Il valore del silenzio, e di una buffa caduta.

 

Questo ponte lo abbiamo trascorso in montagna.

Se devo essere sincera io preferisco sempre il mare, anche in inverno, ma siamo andati in montagna per fare sciare Danny boy.

Avete presente  quando a noi mamme scattano quei sensi di colpa tipo: “Io non ho più molta voglia di sciare e questo we me ne starei a casa passando dal piumone del letto alla copertina del divano, ma ho un figlio che vive in mezzo allo smog e quindi per questo ponte sarebbe carino portarlo in montagna a sciare e a respirare aria buona”?!?

Ecco, appunto!

Quindi starete pensando che abbiamo scelto il posto più vicino a Milano e ci siamo fatti sta gitarella.

Eh no, sarebbe stato troppo facile e troppo comodo!

Siamo andati a Cortina tutta d’Ampezzo, non proprio dietro l’angolo. 

Sono Veneziana, a Cortina ci sono cresciuta, ed è lì che, quando posso, rivedo gli amici di sempre.

Se a Cortina non hai voglia di sciare, di giorno si possono fare delle belle passeggiate, e, in estate, delle belle gite in bici.

Nel tardo pomeriggio si va in centro, si fanno due vasche (su è giù per Corso Italia), e il tempo passa piacevolmente.

Se sei giovane, fuori o dentro, e nel tuo portafoglio non hai l’eco, ci sono anche ottimi ristoranti e anche qualche qualche localino danzereccio dove ritrovi ancora il clima dei film dei Vanzina (che fortuna eh?!?!)

E se sei con tuo figlio, non hai nonne o babysitter all’orizzonte, e di mondanità ne hai avuta già abbastanza?

Mandi il figlio a sciare e te ne torni sotto al piumone, approfittando di quelle fantastiche ore di libertà.

Verso l’ora di pranzo vai col marito a recuperare il figlio stravolto, lo nutri e lo cacci a fare un bel riposino pomeridiano, così hai altre due ore libere per il rilassarti.

La montagna è il posto ideale per fare un sacco di sport, ma anche per fare fantastiche pennichelle!

Nel tardo pomeriggio due vasche in centro, qualche aperitivo, e poi a cena al pub, e a nanna presto.
Ieri mattina, mentre Danny sciava, e mio marito faceva jogging, io me ne sono rimasta a letto al calduccio, a leggere.

Stavo leggevo “Felicità in questo mondo”, un libro sul buddismo, giusto una prima infarinatura, per soddisfare la mia curiosità sempre in fermento.

Ad un certo punto ho guardato fuori dalla finestra e mi è venuta voglia di fare una bella passeggiata.

Ho letto le ultime pagine del libro, mi sono fatta una doccia al volo, mi sono vestita e sono uscita.

Dopo la lettura di quel libro, avevo proprio voglia di starmene un po’ da sola, in mezzo alla natura.

Il proprietario dell’agriturismo dove dormiamo sempre, mi ha consigliato una bella passeggiata nel bosco, e io ho obbedito.

Peccato che ha iniziato a piovigginare e non avevo le scarpe giuste.

Avevo in programma di fare circa 6 km, ma dopo neanche 300 metri mi sono ritrovata a pattinare sul fango, e, taaaaac, nel fango ci sono finita sdraiata, a faccia in giù.

Forse prima di leggere il libro sul buddismo avrei mollato un urlo e sarei tornata subito a casa, parecchio contrariata.

E invece? E invece forse un pó per merito di quel libro, ma di sicuro anche grazie al mio carattere per fortuna spesso positivo, sono scoppiata a ridere da sola, in mezzo al bosco, e ho proseguito nella mia camminata, tutta zozza, ma felice.

E per fortuna che non sono tornata indietro!!!

Se fossi tornata indietro non avrei incontrato lui, il silenzio.

Non so da quanto non mi capitava di ritrovarmi in silenzio, un silenzio di quelli veri, profondi.

Mi verrebbe da dire che forse il vero silenzio è proprio quello che si sente in cima alle montagne, dentro un fitto bosco, oppure in riva al mare, quando non ci sono onde ad infrangersi sulla battigia.

Non mi capitava da tanto di ritrovarmi così, in silenzio.

Ma la cosa più bella è che in mezzo a quel silenzio così surreale, sono riuscita a non pensare a nulla.

Ho passato gli ultimi anni pensando a troppe cose, e tutte assieme.

Quante volte mi sono ritrovata ad accavallare un pensiero con l’altro, come quando cerchi di ricordarti la lista della spesa dimenticata a casa, e intanto si fanno largo nella tua mente liste di desideri di una mamma in cerca di nuove soddisfazioni, come donna.

Ci sono momenti in cui ti basta l’immagine di una mucca sul cartone del latte, per aver voglia di partire, e di mollare tutto.

Oppure tra i corridoi del supermercato incontri una donna in carriera che fa la spesa di corsa prima di tornare al lavoro, e allora inizi a pensare a quale lavoro potresti inventarti, per non togliere troppo tempo alla tua famiglia, ma per ritrovare quegli stimoli di cui anche una mamma ha bisogno.

Ho anche provato a fare yoga, ma mentre salutavo il sole pensavo all’imu
e alla tasi, e allora ho capito che non ero pronta.

Ieri, in quel bosco, mi sono sentita leggera come non mi capitava da tanto, troppo tempo.

Ieri in quel bosco sono caduta, ma mi sono rialzata, e ho capito che a volte la nostra mente è davvero troppo affollata di pensieri, e di cose da fare.

È un momento in cui sto scoprendo e riscoprendo valori e persone che avevo un pó perso per strada, a volte troppo impegnata a preoccuparmi per tutto, e per tutti.

Sento che finalmente le cose stanno cambiando e devo dire che, in questo momento, un pó di silenzio ci stava proprio bene, quasi come quel bacio sulla mano ricevuto all’improvviso mentre ieri sera scrivevo, e mio marito guidava, accanto a me.

