O tutto o niente: bye bye facebook

 

Ormai l’ho capito: io non sono una da mezze misure!

Se voglio dimagrire preferisco il digiuno alla dieta, e se voglio disintossicarmi dalla rete, preferisco disconnettermi, del tutto.

Mi sono detta più volte che facebook mi stava prendendo troppo la mano e che sentivo il bisogno di darmi dei limiti, di frenare, ma continuavo a ripetermelo, senza riuscire ad attuarlo.

Facebook è come una droga, come l’alcol: fa sorridere, fa dimenticare, fa sentire leggeri e a volte ti fa anche sentire importante, per qualcuno.

Ma come tutte le droghe, se se ne abusa può anche fare male, molto male.

E io avevo capito che facebook stava iniziando a farmi male, e avevo capito che avrei dovuto darci un freno.

Durante il giorno sono spesso da sola, e lavoro da sola, da casa.

E quindi facebook mi faceva compagnia, ma per quella “finta” compagnia, stavo iniziando a distrarmi troppo, e a trascurare i veri affetti.

Ci ho provato a darmi dei limiti, ho anche letto un libro, ma non ci sono riuscita

Per me era diventato ormai automatico andare a curiosare, a leggere, a commentare…

Per me era diventato ormai necessario condividere con i mie amici di facebook le cose belle che vedevo, i posti interessanti e le forti emozioni.

Mi piace condividere, e mi piace condividere solo le cose belle.

Quando sono arrabbiata mi rintano nella mia caverna.

Non mi sono mai piaciuti i S.I.N.A.P. e di certo non voglio diventarlo io, e quindi quando non ho cose belle da condividere, preferisco stare zitta.

Ogni tanto mi arrabbio anche io, e lo dico, ma lo faccio quando si tratta di temi di attualità o di argomenti che possano essere di aiuto per fare riflettere, e ragionare.

Non mi piacciono le polemiche e gli sfoghi fini a sé stessi, inutili.

Su facebook ne leggo tanti, a volte troppi.

E quindi?!

E quindi ho deciso che se non ero riuscita a rallentare il mio rapporto con facebook, allora dovevo interromperlo e ieri l’ho fatto: sono uscita da facebook.

Non sarà per sempre, per carità, ma di sicuro per tutto il week-end.

Stamattina mio marito e mio figlio sono partiti per andare in campeggio con altri papà e altri bambini, e io sono rimasta a casa, con 48 ore libere tutte per me.

Se non fossi uscita da facebook sapevo già come sarebbe finita: mi sarei rintanata a casa e avrei passato almeno la metà del mio tempo libero a chattare con amici lontani e a leggere i racconti di gente che neanche ho mai visto.

Eh no, questo mio prezioso tempo libero lo voglio dedicare ad altro.

Questo mio tempo libero lo voglio dedicare agli amici vicini, alle passeggiate, ad un bagno rilassante, ad un massaggio, ad un buon libro e magari ad un bel film.

Queste 48 ore le voglio dedicare a me stessa.

Stamattina ho fatto due passi e poi sono andata con un’amica ad un mercatino dell’antiquariato dove ho trovato una bellissima bilancia, e un vassoio, per la casa in Puglia.

Poi siamo andata all’Ikea e ho comprato le polpette che piacciono tanto al mio cucciolo, e poi sono tornata a casa, in total relax.

Sono sconnessa da circa 24 ore e sto daddddio.

Facebook non mi manca per niente e se non mi servisse anche per lavoro, per gli eventi che organizzo e per pubblicare i nuovi post del mio blog, forse non ci tornerei neppure.

Ma facebook per me è anche lavoro e poi mi piace, non posso negarlo.

Ma ora che ho scoperto che, anche senza facebook, mi sento sicura, forse riuscirò davvero a tornare, ma con moderazione.

Sicura?

Sì, sì, avete letto bene!

Anche se potrebbe sembrare tutto il contrario, io sono una persona molto insicura e facebook, in questo, mi ha aiutata molto.

Facendo la casa in Puglia, per esempio, ho riscoperto la mia passione per l’arredamento e la ricerca di oggetti e mobili particolari, da recuperare e ristrutturare.

Sono sempre stata una pr e il mio lavoro è sempre stato quello di organizzare eventi, ma sentivo che volevo provare anche a fare altro, e che dovevo coltivare di più la mia vena artistica.

Leggere i commenti positivi degli amici di facebook mi ha fatto pensare pensare che forse potrei provare a trasformare in lavoro una mia grande passione.

Riuscire a trasformare una passione in un lavoro, credo che sia una delle cose più belle che ti possa succedere, e quindi ho deciso di provarci.

Ah dimenticavo: visto che ho deciso che questo sarà il mio “detox week-end”, ho deciso che oltre a facebook rinuncerò anche al cibo.

