’opera di questo grande artista che in Italia soggiornò numerose volte tra Firenze e la mia amata Venezia.
Tiziano, Raffaello, Andrea del Sarto e Tintoretto sono solo alcuni degli artisti a cui Manet si è ispirato.
Scandalizzò molto i suoi contemporanei per il fatto che attingeva un pò troppo spesso dai maestri del passato, ma se l’arte e la moda continuano ad esistere è proprio perché gli artisti di oggi guardano agli artisti di ieri appropiandosi delle loro idee e sviluppandole a loro modo no?!
Credo sia inevitabile, anche se forse Manet si è un pò troppo “allargato” e, visitando questa mostra, la cosa salta molto all’occhio.
Non dico che Manet non mi piaccia, ma di sicuro (ricordatevi che ho fatto outing e ho ammesso che sono ignorante) preferisco quelli che ci hanno messo più del loro.
Resta il fatto che la mostra è davvero bella e che vedere certi quadri dal vivo è davvero emozionante, toglie il fiato.
Manet è nato nel 1832 a Parigi in una ricca famiglia borghese ed è stato suo zio, portandolo al Louvre, a mettere in lui il seme dell’arte (l’ho sempre detto che gli zii sono indispensabili).
Manet non voleva studiare giurisprudenza come avrebbe voluto il padre (meno male che ogni tanto i figli si ribellano) e avrebbe preferito la scuola navale dove però non lo accettarono (meno male che non lo accettarono).
Fu così che iniziò la sua carriera artistica e che Eduard (ormai lo sento “amico”) posò le dita prima su un pianoforte e poi sui pennelli, gli stessi pennelli con cui ha creato le splendide opere che ho potuto ammirare ieri.
Ho continuato il mio giro leggendo i racconti dei suoi viaggi e dei suoi percorsi e ammirando tanti altri suoi dipinti, fino a che sono arrivata all’ultima sala, e lì mi sono bloccata.
“Cavolo, ma quella è la casa della famiglia di mia mamma?”
Canal Grande a Venezia

Canal Grande a Venezia

Ma è possibile che io sia così ignorante da non sapere che Manet, in uno dei suoi tre viaggi a Venezia, si è messo a dipingere un gondoliere che guarda caso, era proprio sotto alle finestre della casa dove vive ora mia mamma?!”.

Che grande sopresa, che enorme sopresa.
Erano in tanti davanti a me ad ammirare quel quadro e io avrei voluto urlare a tutti che in quella casa ci era nata (tranne me che sono nata in Scozia) e cresciuta tutta la mia famiglia.
Che emozione, non dimenticherò mai quell’ultima sala dedicata al mare e alla mia Venezia.
Sono uscita dalla mostra accecata dalla luce di quel quadro e sono rimasta ancora più accecata quando, dalla penombra dell’appartamento del Doge, mi sono ritrovata scaldata ed illuminata da un forte ed intenso sole.
Il cielo era azzurro e dopo neanche un’ora avrei rivisto la mia mamma.
Che giornata intensa e ricca di emozioni, ieri.
Barbara
Un "uomo nudo" mi aspettava fuori dalla mostra di Manet.

Un “uomo nudo” mi aspettava fuori dall’appartamento del Doge.

 
All'uscita della mostra, il caldo sole e il cielo azzurro sul cortile di Palazzo Ducale.

All’uscita della mostra, il caldo sole e il cielo azzurro incorniciavano il cortile di Palazzo Ducale.

Aspettando l'arrivo di mamma, dentro il quadro.

Aspettando l’arrivo di mamma, dentro il quadro.

 
Souvenir della mostra: panno per pulire gli occhiali con stampato il quadro che ovviamente mi ha colpita più di tutti.

Souvenir della mostra: panno per pulire gli occhiali con stampato il quadro che ovviamente mi ha colpita più di tutti.

