Liberi tutti

 
Mio cognato è appena andato via.
Carlo, il fratello più piccolo di mio marito, è venuto a prendere Danny, poi passerà a Monza a prendere sua mamma (nonna Mary) e li porterà tutti e due a Malpensa dove saliranno su sull’easyJet dell 16.30 diretto ad Olbia.
Le due nonne (mia mamma partirà sempre oggi, ma da Venezia) se ne vanno in Sardegna per 9 giorni e si portano con loro Danny Boy.
Stanno per fare “Mea libera tutti”.
E ora?!
Ora ci metterò tutto il giorno a farmi passare questo senso di vuoto.
valigiafotoE’ stata dura fare quella valigia ed è stata ancora più dura vedere la macchina sparire dietro la curva infondo alla nostra strada.
E’ inevitabile: quando vedi tuo figlio di 5 anni e mezzo che ti fa “ciao ciao” da dietro al vetro della macchina e dopo aver abbassato al volo il finestrino, ti urla ” ti voglio bene”… nella pancia si crea un vortice.
E dietro gli occhiali da sole scende una lacrima, forse anche due.
Ma è già successo quindi so che passa.
Per fortuna oggi ho una giornata di quelle piene quindi tra poco esco e avrò poco tempo per pensare, spero.
Anche se, pensandoci bene, non potrà sfuggirmi il fatto che mio marito ed io per 9 giorni torneremo ad essere liberi e spensierati (?), ma soprattutto senza problemi di baby sitter.
Vuol dire che potremmo decidere anche all’ultimo momento se uscire a bere una birra o a mangiare un gelato.
Quando diventi genitore e non hai la babysitter fissa, non puoi più uscire così, all’improvviso.
Devi sempre programmare tutto: che du maroni!
Avremo anche un week-end tutto per noi.
All’inizio abbiamo pensato di andarcene al mare da qualche parte, ma poi domenica scorsa, per tornare dal lago di Como, ci abbiamo messo 3 ore e allora abbiamo deciso che il nostro fine settimana senza figlio , ce lo passiamo a casa.
Ci faremo delle grandi dormite (notturne) e delle grandi penniche (pomeridiane).
Magari chiuderemo le tapparelle per guardarci un film mentre fuori splende il sole.
Faremo colazione a letto e quando avremo voglia di vedere la luce, saliremo in terrazza e ci faremo anche un “toccio” nella nostra piscinetta (Danny ci ha autorizzato ad usarla).
Gli ultimi saluti

Gli ultimi saluti

Mi sento quasi in colpa a pensare che non c’è poi da essere così tristi se tuo figlio se ne va al mare con le nonne lasciandoci liberi per ben 9 giorni.
Però so che mi mancherà, tanto.
Mi mancherà il suo “Buongiorno mamma” la mattina e i nostri “picci picci”  (coccole) la sera nel letto mentre gli leggo la favola.
Mi mancheranno i suoi capricci e i suoi giganti sorrisi per farsi perdonare.
Mi mancherà tutto di lui, ma vedrò di approfittarne per stare un pò di più con il mio principe azzurro, quello maggiorenne.
Barbara
 
PS: mentre stavo per pubblicare il post mi ha chiamato mia suocera: l’emozione mi ha fatto dimenticare di mettere la carta di identità di Danny nella sua valigia. Che stordita! Stanno tornando a prenderla.
Forse, senza volerlo, lo ho fatto apposta per avere un ultimo bacio…
Terrazzo pronto per week-end senza Danny

Terrazzo pronto per week-end senza Danny

 
 
 
 
 
 

