Una “Fontana” di colori, e di emozioni.

 
Io vivo col telefonino in mano, e scatto, scatto, scatto.
Ho sempre amato fotografare.
Non ho mai fatto corsi di fotografia e infatti non ho la tecnica, ma molto mi dicono che ho occhio.
Ho perso il conto delle  amiche incinte che sono venute a farsi fotografare da me
Anche nella fotografia sono un precisina: il braccio, quando fai la foto del mezzo busto di fianco, deve essere leggermente piegato, sennò  l’avambraccio sembra più grosso.
Se mentre scatto vedo qualcosa che non mi piace, per esempio una piega di troppo sul collo, non scatto
Una  volta giravo sempre con la mia Canon manuale, e diversi obiettivi, poi sono sono arrivate le compatte e adesso, ormai, scatto con il mio i-phone
Mi ricordo che quando facevo le foto agli amici sbuffavano, poi però mi chiedevano se potevo mandarle, stamparle…
Mi ricordo quando da ragazzina, a Ibiza, mi fotografavo da sola, mentre ero sdraiata al sole, e prendevo un pezzo del mio costume intero (ebbene sì, intero), un lembo di sabbia e uno scorcio di mare azzurro.
Mi piacevano le foto “artistiche”, e mi piaceva il colore.
Franco Fontana è stato forse il primo fotografo in Italia che, negli anni ’60, portó il colore nelle foto.
Le foto a colori andavo molto all’estero, ma in Italia eravamo ancora fermi al bianco e nero
Il taglio, l’inquadratura e il colore, diventano le costanti creative delle sue foto, delle sue opere
Le foto di Franco Fontana sembrano dipinti, le sue foto emozionano
Non sapevo nulla del vernissage della mostra “Full color”
Venerdi sono arrivata a Venezia con la febbre: una toccata e fuga di meno di 24 ore, per ritirare una vecchia scrivania di mia mamma da mandare in Puglia.
Avevamo in programma giusto una cenetta romantica a base di pesce, prima di rientrare a Milano
E invece?
E invece, prima dell’arrivo di mio marito, decido di passare al volo a trovare Fiorella Mancini, un’amica, un’artista che ha un negozio molto eccentrico e sfizioso dietro casa mia, e lei mi invita ad andare con lei all’inaugurazione della mostra di Franco Fontana, a Palazzo Franchetti.
Mi sentivo calda, sapevo che mi stava risalendo la febbre, ma Franco Fontana meritava uno sforzo, e poi era proprio lì difronte, accanto a casa
130 immagini, una più bella dell’altra: spiaggie, asfalti, statue di un cimitero ligure trasformate in dee velate.
I suoi famosi nudi in piscina, e scorci di città dove il colore, come sempre, fa da soggetto.
E poi lui, il suo sorriso, e l’onore di stringergli la mano
È del ’33, ma nei suoi occhi vedi ancora tanta curiosità, tanto entusiasmo e tanta voglia di colore
Grazie maestro e grazie Fiorella, per avermi portata con te
Barbara

