Ricordi di un’estate e ricettina facile facile: Tzatziky.

 
Le vacanze sono finite, ma i ricordi restano.
Restano i profumi, i colori, le arrabbiature e gli abbracci.
Restano i sorrisi, le sfumature dei mari esplorati e il sudore delle montagne scalate.
Restano i sapori.
Ci sono sapori che hanno senso solo nelle loro terre, ma ci sono sapori che possono essere rubati, che vanno rubati.
Quante volte all’aeroporto di Ibiza ho comprato una bottiglia di Hierbas e quante volte quella bottiglia è rimasta nella dispensa, per tutto l’inverno.
E lo stesso mi è successo con l’originale mirto, made in Sardegna.
Uno dei sapori di questa nostra estate è quello del Tzatziky.
Il Tzatziky è un piatto greco che abbiamo mangiato a Corfù, nell’unico giorno in cui Danny è voluto restare al kinder e mio marito ed io siamo scesi a terra, da soli.
Non c’è niente da fare, e niente da vergognarsi, nell’ammettere che, ogni tanto, un paio di ore senza i figli fanno bene!
Rendono la coppia più spensierata, più unita.
Quando ci sono i figli bisogna essere adulti, ma quando loro non ci sono…si torna ragazzi!
Quel Tzatziky aveva già un ottimo sapore, ma per me era perfetto perchè quel giorno eravamo da soli, lui ed io, a gustarci il nostro tete a tête, unico e prezioso in una vacanza in cui, nelle altre giornate, il nostro Danny…ha fatto la cozza!
Stamattina, nella mia prima mattina a Milano (siamo tornati ieri), mi sono svegliata con un’immensa voglia di quel sapore e pensa un pò che fortuna: avevo tutti gli ingredienti per farlo.
Attenzione, attenzione: mio marito, ieri, prima del nostro ritorno, ha fatto la spesa: incredibbbbbile! Il frigo è pienooo.
Stamattina ho preparato il Tzatziky poi mi sono sparata 8 km camminando veloce (mentre i maschi erano ai gonfiabili) e al mio ritorno, dopo una bella doccia, ci siamo seduti a tavola e ce lo siamo pappati.
Ottimo!
20130908-134619.jpgSe volete farlo anche voi andate a fare la SPESA e comprate ciò che vi manca di:
400 grammi di yogurt greco (io oggi a casa avevo 2 yogurt bianchi magri e ho usato quelli: niente male!)
1 cetriolo
cucchiai di olio 
3 rametti di aneto (oggi non lo ho usato perchè non lo avevo ed è venuto buono lo stesso)
sale (a piacere. QB non mi piace!)
spicchi di aglio (se oggi mi incontrate in giro, state alla larga!)
2 cucchiai di aceto bianco
e poi o crostini, o pan carrè da tostare o quello che più vi piace.
Io oggi ho usato il pane azzimo (sto iniziando il cammino verso la dieta)
Se avete tutto INIZIAMO:
grattugiate tutto i cetriolo (prima lavatelooo) col la grattugia grossa (si devono sentire i pezzettini) e poi strizzatelo bene (se avete tempo lasciate il tutto per un’oretta in un colino, così che perda l’acqua in eccesso)
Intanto tritate i vostri 4 spicchi d’aglio e magari pestateli in un mortaio o frullateli (più cremosi diventano e meglio è)
Mettete lo yogurt in una ciotola e mescolatelo con aglio e cetriolo poi unite olio e aceto.
Alla fine aggiungete un pò di sale e l’aneto, dopo averlo lavato e tritato.
Se vi avanza (a me non è avanzato nulla!) potete conservalo in frigo per un paio di giorni (direi 3 al  massimo) dopo aver ricoperto la superficie con uno strato di olio e la pellicola trasparente.
Besos
Barbara
corffoto
 
                                                                                     Una giornata soli soletti, a Corfù
 
 
 
 