Barbara

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Quelle bombe di zucchine, ripiene!

 

Questa ricetta è davvero una bomba!!!

Non solo perché per farla vi serviranno le “zucchine bomba” (come le chiamo io), ma perché il risultato è davvero una bomba.

L’unico problema è trovare le famose “zucchine bomba”, ma di solito una passeggiata al mercato da il suo risultato.

Ultimamente mi vengono parecchio facili le rime, ahahahah!

ingredzucchinefotoIniziamo subito con gli INGREDIENTI:

Per 4 persone 

8 zucchine rotonde ( le zucchine bombaaaaaa)

250 gr di ricotta

200 gr di pancetta a dadini, affumicata

100 gr di parmigiano grattugiato

1 ciuffo di prezzemolo (o del sano prezzemolo surgelato!!!)

1 uovo

20 gr di pan grattato

olio, sale e pepe

Quando avete tutto INIZIAMO:

Tagliate il cappello delle zucchine e le svuotate (io lo ho fatto col cucchiaio), lasciando circa 1 cm di spessore sulle pareti, delle bombe!

Raccogliete la polpa in una terrina e la tritate (col minipimer o simile)

Rosolate  la vostra pancetta ( i dadini) in padella con un filo di olio e, quando si saranno raffreddati, li aggiungete alla polpa delle zucchine tritata.

Accendete il forno a 200 gradi e andate avanti.

Assieme alla polpa e alla pancetta aggiungete l’uovo, la ricotta, il parmigiano e il pan grattato, e per finire prezzemolo, sale e pepe.

Amalgamate bene il tutto e “caricate” le vostre “zucchine bomba”.

Infornate tutto, senza rimettere i cappelli sulle zucchine, e fate cuocere a 200 gradi per 35/40 minuti.

A quel punto fate raffreddare un minimo, assaggiate e poi mandatemi i fiori al solito indirizzo.

Ahahahahahah

Besos

Barbara

 

 

 

 

# amalo # inter: cosa non si fa per amore!

Cosa non si fa per amore, dei figli.

In verità lo avrei fatto anche per mio marito (l’altro “malato” della casa), ma forse lui non si sarebbe infilato a quattro zampe tra la folla per farsi firmare una cartolina.

Eh, sì, mio figlio ieri ha fatto anche questo.

Ad un certo punto era sparito…

Io cercavo con lo sguardo tutto intorno a me, all’altezza di un metro e trenta, la sua altezza, ma non riuscivo a vederlo.

Ecco che ad un certo punto mi casca l’occhio un po’ più in giù e lo vedo, a quattro zampe, tutto elegante con la sua camicia celeste e il maglioncino beige, mentre si intrufola tra i tacchi 12 di due avvenenti mamme, per raggiungere Kovacic, a caccia del secondo autografo della sua vita.

Mio figlio è un genio (ma d’altronde non c’è tanto da meravigliarsi, visto che è figlio mio! Ahahah!)

Parentesi: secondo voi una mamma col tacco 12, alle cinque di pomeriggio, porta suo figlio a caccia di autografi, o porta se stessa a caccia di giocatori?

Vabbè daiiii! Concedetemela una battutaaaaaa!

Io da piccola tifavo Juve (mi viene male solo a pensarci! Come ho potuto tifare per i gobbacciiiiiiiii?!?!)

Mia zia era molto amica di Bonimba (Roberto Boninsegna), ai tempi in cui giocava nella Juve, e spesso, quando dormivo da lei, era lui che mi raccontava la favola della buona notte.

Mi deve aver intortato raccontandomi di quale sua impresa rocambolesca, e mi ha fregato, approfittando della mia giovine età.

E infatti, appena raggiunta la matura età, cambiai subito fede.

Arrivata a Milano per l’università, nel 1989, Rossana, una mia amica, mi portò a vedere, credo, la semi finale di coppa campioni Milan-Barcellona.

Mi ricordo ancora quando, in curva, distribuirono a tutti delle bandierine rosso nere, e io, prendendo la mia, chiesi: “Quanto le devo?”.

Ma che ne sapevo io di cosa succede nelle curve di uno stadio?!

Lo stadio era in estasi, e le coreografie organizzate, lo avevano dipinto tutto di rosso nero.

Dopo qualche anno dalla curva passai alla tribuna, diventando la pr della mia squadra del cuore: un sogno!

Stipendiata per organizzare gli eventi per il mio Milan, e per andare allo stadio!

Cosa potevo desiderare di più?

Un Lucano.

Lavorai al Milan, per Berlusconi, per il centenario e per l’anno della finale di coppa campioni, che alla fine si giocarono Bayern e Valencia, a Milano

Quando lascia il Milan decisi che non avrei più tifato per una squadra di calcio: sapere che l’umore di un intero palazzo dipendeva da 11 signori in mutande che correvano dietro ad un pallone, non mi divertiva più.

Se la domenica si perdeva, lunedì in ufficio sembrava di essere ad un funerale: ma che barbaaaaa!

Certo è che non mi sarei mai immaginata di portare mio figlio a conoscere i giocatori dell’Inter.

Danny fino ad un mese fa tifava Napoli, perché un suo amico tifava Napoli, poi due settimane fa ha compiuto 7 anni, e quel momento il disastro.

Sto leggendo un libro molto bello che si intitola “Urlare non serve a nulla”, dove si dice anche che dai 7 anni i bambini iniziano ad emulare i papà.

Ecco, appunto!

E visto che oltre al papà interista, ha anche la maestra e quasi tutti i compagni di classe della stessa fede, io ieri sono finita nel covo del nemico!

Lo ho fatto per lui, e per una buona causa.

Brooks Brothers, sponsor dell’Inter, per l’abbigliamento, da anni, realizza i sogni dei bambini di Make-A-Wish, un’associazione benefica, fondata negli Stati Uniti nel 1980, che si occupa di bimbi affetti da gravi malattie.