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Passion’s day

 “Passion’s day”, ecco come chiamerei questo giorno.
Perché chiamarlo “San Valentino” secondo me è riduttivo, e fa sentire ancora più solo chi un compagno o una compagna non ce l’ha.
Vorrei tanto che oggi si festeggiasse la passione, in generale.
La passione che ci può essere tra una donna e un uomo, ma anche quella che c’è tra un uomo e la sua moto, tra una donna e suo figlio, tra un ragazzo e il suo cane.
Perché è la passione che fa battere il cuore.
Il mio cuore batte per mio marito, batte per mio figlio, ma batte anche per la mia bicicletta quando andiamo a farci una lunga gita, lei ed io.
Il mio cuore batte per la donna che mi ha cresciuta, e che ancora mi sopporta.
Il mio cuore batte per tutto ciò che mi da gioia, e mi fa sorridere.
Ieri sera il mio cuore ha accelerato quando è stata scoperta la nuova campagna di EICMA100, emozionante.
La sagoma di una moto dove il motore diventa il suo cuore.
Perché le due ruote sono passione, e io lo so.
Mio marito è cresciuto in mezzo alle moto, e io giro solo in scooter o in bici.
Quando ero piccola il mio papà mi portava sempre in giro con lui, sulla sua grande moto azzurra.
Mi è sempre piaciuto sentire l’aria in faccia, anche quella fredda.
Le poche volte che giro in macchina, devo aprire il finestrino, anche se è gennaio e fuori nevica.
Ho bisogno d’aria io.
Il mio cuore batte anche quando incontro persone come Mariolina e Loretta che hanno dato un tocco magico all’evento di ieri sera.
Si presentava la nuova campagna dei 100 anni di EICMA e ci era sembrato bello rappresentare questi 100 anni con le moto e le biciclette che hanno lasciato il segno, ma anche con 10 modelle che indossavano abbigliamento e accessori che caratterizzavano il decennio di riferimento.
Per fare questo avevamo bisogno di un aiuto.
Ed ecco che sono arrivate Mariolina e Loretta, dell’associazione Adonai, Atelier la chatte rose.
Loro portano avanti un progetto a scopo benefico, nato dopo il sisma del 6 aprile 2009 a L’Aquila.
Anche la loro è passione, passione pura, perché la “Maison le sartore” si occupa di progetti che contribuiscono alla rinascita, allo sviluppo di posti di lavoro e alla ricostruzione del tessuto sociale (per ulteriori informazioni: mvbuc@libero.it)
Il carnevale è vicino e loro affittano dei costumi bellissimi, per adulti e per bambini, a prezzi super concorrenziali  (il prezzo si aggira intorno ai 30 euro ad abito), in via watt al 37 – tel:329.3292643.
Date retta a me e oggi non festeggiate solo l’amore.
Festeggiate la passione.
La passione per ciò che vi fa sentire bene.
La passione per ciò che vi fa battere il cuore.
Non sempre servono altri essere umani per essere felici.
Festeggiate il vostro cane, il vostro gatto.
Uscite e festeggiate la passione per la vita.
Perché la vita è bella, specialmente quando splende il sole.
Barbara

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Era ora!

 
Il tempo necessario all’esecuzione di un test di paternità, in condizioni standard (tra due o tre soggetti viventi), è compreso tra i 3 e i 5 giorni lavorativi.
Pia è nata il 5 dicembre 2012 e suo padre, solo domenica scorsa, ha scritto su twitter: “Finally the truth, Pia…Sweet child of mine!!! Your Dad”
Caro Mario Balotelli, ma di chi pensavi che fosse questa bellissima bimba?
Ma non lo hai visto subito che era la tua fotocopia?
La signora Raffaella Fico non sarà uno stinco di santa, ma tu ci sei stato fidanzato bello mio, e non credo che giocaste a briscola no?!
Ti sei perso il primo anno di vita di TUA  figlia, anzi, dipppiù.
Ti perso il suo arrivo in questo mondo, perché quel giorno non c’eri.
Ti sei perso il calore di un figlio quando ti sia addormenta sul petto.
Ti sei perso il suo primo sorriso.
Ti sei perso i suoi primi profumi, e le sue prime puzze.
Probabilmente, ti sei perso anche i suoi primi passi, e non perché eri in ufficio come capita a certi papà, ma perchè eri in mutande che correvi dietro ad un pallone, o a qualche altra seria donnina.
I figli si fanno in due e, soprattutto, non si fanno pagare ai bambini i dissapori tra i genitori.
Sei stato fidanzato con la signora Fico?
Ci hai fatto “bungabunga” (termine quasi più adatto a te che al signor Silvio)?
La bambina nata poco dopo la vostra relazione era color caffellatte e ha sempre avuto il tuo sorriso (che su di te sa di “ebete”, ma su di lei è bellissimo)?
E quindi?
Secondo me il test del dna era davvero superfluo, ma se avevi così tanta paura che Pia fosse figlia di un idraulico africano, potevi anche svegliarti prima no?
Il risultato di un test del dna si può chiedere anche d’urgenza, e avere il risultato in 48 ore.
Ci hai messo più di un anno a deciderti, e ora tutto felice scrivi su twitter: “Finally the truth, Pia…Sweet child of mine!!! Your Dad”.
Strana razza gli uomini.
Della serie “Meglio tardi che mai”.
Ricordati che quella bambina un padre ce lo ha sempre avuto, e sempre ce lo avrà.
Non importa se non ami più sua madre, e non importa se non ti va più di condividere con lei la tua casa e la tua vita, ma Pia è tua figlia e non deve pagare per il vostro amore finito.
Nessun figlio dovrebbe pagare per l’amore finito dei genitori.
Barbara
PS: la foto l’ho gentilmente presa in prestito da “Chi”, la mia “bibbia”.
 