Last night in Venice

 
Se una città è bella, ma ci vivi, finisci per camminare guardandoti la punta dei piedi.
Se un uomo è bello, ma è il tuo, a volte quella bellezza ti sfugge.
Ma se in quella città non ci vivi più, e se quell’uomo non è più accanto a te da giorni…
Allora inizi a camminare guardandoti attorno, e accanto a te, per condividere tale bellezza, vorresti lui.
Ecco come mi sono sentita ieri sera quando, dopo una bella festa in casa, tra amici, per festeggiare i 45 anni di uno di loro, mi sono ritrovata a salire su una topa (non sto parlando di una bella donna toscana, ma di una tipica imbarcazione veneziana, con fondo piatto, in legno e con motore fuoribordo).
Il nostro esperto e affascinante capitano si è inoltrato in stretti e bui canali, zizzagando con sicurezza: c’eravamo solo noi 8, il cielo, l’acqua e il rumore del nostro motore.
Sono Veneziana, ma da quando ho lasciato la mia cittá per andare all’università, a Milano, mi sono rinnamorata di lei.
Quando sei giovane e vivi e studi in una città che ai giovani offre ben poco, hai solo voglia di scappare e allora, se puoi, scappi: vai a studiare nelle grandi città e magari non torni più, come è successo a me.
Nella grande città, che tutto offre, ci vivo ormai da 24 anni e non nego che ci sono giorni in cui vorrei scappare anche da lì.
Non voglio tornare a Venezia, non per ora.
Magari andremo a vivere in campagna, in Puglia, magari…
Voglio che Venezia resti la mia oasi di pace, dove rifugiarmi ogni tanto.
Voglio che Venezia resti quel gioiello che indossi solo una volta ogni tanto e che solo così resterà sempre unico, speciale.
Ieri ho fatto l’ultimo bagno, ho chiuso la valigia e sono andata a ballare con gli amici di sempre, i Veneziani con cui ho condiviso sogni e marachelle.
Al Capsula, una sorta di serra/discoteca fatta allestire da Nicola Parente nel cortile del Casinó di Venezia, suonava dj Ravin, quello del Buddha Bar.
Ho ballato due ore di seguito, senza fermarmi.
Era tanto che non ballavo e ne avevo proprio voglia, bisogno.
Alle 2.30 sono scappata, da sola, in vaporetto.
Avrei ballato fino all’alba, ma avevo un treno da prendere.
Un figlio e due cuori da riportare a casa, a Milano, dal nostro “Papi”.
Ciao Venezia, mi mancherà il silenzio del Canal Grande durante l’ultima sigaretta della sera, seduta sul balcone.
Ci mancherà la nonna, ci mancherà la spiaggia (non la sabbia!) e il mitico baccalà mantecato di “polpetta”.
Ma siamo felici di tornare, molto felici.
Barbara
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Appesantisce il guerriero, sette lettere: il brasato!

 
Ve lo ricordate “Vacanze di Natale ’90”?
E la scena in cui Diego Abatantuono fa il cruciverba?
Beh, io me l’ero dimenticata, ma ieri sera mi è tornata in mente.
Dopo la spiaggia Danny ed io siamo andati a “Endless TAC” (Tuffo Al Cuore), un evento itinerante e multisensoriale dell’artista Irma Paulon.
Ci aveva invitati il mio amico veneziano Jason (per i non amici, Giuseppe Boscaro) e siccome, dopo tanto cinema, avevo voglia di qualcosa di diverso…ho deciso di andare e di portarci anche il mio cucciolo.
Abbiamo sentito il bravissimo Paolo Borghi suonare delle specie di dischi volanti, abbiamo annusato nuovi profumi e curiosato tra collane di plexiglas, stivali con i cuoricini e abiti e quadri appesi qua e là nella suggestiva location di Ca’ Zanardi
Dopo aver conosciuto Irma l’artista, ci siamo avventurati in cerca di qualcosa da mangiare e da bere.
Ovviamente, come in tutti gli eventi riusciti ed affollati, che si rispettino, tocca sempre fare quasi a botte per una tartina o uno spiedino di frutta.
A quel punto il genio di mio figlio ha avuto la bella idea di chiedermi se potevamo andare a cena lui ed io alla trattoria “da Fiore” vicino a casa e io, siccome era presto, ho avuto la bella idea di dirgli di sì.
Ma contare fino a 10 mai?! Argh
Risultato?
Una romantica cena a lume di candela in cui io ho mangiato un piatto gigante di ottimi spaghetti al nero di seppia, con seppie e, come se non bastasse, ho finito anche gli spaghetti con vongole e cozze di Danny boy.
Aiutooo!
Sono tornata a casa rotolando.
Basta, è ufficiale: il prossimo lunedì sarà “il famoso lunedì” in cui inizierò il mio cammino verso la resurrezione, fisica.
Lunedì devo iniziare la dieta o dalla mia bilancia digitale vedrò miracolosamente uscire delle grandi molle.
E siccome quando mi metto in testa una cosa la porto fino in fondo, come un vero guerriero, inizierò ad alleggerirmi eliminando il brasato, ahahahahahah
Adesso torniamo seri e concentriamoci.
Se in vacanza avete ingurgitato più calorie di quelle che avete bruciato camminando, correndo e/o nuotando o se come me non avete fatto nessuna attività fisica allora eccovi qualche utile suggerimento (NB: costruire castelli di sabbia o fare all’amore non sono considerate attività fisiche perché, se non in casi estremi, non bruciano abbastanza calorie):
Se mentre eravate al mare, o in montagna, avete mangiato tutto quello che vi andava di mangiare senza porvi troppi freni (come ha fatto la sottoscritta), allora evitate di tornare e di fare subito diete drastiche perchè quello che otterreste sarebbe solo un aumento della fame.
Iniziate dandovi giusto qualche regola e poi semmai, tra un paio di settimane, se dovrete perdere tanto peso, allora potrete iniziare ad essere più rigide.
Per ora iniziate così:
1) Eliminate qualsiasi bevanda e qualsiasi tipo di alcolico e bevete solo tanta acqua (so che per qualcuno può non essere facile, ma nessuno vi ha detto di abbuffarvi in vacanza, quindi ora tocca qualche sacrifico)
2) Mangiate tanta verdura e frutta evitando la frutta troppo dolce (sempre zuccheri sono e gli zuccheri chiamano gli altri zuccheri ossia più zuccheri si mangiano e di più zuccheri viene voglia)
3) Se vi va la pasta mangiatela magari a pranzo, ma conditela solo con verdura, poco olio e niente grana (carboidrati+proteine=no buono)
4) Evitate fritti e condimenti pesanti tipo salse e salsine.
5) Se non avete una grande forza di volontà, evitate gli aperitivi per un po’ (tranne il mio del mercoledì al Bobino tanto al buffet troverete anche un sacco di verdure). Se proprio avete voglia di uscire per rivedere gli amici, allora fatelo, ma prendete giusto un bicchiere di vino e magari mangiate qualcosa di sano a casa prima di uscire così non arriverete affamati di schifezze!
6) Ricordatevi sempre di fare uno spuntino a metà mattinata e uno o due il pomeriggio. Ovviamente parlo di uno jogurt o di un frutto e non di un trancio di pizza
7) Ultima cosa: moto, moto e moto (non sto parlando delle 2 ruote). Non serve che andiate per forza in palestra. Se, come me, vi piace camminare allora infilate le cuffie con la colonna sonora della vostra estate e camminate.  A volte basta anche smetterla i prendere gli ascensori e fare le scale oppure andate al lavoro a piedi, camminando a passo sostenuto.
Dai dai che da lunedì inizio la dieta e poi appena Danny inizierà la scuola avrò finalmente anche il tempo per andare a fare mani, piedi, tagliare le triple punte e andare anche in palestra o a fare le mie lunghe e adorate camminate.
Non ci posso credere: le vacanze saranno anche finite, ma io torno a vivere!
Adesso avrei solo bisogno di un idro pulitrice per levarmi tutta la sabbia di dossoooooooooooooo
Barbara