Da ieri sono  di nuovo a digiuno e ci starò per almeno 4 giorni, evvvvvai!

Adesso vi lascio, e vado a leggermi un bel libro, al sole, in terrazza.

Passo e chiudo!

Besos

Barbara

Al mercato dell'antiquariato di Limbiate, oggi, scappando da facebbok

Al mercato dell’antiquariato di Limbiate, oggi, scappando da facebbokbbik, detox, disitntossic

 

 

 

Le mie notti prima degli esami

In questi giorni non si fa altro che leggere e sentir parlare degli esami, e allora la mia memoria corre indietro, molto indietro, parecchio indietro.

L’estate scorsa, in uno dei miei fine settimana da mamma a Venezia, mettendo ordine in armadi e scaffali vari, ho trovato i miei vecchi diari di scuola.

Da quei vecchi diari sono saltati fuori tanti ricordi, tantissimi ricordi.

Nomi che non ricordavo neanche più.

Luca, Marco, Alberto…

Un mare di cuoricini e di collage.

Ma chi erano quei Luca, Marco, e Alberto?

Certo che io da giovane (l’altro ieri) mi innamoravo di uno diverso ogni settimana.

E poi?

E poi non mi filavano, e allora cambiavo obiettivo, cambiavo nome, e avanti un altro!

Sono sempre stata la più alta della classe, e la più maschiaccia.

A quelli che piacevano a me, piacevano sempre le altre, e non le alte.

Dai quei diari, oltre ai nomi di tutti quei sogni infranti, sono usciti anche loro: i miei appunti un po’ particolari…

Il mio metodo di studio, dalle medie all’università, è sempre stato il seguente:

1) perdevo tempo a farmi i cavoli miei fino all’ultimo, poi prendevo il libro o il capitolo che dovevo studiare per l’interrogazione o l’esame di turno, vedevo quante pagine avrei dovuto studiare, dividevo per i giorni che mi avanzavano, e a quel punto capivo che ero nella popò, e che dovevo iniziare a studiare. subito.

2) calcolavo quante pagine mi toccavano al giorno e iniziavo, con in mano il mio evidenziatore, il mio miglior amico.

3) una volta evidenziate le cose più importanti, per fissarle meglio nella memoria, le trascrivevo nel mio quaderno degli appunti.

4) una volta finito di studiare, rimettevo il libro nella mia libreria e andavo avanti studiando solo sul mio quaderno degli appunti, dove avevo riassunto il tutto.

5) se l’esame era scritto, e le cose da ricordare erano troppe (date, nomi, formule etc), allora mettevo in atto il mio piano “diabolico”, e preparavo i miei mini appunti strategici da polso, da tasca o da seno (ne avevo talmente poco che nel reggiseno c’era sempre un po’ di posto libero)

Le mie notti prima degli esami le passavo in camera mia con fogli, foglietti, forbici e scotch.

Le mie notti prima degli esami, quando la mia vista era ancora perfetta, io preparavo il rinforzo alla mia memoria.

Ho sempre pensato che nella vita sia importante capire i concetti più che studiare a memoria formule, date e nomi, e allora facevo a modo mio, e preferivo tenere qualche angolo della mia memoria libero, per cose più utili.

WOW, ora che ho confessato i miei peccati mi sento più leggera.

Spero solo che i miei professori ancora in vita non siano su facebook e non sappiano che io tempero i tacchi, ma non li indosso.

Perché, a differenza della mitica signora Maura Livoli, io non sono mai stata beccata, né da Mike Bongiorno, né da nessun professore.

Chiedo perdono! 

Da oggi sapete che io non avevo una memoria di ferro, ma una vista pazzesca.

Barbara

 

 

 

L’omicidio di Motta Visconti: dove neanche l’immaginazione riesce ad arrivare

 

Ho cercato di immaginare di essere un uomo, e di essere molto arrabbiato.

Ho cercato di immaginare di essere molto impaurito.

Ho cercato di immaginare di essere stufo della mia famiglia.

Ho cercato di immaginare di aver voglia di cambiare vita, mettendo una pietra sul passato.

Ci ho provato davvero a calarmi nella parte del signor Lissi, ma la mia immaginazione non riesce neanche ad avvicinarsi ad un gesto così assurdo, così crudele.

Se mi arrabbio mi sfogo, e urlo.

Se sono impaurita chiedo aiuto.

Se non amo più e ho voglia di cambiare vita, ne parlo con chi amo e cerco di trovare una soluzione, di comune accordo.

E se nella mia vita sbuca qualcuno che mi fa battere il cuore più della donna alla quale ho giurato eterno amore?

Tiro fuori gli attributi, confesso e me ne vado.

In verità non lo so, non mi è mai capitato di innamorarmi di un altro, o di tradire, ma penso che se mi innamorassi lo direi e me ne andrei.

E i figli?