Ieri sera, per tutta la durata dell’evento, acquistando gli orsetti Brooksie e Brooke, o qualsiasi altro articolo del negozio, si regalava un sorriso ad un bambino meno fortunato dei nostri.

Daniele ha incontrato i suoi nuovi idoli, e io ho fatto un po’ di shopping, portandomi avanti per i regali di Natale.

Danny è tornato a casa felice con le firme e le foto dei suoi nuovi campioni del cuore, e io con un principio di orticaria allergica.

Besos

Barbara

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Ricetta: una super rana pescatrice

Settimana scorsa stavo guardando “Cucine da incubo”.

Io adoooro “Cucine da incubo”!

“Cucine da incubo” è una di quelle trasmissioni che io catalogo come “trasmissione speranza”.

Le “trasmissioni speranza” sono quelle che ti aiutano a credere che anche se sei una cessa (scusate, ma non trovo parla più adatta, e questa mi fa sorridere) puoi sempre diventare una gnocca (idem come prima); quelle che ti aiutano a sperare che anche se in cucina sei una frana, puoi sempre imparare; quelle che ti tranquillizzano perché capisci che anche se hai una paura o un fissa micidiale (tipo quelli che non riescono a buttare mai nulla), forse un giorno ce la farai.

Ci sono giorni in cui mi sento cessa (giuro che è così)

Ci sono giorni in cui devo chiamare mia mamma perché non mi ricordo come si faccia il pollo lesso.

Ci sono giorni in cui gli armadi stanno per scoppiare, ma niente riesco a buttare (ogni tanto una rima ci sta bene dai!): la gonna verde pistacchio potrebbe tornare di moda, e quei jeans taglia 40 forse un giorno potrebbero di nuovo entrarmi, forse…

Come non si fa ad amare chi ti fa sperare che tutto possa succedere? Se ci credi e se lo desideri davvero?

Trovo divino Cannavacciuolo Antonino (so che va prima il nome, ma non mi sarebbe venuta la rima!)

Antonino entra in questi ristoranti alla frutta, ordina un paio di primi, e un paio di secondi, e poi li smonta, li distrugge!

Antonino non le manda a dire!

Antonino buttare via tutto, fa pulire quello che rimane. e poi ricostruisce, dal nulla.

La cosa che mi piace di più è quando elimina i soliti menù con mille portate, e “regala” una decina delle sue ricette.

E’ stato proprio Antonino Cannavacciuolo, durante la puntata di “cucine da incubo”, che ha suggerito la ricetta che sto per darvi.

Una ricetta facilissima e da paura!

Mai provata una ricetta così facile e così buona.

Iniziamo come sempre dagli INGREDIENTI:

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 Per 3 persone circa 800 grammi di rana pescatrice (io me la faccio già pulire e sfilettare)

 Una confezione di lardo (meglio se stagionato, oppure usate quello normale, ma aggiungete rosmarino in fase di cottura)

Quando avete tutto INIZIAMO:

Mettete un foglio di carta forno sul vassoio del forno e accedetelo a 180 gradi.

 Tagliate i filetti di rana pescatrice in piccoli “bocconcini”.

 Avvolgete ogni bocconcino in una o due fette di lardo (a seconda della misura del bocconcino)

 Non aggiungete sale, semmai fatelo alla fine, ma secondo me non serve.

Infornate a 180 gradi per 15 max 20 minuti et voilà!

Come contorno suggerisco una semplice insalata mista.

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Besos

Barbara

  

  

  

Aiuto il Natale: tocca spremere i cervelli!

 

Ieri mi sono svegliata di soprassalto, e ho aperto l’agenda che tengo sempre sul comodino (sia mai che di notte mi venga un’idea geniale e io non trovi dove segnarmela)

Pensavo di avere avuto un incubo, ma aprendo l’agenda ho capito che quell’incubo era la pura e durissima realtà: lunedì sarà già il 1 dicembreeeeeeee.

So che state pensando che mancano ancora più di 25 giorni a Natale, ma forse vi è sfuggito un piccolo particolare: mancano solo 3 giorni all’inizio del calendario dell’avventoooooooo!!!

3 giorniiiiiiiiiiiii

Ma vi rendete conto?!?!?!??!?!

E adesso?

Come faccio?

Il contenitore è sempre lo stesso da 3 anni (grazie Ikea), ma i 24 cassetti del Babbo Natale vanno riempiti, e ormai abbiamo le nostre abitudini: in un cassetto dolcetto, e in un cassetto regaluccio o biglietto, con le indicazioni per trovare il regaluccio.

A casa nostra il calendario dell’avvento è un’istituzione.

Stiamo parlando di 12 dolcetti e 12 regalini, mica micio micio bau bau!

Mi sa tanto che oggi mi tocca fare un salto da Tiger a comprare qualche altro pensierino.

Meno male che da Tiger ci vado spesso e che quando vedo delle cose che mi piacciono le compro e le metto nell’armadio dei regali e dei ricicli, quindi i primi pensierini, per i primi cassettini, li ho già.

Pochi giorni fa ho comprato un set composto da naso/carota e pipa di plastica, più sciarpa e cappello di panno, e maxi bottoni per gli occhi, per fare il primo pupazzo di neve della stagione.

Mentre stavo già pagando ho adocchiato, vicino alle casse, un fantastico mini salvadanaio magico dove infili la tua moneta, e lei sparisce (se non ricordo male, ho speso in tutto 5 euro).

Potevo forse lasciarlo lì?

E per non farmi mancare nulla, ho comprato anche un paio dei cervelli che vedete nella foto.

Non so ancora a chi li regalerò, ma un paio di idee le ho!

Di certo saranno pacchetti che manderò senza firma, e di certo uno finirà a casa di Barbara D’Urso.