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Meno sette

 
Eh sì, ormai ci siamo quasi: manca solo una settimana all’inizio della scuola.
“Scuola”, mi fa strano dire “Scuola” e non più “Asilo”.
Mi fa strano sapere che tra poco non potrò più accompagnare il mio Danny boy dentro il suo asilo e sedermi per terra davanti al suo armadietto per aiutarlo a togliersi le scarpe e infilarsi i calzini antiscivolo.
Mi fa strano sapere che anche lui non potrà più sedersi per terra, ma avrà il suo banco, la sua sedia.
Mi fa strano sapere che tra un po’ non potrò più leggergli le favole saltando i pezzi: imparerà a leggere e non riuscirò più ad imbrogliarlo!
Danny è in paranoia totale e lo ho scoperto solo pochi giorni fa quando mi ha rimproverata perché secondo lui stavo uscendo troppo qui a Venezia.
“Tu vai sempre ad un sacco di feste e io invece non andrò più a nessuna festa perché nella scuola nuova non conosco nessuno e quindi quando gli altri bambini festeggeranno i loro compleanni, non mi inviteranno”
Ecco svelata la preoccupazione principale di mio figlio in attesa di iniziare la scuola: le feste.
Ma chissà da chi avrà preso questo amore per le feste, bo?
A quel punto ho cercato di rassicurarlo dicendogli che pian pianino inviteremo a casa a giocare i compagni che gli stanno più simpatici e in un batter d’occhio sarà pieno di nuovi amichetti.
“Ma mamma come facciamo ad invitarli a giocare a casa se per farlo sei tu che devi chiamare le loro mamme e tu non hai il numero di telefono di nessuna di loro?”
Oh porca paletta! Ma vuoi dire che davvero mio figlio dopo quasi 6 anni che mi conosce non ha ancora capito come sono fatta?
“Danny ora ti spiego come facciamo: il primo giorno mamma  viene a scuola con te e porta subito subito un bel pacchetto di bigliettini da visita dove c’è scritto il mio numero di telefono, la mia mail e anche la pubblicità del mio blog. Diamo questi bigliettini a tutte le mamme dei tuoi nuovi compagni. Chiediamo a tutte le mamme di mandarmi la loro mail e il loro numero di telefono così nel giro di un paio di giorni avrò tutti i numeri delle mamme dei tuoi compagni e si spera anche qualche lettrice in più del blog. Sei più tranquillo adesso?”
A quel punto ho visto un grande sorriso illuminare le guance del mio cucciolo e ho capito che, forse, un piccolo “dramma” era stato risolto.
Adesso iniziamo il conto alla rovescia, andiamo a cercare anche lo zainetto e incrociamo le dita.
Per fortuna ho già conosciuto la nuova maestra di Danny e so che sarà in buone mani, anzi, in ottime mani.
Sarò all’antica, ma per me conta di più il cuore che il mattone e quindi quando un giorno, per caso, ho incontrato LEI, e ci siamo guardate negli occhi, ho capito che quella sarebbe stata la scuola giusta.
Barbara
 
 
 
 
 