L’amore per un compagno o per una compagna può finire, ma quello per i figli no!!!

E quell’uomo ai poliziotti che gli hanno chiesto se non sarebbe potuto bastare un divorzio, lui ha risposto che con un divorzio i figli sarebbero rimasti.

Non capisco!

Non riesco davvero a capire.

Forse posso capire, ma ovviamente non giustificare, un gesto di follia nei confronti di una persona adulta, ma su un bimbo di 20 mesi e su una bambina di 5 anni , no.

Ovviamente questo uomo non sta bene.

Ovviamente questo uomo ha dei seri problemi psicologici.

Ti innamori di una collega che è fidanzata e che non ti ha mai dato speranze, inizi a sentirti stretto nel tuo ruolo di padre e di marito, e allora cosa fai?

Uccidi tutti.

Il problema è che conosco già la fine di questa storia: l’uomo finirà in galera, ci saranno mille processi, e alla fine questo uomo dalla galera tornerà a casa, perché non sta bene, poverino.

Poverino un tubo!

Malato di mente o no, questo uomo dovrebbe stare in galera tutta la vita, in una cella tappezzata con le foto di sua moglie e dei suoi bambini.

Quei bambini per i quali non ha versato una lacrima neanche dopo quei lunghi 30 minuti di confessione.

Eh no!

Non si può perdonare un gesto del genere.

Non si può.

E mentre scrivo una lacrima scende, e brucia, dentro.

Barbara

Puglia, la terra che unisce.

 

Sì, sì e sì.

Sarò monotona, ma ve lo devo ridire: io amo la Puglia!

Non passa giorno in cui io non mi ripeta che non potevamo fare scelta migliore.

Ci siamo innamorati di questi posti e abbiamo deciso di cercare un’oasi tutta nostra.

Noi, assieme.

La Puglia ci ha unito, e ci unisce sempre di più, tutte le volte che scendiamo.

La città stressa, la città non aiuta.

Quando siamo a Milano spesso mio marito ed io discutiamo, anche per cavolate, quasi sempre per cavolate.

Ma quando arriviamo qui cambia tutto.

Decidere di costruire una casa insieme, e affrontare tanti sacrifici per farlo, è quasi di più di un matrimonio, e sposarsi unisce.

Questo cantiere ci ha uniti.

Vedere la nostra casa che cresce e che prende forma, ci unisce.

Le belle emozioni uniscono.

Questi colori e questi profumi ci danno la pace e la serenità che spesso in città ci mancano.

La Puglia è una terra magica, che unisce.

Qui convivono francesi, inglesi, tedeschi, italiani e non solo.

Qui convivono tutti quelli che hanno in comune l’amore per questa terra.

Un amore grande, e contagioso.

Quando scendiamo, in attesa che sia pronta casa nostra, dormiamo da Dario e Antonio, due amici che hanno una splendida casa colonica e che affittano la vecchia stalla e altri spazi molto belli che hanno recuperato.

Ieri sera Marcello ed io stavamo uscendo, per andare a cena da qualche parte, ma siamo stati intercettati e bloccati.

“Ma quale ristorante e ristorante dai! Venite con noi a cena a casa di un’amica che inaugura la sua piscina nuova ai trulli suoi”

E così è andata.

Francesi, toscani, baresi, napoletani, romani, veneziani, vicentini…

Eravamo una dozzina, e non c’era più di una persona che arrivasse dalla stessa città.

Non vedo l’ora che la nostra casetta sia pronta.

Non vedo l’ora di poter ricambiare gli inviti di tutte queste persone che ci hanno aperto la porta di casa loro, e dei loro cuori, senza averci mai visti.

Persone che lasciano il segno.

Come si fa a non amare questa terra che ha il potere di unire, appena la tocchi!?

Ora vi lascio, vado a mettere i piedi nell’acqua cristallina di Punta Suina.

Barbara

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La volgarità: dove e quando? Di certo non chiedetelo a Ruffini, il livornese che ha perso la sua occasione nella stessa serata in cui un altro livornese ha vinto!

 

Un livornese vince il David e un livornese perde la sua occasione, al David.
Valerio Mastandrea meriterebbe un oscar e Paolo Ruffini…uno sculaccione di quelli belli forti!

Non sono Santa Maria Goretti e le parolacce scappano anche a me, eccome, ma direi che alla mia età so dove e quando posso permettermelo.

E Paolo Ruffini?

Lui NO.

Mi piacerebbe sapere chi ha scelto di affidare all’ex presentatore di Colorado la conduzione del premio “David di Donatello”, su rai 1.

Facciamo un appaluso?

Anche no.

Forse Ruffini pensava di essere ancora lì, sul palco di Colorado.

Eppure anche Paolo Virzì, il livornese vincitore per il miglior film con “Il capitale umano”, ha cercato di far capire a Ruffini che forse stava un po’ esagerando.