I miei amici mi chiamano “Donna gadgets”: se mettono in commercio qualche nuovo stupido gadget, io sono la prima a scovarlo, e a comprarlo.

Ho un ombrello luminoso che sembra la spada laser di Guerre Stellari, e quando ci giro mi sento super potente.

Ho la mazza per giocare a golf mentre sono in bagno, e una lampadina che puoi mettere in qualsiasi lampada, ma appena la accendi si mette a girare e trasforma la stanza in una pista da discoteca

E, attenzione attenzione, da pochi mesi ho anche una nuova cover del cellulare che accende le sigarette.

All’anagrafe ho quasi 45 anni, ma in certi momenti, per fortuna, me ne sento al massimo 15

E a Natale mi diverto come una pazza!

Il regalo serio lo faccio a mia mamma e a mio marito, ma per tutti gli altri vado a caccia di gadgets divertenti e originali, che costino poco.

In questo momento devo stare attenta a quello che spendo, e quindi più che il portafoglio ci metto la fantasia!

Ieri pomeriggio sono andata all’inaugurazione di Fondaco, a Milano. Si tratta di una mostra mercato dove quando compri fai del bene.

Beh! Se vi capita fateci un salto perché ci sono un sacco di regalini carini da fare a sé stessi e agli altri, e i prezzi sono davvero ottimi.

Vi consiglio di fare un salto anche a Botteghe in Villa, che inizia, sempre a Milano, il 9 dicembre. Anche lì si trovano un sacco di cose carine, e si fa del bene.

Trovo che si sia un po’ perso il vero valore del Natale, e sinceramente mi da un po’ fastidio vedere che ogni anno gli addobbi vengono messi sempre prima, ma posso anche capire…

Non è un bel momento per chi vende, e non lo è neanche per chi compra, ma tutti dobbiamo andare avanti, e quindi se gli addobbi anticipati posso aiutare i negozianti, ben vengano.

A Natale si rischia di buttare via un sacco di soldi, specialmente se ci si muove all’ultimo minuto.

E allora vi do un consiglio: prendete un foglio e scrivete i nomi delle persone alle quali volete, e dovete, fare un regalo.

Iniziate ora a guardarvi intorno e, se potete, comprate facendo del bene.

La fretta non aiuta, il tempo sì!

Besos

Barbara

 

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I buoni propositi

 

Si dice che la consapevolezza dei propri errori, dei propri limiti e delle proprie debolezze, sia il primo passo verso il cambiamento.

Speriamo!

A questo punto, dopo un’accurata autoanalisi dello strano umore che mi sta accompagnando ultimamente, in un alternarsi di picchi di entusiasmo, e picchi di estrema debolezza fisica e psichica, accompagnati da grandi sensi di colpa, da parecchi sensi di vuoto, e un pó di ansia, accentuata da una sensazione di strana solitudine, prima che voi, leggendomi, iniziate a tagliarvi le vene, ho deciso di correre ai ripari con i fatti, deponendo per un pó bambole e pettini.

Adesso respiro e poi vi spiego, ci provo (ammazzate che frase lunga che ho appena scritto!!!)

Avete presente quando vi assale quel senso di vittimismo acuto, e iniziate a triturare i maroni a tutte le amiche che incontrate o che sentite per telefono?!

Tipo: “Io non valgo nulla! Ho quasi 45 anni e non ho mai avuto lavoro normale! Faccio la mamma, ma non mi sento realizzata, etc etc”?

Vi giuro che queste cose le penso davvero, e non le dico in cerca di complimenti, ma poi succede che, sfogandoti con le amiche, e anche con chi, poverina, magari non sa neanche il tuo nome (a volte si parla meglio con le sconosciute), ti senti dire un sacco di cose carine, che fanno bene.

Quasi quasi da oggi in poi farò la vittima anche quando starò benissimo, ops!

E’ vero che è un periodo difficile per tanti.

E’ vero che fare la mamma è impegnativo.

E’ vero che a volte mi sento sulle spalle dei pesi che forse non sono in grado di portare.

E’ vero che sono una spacca maroni perfezionista che spesso pretende troppo, da tutti, e da me stessa.

Però adesso basta, uffa!

Non mi sopporto quando sono di cattivo umore.

Mi do parecchio fastidio.

Non sono capace di specchiarmi senza vedere il mio sorriso riflesso.

Ed quindi ho deciso di darmi dei buoni propositi:

Tutte le mattine, appena sveglia, invece di pensare subito a tutte le cose che devo fare, a chi devo chiamare, e a con chi mi devo incavolare, penserò a 3 cose buone che ho combinato nella mia vita.

Non voglio più chiudermi a riccio, come viene naturale fare quando sì è di cattivo umore, e quindi quando succederà di nuovo, chiamerò un’amica che non vedo da tanto tempo e ci organizzeremo per rivederci, presto.

Voglio cercare di smetterla di pensare di continuo ai difetti delle persone che amo!

Nessuno è perfetto, e ce lo sono bene pure io.

Da oggi cercherò di guardare di più i pregi, e, sopratutto, vedrò di ricordarmi che mi sarebbe potuta andare peggio, molto peggio

A costo di fargli pensare che sono impazzita, bacerò mio marito tutte le volte che tornerà a casa dopo una lunga giornata di lavoro.

Un veloce “ciao” potrebbe bastare, ma un bacio a volte può essere più efficace di una gomma da cancellare.

Tenterò di ridurre sempre di più le frequentazioni dei S.I.N.A.P. perché, specialmente quando sono di cattivo umore, non mi aiuta penniente.

Da ieri abbiamo deciso che a casa nostra non si potrà più portare cellulare, ipad e/o pc, a tavola e nelle zone letto: ci sono luoghi dove è più importante stare connessi con le persone che ami, che con chi è fuori dalla tua casa (compresi quei giochetti elettronici che ti rapiscono il cervello)

Questo ultimo proposito è sicuramente uno dei più importanti, e dei più difficili.