Il mare in inverno

Amore a prima vista

 

 
Quest’estate, durante una delle nostre incursioni in cantiere, in Puglia, siamo finiti a cena nei trulli di Flora, una mia cara amica.
Era il compleanno del mio maritino e Flora aveva deciso di organizzare per noi una bella grigliata di bombette.
Sa bene quanto le amiamo.
trulliflorantQuando siamo arrivati, sono rimasta subito colpita da quella tavola apparecchiata, dai colori e da quei bellissimi piatti di porcellana.
Il mio pensiero è stato: “Che chic la mia amica: fa una grigliata con i piatti di porcellana, wow!”
Quando faccio le grigliate io, anche i miei piatti sono bianchi, ma rigorosamente di plastica.
Immaginate la mia faccia quando ho preso in mano uno di quei piatti e ho scoperto che non era di porcellana, ma di plastica.
Li voglio, li voglio, li vogliooo
Era stato amore a prima vista.
Avete presente i famosi piatti “Wedgwood” nati in Inghilterra?
Ecco, quelli erano uguali, ma di plastica, anzi, per essere precisi precisi, di melamina.
La polvere di melanina è quella che si usa per fare i piatti che si trovano per esempio nelle barche o in certe scuole.
Ho fatto subito una foto di quel piatto, fronte e retro, e appena tornata a casa mi sono messa alla ricerca.
Cartaffini, bingo!
Trovato immediatamente sia il sito che la pagina su facebook.
Ho scritto e mi ha risposto subito Fabrizio, il direttore, molto gentile.
Risultato?
Week end scorso siamo andati a Fossano, vicino a Cuneo, a farci un giro in azienda.
Avevo letto di questa polvere di melamina che si fonde solo ad una temperatura di 354 gradi e, siccome sono curiosa come una scimmietta, volevo vedere come si facevano quei piatti.
Abbiamo lasciato Danny alla nonna e ci siamo fatti questa gita in giornata.
4 ore di macchina in giornata non sono un passeggiata, ma ne è valsa davvero la pena.
Vedere questa signora che versava la polvere di melanina nei forni e dopo 14o secondi vedere la polvere trasformata in piatti…beh, che dire…
E dopo il giro in azienda ci siamo regalati un romantico tête-à-tête in una trattoria della zona.
Un pranzetto con mio maritino e, in macchina, due scatoloni di piatti e tazze varie per la nostra casa in Puglia.
Cosa potevo volere di più?!
Ci tengo a chiarire che noi i nostri piatti ce li siamo pagati e che questo post non lo sto scrivendo con secondi fini nascosti.
Qui non c’è nulla di nascosto.
Qui c’è un ragazzo molto gentile che ha capito quanto mi ero innamorata di quei piatti e che quindi ha voluto invitarmi in azienda, per vedere con i miei occhi come venivano fatti.
Qui c’è un altro ragazzo che ci ha accolti di sabato, all’orario di pranzo.
Ovvio che comprando in azienda ci hanno fatto lo sconto, ma ricordatevi che io parlo sempre e solo delle cose che mi fanno battere il cuore.
Perché a volte basta un bell’oggetto per emozionarsi.
Barbara

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Le chiamano “commesse”

 