«Modera il lessico, io capisco tutto perchè parlo le lingue, ma a te poi ti devono sottotitolare, fai le cose a modino»

Eppure Ruffini ha continuato imperterrito per la sua strada, facendo una gaffe dietro l’altra.

Definire Sophia Loren una bella “moglie del topo” sicuramente è stata una battuta fuori luogo, ma quello che ha dato più fastidio a me sono state le troppe, troppissime volte in cui il giovane aspirante presentatore ha nominato il nome di Dio invano.

E il rispetto dove sta?!

mastandeaDarei un Oscar alla “grande bellezza” delle parole di  Valerio Mastandrea che, appena arrivato sul palco, ha esordito dicendo: «Facciamo un applauso per un altro che ci ha provato e non ci è riuscito? Succede a tutti” ha detto l’attore al collega sul palco dei David, “Poi c’è un periodo di sei mesi in cui ci si deprime a casa, il lavoro non va tanto bene, ma poi si riparte. Stai tranquillo. Perché un David quanto può cambiare la carriera di un attore? Un David non lo so, ma presentarlo so che può cambiare la carriera di chiunque».

Grande, grandissimo Valerio Mastandrea.
Qualcuno doveva pur parlare chiaro con quel ragazzetto volgare e maleducato.

Caro Ruffini, puoi anche difenderti dicendo che non hai fatto nulla di male, che scherzavi e che, secondo te, dire “Bella topa” ad una bella donna non è un offesa, ma secondo me hai sbagliato, e parecchio.

Il problema è che come ha sbagliato lui sbagliano in tanti, e spesso sbaglio pure io.

La volgarità spesso fa ridere e siccome alla gente piace ridere, e la gente ha bisogno di ridere, spesso si finisce per usare la volgarità nel momento sbagliato e nei posti sbagliati.

Per non parlare di quando certe parole escono per pura rabbia, incontrollata.

Non possiamo lamentarci se i nostri figli dicono le parolacce, perché è da noi che le sentono.

Prometto che da oggi in poi cercherò di farmene scappare meno, e prometto anche che se rivedrò la faccia di Ruffini in televisione…cambierò canale!

Barbara

 

 

Un ufficio diverso dagli altri

 

E’ ovvio che fino a che pubblico foto mentre sono al parchetto o in terrazza in ammollo nella nostra micro piscinetta (anche io ho diritto ad una pausa), la gente pensi Bella vita fai tu!“, ma lo ho già spiegato una volta e non mi stancherò mai di ripeterlo: non lavorare in un ufficio vero e proprio non vuol dire non fare un tubo, anzi.

E’ solo una questione di organizzazione, e io sono la regina dell’organizzazione!
La scuola è finita venerdì e il campus inizia domani.
Non potevo non lavorare per tre giorni, e allora mi sono organizzata.

Ogni giorno ho invitato 1 o 2 amici di Danny in terrazza a giocare e a fare il bagno nella nostra micro piscinetta, e io mi sono organizzata il mio ufficio all’ombra del dondolo: il mio mac, il mio cellulare, f24 da pagare, liste di chiamate da fare e di mail da scrivere.

Potevo forse mettere in standby per 3 giorni il cantiere in Puglia e il mio lavoro di pr?!

Non credo proprio!

Un po’ di organizzazione, un filo di protezione sulle gambe, e il gioco è fatto.

Ok, ok, non è facilissimo lavorare con bambini che urlano e giocano, ma a me non sono mai piaciute le cose facili, sennò non avrei sposato mio marito (battutone!!!)

Due giorni fa abbiamo anche rischiato la tragedia: lunedì mattina abbiamo inaugurato il terrazzo, e per farlo abbiamo prima dovuto pulirlo, per bene.

Per pulire il terrazzo ci ho messo circa 3 ore, e mi sono fatta aiutare da Danny e dal suo amico Leon.

So a cosa state pensando, ma non fatelo!

Non chiamate il telefono azzurro perché sono stati loro a volerlo fare, e si sono divertiti un sacco.

Peccato che ad un certo punto mi abbia chiamato al vicina di casa dicendo che la grondaia del palazzo stava sgocciolando di brutto sul marciapiede di sotto.

A quel punto ho reputato utile salire su una sedia ed affacciarmi dalla finestra della cucina per dare un’occhiata alla grondaia, dall’alto.

Perdindirindina: la grondaia si era intasata e riempita fino all’orlo, e se non me ne fossi accorta forse sarebbe finita male, in strada…

Ho preso un palo di quelli che si usano per levare le ragnatele, in alto, e ci ho attaccato una cosa appuntita in punta. Affacciandomi dalla finestra (mentre i bambini ignari guardavano i cartoni), sono riuscita a sturare i due buchi, e a far defluire i quintali di acqua che stavano davvero mettendo in pericolo la stabilità della grondaia.