 
 
 

Non fare lo struzzo – lezione numero 9: occhio al tempo

 
“Ma perchè le giornate non sono composte di 48 ore invece che di 24 ?”
Ditemi che anche voi vi fate questa domanda almeno un giorno sì e un giorno anche dai !?
Ok, ok, magari adesso siete in vacanza oppure sono in vacanza molti di quelli con cui lavorate o con cui avete a che fare e quindi i ritmi finalmente stanno rallentando.
Finalmente si riesce a respirare (aria calda permettendo).
Ma quando siete in assetto normale?!
Durante l’anno?!
Quando dovete destreggiarvi tra lavoro, casa, spesa, commercialista, avvocato, dentista, medici vari, controlli, sport dei maggiorenni, sport dei minorenni, attività varie e marito?
Il marito fa parte della famiglia, ma spesso è mooolto più impegnativo del resto della famiglia, quindi merita una voce a sé.
Voi come riuscite a fare tutto?
Come organizzate il vostro tempo?
Riuscite a sfruttarlo al massimo o lo sprecate?
Spesso non è solo una questione di organizzazione, ma di atteggiamento mentale.
Quante volte ci capita di correre, correre, fare, fare ed arrivare alla fine della giornata senza aver concluso neanche la metà di quello che avremmo voluto fare?
E magari restano fuori proprio le cose più urgenti?!
Che fastidio quella sensazione di aver perso un sacco di tempo perchè non ci siamo organizzati bene. 
Ecco che le ore ci scivolano di mano ed ecco che arriva la necessità delle famose 48 ore al posto delle canoniche 24.
Facciamo finta che il tempo sia un treno, un insieme di vagoni.
Il treno va e non si può fermare.
L’unica soluzione è riempire quei vagoni con le cose che ci interessano di più.
Ecco che a questo punto va organizzato al meglio non solo il tempo, ma soprattutto il nostro atteggiamento mentale.
La prima cosa da fare è domandarsi quali sono per noi gli scopi e gli obiettivi più importanti da raggiungere:
Lavoro?
Amore?
Famiglia?
Cosa ci da più soddisfazioni e accende in noi la voglia di fare, l’entusiasmo?
Da cosa sarebbe meglio iniziare per avere la giusta carica indispensabile per il resto della giornata?
Se domani vincessimo la lotteria come spenderemmo i nostri soldi?
Se avessimo solo 6 mesi di vita, a cosa ci dedicheremmo?
Alcune delle domande che vi ho appena suggerito, potrebbero sembrare fuori luogo e invece non lo sono.
Pensateci bene…
Sento spesso amiche rimpiangere di non aver dedicato in passato più tempo al proprio compagno, al proprio figlio, al proprio lavoro o agli amici.
“Ah, se tornassi indietro starei di più con mio figlio”; “Ah, se non avessi trascurato così tanto mio marito dopo la nascita di Pinco e di Pallino, ora staremmo ancora insieme e non avrei mai incontrato quel demente con cui mi sono fidanzata e che pretende pure di fare da padre ai miei figli”; “Ah, se fossi stata più furba e mi fossi impegnata di più, ora avrei rivestirei ancora quel ruolo che alla fine non mi dispiaceva poi così tanto”; “Ma come è possibile che ora che ho finalmente lasciato quell’imbecille…sono spariti tutti gli amici?”.
Per evitare di vivere di rimpianti bisogna svegliarsi prima.
Ecco perchè vi dico che la cosa principale è dare delle precedenze alle cose che vi interessano di più e poi partire con l’organizzazione vera e propria del tempo a disposizione.
Dedicare del tempo a sè stesse è una cosa che per esempio molte donne non fanno quanto dovrebbero e poi finisce che se la prendono con i figli o con i mariti perché si aspettano da loro quello che loro non possono offrire.
Le soddisfazioni personali e le gratificazioni, ce le dobbiamo prendere per i cavoli nostri, anche e soprattutto fuori dal nucleo familiare.
Avete degli hobby? 
Trovate il tempo di coltivarli e vedrete che quanto sarete più serene e soddisfatte quando vi ritroverete nel vostro “solito” ruolo tra le 4 mura domestiche.
Avete degli amici che non sentite da tanto perchè magari non hanno fatto il vostro stesso percorso?
Chi se ne frega.
Se ci tenevate, allora aprite l’agenda (o il file dei contatti) e chiamateli, anche se sono passati anni.
Decidete quali sono i vostri obiettivi e fate ogni giorno un piccolo passo verso di loro.
E poi impariamo a delegare!!!
Io sono negata a delegare.
Faccio una fatica boia a delegare, ma ogni tanto bisogna stringere i denti e tocca farlo.
Fa bene delegare, fa benissssssssimo delegare.
Adesso per esempio le casse d’acqua le faccio comprare a mio marito e alla Metro ci mando lui da solo mentre io faccio altro (magari vado a bere un tea con un’amica che non vedevo da tempo).
La mia salvezza sono i miei post-it
Lo ho già raccontato, ma ve lo riassumo velocemente: tutte le sere, quando sono già a letto in totale relax, l’ultima cosa che faccio prima di spegnere la luce è mettere la mia agenda sulle ginocchia.
A quel punto la apro e tiro fuori un bel post-it giallo, anzi due, e faccio le liste per il giorno dopo.
La prima lista sono le cose che devo fare fuori casa ossia per esempio la spesa, la lavanderia, l’appuntamento dal dentista etc e i vari punti li metto in ordine di orario e di percorso.
Esempio: non vado a ritirare le camicie vicino a casa prima di andare a fare la spesa, ma dopo aver accompagnato nostro figlio a scuola così non mi ritrovo troppo carica di roba visto che giro in scooter.
Altro esempio: se so che devo andare in centro allora faccio mente locale su tutte le cose che quella settimana dovrei fare in zona e vedo di riunire più appuntamenti possibili nello stesso giorno così da ottimizzare tempo e benzina.
Il secondo post-it invece è la lista delle cose da fare da casa quindi pagamenti vari, telefonate, mail etc.
Sembra complicato, ma se vi abituate diventa una passeggiata, giuro.
Per me finire i post-it sarebbe come per un fumatore accanito finire le sigarette.
Ho i cassetti pieni di pacchetti di post-it.
Ogni tanto bisogna anche imparare a rimandare.
Ogni tanto bisogna anche sapersi accontentare e ottenere così un paio di ore in più da dedicare a sè stessi o a chi si ama.
Magari sperimentando una nuova ricetta e apparecchiando la tavola come si fa per le grandi occasioni o magari andando a prendere i figli a scuola per dedicare loro una gita non annunciata, a sorpresa.
Alcune cose si possono rimandare, ma altre no.
La vita è una sola e il tempo non torna indietro.
Barbara
 