Qualche sfumatura per non aspettare che sia sabato…

 
So che state guardando la foto per capire bene tutti gli oggetti e soprattutto per capire se la foto l’ho fatta io e se quindi sono miei…
Beh, non ve lo dirò mai, neanche sotto tortura.
Però parlo, eccome se parlo.
Pochi giorni fa stavamo andando ad un matrimonio e ci siamo fermati in un autogrill a bere un caffè.
sfumature2fotoEd ecco che in bella vista mi ritrovo loro, i miei compagni della scorsa estate.
Me li sono divorati, letti tutti e 3 in meno di un mese.
Se qualcuno si avvicinava all’ombrellone mentre stavo leggendo, iniziavo a ringhiare.
Devo dire che mi sono piaciuti, molto.
Ok, ok , forse erano un pochino esagerati, ma secondo me, se letti nel giusto modo, possono essere parecchio educativi.
Diciamo che per accendere il desiderio bastano molto meno di “50 sfumature”, ma qualche sfumatura ci vuole, su dai!
E’ normale che all’inizio di un rapporto la passione sia talmente forte che non serve niente di più che un lui e una lei, il loro amore appena sbocciato, la forte attrazione e un posticino dove sdraiarsi (anche se non sempre è necessario) .
Ma dopo qualche anno le cose cambiano.
Se poi arrivano anche i figli…ciao, le cose si complicano davvero.
A volte mio figlio ed io facciamo a gara su chi si addormenta prima e spesso vinco io.
Quando mi sveglio non capisco come mai il letto matrimoniale si sia all’improvviso ristretto, come mai mio marito sia abbracciato ad un coccodrillo gigante e soprattutto come mai io abbia lo spigolo della favola dei tre porcellini che mi sta penetrando… un fianco.
A quel punto capisco, e sorrido.
Ma non c’è molto da sorridere quando alle 21 sei cotta, bollita, “sderenata”.
Non c’è da sorridere quando ti ritrovi a dire “lo facciamo domani che oggi sono davvero troppo stanca” e poi il giorno dopo è stanco lui e quello dopo sei di nuovo stanca tu e alla fine, se siamo fortunati,  si arriva al sabato.
Il sabato diventa il giorno ideale perchè hai avuto venerdì notte, sabato mattina e magari, lui, anche il sabato pomeriggio per riposare.
Quando si arriva a questo punto bisogna reagire.
Se si arriva a diventare “quelli del sabato sera” bisogna fare qualcosa, subito.
E cosa si fa?
Si fa shopping (magari on line: non è chic entrare in un sexy shop) e ci si impossessa di qualche giochino che possa aiutare a risvegliare, tutto.
Poi si tirano fuori dalla cantina quei completini sexy che magari pensavamo che non ci sarebbero più serviti e li si lava bene per eliminare l’odore di muffa (le cantine sì che sono umide, sempre! Ops)
Spesso noi donne ci vergogniamo di dire ai nostri compagni cosa ci piacerebbe fare.
Spesso quando, complice una vodka di più all’aperitivo, riusciamo a lasciarci andare, magari scopriamo che la stessa cosa che avremmo voluto fare noi, la avrebbe voluta fare lui, ma gli scocciava parlarne.
E che sarà mai!?
Volete dirmi che non avete mai desiderato che il vostro uomo vi coprisse gli occhi per non vedere dove sarebbe arrivata la prossima carezza?!?
Volete dirmi che non avete mai desiderato che il vostro uomo vi tenesse ferme le mani per non potervi liberare della presa successiva?!?
Volete dirmi che non vi piace come vi guarda il vostro uomo quando una sera, così, quasi per gioco, vi mettete una camicia da notte più sexy di quella che mettete di solito con gli orsacchiotti?
Se è come penso, parlate!
Agite!
Non c’è niente di meglio che fare ciò che si ama con chi si ama.
E’ il miglior modo per evitare di fare le corna, ma soprattutto di riceverle.
So che forse questo non è un post da lunedì pomeriggio, ma almeno avete tutta la settimana per non dover arrivare a sabato…
Barbara
 
 

Questo mercoledì al Bobino, dancing under the stars con dj Dr Feelx

E come tutti i mercoledì, vi aspetto al Bobino.
Questo mercoledì torna in consolle il grande Dr Feelx.
Temperateitacchi perché ci sarà da ballare parecchio!
Barbara
bobino102013-10-luglio

Odio disfare le valigie, ma amiamo tornare a casa.