In terrazza ho i tappi blocca foglie, ma evidentemente, negli anni, un po’ di terra e un po’ di sporcizia varia portata dalle piogge etc, hanno  fatto la loro.

Mi sono davvero spaventata, ma per fortuna tutto si è risolto per il meglio.

E poi un po’ di adrenalina fa sentire vivi no?!

Vabbè, ora che è passata posso anche permettermi di scherzarci sopra dai!

Adesso vi lascio che vado a preparare gli hamburger per i ragazzi, e poi porto la mia macchinina nuova dal gommista, per il cambio gomme.

Le mamme blogger e pr fanno anche questo, e sul mio dondolo scriverò: “Torno subito

Besos

Barbara

Loro giocano, io controllo, e lavoro, sul dondolo, il mio ufficio speciale!

Loro giocano, io controllo, e lavoro, sul dondolo, il mio ufficio speciale!

 

Vivere in città o vivere in campagna?

 

Non vedevo l’ora di finire il liceo per poter scappare nella “grande” metropoli con la scusa dell’università.

Sono nata in Scozia, ho fatto l’asilo a Roma, ma mi sono poi trasferita a Venezia, ed è lì che sono cresciuta senza macchine e senza smog, in una sorta di campana di vetro.

Venezia è perfetta per crescere i bambini: Venezia protegge loro, e fa sentire sicuri i genitori.

Ma io era troppo curiosa di vedere cosa ci fosse fuori da quella tranquilla città, e quindi, appena ho potuto, sono scappata.

MILANO

Avevo sognato per anni di trasferirmi in questa città.

A Milano ci lavorava mia zia Carla , ed io spesso il fine settimana prendevo il treno e andavo da lei in ufficio, in Via Dante.

La aiutavo a preparare le piantine delle grandi sfilate che organizzava, e facevo la hostess.

Amavo respirare l’aria della moda, delle passerelle, dei personaggi famosi e degli immensi stilisti (Ferrè era il mio preferito, ed era immenso in tutti i sensi!)

Ho preso tutto quello che Milano poteva darmi, o quasi (la droga l’ho sempre rifiutata!)

Ho vissuto gli anni d’oro, mi sono divertita, ho imparato tanto e ho cercato di mettere in pratica quello che ho potuto, e quello che era nelle mie corde.

Ma da quando sono diventata mamma

Se quando ero giovane mi stava stretta Venezia , ora che sono mamma (e non più di primo pelo, ops) inizia a starmi stretta Milano.

Questo week-end siamo andati a trovare degli amici in Svizzera.

Anche loro vivevano a Milano, e anche loro sono diventati genitori, poco dopo di noi.

Ma loro hanno fatto una scelta, dettata anche dal lavoro di lui, e si sono trasferiti in campagna, sul lago, a 13 minuti da Losanna.

“E’ stata dura per una come te abituata a vivere in città, venire a vivere in campagna?”

La domanda ce l’avevo sulla punta della lingua e ormai sapete che non sono una che si trattiene troppo.

La mia amica, un po’ argentina e un po’ venezuelana, a quel punto mi ha risposto che per abituarsi ci ha messo 1 anno e mezzo, ma che ora non tornerebbe più indietro.

Come non crederle? E poi loro vivono in campagna, ma sono a 13 minuti da Losanna e a 45 minuti dall’aereoporto di Ginevra: sconnessi, ma molto connessi.

E’ da quando hanno messo il primo mattone della casa che stiamo costruendo in Puglia che ci penso…

Ma se quella casa, invece della casa per le vacanze, e della casa da affittare, diventasse la NOSTRA casa, tutto l’anno?!

Ma a Cisternino non ci sono le scuole che ci sono a Losanna, e l’aereoporto più vicino è quello di Brindisi.

Andando a vivere lì saremmo di sicuro un bel po’ più “sconnessi” dei nostri amici “Svizzeri”.

Ma ci sto pensando, ci sto pensando davvero.

Ieri guardavo Danny aiutare il mio amico e suo figlio, nell’orto.

Ieri guardavo danny inseguire le lucertole.

Ieri guardavo Danny cercare con gli occhi le volpi, nel vigneto accanto alla casa dei nostri amici.

Ieri vedevo Danny felice, in mezzo alla natura.

L’ho abbracciato e gli ho chiesto se era felice.

Lo era, tanto.

“Ma se andassimo a vivere in Puglia, nella nuova casa che stiamo costruendo?”

Gli si sono illuminati gli occhi e mi ha ributtato le braccia al collo urlando “Sìììììììììì”.

Quando però gli ho raccontato che sarebbe andato in una nuova scuola, e che avrebbe avuto dei compagni nuovi, e delle maestre nuove, il suo enorme sorriso si è spento.