Ho detto e scritto tante volte quanto facebook sia diventato importante per una come me che spesso, durante il giorno, si ritrova da sola, e, contrariamente all’apparenza, è una personcina a volte parecchio insicura.

Ma ho anche scritto che ci sono momenti in cui mi rendo conto che finisco per abusarne: facebook da dipendenza, e a volte non riesci a farne a meno, anche se sai che dovresti farlo, per dedicarti ad altro.

Una volta riuscivo a prendermi del vero tempo per me, per rilassarmi, e recuperare le forze.

Ma ormai sono anni che non riesco a rilassarmi, che sono sempre iper attiva e non mi fermo un attimo.

Anche se sono a casa, comodamente seduta sul mio divano, le dita digitano, e la testa va.

In questo momento della mia vita, invece, avrei proprio bisogno di imparare di nuovo a staccare la spina.

Quasi quasi inizio da ora, e mi prendo un piccolo break.

Stacco, e spengo.

Spengo, e stacco!

Baci da una sconnessa (in tutti i sensi!)

Barbara

 

S.I.P.A.P: progetto “positività”

 

Vorrei un telegiornale che desse solo buone notizie.

Vorrei un quotidiano che desse solo buone notizie.

Vorrei un settimanale e un mensile, che dessero buone notizie.

Vorrei siti che dessero buone notizie, e uno l’ho pure trovato, navigando in cerca di positività.

Vorrei che in televisone dessero solo commedie e film comici.

Vorrei che Barbara d’Urso andasse in pensione.

Vorrei che “report” tornasse ad essere solo quella parola che indica il riassunto di una riunione, positiva. 

Eh che cavolo!

Ma basta!

Non se ne può più.

Come ti giri ci sono solo notizie negative, immagini negative ed esempi negativi.

Sono stufa di incontrare gente che mi parla solo dei suoi problemi.

Vi ascolto volentieri, vi faccio sfogare e, se posso, vi aiuto pure, ma ogni tanto datemi anche una bella notizia su!

Anche io spesso attacco dei pipponi pazzeschi alle mie amiche. Anche io mi lamento perché vorrei un marito più presente, un lavoro più entusiasmante e i numeri vincenti della lotteria, ma ogni tanto sorrido anche.

Sorrido spesso!

Sorrido perché anche quando sono di pessimo umore, per mille giusti motivi, riesco comunque a fermarmi un attimo, e ricordare che nella mia vita ci sono anche tante cose belle, e allora sorrido.

Sono stufa di sentire telegiornali parlare solo di padri che uccidono figli, e di mariti che uccidono le mogli.

E più ne parlano e più questi tipi di delitti aumentano, grazie all’emulazione di gente malata di disperazione.

C’è tanta gente disperata in questo momento.

Gente che avrebbe bisogno di segnali di speranza, gente che avrebbe bisogno di sentirsi dire che forse c’è una via d’uscita, e che bisogna crederci. 

Ci sono anche bimbi che guariscono, e aziende che si rimettono in piedi.

C’è anche chi ce la fa, ma nessuno lo racconta.

C’è anche chi ha ancora tanto per sorridere, ma pensa sempre e solo alle cose che non vanno, e allora gira col broncio perenne.

Avete presente le mollette per stendere i panni?!

Ecco! Mettetene due agli angoli della bocca, soffrite un pochino, in silenzio, e sorridete.

Fatelo per voi, per chi vi vuole bene, e anche per chi non ve ne vuole, e vi vorrebbe in lacrime.

Sorridete perché le cose belle succedono solo a chi le desidera davvero, e non a chi si piange addosso, sempre.

Vi ho già raccontato dei S.I.N.A.P., spiegandovi che sono i più pericolosi, che è meglio evitarli, o imparare a conviverci, senza farsi influenzare.

Bene! Da oggi ho deciso di inventarmi una nuova figura: i S.I.P.A.P, ossia Soggetti che Influenzano Positivamente le Altre Persone.

Portiamo tutti in giro un po’ di sana positività.

Quando incontrate un amico che non vedete da tanto, non raccontategli che il lavoro sta andando male, che ultimamente con i figli adolescenti è dura, e che vostra zia ha un brutto neo che stanno analizzando.

Quando incontrate un amico che non vedete da tanto, raccontategli dell’ ultimo film bellissimo che avete visto, oppure di quel libro che vi ha consigliato un’amica, e che vi ha fatto tanto bene.

E smettetela di condividere sui social video di bambini o animali feriti o morti, e foto agghiaccianti.

Condividete gioia, allegria, e positività.

E se avete i soldi spendeteli!

Non fatevi rimbambire da questo terrorismo psicologico e mediatico che continua a ripeterci che c’è la crisi e che l’uscita del tunnel è ancora molto lontana.

Se li avete spendeteli, e fatelo senza sensi di colpa, perché aiuterete il mondo ad uscire da questa cavolo di crisi.

Mai come ora c’è bisogno di positività, e tutti noi abbiamo qualcosa o qualcuno che ci danno ancora la voglia di sorridere.

Fate una prova e da oggi, quando incontrate qualcuno, raccontategli tutte le belle notizie che vi vengono in mente, solo belle notizie, mi raccomando.

E ora giratevi verso chi è più vicino a voi, e sorridetegli, anche se non avete nessun motivo per farlo.

Ricordatevi che un giorno non avremo più tutti i denti che abbiamo ora, quindi meglio sorridere fino che li abbiamo tutti no?!

Adesso vi dico un segreto: se voi sorriderete al mondo, il mondo sorriderà a voi.

Se non ci credete… guardate questo video

Baci

Barbara

 

 

Maternità a 50 anni?

Il primo mi è venuto parecchio bene, e quindi non vi nego che ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di fare il secondo.

Ma sono stati giusto dei momenti…

Ho partorito Daniele che avevo già 37 anni.

“Già”?

Eh sì, già!