One day for two

 
LO SPACCA MARONI: “Mamma, ma perché quando siamo a Venezia dalla nonna esci tutte le sere?”
LA SANTA: “Non è vero che esco tutte le sere, e poi tu stai con la nonna mao con cui ti diverti sempre tanto quindi che problemi ci sono?”
LO SPACCA MARONI: “Il problema è che tu esci sempre da sola con i tuoi amici e a me non mi porti mai, uffa! (e via di broncio con labbro inferiore tremolante)
LA SANTA: “Amore prometto che appena c’è un aperitivo dove possono entrare anche i bambini, la mamma ti porta”.
LA SALVEZZA: DRIN (il mio cellulare fa DRIN, è un problema?!): Buongiorno, parlo con Barbara Garavelli Nani Mocenigo (vien dal mare!)? La chiamo da parte di Valeria Marini che ci terrebbe molto ad averla come sua ospite all’aperitivo Akay che si terrà stasera allo spazio “Time out” presso il tennis club del Lido di Venezia dalle ore 19
LA SANTA: “Posso portare mio figlio?”
LA SALVEZZA: “Ma certo, vi aspettiamo”.
Bingo!
LA SANTA: “Daniele ti ricordi quella bella signora tutta vestita d’oro che ieri pomeriggio faceva le foto in spiaggia e che ti ha chiesto di fare la foto con lei? (foto fatte dal suo fotografo e che prima o poi riuscirò ad avere, hihi)”
LO SPACCA MARONI: “Certo mamma, dici Valeria?” (e quando mai quello si dimentica del nome di una bella “biondina,” e poi a lui piacciono le bambine iù grandi, come al suo papi!)
LA SANTA: “Valeria ci ha invitati stasera ad un aperitivo”.
LO SPACCAMARONI: “Quindi posso venire con te? Davvero? Esco di sera con la mia mamma? Yahooooooo”
E quindi ieri siamo partiti da casa, diretti in spiaggia, con in borsa il cambio.
L’aperitivo era proprio dietro alla nostra capanna e quindi non potevamo che essere più comodi.
Ieri ho dedicato tutta la giornata al mio cuccioletto e me lo sono anche portato “in vita”: abbiamo aspettato il vaporetto quasi un’ora (è tutta l’estate che c’è in corso una sorta di sciopero selvaggio); abbiamo battuto il nostro record stagionale pescando e liberando ben 12 granchi; complice il bel venticello, abbiamo fatto volare i nostri aquiloni; abbiamo fatto lunghi bagni e verso le 18.30 ci siamo vestiti, in capanna, ci siamo fatti belli (per quel che si può fare senza corrente, senza phon e senza luci) e assieme a Marianna, una mia amica, siamo andati a salutare la simpatica “Valeria nazionale”.
Abbiamo smangiucchiato qualcosa lì, abbiamo conosciuto il marito di Valeria, e alla fine ho portato Danny in gelateria (non capita spesso che io gli faccia mangiare il gelato dopo cena, sono una mamma rompina e vagamente rigida!).
Visto che eravamo alla Mostra del Cinema, ho anche pensato bene (o male?) di farlo entrare sul tappeto rosso per mangiare il suo gelato in una cornice un pò diversa dal solito.
In quel momento il red carpet era vuoto perchè erano tutti in sala a vedere quella cavolata di “Under the skin” con Scarlett Johansson.
Abbiamo preso il vaporetto delle 21.05 per tornarcene a casa a Venezia e alle 21.45 Danny stava già russando, crollato, secco, con la bolla al naso.
Mi sa che l’ho strapazzato un po’ il mio cucciolo ieri, ops!
Così impara a dire che non lo porto mai con me.
Hai voluto la bicicletta? Pedalaaaaaaa
A parte le battute, è stata davvero una bella giornata e il mio Danny boy se l’è meritata.
Stamattina si è svegliato tutto allegro e non la finiva più di ringraziarmi.
In questo periodo è un pò in “tensione pre prima elementare” e quindi lo vedo che mi vuole ancora più presente del solito.
In certi momenti mi sento mancare l’aria, ma poi mi fermo un attimo, ci penso e non riesco a trovare un motivo per non accontentarlo.
PS: Chiedo perdono per la “ciabatta” nella foto, ma giuro che ho indossato tacco 12 dalle 19  alle 21 (per me un grande sforzo) poi prima di prendere il vaporetto ho ceduto e ho messo la ciabatta che avevo in borsa. La foto sul cuscinone la abbiamo fatta aspettando il vaporetto per tornarcene a casa, giuro, ops.
Barbara

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Una doppietta che fa riflettere