E poi papà ha il suo lavoro. Come farebbe a venire giù con noi? Lo vedremmo molto menooo

Che macello!

Che decisione difficile.

Ma la vita è una sola, e io non sono sicura di voler finire la mia a Milano, in mezzo allo smog.

E poi Milano non aiuta quelle ansiose e iperattive come me.

A Milano non mi fermo mai, né con le gambe né col pensiero.

A Milano sono sempre in movimento, e la sera crollo.

E per cosa poi?! Per fare sempre le solite cose.

Non ho costruito un granché in questa città.

Ho fatto tante cose belle e ho avuto tante soddisfazioni, ma non ho costruito nulla che mi leghi a questa città.

Non ho un’attività mia, non ho un ufficio mio e quello che ho imparato lo potrei mettere in pratica anche altrove.

Ho scoperto che mi piace scrivere e mi piacerebbe coltivare questa mia passione: mi ci vedo a scrivere seduta all’ombra di un ulivo secolare.

La vita mondana, le feste… ho dato! 

Adesso ho bisogno di altro.

Ho voglia di verde, ho bisogno di verde.

Inizio a sentire la necessità di un po’ più di silenzio, di quiete.

Ho vissuto molto intensamente, e non mi sono fatta mancare nulla, ma ora c’è LUI.

Non è facile per una mamma capire cosa sia meglio per un figlio.

Conosco un’altra mamma che ha mollato tutto e si è trasferita in Puglia con il suo bambino, e sono felici.

Caroline ora ha una masseria tutta sua, dove noi spesso siamo andati a dormire, ed è felice della scelta che ha fatto.

Danny è un bambino molto sensibile e molto affettuoso, come la sua mamma, e sono sicura che se un giorno dovessimo davvero trasferirci in Puglia, si farebbe un sacco di nuovi amici, e sarebbe felice, ma ora, il solo pensiero di portarlo via da qui, mi spaventa.

Ho sempre avuto paura dei cambiamenti.

Sono una iper abitudinaria io.

Ma ci penserò, eccome se ci penserò.

Non ho mai smesso di pensarci, da quel primo mattone posato sulla rossa terra pugliese.

Barbara

Il nostro week-end in Svizzera

Il nostro week-end in Svizzera

Mac o Pc ? A volte è solo una questione di “succo”

 

 

Fino a due anni fa avevo un bellissimo e comodissimo Pc che avevo imparato ad usare  negli anni.

“Imparato” nel senso che sapevo accenderlo, spegnerlo, navigare su internet, leggere e mandare le mail.

La tecnologia ed io viaggiamo su due binari che non si incontreranno mai, paralleli.

Sì lo so che mi vedete sempre su facebook, che vivo col cellulare in mano, e che sembro super tecnologica, ma non lo sono, fidatevi.

Quando ormai iniziavo a sentirmi quasi sicura della mia “dimestichezza” col pc, mio marito se ne viene fuori con: “Ma perché non cambi e non prendi un bel Mac?”

Mio marito sì che è super tecnologico.

Il problema è che lui un Mac non lo ha mai avuto, però aveva sentito dire da molti che il Mac era davvero facile ed intuitivo, quasi a prova di deficiente!

Bene, a due anni dall’acquisto del mio primo Mac, ho capito una cosa: io non sono deficiente.

Io e quel Mac non riuscivamo a fare amicizia.

Due settimane fa ho avuto un momento di estremo odio nei confronti di quell’aggeggio, sono entrata da Mediaworld e mi sono comprata un pc.

E poi?

E poi ho messo in carica il Pc in attesa che mio marito me lo configurasse, e ho continuato ad usare il mio Mac, cercando di sopravvivere.

Domenica scorsa mi cade l’Iphone in mare (capita no?!).

Lunedì lo porto in Apple, me lo cambiano, ma tornando a casa non riesco a riattivarlo.

Entro nel panificio vicino a scuola di mio figlio per bere un caffè, e continuo a borbottare non capendo perché il mio cellulare, invece di chiedermi il pin, continuasse a richiedermi una linea wi-fi.

Porca palettaaaaaaaa

“Ma vai da Juice qui in Corso 22 Marzo, accanto a Libero, e vedrai che ti risolvono tutto loro”

Chi ha parlato?

Juice?

Io non ho bisogno di un succooooooooo

Io voglio che il mio Iphone funzioni, oraaaaaaa

Alla fine ho ascoltato il consiglio della simpatica ragazza che lavora nel panificio, e da Juice ci sono andata, subito.

Il mio Iphone è rinato, in due minuti.

Aveva solo bisogno di qualcuno che ci capisse qualcosa più di me (facile!).

Quando mi sono trovata in mezzo a tutti quegli Iphone, Ipad, Imac e IWow, mi si è illuminata la lampadina!

Avevo già chiesto aiuto più volte in diversi Apple store, ma nessuno era mai riuscito a risolvere i miei problemi col mio Mac.