NB: Vi ricordo che questa rubrica esiste grazie ai preziosi spunti dello psicologo coach Steve Benedettini. Se volete incontrarlo o volete informazioni sui corsi che tiene, chiamate il suo studio di Rho allo 02.93904504 o scrivetegli a info@alphacenter.it

I papà in vacanza

 
Ieri sono stata in spiaggia.
Ieri mi sono sdraiata sul lettino.
Ieri ho preso il sole sdraiata.
Ieri su quel lettino ho preso il sole sia davanti che dietro, girandomi per benino come si fa coi “cani caldi” sul grill.
Ieri su quel lettino mi sono anche addormentata.
Quando mai a noi mamme capita tutto ciò quando in spiaggia ci sono anche i figli!?
Ieri beata sul lettino!
Ieri beata sul lettino!
Noi mamme per poterci rilassare in spiaggia dobbiamo essere sole: zero mariti e zero figli, sennò è impossibile.
Non so se capiti anche alle altre mamme, ma io alla fine delle vacanze sono più stanca di prima e sono sempre più abbronzata sulla schiena che davanti.
Ma ora finiamola con questo giro di parole e andiamo subito al sodo: parliamo di loro, i papà.
 Argh!
Chissà perchè, ma i papà dalle vacanze tornano sempre riposatissismi e più abbronzati davanti che dietro.
Epperforrrzzza: loro in spiaggia non stanno molto spesso piegati in avanti!!! 
Loro hanno lavorato tutto l’anno quindi hanno diritto di riposare.
Noi invece durante l’anno non facciamo un fico secco (???) e quindi in estate ci tocca preparare le borse di Mary Poppins per la spiaggia, preparare i panini o peggio ancora le insalate di riso o le paste fredde e allestire la nostra zona in spiaggia perchè i mariti appena arrivano piantano l’ombrellone e poi spariscono subito all’orizzonte con i loro inseparabili occhialini da nuoto.
E poi vuoi non aiutare i nostri figli a costruire un bel castello di sabbia? 
Devo dire che mio marito è bravissimo a costruire il porto per Danny, questo devo ammetterlo, ma spesso quando Danny lo chiede, lui sta già russando sotto all’ombrellone e allora il compito passa a me.
Alla fine della giornata si mette tutto via e si torna a casa.
Chi sciacqua asciugamani, parei e costumi?
Chi fa la doccia ai “mostri”?
Chi prepara la cena?
Chi spazza, ramazza e rifà i letti?
Mio marito in vacanza fa solo una cosa: spazza la sabbia dal pavimento.
Io in città sono una super pulita e precisina, ma in vacanza mi trasformo in una zingara: posso anche non farmi la doccia e andare a letto con il sale del mare che mi pizzica sulla pelle, posso anche camminare sulla sabbia, in casa, ma lui no!
Lui se trova un granello di sabbia in salotto diventa verde come Hulk e allora abbiamo trovato un accordo: ti da così tanto fastidio la sabbia in casa al mare?! 
E allora sai cosa c’è di nuovo?
Spazzatela via da solo mentre io faccio le altre 2300 cose che ci sono da fare.
Classico pisolino del week-end.