 
Alle 21.20 di ieri sera un easyJet ci ha riportati da Bari a Milano Malpensa.
Lasciare la Puglia, quei magnifici posti e i nostri amici, è stata dura, ma non sarei sincera se non dicessi che ero anche felice di tornare.
Anche Danny era triste di lasciare la spiaggia e il suo nuovo gommone, ma era contento di tornare  a Milano, dai suoi amici (i pochi rimasti) e a casa sua.
ritorno valigiafotoL’unica cosa che odio del ritorno è disfare la valigia anche perché di solito faccio una valigia unica per me e Daniele quindi vi lascio immaginare cosa possa uscire da lì quando la riapro.
Ieri sera ci ho trovato dentro anche due pietre che Danny ha raccolto a Cisternino, sul terreno dove stiamo costruendo la nostra casa.
Le ha raccolte da regalare alle due nonne visto che tra pochi giorni partirà con loro per la Sardegna, ma di questo ne parliamo tra poco…
Tanto mi piace preparare la valigia prima della partenza, quando detesto tirare fuori tutto e separare i pani dai pesci.
I pani sono i vestiti ancora puliti che tornano nel mio armadio e in quello di Danny.
I pesci sono invece i vestiti che puzzano e che vanno in lavatrice, ops!
Ovviamente i “pesci” li “rinchiudo” in un sacchetto rigorosamente separato dal resto della valigia.
Nella valigia di ieri sera c’erano anche un lettore dvd, per i film che Danny di solito si guarda in viaggio e ogni tanto la sera prima di dormire, il mio mac e il mio ipad.
Ecco, questi ultimi due sono quelli che hanno contribuito alla mia gioia di tornare a casa, al mio wifi con connessione super rapida.
Io amo scrivere nel mio blog, ma farlo quando la linea è pressochè inesistente, diventa un vero incubo.
Ai trulli della mia amica Flora, dove dormivo, prende solo wind e io ovviamente ho tutto vodafone, argh!
Avete presente “Scorci di Puglia”, il post che ho pubblicato ieri?
Bene, lì dentro c’è una galleria fotografica di ben 42 foto e per caricare quelle 42 foto, ho dovuto lasciare il mio mac accesso e connesso per tutta la notte, nella cucina dei trulli.
La sera prima avevo iniziato a caricare le foto, ma in 2 ore ero riuscita a caricarne solo 9 quindi all’una di notte mi ero arresa ed ero andata a dormire con le orecchie abbassate tipo cocker triste e sconsolato.
A casa 42 foto le carico in 5 minuti, azz!
ritornopcfotoTutte le mattine mi svegliavo e invece di rigirarmi comodamente nel letto, in attesa che si svegliasse mio figlio, il mio primo pensiero era andare fuori a scrivere nel mio blog in modo da avere poi la giornata libera da trascorrere tra cantiere e spiaggia.
Danny ormai sapeva dove trovarmi quando non ero sotto al piumino (eh sì! In Puglia la sera fa fresco e si dorme bene sotto ad un leggero piumino!): ero fuori, seduta al “mio” tavolino verde e giallo con quel lentissimo mac davanti agli occhi.
Adesso che scrivo qui sdraiata sul mio divanone di casa, non mi sembra vero che i tasti rispondano così velocemente ai miei desideri e che le mail non partano più in differita di un’ora circa.
La gioia di tornare a casa ovviamente non dipende solo da fattori tecnologici.
Quando torno a casa e la mattina mi sveglio totalmente rimbambita, arrivo nel mio bagno con gli occhi ancora chiusi e so dove trovare tutto: so che se allungo il braccio alle ore 14.30 trovo lo spazzolino e alle ore 15 il dentifricio.
So che le lenti a contatto sono davanti a me nei contenitori accanto allo spazzolino e se di notte mi scappa la pipì non devo ragionare per cercare di ricordare dove sia il bagno.
Riesco a fare tutto senza inciampare e senza dover accendere la luce.
Grande comodità!
E poi a casa ho tutte le mie cosine: i miei vestiti, le mie creme, il mio balsamo per i capelli, il mio olio magico per le doppie punte, il mio peeling, il mio guanto magico che fa la pelle liscia come il velluto, la mia vasca da bagno…
Adoro i miei capelli quando si arricciano con l’aiuto de mare, ma adoro tornare a casa e farmeli lisci come degli spaghetti, crudi.
Anche Danny è felice di ritrovare tutti i suoi giochi, i suoi libri, i suoi colori e i suoi pacchi di fogli per disegnare.
E’ da quando si è svegliato alle 10.20 (il volo è arrivato alle 23 quindi siamo andati a letto un pò tardino)  che gira per la casa tutto felice tirando fuori tutti i suoi giochi.
Quando parto per pochi giorni mi porto via pochi vestiti, giusto qualche campioncino di creme e poco più.
Non sono una di quelle donne che parte con  il beauty più grande della valigia.
Ho anche tutte le cose di mio figlio quindi devo ottimizzare ai massimi lo spazio.
Mio marito spesso mi consiglia amorevolmente di fare una valigia per me e una per Danny invece di diventare matta per farne una unica, ma preferisco evitare perchè alla fine so chi dovrebbe portarle tutte e due.
Il mio amato maritino è un po’ sbadato e soprattutto pigro!
E poi mi piace tornare quando so che presto ripartirò.
Per ora però riparte solo Danny: martedì se ne va in Sardegna con le due nonne per ben 10 giorni.
So già che mi mancherà, ma sarei falsa come Giuda se non dicessi che sono anche felice.
Sono appena stata al mare con lui 6 giorni di cui 2 anche con il papà e 4 da soli.
Visto che si sa che i papà al mare conoscono solo sdraio, ombrellone e al massimo un quotidiano e i giochini del cellulare, diciamo che sono appena stata al mare 6 giorni “da sola” con Danny.
Ah, ma prima o poi un post sui papà al mare lo faccio!
Più prima che poi.
Chi è mamma sa bene quanto sia stancante stare al mare da sole con un bambino di 5 anni che se non ha degli amichetti della stessa età, ti sta appiccicato addosso come una cozza 24 ore su 24.
Abbiamo fatto di tutto assieme.
Motoscafo in sabbia da me costruito per Danny in spiaggia sotto Ostuni

Motoscafo in sabbia da me costruito per Danny in spiaggia sotto Ostuni

Ieri gli ho anche costruito un vero motoscafo di sabbia in spiaggia.
C’erano troppe onde e a Danny non andava di fare il bagno quindi ho dovuto trovare una soluzione in terraferma.
La mattina uscivamo alle 10 e la sera tornavamo dopo cena, a volte senza mai tornare ai trulli.
Mettevo a letto lui e 5 minuti dopo, a volte anche 5 prima, ero svenuta pure io!
Adesso per 10 giorni potrò uscire tutte le sere anche solo per una birra o un cinema con il mio maritino, senza pensare a con chi resterà Danny.
Potrò finalmente leggere i libri che ho sul comodino, mangerò solo quando avrò fame e dormirò quando ho sonno.
Adesso vado a farmi un bel bagno poi portiamo Danny dalla nonna a Monza.
Ci aspetta una seratina tutta per noi e una bella grigliata al lago per festeggiare il compleanno di mio marito con gli amici del nord.
Barbara
 
 
 
 

Scorci di Puglia

 
Stasera si riparte per tornare a Milano, sigh!
Giusto il tempo per fare un altro bagno con il mio Danny e per andare a ritirare i 2 kg di bombette che ci portiamo a Milano.
Domenica abbiamo una grigliata per festeggiare il compleanno di mio marito con gli “amici del nord” e mi sembra giusto far provare anche a loro i sapori di questa magnifica terra.
Sono stati sei giorni ricchi di emozioni, sei giorni intensi.
Sono stati sei giorni trascorsi a guardarci intorno, a visitare case, alberghi, trulli e splendidi paesini.
Sei giorni in cerca di inspirazioni per quella che sarà la nostra casa, ma che per ora è solo un grande buco al centro del nostro terreno.
Sei giorni ricchi di sogni e di speranze.
Sei giorni di sapori, colori e profumi.
Sei giorni iniziati con il  mio maritino e finiti con il nostro dolcissimo Danny.
Sono stati sei giorni difficili da raccontare a parole perché ce ne vorrebbero troppe e forse non basterebbero per raccontarvi come mi sono sentita.
Vedere una casa che sta nascendo in una terra che amo…è un pò come quando guardavo quel puntino crescere nella mia pancia.
Ho pensato allora di far parlare le immagini.
Cara Puglia, ci mancherai.
Un grazie gigante, di cuore, a Flora e Antonio per averci ospitato e soprattutto per averci fatto sentire già a casa.
Barbara e Daniele
 