 
E’ lunedì, e io il lunedì…so già come finisce.
Io odio la mattina.
Io odio svegliarmi presto.
Io odio svegliarmi presto il lunedì, perché so già come finisce.
Mi sono trasferita a Milano nel 1989 per studiare “Relazioni pubbliche” allo IULM e, mentre studiavo, ho iniziato subito a fare pratica.
Andavo in giro come una trottola per molti locali di Milano.
In quei locali ho fatto le ore piccole, in quei locali ho incontrato e conosciuto un sacco di gente e, ben presto, in alcuni di quei locali, ho iniziato a lavorarci.
In quegli anni spesso andavo a letto con la luce, e ora?
Ora mi sveglio col buio.
Chiedereste ad un pipistrello di farsi una lampada?
Ecco, forse mi sono spiegata.
Ormai sono anni che non esco più come una volta e che se esco, torno molto presto.
Ma io, comunque, odio svegliarmi presto la mattina, e se poi è lunedì…
Il lunedì Danny boy ha basket e quindi esce alle 18, e se lo porta a scuola il suo papa, entra anche un po’ prima.
Capite bene che dopo un week-end passato a casa, il lunedì diventa una vera e propria tragedia.
Ecco che entra in campo lei: Santa Maria.
Ora le chiamano “commesse”, ma Maria per me è La vera “bidella”.
Avete presente le bidelle di una volta?
Quelle che sono sempre nel posto giusto al momento giusto?
Quelle che hanno un sorriso e una parola dolce per ogni bambino?
Quelle che hanno una pazienza da fare invidia a qualunque mamma che ci sia sulla terra?
Santa Maria è così, se non di più.
Santa Maria non è una commessa, Santa Maria non è una bidella.
Santa Maria è un angelo, un angelo biondo.
Sono grande e grossa e sembro una roccia, ma sotto sotto (e neanche tanto sotto, perché si vede), sono una sensibilona.
Quando vedo mio figlio piangere, sto male.
Avete presente quando hai la sensazione di avere un macigno gigante nello stomaco?
Ecco.
Avete presente quando dite a vostro figlio di non piangere e cercate di farlo sorridendo, e invece vorreste piangere anche voi, abbracciarlo e riportalo a casa?
Ecco.
Oggi Danny è andato a scuola col suo papà e uscendo di casa, con la lacrima già pronta, mi ha detto: “Mamma prometti che oggi mi pensi? Tutto il giorno, anche quando gioco a basket?!”
Che strazio…
E poi la telefonata di mio marito che mi ha raccontato delle scene di pianto che ha fatto, anche oggi.
E quel groppo in gola che non si muove, e resta lì.
Quando una è sensibile come lo sono io…
Hai solo voglia di tornartene a letto, sotto al piumone.
E chi se ne frega della spesa, e chi se ne frega degli allenamenti, delle lavatrici, e degli appuntamenti di lavoro.
Mio figlio è triste?
E allora sono triste anche io.
Poi quando pensi che la tua giornata sia ormai rovinata…
Il telefono suona di nuovo e sullo schermo appare una scritta “Maria”
“Sono qui con Daniele che ci teneva a dirti una cosa”
“Mamma ho pianto un po’, ma ora va tutto bene, ci vediamo dopo. Un bacio!”
E quel punto non capisci se è più forte la voglia di abbracciare lei o di “strozzare” lui.
Come è dura fare la mamma.
Ma come è bello sentirsi amate, così.
Barbara

Un po’ di silenzio, cribbio!

 

Tutti i venerdì alle 11.15 vado a fare acquagym in palestra

Mi piace fare acquagym perché in acqua la fatica si sente meno, ma la si fa lo stesso, specialmente quando hai un’insegnante tosta come la mia.

Ma il motivo principale perché cui mi piace fare acquagym è che quando finisco sono già in costume, pronta per una bella dose di relax.

Il termarium (tipo il bagno turco, ma con vapore salato) e la vasca idro massaggio, sono le mie mete preferite.

Me ne sto lì dentro ad occhi chiusi e in silenzio, e per una volta alla settimana cerco di non pensare a nulla, cerco.

Non pensare a nulla quando hai sempre mille cose a cui pensare e da fare, non è per niente facile, ma di venerdì ogni tanto mi riesce.