Classico pisolino del week-end.

Se ci penso bene, alla fine è un pò la stessa cosa che succede tutti i week-end dell’anno solo che in estate dura parecchio di più quindi i maroni girano molto più a lungo.

E poi quando i maroni girano in spiaggia è più fastidioso perchè se per esempio succede mentre sei seduto o in ginocchio…ti finisce la sabbia negli occhi no?!
Loro sono stanchi quindi è giusto che si addormentino un paio di ore al giorno sotto l’ombrellone e che noi mogli diventiamo matte per tenere i bambini lontano da loro mentre russano.
“Poverino il papà è stanco, lasciamolo dormire dai”
Noi invece durante l’anno non facciamo una cippa, se non lavorare, fare le casalinghe e le mamme, quindi non vedo perché dovremmo avere diritto a schiacciare anche noi un pisolino all’ombra o al sole, risvegliandoci sudate, ma già abbronzate (anche davanti) senza aver fatto fatica.
Però una lancia a favore dei papà ora la voglio spezzare: spesso è colpa di noi mamme se ci ritroviamo a fare tutto da sole perché non so le altre, ma io faccio davvero fatica a chiedere. 
Tante volte potrei chiedere aiuto a mio marito e so che lui mi aiuterebbe (?), ma sono orgogliosa.
Ripensandoci bene però…fosse che  forse che noi mamme non chiediamo aiuto non solo per orgoglio, ma anche perchè spesso, quando lo facciamo, ci viene risposto “ora lo faccio, aspetta un attimo” e intanto passano le ore?
Può essere.
Ps. Amoreee, se per caso hai appena letto questo post, sappi che ti amo tanto anche se in vacanza non fai un tubo!!! Ops
papàdormefoto
 
 