 
 

Scorci di vita Veneziana: la porcellana e altre curiosità – Seconda e ultima parte

Ieri vi ho raccontato di come la porcellana sia arrivata a Venezia grazie a noi donne e alla nostra cipria e oggi vi racconterò delle occasioni in cui si utilizzava questo materiale così pregiato ed elegante.
I grandi pranzi erano un fatto sociale: il cibo, di per sé stesso, non era importante, ciò che contava era come veniva presentato.
Cavolo, avrei avuto un gran successo ai tempi, visto che non sono proprio una brava cuoca, ma gioco a copiare le ricette degli altri. Ahahah!
In occasione della visita di qualche importante personaggio, il governo della Serenissima andava sì a riceverlo, in pompa magna, col Bucintoro (la barca del Doge), ma poi delegava una nobile famiglia che doveva accollarsi il piacere e, soprattutto, l’onere dell’ospitalità.
Pare che un principe di Galles, al momento di andarsene, abbia detto a chi lo aveva ospitato, che non avrebbe potuto ricambiare l’invito perché gli sarebbe stato, economicamente, impossibile competere.
Poverino, ma non li vendevano dei piatti decenti in Galles?!?
La tavola, per i pranzi quotidiani, era coperta con tovaglie di lino o di cotone, mentre per un pranzo di gala un telo di seta veniva ricoperto da un copritovaglia in pizzo (di Burano o per i più raffinati, del Belgio).
Io per i pranzi quotidiani uso le tovagliette all’americana di Superman o al massimo quelle con i velieri, anche se mio marito vorrebbe sempre la tovaglia bianca (grazie cara suocera per come hai abituato bene tuo figlio! Grrr).
Per le cene importanti, invece, uso una fantastica tovaglia color panna che sembra fatta di stoffa normale, e invece è fatta di una stoffa impermeabile che se per caso si macchia, si può lavare con la spugnetta senza doverla mettere tutte le volte in lavatrice: adooorooo.
L’uso del tovagliolo era diventato corrente e, per pulirsi bocca e mani, non si usava più la tovaglia.
Eh sì, prima la tovaglia era come un gigante tovagliolo a disposizione di tutti, blaaaaa.
Nei pranzi familiari, l’etichetta non era certo formale, ma libera e a volte pure un pochino troppo libera. Pensate che spesso i “gentiluomini” (gentilissssssimi), con la complicità della luce soffusa delle candele, si slacciavano le aperture laterali dei loro pantaloni e li calavano per non rovinarne il prezioso tessuto mentre mangiavano (le sedie avevano le sedute in paglia di Vienna e spesso non avevano i cuscini).
Tres chic! Secondo me lo facevano sperando che passasse qualcuna sotto il tavolo e con la penombra si immaginasse le cose più grandi di quello che erano… Hihi.
posatefotoPer quanto riguarda le posate: il cucchiaio era usato da sempre per le zuppe mentre il coltello veniva soprattutto utilizzato per tagliare la carne. 
A quanto si dice la punta arrotondata, che distingue il coltello da tavola dal pugnale, fu voluta dal cardinale Richelieu per impedire ad un commensale di pulirsi i denti col coltello.
E io che mi lamento quando in certi ristoranti vedo ancora gli stuzzicadenti sul tavolo!
La forchetta, invece, entrò nell’uso comune assai tardi perché considerata effeminata.
Che giramento di maroni: gli uomini già ai tempi erano “raccomandati” e potevano fare un sacco di cose che a noi donne non erano permesse.
Anche oggi, se ci pensate, se a un uomo, tra le mura domestiche, scappa una “puzzetta” o un “ruttino”, secondo loro non è così grave, ma se scappa a noi diventa una tragedia!
Vabbè, torniamo a parlare di cose serie.
I piatti da portata non erano di grandi dimensioni perché, appoggiati, sulla tavola, accanto ai commensali servivano per due sole persone.
Venivano posizionati in giro anche i rinfrescatoi ossia grandi coppe che, riempite di ghiaccio, erano usate per raffreddare bottiglie e bicchieri.
La manifattura della porcellana Veneziana raggiunse altissimi vertici di gusto e raffinatezza nella fabbricazione dei servizi da caffè e da cioccolata.
La varietà del decoro era vastissima, anche se, per snobismo o per moda, i servizi con stemma di famiglia venivano spesso commissionato a Meissen.
I Veneziani amavano far servire caffè e cioccolata  in tazze, tazzine o ”cicare” (tazze senza manico simili a quelle orientali) che erano basse o alte a campana, più simili ad un bicchiere ed inserite in un supporto di metallo dorato per evitare le scottature.
Si arrivò al punto di offrire il caffè mascherandosi da turchi.
Ci sono infatti molti quadri e stampe di grandi maestri, come Longhi e Tiepolo, che mostrano la società Veneziana nell’atto di offrire e consumare queste bevande in diverse occasioni sia pubbliche che private.
Per finire vi racconto una storiellina divertente che ha per protagonisti una moglie infedele, un amante, un marito comprensivo ed una tazzina di caffè.
La scostumata, approfittando della lontananza dello sposo, invita l’amante a casa.
Mentre stanno facendo “body-building” il marito cornuto torna all’improvviso e li fa sobbalzare.
Lo sposo entra, ma il velocissimo amante ed i suoi abiti sono già sotto al letto.
La sposa sorride, seducente, e lui la raggiunge a letto…
Al mattino, come sempre, la Colombina di turno (la filippina di oggi) porta ai padroni il caffè e complice probabile della signora, si guarda attorno spaventata e curiosa.
Il padrone rimprovera la sua goffaggine si fa servire il caffè, poi, con un rapido movimento, allunga la tazza sotto al letto, chiedendo, ironicamente: ”Con o senza zucchero?!?”.
Adoro mio zio Agostino: senza di lui non avrei mai saputo tutto ciò e soprattutto non mi sarei fatta quest’ultima grassa risata!
Barbara