Sono contenta di essere diventata mamma a 37 anni perché ho avuto tempo per me, per la mia libertà, per viaggiare, per amare e per confrontarmi, con la vita.

Anche quando diventi mamma puoi viaggiare, e fare tutto quello che facevi prima, ma è ovvio che le cose cambino, e che a volte diventino più complicate, e meno spensierate.

Ci sono quelli che sostengono che i figli non debbano rimanere figli unici, e sono quelli che quando ti vedono mano nella mano con tuo figlio, guardano prima lui, e poi te, con quel sorrisetto stampato in faccia esordiscono con un bel: “Ma non lo lascerai mica figlio unico vero?! Gli fai un fratellino o una sorellina vero?!”

A parte il fatto che se evitate di dirlo davanti a Danny mi fate un favore!

E’ ovvio che poi parta all’attacco anche lui, e allora via a ricordargli che i fratelli piccoli, se ti va bene, ti rubano i giochi e, se ti va male, te li rompono proprio.

Ma poi, diciamocelo, non ho più l’età per fare il secondo!!!

A febbraio ne faccio 45, non mi chiamo Heather Parisi e non sono d’accordo sul fatto che ormai, ai nostri tempi, i figli si possano tranquillamente fare anche a 50 anni.

A farli siamo capaci tutte, menopausa permettendo, ma poi?

Quando tuo figlio ha 20 anni e ha bisogno di te, e tu ne hai 70 e il tuo unico pensiero è ricordarti dove hai messo la dentiera?

No grazie!

A parte il fatto che ogni donna è diversa dalle altre, e ogni donna conosce i suoi limiti, e le sue forze, ma io sono dell’idea che ci siano dei tempi per tutto.

Fare un figlio dopo i 50 è un po’ come avere delle gambe mozzafiato e ostinarsi a mettere minigonna e calze a rete anche dopo i 60.

Fare un figlio in età troppo avanzata è un gesto egoistico, ecco, l’ho detto.

Io un giorno sì, e un giorno no, mi auguro di poter stare accanto a mio figlio, in salute, il più a lungo possibile, e già ho le mie paure, avendolo fatto a 37.

Da quando sono diventata mamma ho scelto di stare con lui.

Avrei potuto dedicarmi di più al lavoro, con la speranza di diventare un donna in carriera, e invece ho scelto lui.

Ammiro le donne che escono di casa la mattina e vanno a lavorare, senza poter rivedere i loro figli, fino a sera, ma io non ce la farei.

Io ho un bisogno fisico di condividere tutti i momenti che posso, con lui.

E allora lavoro meno, e guadagno meno, cosa che in questo momento mi pesa, ma, quando lo aspetto fuori dal portone della scuola, e lui mi vede e sorride, sono contenta della scelta che ho fatto.

In America alcuni colossi come Facebook e Google si sono offerti di pagare il congelamento degli ovuli alle loro dipendenti, per rimandare le loro gravidanze.

Aziende disposte a pagare 3000/5000 euro per tenersi una dipendente in carriera, senza prole a carico.

Ma vi rendete conto?

La carriera prima di tutto, e poi?

E poi orde di donne che partoriscono a 50 anni; orde di donne abituate alla loro libertà che si ritrovano all’improvviso in una realtà parecchio diversa da quella vissuta per mezzo secolo; coppie che, inevitabilmente,  entrano in crisi e figli, che già da piccolini si ritrovano sbattuti a destra e sinistra.

Non sto scherzando, giuro!

Da oggi in poi, nei benefit che le aziende offrono alle proprie dipendenti, oltre alla macchina e al cellulare, potrebbe sbucare il “congelamento gratuito degli ovuli”.

Il congelamento degli ovuli esiste da anni, ma normalmente viene usato da quelle donne che, spesso per motivi di salute (vedi chemioterapia), rischiano di compromettere la loro fertilità.

Ma se invece di portare una donna a dover scegliere tra la carriera e la maternità, le aziende dessero il modo alle donne di poter fare entrambe le cose? Senza dover arrivare ad una scelta così dura e ingiusta?

Offrire dei bei nidi accanto agli uffici, no?!

Solo nei casi in cui una donna ha difficoltà a rimanere incinta concepisco il ricorrere alla scienza, alla medicina.

Per il resto penso che la maternità sia una gioia che vada vissuta, e non programmata.

In tutte le scelte che si fanno nella vita ci sarà sempre un dritto e un rovescio, della medaglia.

L’importante è ricordarsi che la medaglia ha due lati, e che quando ci si sente un po’ in difficoltà, bastano due dita e un piccolo gesto, e la medaglia si può sempre girare.

Barbara

 

Bookcity e l’orgoglio della zia di Ugo

A Milano, dal 13 al 16 novembre, si è tenuto Bookcity una bella iniziativa  voluta dal comune di Milano e da un comitato promotore composto da nomi importanti dell’editoria.

Tre giorni dove la lettura e i lettori sono stati i grandi protagonisti.

Sono stati numerosi gli eventi e i laboratori dedicati a questa manifestazione, ma quello che mi ha toccato più da vicino è stato quello che si è tenuto alla Rotonda della Besana.

Dal 13 al 16 novembre la Rotonda della Besana ha infatti accolto gli elaborati e i lavori svolti dai bambini e dai ragazzi coinvolti nei progetti di Bookcity Scuole  (sagomati, disegni, fotografie, video, cartelloni e molto altro).

Danny, venerdì scorso, è stato alla Rotonda della Besana con le sue maestre e i suoi compagni, per l’inaugurazione, e non vedeva l’ora di portarci anche noi: il suo papà e la sua mamma.

Sabato c’è stata la sua festa di compleanno, e quindi abbiamo dovuto aspettare fino a ieri, domenica.

Che emozione!

Ho sempre amato la Rotonda dalla Besana e la amo ancora di più da quando Muba, il museo dei bambini, ci si è straferito dalla più lontana Triennale in Bovisa.