Questo strano senso di libertà

 
Nostro figlio è in Sardegna con le nonne.
Questa settimana non ho grossi impegni di lavoro.
Mio marito deve lavorare come sempre dalla mattina alla sera, e lavorando a Bergamo non rientra poi così presto.
E io che faccio a Milano?
Niente o poco più.
Potrei sempre stare a casa e riposare!
Escluso: l’ultima volta che ho detto “sto a casa e riposo” è finita che mi sono messa ad aprire e a mettere in ordine tutti gli armadi, la cantina e il garage.
E quindi che si fa?
Vado a Venezia dalla mamma?
Ah no cavolo, la mamma è in Sardegna con Danny.
E quindi?
Sai cosa c’è di nuovo?
Io me ne vado a Venezia lo stesso.
Ma sarò da sola!
Bene, benissimo, “molto benissimo” (qui ci vuole un super superlativo)
E dopo questa mini conversazione con tra me e me, ho fatto il biglietto del treno e sono partita.
Dopo più di 15 anni mi sono a casa di mia mamma a Venezia, da sola!
Senza mia mamma, senza marito e senza figlio.
Anche la ragazza che ogni tanto viene a fare le pulizie è in malattia.
Sono davvero sola, al 100%, al 1000%
Che sensazione strana.
Amo mia mamma, amo mio figlio e amo mio marito (la donna delle pulizie anche no, dai), ma ritrovarsi da sola per 4 giorni senza orari e senza legami…non ha prezzo.
Mangio quando ho fame, dormo quando ho sonno e mi sveglio quando mi pare .
Ovviamente finisce sempre che ci si sveglia presto perchè noi mamme ormai abbiamo il fuso da mamma.
Stasera proverò ad uscire e a fare mooolto tardi così vedrò di stravolgere sto cavolo di fuso (magari mi bevo anche 2 o 3 spritz per aiutare il procedimento).
Ieri sono arrivata, ho lasciato la valigia a casa e senza perdere tempo ho indossato un paio di short, una maglietta e una borsa a tracolla con dentro telefono/musica, soldi , acqua e cuffie per ascoltare la musica.
Della serie “Chi si ferma è perduto”.
“Rilassarsi”?
Non pervenuto.
Sono passata a dare un bacio veloce a mio zio e poi sono partita per una lunga camminata veloce.
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Ho fatto 8 km e mi sono goduta la mia città respirando a pieni polmoni.
Ho visto il ponte del Redentore che stanno costruendo per la festa di sabato, ho visto turisti seduti in punta della Dogana, con le gambe a ciondoloni, ammirare Piazza San Marco.
Ho incontrato ex compagne di scuola che correvano (io non posso correre per problemi di schiena, ma mi accontento parecchio di camminare veloce).
Mentre tornavo a casa ho anche assistito, furtivamente, ad un pezzettino di concerto nel cortile interno del Conservatorio di musica, che emozione.
Sono tornata a casa e sono rimasta tutta appiccicosiccia senza nessuno che mi dicesse “Ma non ti fai la doccia???”
Mi sono preparata una bella insalatona e ho mangiato tutta appiccicosiccia seduta per terra e guardando un telegiornale.
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Ho finito di mettere a posto le mie cose, ho risposto ad un paio di mail e solo alle 22 mi sono finalmente decisa e ho fatto una lunga e rinfrescante doccia.
E per finire in bellezza, mi sono fumata una bella sigaretta sul balcone ammirando il buio che era ormai calato sul Canal Grande.
Fumo solo la sera e solo quando sono fuori (di solito in casa non fumo).
 
Un pacchetto di sigarette mi dura in media 2 settimane quindi non rompete!
Che strano senso di libertà.
Nessun senso di colpa, ma un grande bagno di pace.
Stamattina mi sono svegliata e con calma, dopo essermi rigirata nel letto quelle 200/250 volte, ho aperto gli occhi e le persiane.
Non era una bellissima giornata e quindi sono uscita a fare colazione al bar, sono andata dal commercialista di mamma e a fare un paio di altre commissioni.
Ma ora è uscito il sole quindi vi saluto, chiudo questo “orrido” Mac e me ne vado al mare.
Speriamo che, a differenza mia, quelli che condividono la capanna con mia mamma siano tutti al lavoro.
Ho intenzione di impossessarmi del lettino e di restarci aggrappata con le unghie fino a che non sarò più abbronzata di Denzel Washington.
Au revoir!
Barbara

Il bello di non partire è che non bisogna rientrare.