 
La doppietta su cui riflettere non sono i goal di qualche partita e non siamo neanche Valeria Marini ed io, ma i due film che ho visto ieri sera.
Certo è che se non avete niente di meglio da fare e volete riflettere anche su noi due e sulla foto qui sopra, fate pure.
Se per esempio vi state chiedendo quanto sia alta Valeria allora vi svelo che lei aveva un super tacco mentre io no: il tacco 12 lo avevo in borsa, ma la voglia di indossarlo è rimasta in borsa con le scarpe.
Io i tacchi li tempero, ma faccio proprio fatica ad indossarli.
Se vi state chiedendo quando sia dimagrita Valeria, vi dico solo che non la vedevo da un po’ e che ieri l’ho trovata proprio bene, si vede che il matrimonio aiuta.
E poi è proprio simpatica e genuina, doti rare ai giorni d’oggi, specialmente in certi ambienti.
Ma torniamo alla vera “doppietta”di cui parlo nel titolo.
Ieri sera ho visto “The zero theorem” del gradissimo Terry Gilliam (quello di Monhy Python, Brazil e le 12 Scimmie) con Mélanie Thierry e Matt Damon, non presente alla mostra, ma “chissene”, e subito dopo sono rientrata in sala grande per “Locke” di Steven Knight, con un fantastico Tom Hardy.
“The zero theorem” racconta di una Londra del futuro che ricorda e prende in giro”Blade Runner”.
Una città del futuro in cui le sigarette sono scomparse, ma durante una festa vedi ancora la gente avvicinarsi le due dita unite alla bocca: hanno finalmente tutti capito che le sigarette, vere o elettroniche, fanno male, ma il bisogno della gestualità è rimasto.
Il protagonista è un uomo, deluso dalle esperienze passate, che ha deciso di isolarsi e di cercare il senso della sua vita, e le riposte alle sue domande, nella tecnologia, in una telefonata che non arriva mai, nel tentativo di risolvere un teorema che non ha soluzione.
L’amore gli passa vicino, prima virtuale e poi vero, in carne ed ossa, ma lui ha paura e se lo lascia scappare per tornare alla sua gigante play station, che non lo deluderà mai, forse
Un film che fa riflettere, amo i film che fanno rifletter.
Con i computer, i social network e la ricerca della perfezione, a cui spesso si ambisce per essere accettati, abbiamo creato un mondo nuovo, parallelo a quello reale, ma a volte rischiamo di togliere spazio, tempo e valore a chi ci sta vicino, ai sentimenti e alle emozioni “terrene”.
Uscendo dalla sala ho incrociato il regista (che stava scappando in bagno a fare pipì) e lo ho ringraziato confessandogli che il suo film mi aveva fatto pensare, molto.
Non nego che nell’ultimo anno sono diventata “schiava” prima di facebook e poi del mio blog, di Instagram e dei commenti di tutti voi.
Chi non ha bisogno di affetto, di soddisfazioni e di carezze virtuali?
Ma diventarne dipendenti non va bene, si rischia davvero di trascurare il resto, gli affetti veri.
Terry Gilliam mi ha detto “Vai a casa e spegni il computer” e io gli ho risposto “quello è spento, ma il problema è il mio cellulare con cui ho appena scattato la foto con lei”, e lui ha sorriso.
Dopo “The Zero theorem” mi sono fiondata al bar lì davanti per mangiare un toast al volo.
Alla fine del primo film , che abbiamo visto assieme, Valeria Marini e Randy Ingerman (un’altra donna, amica, che io stimo perchè ne ha passate di tutti i colori, ma non ha perso il sorriso) se ne sono andate a Venezia a cena con il maghetto di “Harry Potter”, ma siccome ho saputo che quel nanetto lì sa fare un sacco di magie, ma per la cellulite non ha ancora trovato una soluzione, io ho deciso di rimanere al Lido e di vedermi anche il film dopo: “Locke”: un film da non perdere.
Novanta minuti in cui si vede solo Tom Hardy mentre affronta un viaggio in macchina e dentro di sé.
Gli altri protagonisti del film sono solo delle voci con cui il protagonista parla al telefono, per tutta la durata del film.
E’ la storia di un uomo che aveva tutto: una famiglia, una moglie che ama, due figli e un lavoro di grande responsabilità che gli aveva sempre dato grandi soddisfazioni.
Poi una sera quell’uomo cede, fa un errore, e la sua vita cambia, perde tutto.
Non vi racconto niente di più perchè dovete andarlo a vedere, perché il messaggio, forte, è che quel padre di famiglia rischia di mandare a rotoli tutto per non ripetere gli errori che suo padre aveva fatto con lui, abbandonandolo, da piccolo.
“Locke” mi ha fatto pensare a come a volte sia strana la vita.
A volte quando siamo piccoli ci sono atteggiamenti dei nostri genitori che odiamo e poi cresciamo, diventiamo noi i genitori e ci ritroviamo a fare gli stessi errori che facevano loro.
A volte invece riusciamo a prenderci il tempo per fermarci un attimo, contiamo fino a 10 e riflettiamo.
Ecco che allora riusciamo a cambiare l’impronta che ci è stata lasciata addosso e prendiamo un’altra strada, molto diversa.
Quante volte ci siamo ritrovati a pensare “Quando sarò grande e avrò dei figli non farò mai così, non risponderò mai così” e poi invece…
Gli anni passano, il tempo passa, succedono tante cose e ci dimentichiamo le vecchie promesse, i vecchi propositi.
Siamo cresciuti, molti di noi da figli sono diventati genitori.
Ora è arrivato il nostro turno, il momento di usare il passato per cambiare il futuro.
Abbiamo piccole armi e grandi possibilità.
Mica male no?!
E quindi unendo “The Zero theroem” a “Locke” ho deciso che ora rileggo il post, lo pubblico e poi spengo il computer e continuo la mia navigazione, ma in spiaggia e senza alzare la voce.
Barbara
 