Non è da poco avere uno spazio così vicino a casa, e non è da poco entrarci e vedere esposto un lavoro così bello, fatto dai bambini di molte scuole di Milano.

Mi ricordo quando Danny, il mese scorso, e arrivato a casa con questo libricino piccolo, e vuoto, dicendo che era un lavoro per scuola, di cui non poteva dirmi molto.

Avevo giusto capito che avrebbe dovuto scriverci delle cose viste in giro per la città: cose che sembravano altro.

Non facile da interpretare, ma avevo capito che per lui era una cosa importante, e quindi l’avevo lasciato fare, senza indagare troppo.

E poi a noi genitori le sue speciali maestre hanno mandato una favola, LA favola della seconda E.

“Ugo va in città” è la storia di uno gnomo che vive in campagna, uno gnomo che però si annoia, e allora decide di partire per andare in città, dove non è mai stato, e dove spera di incontrare nuovi amici.

Ugo non ha mai visto le strisce pedonali, e le scambia per una strana zebra.

Ugo scambia un autobus per un bruco gigante, e il Duomo di Milano per panna montata…

Ad un certo punto Ugo incontra Max, un gatto randagio.

Max gli spiega tutto, lo porta ancora in giro per la città, e lo ha riaccompagna in campagna, nel suo albero di castagno.

Ugo ha un nuovo amico, ha visto un posto nuovo, e non ha più paura.

Alla Rotonda della Besana, assieme alla favola della scritta dal nostro Danny e dai suoi compagni della seconda E, c’erano tante altre favole, belle, ed emozionanti.

Ma Ugo mi ha colpito.

Ugo mi ha colpito, ovviamente, perché è anche frutto della fantasia del nostro cucciolo, ma anche, e sopratutto, perché io in Ugo mi ci riconosco un po’, specialmente in questa fase della mia vita.

All’inizio vedevo Ugo un po’ come il nipote che ancora non ho, ma poi ho capito che Ugo sono un po’ io.

Diventi mamma e la tua vita cambia.

Diventare mamma è un po’ come andare a vivere in campagna: resti in città, ma i tuoi ritmi cambiano, la tua vita prende un altra direzione, e molte persone finiscono con lo sparire.

Quando diventi mamma inizi ad aver paura di cose che neanche sapevi esistessero.

Poi un giorno ti svegli e ti viene voglia di tornare in centro, in città.

Ma ti accorgi che le cose sono cambiate, e che tu sei cambiata.

Ti rendi conto che quello di cui avevi bisogno prima ora non lo vuoi più, ma nello stesso tempo hai bisogno di nuovi stimoli, e di uscire dal quella routine in cui ormai navighi a vista, senza grandi scossoni, da anni.

Ecco! In questo momento della mia vita mi sento un po’ come Ugo.

Avrei voglia di partire in cerca di nuovi stimoli, di nuovi amici.

Ma poi il mio sguardo cade sulla foto di mio figlio che sorride accanto al suo disegno, e mi chiedo di cos’altro io possa aver bisogno, in questo momento.

Fare la mamma è il mestiere più duro del mondo, e neanche ti pagano.

Essere mamma a volte ti mette in uno stato di forte conflittualità, interna: una parte di te vorrebbe scappare indietro nel passato, per sentirsi di nuovo più leggera, e l’altra parte di te ti ricorda che il tempo va avanti, e che le difficoltà servono per crescere.

Ok amore mio, tengo duro, per te.

Tengo duro perché voglio continuare a crescere, e lo voglio fare accanto a te, orgogliosa di te e di quello che stai diventando.

Non sarò una mamma perfetta, e continuerò a perdere la pazienza, anche per cose senza importanza.

Non ti darò il fratellino che ogni tanto mi chiedi, perché non sono Heather Parisi, e non imparerò mai a fare il risotto come te lo fa la nonna.

Ma prometto che verrò a tutte le mostre che farai, a tutte le partite e a tutti i saggi di fine anno.

Prometto che sarò sempre orgogliosa di te e di quello che farai, e che quando sbaglierai ti aiuterò a rialzarti, nella speranza che quando sarai grande anche tu lo farai, con me, e per me.

Firmato

Mamma super orgogliosa

Barbara

ugomixfoto

Il lago dei cigni e il principe Carlo.

 

Solo Gianmario Longoni poteva trascinarmi a vedere un balletto.

Io nei teatri ci sono cresciuta, ma non ho mai avuto una grande passione per balletti e opere.

Mi ricordo, come se fosse ieri, quando conobbi mio zio Franco Enriquez, grande registra teatrale.

Mi ricordo quando mi invitò a teatro a vedere il Gattopardo, da lui diretto e interpretato.

Ero piccola, ma mi piaceva aggirarmi nelle quinte, in cerca di trucchi e segreti, assaggiando di nascosto il vino annacquato pronto nelle caraffe di scena.

 

“Non spaventarti quando in scena mi vedrai morire, perché muoio per finta”, e invece poco tempo dopo se ne andò davvero.

Casa nostra a Venezia spesso diventava un punto di ritrovo per gli attori che passavano in città, con le loro commedie: venivano a casa nostra dopo lo spettacolo, e si faceva le ore piccole facendo un sacco di giochi strani.

Carlo e Aldo Giuffrè mi hanno insegnato dei giochi bellissimi, quasi magici: “indovina il personaggio” era uno dei miei preferiti, e ancora oggi, quando lo faccio, gli amici non riescono a capire il trucco, e diventano pazzi.

Si è in due, complici: gli altri ti dicono nell’orecchio un personaggio famoso da trasmettere al tuo complice, e tu lo fai dicendo, recitando, delle frasi apparentemente tutte molto simili, senza significato.

Alcuni attori spesso non riescono a scendere dal palco, neanche quando le tende si chiudono, e il teatro si svuota.