 
So che dopo quello che dirò, stasera pioverà di nuovo come ha piovuto sabato sera, ma devo dirlo:
“Mio marito aveva proprio ragione”
Ecco, l’ho detto.
Danny boy in Sardegna
Danny boy in Sardegna
Appena le nonne mi hanno confermato che avrebbero portato Danny con loro in Sardegna per ben 9 giorni, il mio primo pensiero è stato ” E che si fa il week-end visto che siamo soli soletti senza il pupo?”
Peccato che la domandina l’ho fatta a mio marito lunedì scorso ossia il giorno dopo il rientro dalla grigliata per il suo compleanno fatta al lago di Como da amici: 3 ore di coda per rientrare, due maroni incredibili.
Abbiamo anche provato a fare i furbi attraversando il lago col ferryboat, ma abbiamo solo buttato 15 euro perchè la coda era di nuovo lì ad aspettarci.
Risultato? 
Mio marito, alla mia domandina facile facile e tanto ricca di entusiasmo, ha risposto: “Io week-end prossimo non mi muovo da Milano”
Tiè!
Avevo una mezza idea (forse un quarto) di andare al mare, noi due, da soli, ma quella mezza idea è stata presto abbattuta, strozzata, strangolata.
Non nego che anche io non avevo tutta questa voglia di muovermi, ma non lo avrei mai ammesso, neanche sotto tortura.
Quindi quando il maritino ha fatto sparire anche quel quarto di idea che mi era rimasta , ho aspettato che andasse al lavoro e sono salita in terrazza a pulire e preparare tutto per il nostro we romantico e rilassante, a casa. 
Alla fine siamo davvero rimasti a Milano e devo dire che, dopo aver letto diversi commenti di ieri sera su faccia da libro, sono proprio contenta.
Il bello del non partire è che non devi rientrare.
Il bello del non rientrare è che non trovi km di coda per il rientro.
Il ragionamento non fa una piega no?!
Venerdì sera siamo andati a cena con una coppia di amici al Petit.
Il Petiti è un ristorante molto carino che hanno aperto degli amici circa 3 anni fa, ma non ero ancora riuscita ad andarci (sono una frana, pigra e smemorata).
Per la prima volta, ho preferito portarci il marito di venerdì perchè durante la settimana è troppo pericoloso.
Diciamo che il posticino è frequentato dalle più belle gnocche di Milano dove quella più normale si chiama Belen.
Per fortuna le belle gnocche il week-ed vanno tutte al mare a sfoggiare i loro lati B mentre noi comuni mortali possiamo circolare libere sentendoci anche passabili, in loro assenza.
Il problema è che, oltre che a me, il Petit è piaciuto molto anche a mio marito, pur senza tutte le gnocche di sempre, e quindi ci vorrà tornare, azz!
maritolavorafotoUdite udite: sabato mio marito è salito in terrazzo e ha iniziato a scartavetrare le sedie e i tavoli per riverniciarli.
Ok, ok, avrebbe potuto farlo mesi fa, ma va benissimo anche ora: basta che l’abbia fatto!
Mentre lui scartavetrava secondo voi io cosa ho fatto nel mio week-end libero senza figlio?
Sono andata in una Spa?
Mi sono fatta fare un massaggio?
Ho letto un bel libro?
Ho guardato un film intero?
Sono andata a fare shopping?
Ho visto le amiche?
Ho fatto mani, piedi e ceretta (ormai sembro Cita, ma non la moglie di Fantozzi)
Sono salita in terrazza e almeno io mi sono sdraiata al sole approfittando della situazione carina che avevo “apparecchiato” per due?
Ma cosa dite mai (come diceva il mio amato Topo Gigio): in terrazza non sono proprio salita (non si respirava aria buona con tutto quello scartavetrare), ma sono rimasta giù in casa e ho messo in ordine tutti gli armadi, il garage e anche la cantina, olè!
Sabato sera, distrutti , ma felici di tutto il lavoro fatto, siamo andati noi due in tête a tete a cena al nostro amato Temakinho in Corso Garibaldi.
Il Temakinho è lo stesso ristorante nippo-brasilero dove siamo andati a cena prima del concerto di Jovanotti: si mangia super bene e si spende il giusto.
Domenica mio marito ha finito di carteggiare e ha riverniciato 7 sedie, 2 tavolini e il tavolo grande e per finire ha fatto pure un ottimo lavoro di giardinaggio.
Che dire?! Ogni tanto mi ricordo perchè mi sono innamorata di lui.
moglielavprafotoIo ho finito di mettere in ordine tutti gli armadi e come se non bastasse, ho passato anche un paio di ore a piangere guardando le foto di Danny boy che avevo appena ricevuto dalla Sardegna: una deficiente!
Alle 16 però mi sono messa in costume da bagno e sono salita in terrazza.
Ho avuto il coraggio di entrare nella mini piscina di Danny e di sdraiarmi sul materassino al sole per più di un’ora, mentre mio marito mi guardava con invidia e finiva di verniciare.
Per farmi perdonare  sono andata a fare la spesa e gli ho comprato un bel po’ di frutta e altre cose che gli servivano.
Ho scritto “gli ho comprato” perchè io oggi parto, mentre lui resta.
Ho deciso di approfittare di questi 4 giorni liberi che mi rimangono (Danny torna giovedì) e visto che questa settimana non ho grossi impegni e su in terrazza ho gli operai che per i prossimi 4 giorni batteranno dalla mattina alla sera per spaccare il vecchio intonaco del palazzo accanto, me ne vado a casa mia a Venezia e resto lì ad aspettare i mie uomini che mi raggiungeranno venerdì.
Ciapa.
Barbara
Terrazza: dal mio assetto "relax" all'assetto "bricolage"

Terrazza: dal mio assetto “relax” all’assetto “bricolage”

 
 
 

Aiuto un incubo: ho di nuovo gli operai in casa!