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La quiete dopo la tempesta

 

Da quando è iniziata la Mostra del Cinema, il Canal Grande è diventato una via vai di taxi che si sono aggiunti numerosi a tutte le imbarcazioni che normalmente navigano quelle acque.
Ve lo dico per cognizione di causa visto che quando sono a casa di mia mamma, qui a Venezia, sul Canal
Grande ci vivo e il traffico lo vedo e lo sento bene!
Amo il silenzio di Venezia, ma in questi giorni di silenzio ce n’è ben poco.
Ieri però, in occasione della Regata Storica, dalle ore 15 il Canal Grande è tornato alle origini: solo barche a remi.
Che spettacolo!
Per circa 4 ore si sono sentiti pochi motori: polizia, ambulanze, per fortuna non utilizzate, e poi loro, i nostri poliziotti a cavallo delle loro nuove moto d’acqua.
Ma quanto sono belli i nostri Poncharello on the water?
Danny e il suo amichetto Nicolò hanno anche avuto la fortuna di salire su quelle stupende moto. Ovviamente giusto per fare la foto,  e con le moto ferme a attraccate sotto casa nostra.
E io, uffa? Ce lo avrei fatto volentieri un giretto per i canali di Venezia, in moto d’acqua e con un poliziotto in divisa (ops, in muta) come autista!
La regata è stata vinta per la dodicesima volta dai grandissimi Rudi e Igor Vignotto, e Luisella Schiavon, moglie di Rudi, ha vinto quella femminile con Giorgia Ragazzi.
Grande famiglia la loro! È rimasto fuori dal podio solo il figlio quattordicenne Mattia, ma ieri per lui era solo la prima volta quindi avrà tutto il tempo per rifarsi.
Sempre emozionante anche la parata storica che quest’anno, per la prima volta, si è fermata a Rialto per un alzaremi e un minuto di silenzio, per commemorare la vittima dell’incidente avvenuto in gondola poche settimane fa.
Peccato che il mio maritino abbia, giustamente, deciso di partire subito dopo la parata storica, per evitare il delirio dopo.
Peccato che per accompagnarlo a prendere il vaporetto alle Zattere (in Canal Grande ovviamente non passavano) ci siamo ritrovati bloccati sul ponte dell’Accademia tra centinaia di persone che non potevano nè salire nè scendere a causa della solita disorganizzazione dei vigili nostrani.
Vabbè, almeno abbiamo avuto un’ultima occasione per stare stretti stretti prima della sua partenza.
Bicchiere sempre metà pieno, giusto!?
Ieri sera alla fine abbiamo cenato alle 19.30 con mio cugino Jacopo e la sua simpatica fidanzata Emanuela e alle 20.30 mi sono addormentata mentre guardavo Peppa Pig sul mio lettone con Danny boy.
Queste vacanze e gli orari in po’ strampalati mi hanno messa “cappaò”
Partirei per Milano anche oggi, per tornare ai nostri soliti ritmi e soprattutto alla mia cucina semi-sana. Ormai rotolo!
Ma Danny inizia la prima elementare il 12 settembre e io posso lavorare anche da qui, quindi mi sentirei in colpa a riportarlo ora in città.
Gli faccio fare ancora un po’ di mare, ma, se promettete di non dirlo a nessuno, vi faccio una confidenza: “non sopporto più la sabbiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!”.
E poi ho voglia di starmene col mio maritino davanti alla tv in tranquillità, magari guardando un bel film comico.
Devo ancora riprendermi da “Child of God” , il film di e con James Franco che abbiamo visto assieme sabato sera. Bravissimo il protagonista Scott Haze, ma troppa violenza.
Ho voglia di freddo, di camino, di vellutate di verdure, di lunghe camminate e di intense sedute in palestra.
So che state pensando che io sia matta, ma non sarà mica una novità no!?
Barbara
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Autografi e taffetá