Amo le commedie che fanno sognare, e riflettere.

Amo i comici che sanno farmi ridere anche quando sono in modalità mulino, e le pale girano senza sosta, per i motivi più disparati.

Amo i musical e l’energia che sprigionano.

Amo gli amici che una volta l’anno si trasformano in attori per una buona causa, e salgono sul palco guidati dal grande Emanuele Belotti, alias il Principe George, per fare del bene a chi è meno fortunato, e per far sorridere chi li segue, da sempre.

E’ ormai partito il conto alla rovescia per  “C’era una svolta”, al teatro Carcano di Milano, e i biglietti sono quasi esauriti.

Ma torniamo a Gianmario Longoni.

Quando alla fine degli anni ’90 lavoravo per il Milan, avevo fatto un bellissimo accordo con Gianmario: lui pubblicizzava i suoi teatri Nazionale, Smeraldo e Ciak allo stadio, e io portavo sponsor, dirigenza, giocatori, stampa e vip alle prime degli incredibili spettacoli da lui selezionati: Fiorello, Stomp, Hair, Luttazzi, Momix, e chi più ne ha più ne metta.

Ancora oggi incontro i vecchi sponsor del Milan che rimpiangono quelle belle serate trascorse tutti assieme a teatro: ci si incontrava un po’ prima, facevo allestire un aperitivo per stare tutti un po’ assieme, e poi tutti in sala a godersi lo spettacolo

Sono passati tanti anni: io non lavoro più al Milan, e Gianmario ha venduto il Teatro Smeraldo a Eataly.

Ma qualche giorno fa ci siamo ricontati un po’ per caso, ed è scattato l’invito alla prima del balletto “Swan lake”, al teatro degli Arcimboldi.

Un balletto?

Che dire?

Sembrava brutto dire di no, e allora ho chiamato un’amica, e ci sono andata.

Avrei potuto anche invitare il marito, ma forse avrei rischiato il divorzio: se conosci mio marito non lo inviti ad un balletto.

Io sono una curiosa, e spesso mi butto, anche di testa, ma lui no.

Già solo le premesse mi avevano fatto capire che io quel balletto lo dovevo vedere!

La prima doveva essere martedì, ma è stata spostata a giovedì perché le scenografie di “Swan lake” sono arrivate in nave da Shangai: peccato che sono partite il 9 ottobre e sono arrivate in Italia in ritardo di 2 gg.

I costumi e le attrezzature di scena sono arrivate da Sidney, e la tecnica, ossia luci e suono, da Londra e da Milano.

Potevano le ultime piogge non lasciare il segno: la notte prima del debutto, è entrata l’acqua nel guardaroba del teatro, e quindi il giorno della prima hanno dovuto rilavare tutto ed affittare degli asciugatoi verticali, per poter andare finalmente in scena.

Sono entrata in quel teatro scettica, e sono uscita volando.

Sono entrata in quel teatro convinta di vedere il solito balletto soporifero, e invece mi sono emozionata, e ho riso.

E io che pensavo che “C’ha i chioschi” fosse uno che vendeva salamelle e crauti…

E invece suona, e suona pure bene.

E io che mi ricordavo che il principe del lago dei cigni fosse un certo Sigfried!

Quello di giovedì, invece, sembrava un mix tra Carlo di Inghilterra e suo fratello Andrea.

Andrea? Eh sì, perché ad un certo punto entra in scena una rossa un po’ pazza che sembrava la copia di Sarah Ferguson, e la mamma di Carlo Andrea era proprio severa, come la Regina, ma anche bella, elegante e provocante.

E Odette? Ma Odette non era una femmina bellissima che il perfido mago Rothbart aveva trasformato in cigno?

Giovedì io di cigni ne ho visti tanti, e davvero bravi, ma erano tutti dei gran bei maschi a petto nudo, dotati di evidenti addominali, e che addominali!

Carlo Andrea, prima invaghito della simpatica Sarah, si è poi innamorato del cigno più sexy.

Peccato che anche sua mamma, la Regina, abbia perso la testa per lo stesso cigno.

Ed ecco che escono fuori le armi, e si consuma la tragedia.

Un mix tra “Sette spose per sette fratelli” e “Tutti assieme appassionatamente”; il proibizionismo di “Footlose”, e i balletti da “Grease”, con una trama un po’ assurda, quasi come quella di “Beautiful”, e le bellissime musiche originali del venditore di salamelle.

Che balletto pazzesco!

Che spettacolo pazzesco!

Che cast pazzesco!

Il mio applauso va a tutta la compagnia, ma quello più grande va a Gianmario Longoni, alla mitica Marzia Ginocchio, e al grande Jimmi Pallas, oggi direttore di produzione di questo gran balletto, e anni fa degli indimenticabili Rollyng Stones, e del super sexy Bruce Springsteen.

Se vivete a Milano, o vi va di farvi una gita, fatelo prima del 23 novembre, e tenetevi un paio di ore libere per andare a vedere “Swan lake” al Teatro degli Arcimboldi.

E se, come me, vi innamorerete di tutti i cigni del balletto, sappiate che l’intera compagnia dorme al Ramada hotel, e che, quando non sono sul palco, spesso li potete trovare nella spa “Wellness and beauty” che il mio amico Angelo Caroli ha aperto dentro l’hotel.

Però non ditelo a tutti che anche i cigni fanno la sauna: è un segreto che mi ha confidato la mia amica Cristina che era con me a teatro e che, guardacaso, di quella spa è la responsabile.

Non perdetevi i cigni con gli addominali, e questo splendido ed emozionante balletto.

Date retta ad una ex cubista che giovedì sera, appena tornata a casa, si è raccolta i capelli, si è messa addosso qualche piuma, rubata da un vecchio piumino Monclair, e ha iniziato a volteggiare tra il bagno e il salotto, stando attenta a non svegliare il marito che intanto danzava con Morfeo.

Barbara

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