 
So bene che avere gli operai in casa è una rottura di maroni per tutti, ma per me è diverso: per me è un incubo.
No tranquilli, non voglio fare nè la tragica nè la diversa.
Se parlo di “incubo” intendo “incubo” davvero perchè io per colpa degli operai, gli incubi li ho avuti non “peffinta” (amo inventare le parole), e per un lungo periodo.
Ho comprato la casa dove viviamo ora, nel 2002.
Da mansarda ad attico con terazza.

Da mansarda ad attico con terazza.

 

Quando l’ho comprata era un sottotetto, una mansarda.

Dopo aver ottenuto i permessi, ho tolto il tetto e l’ho rifatta con il tetto dritto e sopra il tetto ho fatto un terrazzo.
E’ sempre stato il mio sogno avere un bel terrazzo.
I lavori sono durati circa da luglio 2002 a giugno 2003 e io ero in cantiere quasi tutti i giorni perchè vivevo già a Milano dal 1989, ma in una casa in affitto.
Che emozione vedere quella mansarda trasformarsi in quella che sarebbe diventata la MIA casa con il MIO terrazzo.
Peccato che a circa 1 anno dal mio ingresso nella casa dei miei sogni…ha iniziato a piovere dentro.
Sì, sì, avete letto bene: “piovere”.
Le mie non erano semplici infiltrazioni: in certi punti del soffitto non vedevi solo le macchie, ma vedevi proprio le gocce cadere giù.
Di notte mi svegliavo sentendo il rumore delle gocce che cadevano sul mio letto, in cucina, in bagno, in salotto…ovunque.
Intanto era venuto ad abitare con me il mio fidanzato, quello che oggi è diventato mio marito e il padre di Danny boy.
Era la mia prima convivenza ed è stata molto bagnata.
Ma come si dice? Convivenza bagnata convivenza fortunata?
In effetti…
Ormai sul nostro letto pioveva così tanto che abbiamo dovuto togliere il letto e mettere per terra non il classico secchio (troppo piccolo), ma una vera e propria vasca (di quelle colorate per fare il bagno ai bambini, anche se di bambini ancora non ne avevamo! Argh)
Ci siamo dovuti trasferire per mesi nella camera degli ospiti dove pioveva di meno.
L’impresa che aveva fato i lavori ha iniziato a rompere il terrazzo a pezzi per cercare di capire da dove entrasse l’acqua, ma dopo un anno di tentativi il problema era ancora lì e il terrazzo era distrutto.
Alla fine ho fatto causa all’impresa e all’architetto che aveva seguiti i lavori.
Con l’aiuto di un’altra impresa e di un ingegnere specializzato, si era poi scoperto che avevano sbagliato a mettere le guaine su in terrazzo.
Praticamente avevano usato dei fogli di guaina per la superficie piana e della guaina liquida per i muri verticali.
Peccato che le due guaine non fossero compatibili tra di loro e quindi col tempo l’acqua ha iniziato ad infiltrasi in tutti i punti di contatto tra le due e in tutti i buchi che erano stati fatti per far passare tubi dell’aria condizionata, per mettere i punti luce terrazzo etc
Ho dovuto fare rifare tutto il terrazzo da un’altra impresa e quest’anno, dopo lunghi anni di attesa, ho finalmente vinto la causa.
Per me è stato davvero un incubo: mi svegliavo di notte in lacrima nella camera degli ospiti e mi ritrovavo seduta per terra, in lacrime, in quella che era sempre stata la mia camera.
Giravo per la casa a cercare nuove infiltrazioni anche quando orami era tutto a pasto.
Sentivo le gocce cadere anche quando il terrazzo era stato già rifatto.
Adesso il muro del palazzo vicino a noi ha dei problemi con l’intonaco che sta cadendo a pezzi nel nostro terrazzo e quindi hanno dovuto montare una grossa impalcatura che dal cortile dei vicini sale sul nostro terrazzo.
Dovranno spaccare tutto il muro e ripristinare l’intonaco.
A parte il fatto che dovranno togliere il mio bellissimo murales che avevo fatto fare appena nato Danny boy,  per un paio di settimane avrò di nuovo degli operai nel nostro terrazzo ed è inevitabile che io ripensi a quando mi pioveva in testa.
Se ci ripenso ora…per fortuna ormai mi viene quasi da ridere: casa nostra era diventata peggio di uno scolapasta.
Barbara
Casa o scolapasta?