Sempre emozionante ed effervescente la Mostra del Cinema, ma se devo essere sincera rimpiango le vecchie edizioni di quando ero giovane (poco più giovane di oggi) e vivevo ancora a Venezia.
Nelle scorse serate, prima delle proiezioni dei film in sala grande, al Palazzo del Cinema al Lido di Venezia, fanno vedere dei mini documentari in bianco e nero tratti dall’archivio storico della Biennale del Cinema.
Quelle immagini mi hanno riportata indietro nel tempo, mi hanno fatto tornare alla mente gli anni in cui c’era veramente una grande attesa per ogni film e ogni attore.
Gli anni in cui sono andata con la mamma a comprare il vestito a tubino nero di lino, con le maniche a sbuffo di seta bianca a pois neri e quello verde menta (allora si diceva “verde menta” e non “verde smeraldo”) tutto bello lucido di taffetá.
In sala grande gli uomini entravano in smoking e le donne (anche le più giovani) super eleganti e con il mento all’insù.
Gli attori spesso non arrivavano il giorno stesso per poi scappare magari anche prima della fine della proiezione del film, salendo su aerei privati.
Gli attori non facevano come Scamarcio che due giorni fa ho visto dire a 10 ragazzine che lo seguivano per una foto “scusate non ho tempo, devo fare un’intervista”.
Gli attori scendevano sorridenti dalla gradinata dell’Hotel Exclesior e raggiungevano sul prato i loro piccoli fans in cerca di autografi e non se ne andavano fino a che non li avevano firmati a tutti.
Gli autografi di allora non erano veloci scarabocchi fatti al volo senza alzare mai la testa, come ho visto fare ieri a James Franco e l’altro ieri a Nicolas Cage.
Gli autografi ai miei tempi erano fatti con un sorriso e una dedica, guardandosi negli occhi.
Durante la Mostra del Cinema non arrivavano solo gli attori dei film in concorso, ma anche cantanti e personaggi vari in cerca di visibilità in una settimana così importante.
Non mi dimenticherò mai di quando al Lido arrivó Nikka Costa, la piccola cantante prodigio di cui ero una grandissima fan.
Ero capace di ascoltare “On my own”
anche 20 volte al giorno.
Scoprì che il suo manager era Tony Renis, amico di infanzia di mia mamma, e quindi per un paio di giorni le mie amichette ed io diventammo la sua ombra.
Un giorno ci invitó tutte in camera sua all’Hotel Excelsior e ci chiese di aiutarla a fare il suo autografo su tanti foglietti che poi lei lanciava dalla finestra alle sue fan appostate notte e giorno sotto alla finestra della sua camera.
Ebbene sì, gli autografi di Nikka Costa spesso erano falsi, ora lo sapete!
Verissimi sono invece tutti gli autografi che ho raccolto negli anni nel mio “Libro degli autografi” e che ho ritrovato due giorni fa nella stessa cassapanca in cui ho trovato i miei vecchi diari (http://www.temperateitacchi.com/blog/un-tuffo-nel-passato/)
Monica Vitti, Nino Manfredi, Ornella Muti, Nanni Loy, Carlo Giuffrè, Franco Nero, Paolo Villaggio e tanti, tantissimi altri.
In quel libro sono rinchiuse le firme e i ricordi di una bambina che amava sognare.
Quella bambina oggi è diventata una donna, una moglie e una mamma, e non ha mai smesso di sognare…
Barbara

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Nella foto qui sotto, da sinistra, Francesca, Sabina, Nikka Costa e io semi nascosta da Magherita.

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117 minuti che lasciano il segno.

 
Direi che sono stata fortunata: ieri ho visto il mio primo film, alla Mostra del Cinema di Venezia, e mi è piaciuto proprio tanto.
Ho visto “Joe”, il nuovo film di David Gordon Green con Nicolas Cage.
Un film duro, durissimo.
Un film a volte troppo violento (anche se sono un maschiaccio sono pur sempre femmina), ma bello, davvero bello.
E’ la storia di un ex carcerato (Cage) che si rifà una vita e ce la mette tutta per non ricadere nella violenza.
Cage si prende a cuore un giovane ragazzo figlio di un alcolizzato e con una famiglia difficile.
Quel ragazzo è interpretato da Tye Sheridan.
Tye Sheridan deve vincere un premio (probabilmente il premio “Mastroianni”) perché è stato davvero bravissimo, mi ha toccato il cuore.
“Joe” è uno di quei film che ti lascia qualcosa dentro, prima una grande preso e poi una sensazione di vuoto, profondo.
Ma pian pianino ci ripensi, rielabori e arriva il sorriso.
Sorridi perché ti rendi conto che certe cose, in certe famiglie, succedono davvero.
Ti rendi conto che quello che ti può sembrare irreale e troppo violento, in certe case purtroppo non è un film da vedere sullo schermo, ma la dura realtà, di tutti i giorni.
Bravissimo anche l’attore, non professionista, che ha interpretato il padre alcolizzato e che poco dopo le riprese, è volato in cielo.
Gary Poulter non si è potuto godere la meritata standing ovation di ieri sera, in sala grande, al Lido di Venezia, ma ci avrà guardati da lassù.
Guardandoci tutti dall’alto avrà visto bene anche la testa di Nicolas Cage con quel capello nero corvino e tutto cotonato.
Avrà riso, so che sta ancora ridendo.
Io il protagonista del film di ieri sera lo ho visto molto bene, da davanti, e ho riso, ma secondo me visto dall’alto è ancora meglio!
Bravi, bravi tutti, mi avete emozionata.
E pensare che i biglietti per la proiezione li avevo anche persi per strada e poi li ho ritrovati, dopo un’ora, per terra.
Si vede che era destino che io quel film lo vedessi.
E poi non avrei mai rinunciato a truccarmi e vestirmi in capanna in spiaggia, prima di affrontare il tappeto rosso, adoro!
I vip hanno i camerini e io ho un’intera capanna.
Prima del film, ho fatto anche un salto veloce a Villa Zavagli, per l’aperitivo organizzato dalla Fondazione Furla in onore dell’anteprima del film documentario “The Abramovich Method” di Marina Abramovich con la regia di Giada Colagrande.
Peccato che la sera prima Marina Abramovich, aprendo il portone di un palazzo, si sia vista arrivare in fronte un mattone, come nei cartoni animati, e quindi non sono riuscita a conoscerla.
Magari è arrivata mentre io stavo già inseguendo Nicolas Cage, può essere, chi può dirlo.
Ora me ne vado in spiaggia con quel “capriccione” di mio figlio e il mio maritino che ieri sera è finalmente arrivato a trovarci per il we.
Stasera tocca al film di James Franco, e noi ci saremo.
“Amore mio sappi che lo guarderò arrivare e cercherò pure di fotografarlo da vicino, da molto vicino. Non ti ingelosire dai, lo sai che amo solo te, ma le cose belle vanno guardate no!?”
Barbara