Scorci di vita Veneziana: la porcellana e altre curiosità – Prima Parte

Essere in Puglia a seguire il cantiere della nostra casa sta scatenando tutta la mia fantasia e la mia immaginazione.
Ormai sogno ad occhi aperti e visualizzo la casa già finita ed arredata, pronta ad accogliere parenti ed amici.
Il problema è che ho già fatto i primi danni: due giorni fa ho comprato 6 sdraio per la nostra futura piscina e ieri ho rischiato perchè la mia amica Flora mi ha portato da un artigiano di Ostuni che fa oggetti di ceramica e terracotta (per fortuna mi sono trattenuta e non ho comprato nulla)
Ammirare tutti quei piatti, ma non solo, e iniziare a “vedere” la nostra cucina dove preparerò i miei pranzetti e le mie cenette per i nostri ospiti, mi ha fatto pensare a mio zio…
zio Agostino

zio Agostino

Un paio di mesi fa, durante una della trasferte a casa di mia mamma a Venezia, sono andata a trovare mio zio Agostino.
Mio zio agostino dipinge, sa cucinare divinamente ed è un appassionato della storia Veneziana quindi quando vado da lui spesso rimango ad ascoltare i suoi racconti.
L’ultima volta che sono andata a casa sua, mi ha svelato la storia della porcellana.
Ne sono rimasta letteralmente affascinata quindi oggi, con l’aiuto dei suoi preziosi appunti, cercherò di raccontarvela.
A Venezia la manifattura della porcellana è nata intorno al termine del secondo decennio del ‘700
La prima fu quella di Vezzi, che seguì di pochi anni (1714) quella di Meissen in Sassonia.
I preziosissimi, ricercatissimi, rarissimi e, naturalmente, costosissimi oggetti di questo materiale erano stati importati fino ad allora dalla Cina.
Per vari secoli in tanti tentarono invano di produrre la porcellana in Europa e tra loro ci furono i Medici che investirono un sacco di soldi in questo inutile tentativo.
Quello che non si sapeva era l’esatta lista dei componenti dell’impasto perchè i cinesi, ovviamente, si tenevano ben stretto il loro segreto: uno dei componenti della porcellana era top secret!
All’inizio del ‘700 il segreto, che si divulgò rapidamente, fu svelato: si trattava del caolino.
Quasi contemporaneamente una cava di questo materiale fu scoperta in Sassonia, e, a Meissen, si cominciarono a produrre  oggetti di porcellana.
Naturalmente in  Sassonia fu subito messo il divieto assoluto di esportare quel materiale.
Ma i Veneziani , che erano parecchio furbi, riuscirono ad ottenerlo, di contrabbando, pagando a carissimo prezzo una fantomatica ” cipria ” di cui nessuna dama mai fece uso.
Che fenomeni, e comunque alla fine il merito è sempre di noi donne! Hihi
Fu così la produzione della porcellana arrivò dalla Cina all’Europa rendendo così possibile il possesso di oggetti in questo materiale ad un più vasto numero di acquirenti sia per il prezzo ormai ben più accessibile, sia per la quantità di oggetti che il mercato proponeva.
Il nome, datole da Marco Polo, pare derivi dalla somiglianza con certe conchiglie tondeggianti e rosee come, appunto, un porcellino.
Io questo proprio non lo sapevo!
Certo è che comunque l’impiego della porcellana non entrò nell’uso quotidiano, dove si adoperava la ceramica (che è simile alla porcellana, ma molto meno pregiata)
La porcellana si usava solo in  occasione di feste o di importanti ricevimenti.
Nei primi tempi veniva usata al posto dei servizi d’argento, oppure d’oro, nelle grandi circostanze.
A proposito di questo, è famoso un aneddoto riguardante la “doviziosissima” (amo questi vecchi paroloni che non si usano più!) famiglia Labia: pare che un suo esponente, alla fine dei lussuosi pranzi che offriva, usasse lanciare in Canal Grande le stoviglie su cui gli ospiti avevano mangiato ed accompagnasse il gesto dicendo:”Che l’abia o non l’abia son sempre Labia!”
Vorrei tanto conoscere il nome del suo pusher, ops!
Nei servizi di ceramica, e naturalmente ora di porcellana, la quantità dei piatti era enorme, sproporzionata a quella degli invitati composta, anche nei grandi avvenimenti, da un numero limitato di persone.
A questo proposito ora vi svelo un altro aneddoto a dir poco buffo che mi ha raccontato sempre mio zio .
Mio zio un giorno andò a casa di amici, che spesso organizzavano importanti cene, e vide, appeso alle pareti, un enorme servizio di Wedgwood; la sala da pranzo era letteralmente tappezzata da piatti da portata e non solo.
Qua e là, sulle mensole, spuntavano anche delle bellissime zuppiere bianche.
“Tanti vero?” , chiese a mio zio il suo amico. “Aspetta! Ti faccio vedere l’ordine. Riderai!”
Poco dopo, datato 1780, gli fu mostrato un documento dove, in italiano, si leggeva :
“Vogliate inviarci:
250 piatti fondi
250 piatti piani
30 zuppiere grandi
15 zuppiere piccole
40 piatti da portata grandi
40 piatti da portata medi
40 piatti per contorni
15 legumiere
12 salsiere  
2 o 3 vasi da notte”
L’ordine era indirizzato al Signor Wedgwood in Inghilterra.
Dopo qualche mese, via mare, la famiglia ricevette quanto ordinato. ”Solo che, concluse l’amico, i vasi da notte erano 203″, come da ordine.
Secondo me i Wedgewood avevano lo stesso pusher del Sig. Labia
E non finisce qui…
A domani per la SECONDA ed ultima PARTE
Barbara
I miei piatti di porcellana