Casa o scolapasta?

 

Oggi mi levo un peso

 
Domenica ero al lago da amici e mentre mi godevo un po’ di meritato relax, decido di tirare fuori il mio ipad dalla borsa e di leggere il Corriere on line.
Ed eccola lì: una notizia a dir poco agghiacciante.
Non scenderò nei dettagli perché sono davvero tosti e probabilmente li avete già letti o sentiti.
Un giovane arbitro in Brasile espelle un giocatore per un brutto fallo e il giocatore si vendica dandogli un forte calcio sugli stinchi.
A quel punto l’arbitro, che aveva appena perso la madre ed evidentemente non era proprio in sè (non lo sto giustificando, sto solo spiegando i fatti), prende una roncola nella sua borsa e colpisce due volte il petto del calciatore.
(La roncola è un’arma che in Brasile molti si portando dietro per rompere rami per farsi strada e per ammazzare serpenti)
Portato il calciatore in paese in cerca di un medico mentre al campo di calcio la gente si avventa sull’arbitro.
L’arbitro viene legato ad un palo in attesa che arrivi la polizia, ma la polizia dopo un’ora non è ancora arrivata.
La gente a quel punto decide di farsi giustizia da sola e uccide l’arbitro con una cattiveria assurda.
Quello che è successo è pazzesco e solo a ripensarci mi fa venire mal di stomaco
C’era un gruppo di gente molto arrabbiata che quell’arbitro lo avrebbe ucciso subito, ma avevano vinto i moderati convincendo tutti ad aspettare che fosse la polizia a fare giustizia.
Ma la polizia non arriva e la giustizia se la fanno da soli.
So che ora ci vado giù pesante, ma dopo quello che sta succedendo in Italia negli ultimi anni…un po’ li capisco.
Magari non capisco il modo in cui lo hanno fatto, ma li capisco.
Cosa farei se fossi la madre di quel motociclista investito e ucciso da un pirata della strada, poi scappato a piedi, e sapessi che l’assassino di mio figlio dopo 45 giorni sarà già libero di tornare a casa?
Cosa farei se fossi la mamma di Tommaso Onofri (e quindi anche la moglie dell’uomo morto di crepacuore), il bambino di 18 mesi ucciso 7 anni fa dal suo rapitore, e sapessi che dopo soli 7 anni di carcere, il suo assassino forse inizierà a fare il giardiniere e forse gli daranno presto il permesso dei lavori esterni?
Cosa farei se fossi la mamma della fidanzata di Jucker da lui uccisa con 22 coltellate e sapessi che invece dell’ergastolo o dei 30 anni, si farà solo 11 anni di galera e tornerà libero?
Cosa farei se fossi la mamma di una delle tre vittime del killer col piccone e sapessi che quel pazzo era libero di circolare nonostante una fedina penale sporca e più lunga di un chilometro e a meno di 2 mesi dall’ultima tragedia, sarà di nuovo fuori?
Non so cosa farei.
So solo che la giustizia in questo paese inizia a farmi davvero schifo.
Sono parole pesanti lo so, ma sono veramente arrabbiata e per togliermi un pò di questo peso che ho dentro, devo dire quello che penso!
Quelli di cui ho appena parlato sono solo alcuni esempi e purtroppo ce ne sono altri, tanti altri.
In prigione ora c’è uno come Corona, che non è un santo, ma neanche un assassino, e vorrebbero metterci per 7 anni uno che è andato a letto con una minorenne che gliela ha servita su un piatto d’argento.
A casa sua, invece, c’è un irresponsabile come Schettino, uno che ha dato 22 coltellate alla sua fidanzata e uno che ha investito un cinquantenne in moto ed è scappato.
Scusate, ma ne ho davvero le scatole piene.
Processi eterni, riti abbreviati e patteggiamenti assurdi sono ormai all’ordine del giorno.
E poi ci lamentiamo se tutti i delinquenti del mondo vengono a cercare rifugio in Italia?!
E te credo.
Barbara