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Nella foto qui sopra, oltre al riconoscibile Nicolas Cage con capello nero corvino e cotonato, potete vedere, con me, il bravissimo mercante d’arte Daniele Crippa con la sua simpaticissima Cristina e qui sopra a destra Mr Rutelli in vaporetto dopo il film (niente barca blu?)

1 oliva + 1 polpetta + 1 Martini

 

E’ da quando siamo salpati in crociera che mio figlio mi tira matta.
Sarà il pensiero che tra poco inizierà la scuola elementare e non ci troverà più i suoi soliti compagni?
Sarà l’età?
Non lo so, so solo che mio figlio, da più di un mese, mi sta davvero tirando matta: fa mille capricci che non hai mai fatto, ha paura di tutto, non è mai contento di niente (e ne facciamo di cose!!!), fa fatica a giocare con gli altri bambini se questi non vogliono fare esattamente quello che vuole lui, risponde male etceterissima (molto più di etc)
GRRR! ARGH! BAU!
Conoscete qualche negozio che venda “pazienza” al kilo? Io l’ho finita, caput.
Ieri l’ennesima scenata: l’ho portato a giocare da un suo nuovo amichetto qui a Venezia, ma tempo di prendere l’ascensore e uscire in calle (le strade a Venezia si chiamano così), che lui era già sul balcone in lacrime che mi urlava di tornare su a prenderlo.
Preso, portato in giro con me che avevo delle commissioni da fare e riportato lì a giocare, restando lì al piano di sotto con la mamma dell’amichetto, che per fortuna è una mia amica.
Non sopporto le sconfitte.
Alla fine il suo amichetto è venuto da noi per il pranzo e il dopo pranzo, così sono stati insieme un bel po’ e si sono divertiti, spero.
Risultato?
Alle 17 ero stanca, un pò abbattuta e parecchio pentita della scenata che gli avevo fatto quando si era messo a piangere chiedendo che io tornassi a prenderlo.
Quindi?
Quindi avevo bisogno di un paio di ore di aria, come i carcerati.
Soluzione?
Un bell’aperitivo a San Servolo, da sempre identificato da noi veneziani come il manicomio.
Dal 2008 l’isola accoglie la succursale dell’Accademia di belle arti, ma fino al 1978 a San Servolo c’era il manicomio o meglio detto “Ospedale psichiatrico”.
Ieri sera si inaugurava la mostra “Open 16”, curata da Paolo De Grandis, ossia un esposizione internazionale di sculture e installazioni che celebra la sua sedicesima edizione e si svolge al Lido e San Servolo, in contemporanea alla Mostra del Cinema.
Arte, musica e un bel pò di amici in una splendida location che una volta era un manicomio.
Direi che una madre, che il figlio sta cercando di tirare matta, non poteva che trovare posto migliore per riprendersi.
Peccato solo per il catering che forse non si aspettava tanti ospiti: ho mangiato credo 7 grammi di tagliatelle (le porzioni erano servite sui piattini della cucina giocatolo di mio figlio) e una tartina di frutta e non ho bevuto nulla (c’era vino, ma non avevo voglia di vino).
Con due amiche e un amico abbiamo visto bene di fare un salto all’Harry’s bar per tappare il buco nello stomaco e vedere se c’era qualcuno di interessante.
Magari c’era Johnny Depp che cenava con George Clooney e James Franco e cercavano compagnia femminile! Capita no?
Ma abbiamo trovato solo Mara Venier, elegantissima nella sua semplicità, e sempre sorridente.
Niente figoni?
Ok, allora io copio le mie amiche e mi bevo un gin-Martini mangiando 1 oliva e 1 polpetta incandescente.
Secondo voi una quasi astemia che all’età di 43 anni, e a stomaco vuoto, beve il suo primo martini…che fine fa?
Fa la fine di una ciucca persa (tipo “ubriaca”, ma un pò meno) che finisce per fotografare tutte le vetrine dei negozi famosi che incontra, ridendo come una matta e ringraziando di non essere una blogger di moda (le foto le trovate tutte sulla mia pagina di temperateitacchi su facebook)
Ecco che fine ho fatto.
Da oggi in poi quando sarò un pò demoralizzata o incavolata, so che la soluzione ideale sarà: 1 oliva + 1 polpetta + 1 Martini
Wow, non pensavo fosse così facile.
Grazie Peggy, grazie Alessandra: mi avete fatto scoprire un nuovo mondo, quello del Martini a stomaco vuoto.
PS: da non fare se dovete guidare, mi raccomando!
Barbara

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