Forse che forse che un tecnico di “Juice” sarebbe stato in grado di illuminarmi convincendomi a non vendere il mio nuovo nemico?

Al piano di sotto hanno proprio una zona assistenza dove fanno anche corsi, gratuiti!

Sia chiaro che questo articolo/post non è una marchetta!

Nessuno mi paga per scrivere niente, e lo ho detto più volte.

Ma quando compro qualcosa, o incontro qualcuno, in grado di migliorarmi e facilitarmi la vita, già così difficile, io lo urlo a tutto il mondo, sperando di essere utile a qualcuno.

Se vi da fastidio, siete liberissimi di cambiare canale, o blog.

Molti di voi sanno che il mio lavoro consiste nell’organizzare eventi.

Con il mio vecchio Pc riuscivo a mandare inviti a tutta la mia mailing list, selezionando un centinaio di contatti alla volta, ma con il Mac era impossibile.

Qualcuno mi aveva parlato di gruppi e liste da dover creare, ma nessuno riusciva a spiegarmi come e cosa fare.

Per non parlare di Iphoto e di quanto per me, che per il mio lavoro faccio e uso milioni di foto, fosse difficile usare quel nuovo meccanismo.

Insomma, un macello!

Iniziavo davvero ad odiare il mio Mac.

Poi da Juice ho conosciuto Enrico, Sant Enrico.

Sant Enrico ha avuto la pazienza di ascoltare i miei sfoghi, i miei dubbi e le mie necessità (impresa davvero ardua).

Gli ho lasciato il mio Mac per un giorno interno, me lo ha messo a posto, mi ha spostato tutti i miei contatti da Outlook a Mail, la casella di posta di Mac, e poi mi ha spiegato come usarla.

Vi giuro che mi è salita la lacrima dalla gioia: ieri Enrico, in meno di  un’ora, è riuscito a spiegarmi tutto quello che nessuno era riuscito a fare in due anni.

E quindi?

E quindi ora posso mandare i miei inviti a tutti i miei contatti, e ho imparato ad usare Iphoto.

Il mio Mac ed io abbiamo fatto pace, e ora gli voglio parecchio bene.

E il mio nuovo Pc?

Il mio nuovo pc rimarrà nella sua scatola.

Chi lo vuole?

Barbara

 

Baby blogger

 

 

Ho aperto un blog più di un anno fa.

Mi ero illusa di essere una blogger ormai navigata.

Il blog me lo ha aperto mio marito, ma per il resto mi gestisco tutto da sola: scrivo, uso le mie foto, cambio e ingrandisco font, pubblico, modifico, taglio, cancello, aggiungo…

Temperateitacchi: anche il nome del mio blog me lo sono inventato tutto da sola!!!

Per essere una che col computer non ha mai avuto questa grande dimestichezza, ero davvero orgogliosa di quello che ero riuscita a fare.

E invece?

E invece ieri ho fatto un corso con un bravo grafic design, esperto di blog e di tutte quelle che sono le regole da rispettare, e  ho capito che non avevo capito proprio un tubo!

Ieri mi sono sentita piccola, ma tanto piccola.

Blogger io?

Ma quale blogger.

Al massimo sono il girino di una blogger.

Questo è il mio articolo numero 501 e ieri ho scoperto che gli altri 500 li ho scritti tutti usando il font sbagliato.

“Guarda che il font che ha usato tu non è un font che si usa per il blog, ma per le poesie, per esempio”.

Bella questa!

Non sapevo esistessero i font per i blog e i font per le poesie.

Io sapevo solo che non è educato scrivere in maiuscolo perché è un po’ come urlare.

Avevo trovato un font che mi piaceva e avevo deciso che avrei usato sempre quello, giusto per dare un po’ di ordine al mio blog.

Praticamente ho scritto un “libro” di poesie, senza saperlo.

E che poesie!

Si vede che sotto sotto mi sento un po’ poetessa ribelle, ahahahahah

“Ma lei le mette le parole chiave? Nel titolo ce ne vanno almeno 3″.

“E i tag? E la meta description?”

“Quando mette link di video, magari presi da youtube, usa lo short link? Aggiunge il codice da incorporare in modo da togliere la pubblicità? Lo sa che le immagini devono essere 72 dpi?”

“Quando prende informazioni dal web, per esempio da Wikipedia, prima di incollarle nel suo post, le copia in Text edit o in bloc-notes, e toglie così tag, codici etc?”

Cosaaaaaaaa?

Che hai dettooooooo?

Chi ha un moment perfavoreeee?

Anzi, facciamo un aulin che è megliooooo!

Sapete cose vuol dire fare un corso del genere dalle 9.30 alle 13.30?

Vuol dire entrare con tanta curiosità e uscire con tanto mal di testa!

E io che pensavo di essere una neo blogger.