“Lasciare fuori le ciabatte, portare dentro l’asciugamano, usare la cuffia…”

A seconda di dove entri ci sono sempre delle regole da rispettare.

Peccato che non ci sia mai scritto “Fare silenzio”, cribbio!!!

Non sopporto quelli che entrano in sauna per fare i comizi o i pettegolezzi.

Io in quei posti ci vado per rilassarmi, per godermi il silenzio, e non per sentire i cavoli degli altri.

Come la tua compagna di corso di acquagym che ti raggiunge nell’idro massaggio e, anche se ti vede con gli occhi chiusi, inizia a tempestarti di domande.

“Ma ora tuo figlio quanto anni ha? Dove va a scuola? Ha la fidanzatina?”

“Ma che te ne frega a te? Ma chi ti conosce? Ma non lo vedi che ho gli occhi chiusi? Mi lasci in pace!”

Quanto sarebbe bello poter rispondere così, e invece devi essere educata, aprire gli occhi e soddisfare le curiosità della spacca maroni di turno.

Ma se invece dei costumi di carta usa e getta per le saune, inventassero delle cuffie isolanti con incorporato il “rumore” del silenzio?

Barbara

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Oggi mi vergogno di essere italiana!

 
Ieri sera avevo la mia serata al Bobino.
Ieri sera sono tornata presto.
Ieri sera, per colpa delle stupide previsioni del tempo, in giro c’era davvero poca gente.
Ieri sera ci aspettavamo tutti 20 cm di neve, argh
Quando sono arrivata a casa, mio marito stava guardando “Le Iene”, e allora mi sono accoccolata accanto a lui.
Sono sconvolta!
Vi ricordate il caso di Federico Aldovrandi?
Se volete leggervi tutta la storia per filo e per segno, fatelo pure cliccando qui sopra.
Io farò un riassunto veloce.
Il 25 settembre 2004 Federico esce da una discoteca di Ferrara, e si avvia verso casa a piedi.
Ha assunto alcune sostanze stupefacenti, ma non in dosi sufficienti ad uccidere.
Viene fermato da una pattuglia della polizia presto raggiunta da una seconda pattuglia.
Poco dopo le 6 del mattino, il ragazzo è per terra, morto.
Alle 11, ben 5 ore dopo la constatazione del decesso da parte dei medici arrivati in ambulanza, vengono avvisati i genitori.
Nonostante le 54 lesioni ed ecchimosi presenti sul corpo, la causa del decesso viene inizialmente attribuita ad un arresto cardiaco, causato dalle droghe assunte.
Nel marzo 2006, dopo aver ascoltato le registrazioni di alcune conversazioni telefoniche tra i poliziotti (tra queste si sente bene la frase “L’abbiamo bastonato di brutto per mezz’ora”) non saltate fuori nei primi mesi, dopo aver visto due manganelli che durante le collutazioni tra i poliziotti e il ragazzo si erano addirittura spezzati, e dopo l’importantissima testimonianza di una donna camerunese che dal balcone di casa sua aveva visto tutto, i 4 agenti che avevano arrestato il ragazzo, vengono iscritti nel registro degli indagati, per omicidio colposo.
Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione conferma la condanna dei 4 poliziotti a 3 anni e 6 mesi di reclusione per “eccesso colposo in omicidio colposo”, ma grazie all’indulto vengono loro scontati 36 mesi sui totali 43.
Il 18 marzo 2013, l’unica donna del gruppo, viene scarcerata dopo 1 solo mese di detenzione, sulla base del decreto Severino (lo “svuota-carceri”).
Il 27 marzo 2013 il COISP, sindacato indipendente di polizia, improvvisa una manifestazione di solidarietà verso i poliziotti condannati, e lo fa proprio sotto il municipio di Ferrara, dove lavora la madre del ragazzo ucciso.
“In Italia non esiste il licenziamento per omicidio colposo”, dice il sindacalista Coisp, che invita a non colpevolizzare i quattro agenti.
E quindi?
E quindi i poliziotti, una volta usciti dal carcere, sono tornati in servizio.
Non so davvero cosa dire.
Mi sono addormentata col mal di stomaco e mi sono risvegliata col mal di stomaco.
Penso a quello che ha passato, e che sta ancora passando, la mamma di Federico.
Penso al coraggio che ha avuto ad aprire un blog a pochi giorni dalla morte del figlio.
Aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava, e aveva deciso di chiedere aiuto, e giustizia.
Quel blog alla fine le ha dato ragione, perché pian pianino, troppo pianino, le cose sono venute fuori, e qualcuno ha finalmente avuto il coraggio di parlare.
Peccato che tutto ciò sia servito a poco.
Peccato che quei  fetenti che hanno picchiato un ragazzo fino ad ucciderlo, ora siano in giro a pattugliare la loro città, per garantire la sicurezza dei cittadini.
Il mio pensiero va ai genitori di Federico e a tutti quei poliziotti che tutti i giorni rischiano davvero la vita per fare il loro dovere.
Deve essere pietoso sapere che alcuni loro colleghi hanno fatto quello che hanno fatto, e adesso prendono lo stesso stipendio che prendono loro.
Che schifo!
E intanto Fabrizio Corona rimane dentro.
Oggi mi vergogno di essere italiana, e mentre lo scrivo, mi scende una lacrima.
Barbara