I miei piatti di porcellana

Le ceramiche inglesi del trullo di Flora

Le ceramiche inglesi del trullo di Flora

 
 
 

Compleanno in cantiere

La notte prima del compleanno di mio marito, per la prima volta da quando è nato Danny, abbiamo dormito tutti e tre stretti stretti nello stesso lettone.
Che emozione…
Che emozione sapere che il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di mio marito e che proprio in quel giorno così speciale, noi 3 saremmo andati in cantiere a vedere il “buco”.
Eh sì, perchè casa nostra per ora è solo un grande buco, ma è lì, e sta pian piano prendendo le forme di una vera casa , la nostra casa.
L’ultima volta che siamo scesi in Puglia i lavori non erano ancora iniziati quindi del cantiere avevamo solo visto le foto che ci ha mandato il mitico Pietro Baccaro, il geometra/architetto che sta seguendo i lavori.
Il cantiere dal vivo non lo avevamo ancora visto.
Ci siamo innamorati della Puglia circa 5 anni fa e da allora abbiamo deciso di cercare un rudere da ristrutturare.
Per la verità in Puglia ci sono arrivata prima io quando “annissimi” fa (adoro inventare le parole!) ero fidanzata con un ragazzo di Bari.
La Puglia dei trulli e della campagna, però,  l’ho conosciuta con la mia amica Flora, da cui siamo ospiti ora, e subito dopo con mio marito con cui sono venuta spesso in vacanza.
Abbiamo cercato per anni dei trulli da ristrutturare, ma non trovavamo mai quello che cercavamo.
Da precisini spacca maroni che siamo, mio marito ed io avevamo le idee belle chiare: volevamo un bel terreno con un rudere al centro del terreno e non volevamo spendere troppo.
Non volevamo correre il rischio di ritrovarci troppo vicini ai vicini. 
Il problema è che i trulli nascono come depositi degli attrezzi e quindi sono quasi sempre sui confini.
E poi abbiamo scoperto che ristrutturare i trulli, se fatto bene, costava davvero tanto e a quel punto abbiamo cambiato idea: “compriamo un bel terreno vuoto, tracciamo due diagonali e nel punto di incrocio facciamo la nostra casa, ex novo”.
Detto fatto.
Abbiamo trovato un bel terreno agricolo che abbiamo comprato facendo davvero un affare, ci siamo affidati ad un geometra del posto posto, molto in gamba, che ha ottenuto l’edificabilità del terreno e ora stiamo costruendo le nostre “lamie” che, assieme ai trulli, sono una classica costruzione della zona.
Non nego che per noi sarà un sacrificio costruire questa casa, ma è un sacrificio che facciamo col cuore per noi e per il futuro di nostro figlio.
Avere una casa tutta nostra in Puglia è il sogno di tutti e tre.
Adesso abbiamo un terreno pieno di ulivi e di alberi da frutto (ieri abbiamo mangiato i nostri primi 2 fichi) e nel centro di questo terreno sta nascendo la nostra casa.
sdaraiofotoIeri dopo la visita al cantiere siamo andati a trovare un nostro amico che ha una spiaggia e abbiamo comprato 6 delle sue vecchissime sdrario in legno.
Sono pazza lo so, a volte sono peggio di Bridget Jones: non abbiamo ancora una casa, ma ho già comprato 6 sdraio per la nostra piscina.
Quando la casa sarà finita ci verremo a passare tutte le vacanze che potremo fare e quando non ci saremo noi la affitteremo.
Il bello di questa zona è che vive col turismo straniero da metà aprile a metà ottobre e quindi c’è un ottimo mercato per un lungo periodo dell’anno.
Certo è che se qualcuno ci dovesse chiedere il nostro nido anche ad agosto, decidendo di ricoprirci di soldi…noi daremo le chiavi e troveremo di sicuro un’alternativa!
Sarà il nostro nido, ma anche un investimento e vi dirò di più: se troviamo qualcosa da fare qui in Puglia, noi ci trasferiamo pure.
Potremmo sempre vendere terreni e aiutare nelle pratiche per costruire, ormai stiamo diventando dei veri esperti.
A.A.A. Temperateitacchi forse venderà e affitterà nella tera degli Ulivi.
Sarà severamente vietato indossare tacchi: i tacchi si temperano, ma si lasciano in città!
Barbara 
 
cantierefoto
 
 
 
 

Non fare lo struzzo – lezione numero 8: Autostima e ottimismo

 