Ma quale neo blogger!?!

Io sono una baby blogger, una infant blogger.

Il problema è che, anche ora che ho ricevuto e registrato un sacco di nuove informazioni (proprio tutte no, ma qualcuna in più sì), so già che le cose non cambieranno molto.

Mi ci vedete a me che vado su “Google trend” per vedere quali sono gli argomenti più cercati nel web e che quindi decido di parlare di uno di quegli argomenti per migliorare la mia indicizzazione, per aumentare il numero dei miei lettori, e le speranze di trovare qualche sponsor che decida di investire nel mio blog!?!?!?

Sì, sì, certo che sì.

E’ ovvio che mi piacerebbe tanto iniziare a guadagnare qualcosa, ma la verità è che io scrivo perché mi piace scrivere.

Io parlo di quello che mi va di parlare, e non di quello che vorrebbero sapere gli altri.

Però sto migliorando dai!

Oggi ho cambiato font, ho messo qualche parola in neretto, un paio di link , tag e parole chiave.

Se continuo così, sento che tra qualche mese sarò pronta per lo svezzamento.

Sono sicura che il mio S.E.O. pian pianino aumenterà.

S.E.O?

Perdindirindina, ma vedete che ho già cambiato il mio modo di parlare???

Fino a ieri manco sapevo cosa fosse sto S.E.O. (search engine optimization)

Troppa roba, mi sta tornando il mal di testa di ieri.

Direi che per oggi ho fatto un sacco di piccoli grandi passi, e quindi passo e chiudo.

Vi lascio, e torno al mio biberon.

Magari ci metto dentro anche un moment tritato dai.

Baby blogger Barbara

P.S: non ho cambiato nome e sesso, ma ho solo rubato ad un amico il suo fantastico costume di carnevale!

 

Aiutoooo i compitiiiii !

 
Gli animali con due zampe si chiamano “bipedi”.
Gli animali con quattro zampe si chiamano “quadrupedi”.
Gli animali che mangiano gli insetti si chiamano “insettivori”.
Mamma quante zampe ha una mosca?
“Quattro?”
“Ma nooooo mammaaaa! Ne ha seiiiii”
“Amore, ma lo so che la mosca ne ha sei di zampe. Scherzavoooo, volevo vedere se eri attento”
La mosca sei zampe? Ma davvero?
Gooooogle: numero zampe, mosche.
Le mosche, come tutti gli insetti, hanno sei zampe.
Oh perbacco!!!
Questa me l’ero proprio dimenticata.
E adesso?  
Come farò ad aiutare mio figlio a fare i compiti se non mi ricordo neanche quante zampe hanno gli insetti!?
Semplice: non lo aiuterò!
Ormai ho una certa (età) e ci sono dei giorni in cui sono talmente stanca che devo andare a guardare sulla carta di identità per ricordarmi  come mi chiamo.
Oggi sono entrata in acqua col cellulare per fare una foto ad una bellissima medusa molto vicina alla mia gamba.
Ad un certo punto il telefono ha suonato e io mi sono spaventata.
Non chiedetemi perchè, ma ho lanciato il cellulare in acqua.
Forse ho associato allo squillo il tocco della medusa.
Ma che ne so io.
Spesso mi sento chiedere dove trovo tutta questa energia per fare tutto quello che faccio, e che pubblico.
A parte il fatto che non mi sembra di fare niente di così diverso da quello che fanno tutte le altre mamme e donne che abbiano un minimo di entusiasmo…
Ma la mia risposta è:”Non la trovo tutta questa energia, e infatti ogni tanto, come oggi, vado in corto, in tilt”. Devo ammettere che senza telefono non sto così male, anzi.
Sto pensando se ho più voglia di andare alla Apple o di resuscitare da qualche cassetto un mio vecchio cellulare dove “internet” sia solo una brutta parola.
Stanotte ci penso su, ma intanto ho preso appuntamento per domani pomeriggio al Genius Store dell’Apple Store di Rozzano.
Ora in mio iPhone giace all’interno di un sacchetto di riso (sperando che il riso assorba l’umidità e mi resusciti il prolungamento della mia mano destra) e io mi chiedo:
“Può una squilibrata del genere essere in qualche modo utile a suo figlio?”
 “Può una che non si ricorda neanche che gli insetti hanno 6 zampe, ricordarsi un giorno tutti i capoluoghi di provincia, i confini, i fiumi, le milioni di inutili guerre e tutto ciò che Danny dovrà imparare?”
Aiuto!!! Come farò???
Un’idea ce l’ho: e se fosse lui ad aiutarmi a ricordare tutto raccontandomelo, volta per volta, mentre studia o ripassa?
Lui imparerã da subito ad arrangiarsi da solo e io mi sentirò meno ignorante di come mi sento oggi.
Yes, mi piace.
Barbara