10 anni, esatti esatti!

 
 
Ebbene sì, 10 anni fa, il 29 gennaio 2004, mio marito mi ha dato il suo primo bacio.
Vi ho già raccontato di come ci siamo conosciuti , ma non mi sono soffermata su quel primo fatidico bacio.
Se vi dicessi che mi sembra ieri, vi direi una baggianata immensa.
Perché io quel bacio me lo ricordo appena.
Mi ricordo che non è uno dei baci che vedete nelle foto, questo sì.
Il primo bacio ce lo siamo dati senza testimoni o fotografi nei paraggi, e quindi non v’è traccia!!!
E instagramm non c’era ancora, sennò forse lo avrei fermato un attimo e avrei scattato un selfie (ahahahahahah)
Il primo bacio me l’ha dato sotto casa mia, senza sapere in che guaio si sarebbe messo.
In qui tempi organizzavo tutti i martedì sera all’Orange, un ristorante con pista da ballo sotto casa mia.
Era stato abbastanza facile invitarlo a passare a bere una cosa: era il mio lavoro invitare la gente a bere una cosa.
Ma quel ragazzo con la faccia per bene mi piaceva, e quando qualcuno ti piace tanto, quello che può sembrare un invito di routine, non è poi così facile.
Quella sera Marcello era andato al suo allenamento di rugby ed era arrivato da solo, all’Orange, da me.
E’ arrivato che io ero ancora a cena e quindi, visto che avevo quasi finito di mangiare, ed ero con cari amici, mi è sembrato carino alzarmi e raggiungerlo al bar, per non lasciarlo da solo ad aspettarmi, visto che non conosceva nessuno.
E’ stato davanti a quel bancone che abbiamo iniziato a chiacchierare.
Poi si è seduto al tavolo con noi, e abbiamo continuato a chiacchierare.
Poi ci siamo trasferiti di sotto dove c’era la pista da ballo, e abbiamo continuato a chiacchierare, davanti al bancone del bar, accanto al dj.
Abbiamo chiacchierato così tanto che la serata è iniziata e finita davanti a quel bancone.
Gli amici arrivavano, e mi salutavano.
Gli amici se ne andavano, e mi salutavano.
In molti si saranno chiesti chi fosse quel ragazzo, ma nessuno me l’ha domandato.
Forse avevano capito che non volevamo essere “disturbati”, e che avrei potuto mordere chi si fosse avvicinato troppo, e per troppo.
Quella sera non mi sono mossa da quel bancone, e da lui.
Quella sera, io che non bevo mai alcol, devo aver bevuto 2 o 3 cuba libre.
So che ora vi metterete a ridere, ma io sono timida.
E siccome era timido anche lui, abbiamo bevuto tutti e due.
Ad un certo punto ci siamo accorti che nel locale eravamo rimasti solamente lui, io, il barman e il dj.
Se ne erano andati tutti.
Eravamo rimasti solo noi, nel nostro micro universo che ci eravamo creati.
“Ti accompagno a casa?”
E gli è anche andata bene, visto che vivevo proprio di fronte.
Abbiamo attraversato la strada facendo giusto due passi, e ci siamo fermati davanti al mio portone.
A quel punto mi ha baciata, a lungo.
Questo sì che me lo ricordo.
Avrei voluto che quella serata non finisse più, avrei voluto chiedergli di salire, ma volevo godermi ogni momento, compresa l’attesa, e allora ci siamo salutati e poi rivisti, e rivisti, e rivisti…
Ora in quel portone ci abita anche lui.
Ora in quella casa ci viviamo assieme, da marito e moglie.
L’Orange è diventato una pizzeria e ora quella strada l’attraversiamo mano nella mano con nostro figlio, per andare a mangiare la pizza, tutti assieme.
Ne abbiamo passate tante in questi 10 anni.
Ci sono stati tanti altri baci, ma anche momenti duri, duri e difficili.
Ci sono momenti in cui perdi di vista chi ti sta accanto e ti concentri su altre cose che ti sembrano più importanti.
Ci sono momenti in cui il lavoro e i figli ti assorbono, e trasferisci nell’altro il tuo stress e le tue frustrazioni.
Ci sono momenti in cui dai i tuoi affetti per scontati, e smetti di coltivarli.
Ma per fortuna ci sono anche momenti in cui capisci, e cambi rotta.
Quando c’è ancora un ceppo di legno che arde, ci puoi buttare sopra tutta la cenere che vuoi, ma se quella cenere la smuovi un pò, il ceppo torna ad ardere, e il fuoco si riaccende.
Dopo la pioggia torna sempre il sole, e oggi quel sole splende più caldo che mai, anche se tra poco arriverà la neve.
Grazie amore mio, grazie di avermi baciata e di non aver più smesso di farlo.
Barbara
Gennaio 2004, all'Orange