Non se capita anche a voi, ma io parlo di brutto non solo con gli altri, ma anche con me stessa e spesso non sono per niente simpatica.
Saper dialogare con sé stessi è indispensabile per saper comunicare con gli altri, ma proprio per questo motivo bisogna stare attenti perché a volte i nostri conflitti interni vengono involontariamente proiettati sugli altri, provocando incomprensioni, disagi e a volte barriere insormontabili
Per migliorare il dialogo con noi stessi e con gli altri, ci sono almeno cinque atteggiamenti da evitare quando parliamo con noi stessi.
1) Lamentarsi dei problemi : lamentandoci e brontolando sempre, ci identifichiamo con il problema, non con la soluzione quindi è alle possibili soluzioni che bisogna pensare e non sempre e solo al problema: ”Come voglio che questa situazione cambi? Come posso risolverla”
2) Drammatizzare : spesso anche io tendo a vedere come potenziali disastri anche delle cavolate, poi mi fermo un attimo, cerco di razionalizzare e finisco col ridimensionare le possibili situazione negative e gli imprevisti che capitano tutti i giorni. Allarmarsi troppo presto non serve a nulla, anzi.
3) Aspettarsi il peggio: “E se oggi non mi arriva quella telefonata? E se mi lasciano a casa dal lavoro?” .
Aspettarsi il peggio crea solo ansia e l’ansia non è mai di aiuto.
Anche qui, come nel punto uno, è sicuramente più utile pensare a come far sì che le cose vadano bene.
Siate positivi e le sarà più facile che le cose vi vadano bene.
Pensate che oggi sarà una bella giornata e che troverete parcheggio al primo giro e vedrete che succederà.
C’è un libro bellissimo e molto vero che vi consiglio, si chiama “The secret” e spiega che non bisogna sempre pensare in negativo perché sennò il “negativo” arriva e quindi per esempio mai pensare “speriamo che oggi quell’appuntamento non vada male”, ma pensare invece “speriamo che oggi quell’appuntamento vada bene”.
4) Farsi pregiudizi: questa è una cosa che non ho mai sopportato. Quando da piccola venivano in dieci a dirmi che “tizio” era uno stupido o un antipatico, io la prima cosa che facevo era andare da “tizio” per cercare di conoscerlo bene senza fermarmi alle apparenze come tanti magari facevano. Lo facevo anche perchè sapevo che anche di me, prima di conoscermi, spesso la gente diceva che ero una che se la tirava. Ho tanti difetti, ma credo che l’ultimo sia proprio quello di tirarmela!
Secondo me in tutti noi c’è qualcosa di buono, bisogna solo andare a fondo nei rapporti e non fermarsi alla “buccia”.
Siamo tutti esseri umani, con personalità uniche, ciascuno con i suoi pregi e difetti.
5)Essere perfezionisti: questo punto purtroppo, dovrei renderlo liquido e iniettarmelo un paio di volte al giorno, azz!
“Dovrei fare meglio”, “Sarebbe necessario che…”, “Devo fare di più”, “Sarebbe opportuno che…” sono tutte espressioni che, usate eccessivamente ed in modo sconsiderato, presuppongono regole e modelli di comportamento che ci fanno diventare troppo severi con noi stessi.
Se non ci si adegua a certe regole sembra quasi che caschi il mondo.
Fino a che si tratta di rispettare limiti di velocità sulle strade o evitare di creare pericoli per sé o altri può andare bene, ma se questo tipo di ragionamento lo si applica anche a situazioni di vita che non lo richiedono affatto, allora non è più cosa buona e giusta.
“Dovrei essere più intelligente”, “A quest’età dovrei già essere sposata” .
In questi casi sarebbe parecchio più utile sostituire il verbo “dovrei” con “potrei”, dando così a noi stessi una possibilità di scelta.
Imparare a comunicare efficacemente con noi stessi e con gli altri ed essere ottimisti, è davvero molto importante e porta ad un sacco di vantaggi sia nella vita personale che nel lavoro.
1) Si è in grado di raggiungere molti più obiettivi nella vita personale e professionale.
2) Ci si diverte di più, ci si ammala di meno e si vive più sereni
3) Si ottiene più rispetto degli altri: molta parte della comunicazione si basa sull’imitazione quindi se io alzo la voce qualcuno la alzerà dopo di me, ma se usiamo dei modi gentili, sarà facile che gli altri ci seguano in questo atteggiamento.
Spesso mi lamentavo dei modi di mio marito, ma da quando ho capito che anche i miei non erano proprio all’acqua di rose, ho iniziato a cambiare i miei e vedo che mio marito mi sta pian pianino seguendo.
4) L’ottimismo è contagioso e quindi esercita una forte influenza sugli altri. Se ci comportiamo in modo onesto, attento, educato e positivo nei confronti degli altri, è più probabile che riusciamo a coinvolgerli ottenendo di più di quello che otterremo con un atteggiamento negativo ed arrogante.
Sto insegnando a nostro figlio che se una cosa la chiedi gentilmente e chiedendo sempre “per favore”, è difficile che qualcuno ti dica di no.
6) L’ottimismo riconosce e gestisce in maniera costruttiva i conflitti : ognuno di noi ha talenti e capacità diverse, quindi collaborando possiamo raggiungere obiettivi che da soli non potremmo mai raggiungere. Bisogna ricordarsi che gli altri spesso sono diversi da noi in termini di interessi, bisogni, valori e che può capitare che si manifestino divergenze interpersonali. Una buona comunicazione e il giusto atteggiamento, permettono di superare molti conflitti.
7) L’ottimismo permette di raggiungere uno stato di pace mentale: siccome il modo in cui trattiamo gli altri si riflette sul nostro stato mentale ed emotivo, un modo sereno e creativo di rapportarci agli altri contribuirà ad abbassare il nostro livello di stress e a farci sentire meglio.
8) Si vive in modo più sano : come dimostrano i numerosi casi riportati in letteratura, il sostegno emotivo è alla base di una buona relazione con gli altri e rappresenta un elemento di primo piano per affrontare e superare anche malattie gravi.
Direi che a questo punto vale la davvero la pena contare fino a 10 prima di arrabbiarsi per delle cavolate, non fasciarsi la testa prima di essersela rotta e non essere tragici quando non c’è nulla di così grave per esserlo.
Siate positivi, siate ottimisti, ricordatevi di quante cose avete di cui gioire e non pensate sempre a quello che vi manca.
Se c’è davvero qualcosa che vi manca, non siate tristi perchè vi manca, ma pensate a come procurarvela…
Be positive!
Love
Barbara
 
