Fino a poco più di un secolo fa in Italia, e in molti altri paesi, alle donne non era consentito votare,  le donne sposate non erano libere di disporre del denaro che guadagnavano con il proprio lavoro, e non potevano promuovere un’azione legale. 
Sono forse questi i motivi principali per cui si iniziò a parlare di emancipazione femminile.
Al giorno d’oggi, però, il termine “Emancipazione”  viene più che altro usato per dire che non c’è più differenza di ruolo tra uomo e donna.
La parola “Emancipazione” deriva da E (E-/EX- che significa “fuori di”) e MANCIPIUM (che significa “dominio/proprietà”); 
“Emancipazione”, originariamente, presso i romani, esprimeva l’atto con il quale il padre di famiglia, davanti al magistrato ed alla presenza di 5 testimoni, dichiarava il figlio libero dalla propria patria potestà.
“Emancipazione” dovrebbe significare che la persona diventa padrona di se stessa, ha la libertà di scegliere di essere ciò che desidera, di dire o fare ciò che vuole, e di non avere vincoli eterni e interni.
Adesso una domanda sorge spontanea: siamo davvero arrivate al punto in cui volevamo arrivare?
Non è che abbiamo un po’ perso di vista questi primi obiettivi?!
Ora che abbiamo raggiunto l’emancipazione, siamo davvero padrone di noi stesse e libere di dire e fare ciò che vogliamo?
Nel diciannovesimo secolo ci piaceva sentirci le “signore del focolare”, ma poi ci siamo stufate e abbiamo iniziato a rivendicare maggiore autonomia nelle scelte importanti della nostra vita (a partire dal controllo della gravidanze).
E fino a qui mi sta bene…
Nello stesso momento abbiamo anche iniziato a frequentare i primi collegi femminili per migliorare la nostra condizione e la nostra istruzione, e per dimostrare agli uomini che anche noi eravamo in grado di studiare ed imparare
E anche fino a qui mi sta bene…
Riuscimmo anche a dimostrare quanto assurde fossero quelle norme che limitavano le nostre libertà e le nostre possibilità di carriera (avvocatura e magistratura non erano concesse per gli sbalzi umorali dovuti al ciclo mestruale).
E anche fino a qui mi sta bene…
Avrei già qualcosa da ridire riguardo ad una delle principali lotte del movimento femminista finita poi con la Legge Merlin che, nei primi anni ’60, chiudeva le case di tolleranza e considerava lo sfruttamento della prostituzione come un reato.
Decisione geniale!
Così adesso abbiamo le strade, e non solo, che pullulano di simpatiche prostitute.
Davvero un gran cambiamento, evviva.
Ma veniamo al dunque: volete sapere cosa penso davvero io dell’emancipazione?
Penso che l’emancipazione della donna sia sicuramente iniziata per dei buoni motivi, ma che sia presto diventata un’arma a doppio taglio.
La parità economica e sociale, i veri valori del primo femminismo, hanno  lasciato il posto alla famosa figura della donna in carriera, e la parola “femminismo” ha iniziato a diventare davvero fastidiosa!
(a me fa venire l’orticaria, come il colore rosa)
Non mi dite che ogni tanto non vi sentite combattute tra il voler stare a casa, ma il non poterlo fare, e l’uscire per andare a guadagnarvi la pagnotta!?
Ormai, per noi donne, lavorare è diventato il prezzo da pagare per la raggiunta parità economica e il non farlo, a volte, scatena in noi dei forti sensi di colpa.
Peccato che si tratti degli stessi sensi di colpa che proviamo quando dedichiamo il nostro tempo al lavoro e lo togliamo ai nostri figli, e alla nostra famiglia.
La verità è che abbiamo perso per strada il vero senso dell’emancipazione.
Spesso, per compiacere il nostro compagno, e la nostra famiglia, rinunciamo totalmente a noi  stesse, e di noi cambiamo tanto, a volte tutto. 
Lavoriamo, corriamo a fare la spesa, cuciniamo, mettiamo a posto la casa, andiamo a prendere i figli, e troviamo la forza di sorridere anche quando siamo stanche, morte…
Facciamo tutto questo pensando che possa bastare, e invece non basta mai.
Una volta bastava essere delle brave casalinghe, delle brave mamme e delle brave mogli, ma adesso non basta più.
Abbiamo finito per complicarci la vita senza che nessuno riuscisse a portare a 48 le attuali 24 ore che compongono un giorno!
E quindi?
E quindi ci tocca fare i salti mortali, e nonostante i salti mortali, non riusciamo lo stesso a fare tutto quello che vorremmo fare, e come lo vorremmo fare e spesso chi ci è vicino non capisce, e chiede sempre di più.
Se poi nasci permalosa, e aspirate perfezionista come me…allora è la fineeeeeeeee
La verità è che non bisognerebbe MAI annullarsi per gli altri!
La chiave sarebbe non darsi e fondersi con l’altra persona, ma rimanere singoli individui e vivere l’amore e la famiglia come uno scambio, senza mai rinunciare alla propria individualità, e senza mai avere sensi di colpa.
Impresa mica facile eh?!
La verità è che non possiamo fare tutto e non dovremmo sentirci in colpa per quello che finiamo per non fare.
Dovremmo solo capire se le ali per sentirci più libere sono quelle della nostra carriera o quelle della nostra famiglia, e ogni tanto imparare a volare senza avere sensi di colpa e senza sentirsi sempre in obbligo verso gli altri e verso noi stesse.
So che può sembrare la cosa più difficile del mondo, ma solo questa sarebbe la vera emancipazione: essere padrone di ciò che si vuole essere e uscire fuori dal dominio di genitori, parenti, mariti e anche da quello di noi stesse. 
Purtroppo con conosco trucchi e magie che ci possano aiutare in questa grande impresa, ma forse potremmo iniziare con una piccola grande impresa: cerchiamo di pretendere un po’ di meno da noi stesse, ma sopratutto, cerchiamo di fare quello che facciamo per fare felici prima di tutto noi, e poi gli altri. 
Sarà dura, ma ce la possiamo fare dai!
Barbara