Gennaio 2004, all’Orange

Questa mi mancava!

 
“Domani fatti trovare pronta alle 12.15 che ti porto a fare una cosa che non hai mai fatto. Porta costume, cuffia, ciabatte e calzini di spugna”.
Adoro Stefania, la mia motivatrice.
L’adoro perché ogni allenamento è diverso da quello prima.
Non so mai dove mi porterà e, sopratutto, cosa mi farà fare.
Lei decide e io la seguo, sempre.
Se c’è una cosa che però mi annoia da morire, è il nuoto.
E quando mi alleno non posso annoiarmi.
Per me allenarsi vuol dire avere stimoli sempre nuovi e obiettivi da raggiungere, e annoiarmi non è uno di questi.
Alle 12.12 mi è arrivato un messaggio su whatsapp: “Scendi”.
Quando Stefania ha imboccato Via Forlanini, diretta all’aereoporto di Linate, e ci è entrata dentro, mi sono un attimo spaventata.
Non vorrà mica mettermi in costume da bagno, con i calzini di spugna, agli arrivi?
Vuol forse giocare sul fattore “umiliazione” per velocizzare il mio dimagrmento?!
Ma ecco il cartello “Centro sportivo di Linate”
Fufiuuuu! 
Entriamo, ci mettiamo in costume ed entriamo in una grande piscina, tutte molto sexy con i nostri calzini.
Ma il misero restava.
Bo?! Che mi farà fare?! 
Una ragazza mi fa salire su una strana bike, la regola sulla mia altezza e mi fa vedere dove dovrò poi infilare i piedi, con i calzini.
E poi?
E poi la ragazza prende la mia bici e la lancia in piscinaaa
Immaginate la faccia che ho fatto!
Ahahahahaha
La mia prima lezione di idrobike.
C.H.E. F.I.G.A.T.A.
Una sfaticata, ma 45 minuti di pure energia.
Che dire?
Grazie Stefania, ne sai sempre una più del diavolo.
Ora sapete dove sarò tutti i martedì alle 12.45
Aiutooo
Barbara

fmixoto