NB: Vi ricordo che questa rubrica esiste grazie ai preziosi spunti dello psicologo coach Steve Benedettini. Se volete incontrarlo o volete informazioni sui corsi che tiene, chiamate il suo studio di Rho allo 02.93904504 o scrivetegli a info@alphacenter.it

La forza delle emozioni condivise.

 
La forza delle emozioni è sicuramente più intensa quando le puoi condividere.
Se ricevi una bella notizia la prima cosa che fai è gioirne, ma la seconda è pensare a chi chiamare per primo per condividere la tua goia.
Quando Denzel Washington se ne è andato da casa mia dopo avermi “baciata”, erano le 5 del mattino quindi ho dovuto aspettare con trepidazione che arrivassero le 9 per poter chiamare tutte le mie amiche e raccontarlo, eh che cavolo!
Ieri siamo stati al matrimonio di Claudio e Francesca.
Claudio è uno dei migliori amici di mio marito e Francesca, prima di diventare la fidanzata di Claudio, è stata per anni la sua amica.
Essere amici e quindi liberi di essere sé stessi senza maschere e finzioni, e poi scoprire di amarsi, forse è il percorso più bello che una coppia possa fare.
Ma torniamo alle emozioni.
matrimonio2fotoIeri ne ho vissute tante, davvero tante: l’arrivo di Claudio in chiesa con il suo solito sorriso che ieri celava un’emozione forte, intensa; l’arrivo di Francesca e tutti gli occhi puntati infondo alla chiesa per vederla arrivare all’altare accompagnata dal suo papà; lo scambio delle promesse e degli anelli (per un attimo dimenticati e poi infilati nel dito sbagliato); gli amici che leggevano condividendo con noi la loro emozione; l’uscita degli sposi dalla chiesa, i petali bianchi che volavano sulle loro teste e quel dolcissimo baciamano fatto dallo sposo a sua moglie; la partenza in carrozza e l’arrivo a Villa Sparina tra gli applausi e le urla di noi amici che a turno avevamo superato quella bellissima, ma lentissima carrozza che saliva su su per le colline di Gavi; l’aperitivo in giardino con gli sposi e gli amici che cantavano le canzoni della loro vita, i loro ricordi; la cena nelle splendide cantine della tenuta; il taglio della torta con “Amami” di Emma Marrone come colonna sonora, un bacio lunghissimo e appassionato e la dolce promessa di Claudio “prometto che ti farò felice tutti i giorni fino a che mi si apriranno gli occhi”.
Gli occhi…i miei erano pieni di lacrimoni ieri e lo sono anche ora mentre scrivo.
Che bella promessa ha fatto lo sposo a sua moglie, che dolcezza ho visto in quelle carezze che Claudio ha fatto al viso di sua moglie prima di baciarla, e lo ha fatto davanti a parenti ed amici, davanti alle persone che hanno condiviso con loro le emozioni più importanti della loro vita e che continueranno a farlo.
E’ stato emozionante anche vedere la sposa e il suo papà ballare assieme nella discoteca allestita per il dopo cena.
E’ stato emozionante tutto.
Sono state emozioni molto intense perchè condivise con le persone che si amano. 
Senza titolo10 Io sono felice di avere sposato mio marito a Las Vegas e lo rifarei 10, 100, 1000 volte, ma eravamo da soli, la cappella era vuota e mia mamma e nostro figlio erano davvero lontani, troppo lontani ed soprattutto ignari.
Sarei bugiarda se non dicessi che il mio sogno rimane quello di sposarmi anche in Italia, in Chiesa, nella mia città, a Venezia.
Purtroppo mio padre non potrà accompagnarmi all’altare, ma so che da lassù sarà fiero e orgoglioso di vedere sua figlia che si avvicina al suo compagno con gli occhi sicuramente pieni di lacrime di gioia. 
Vorrei farlo per poter condividere questa emozione così forte anche con mia mamma, nostro figlio e le persone importanti della mia vita.
Vorrei che mi vedessero entrare in chiesa con la gioia dipinta sul volto.
Vorrei che vedessero e sentissero quando prometterò a mio marito di stargli vicino nel bene e nel male, fino a che la morte non ci separerá, perché è la cosa che più desidero, col cuore.
Vorrei che i nostri amici fossero felici di vederci felici e ancora assieme anche se spesso siamo peggio di Sandra e Raimondo.
Vorrei che nostro figlio ci portasse le fedi.
Ma soprattutto vorrei indossare il mio bellissimo abito da sposa che ho comprato anni fa a una svendita di Ferrè e sta aspettando in armadio il suo momento di gloria, ops!
In attesa di quel giorno, la già Signora Agrati si gode e si sbaciucchia con passione il già marito Marcello.
Barbara

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