Piccoli sconci scorci di dialetto veneziano: post vietato ai minori di 18 anni.
Quando da ragazzino vai in vacanza in un posto dove la lingua parlata non è proprio la tua, quali sono le prime cose che si imparano?
Le parolacce.
E infatti mio marito, che in confronto a me è un ragazzino, le prime cose che ha imparato quando si è fidanzato con me sono state le parolacce o meglio, alcuni modi di dire simpatici, ma un pò pesantini, che hanno i veneziani.
Il bello è che il mio maritino spesso si diverte ad esercitarsi quando siamo in vaporetto.
Pericoloso, molto pericoloso.
Certe cose gliele ho insegnate io che del dialetto veneziano so ben poco quindi si sente lontano un miglio che mio marito non è del posto e di conseguenza il suo modo di parlare sa da presa in giro.
Ocio!
Un paio di giorni fa cercavo su internet il vero significato di uno dei nostri “delicati” modi di dire e mi sono imbattuta in un sito fantastico che spiega tutto per benino.
Se siete di quelli che si scandalizzano allora lasciate stare e cambiate blog, subito.
Se invece avete voglia di farvi due risate continuate pure a leggere.
Alcune frasi e alcune varianti ho preferito non pubblicarle e vi lascio immaginare il perché…
Chei cani dei to morti: modo di dire, molto comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche, ma qui la faccenda si ingarbuglia…
Variante: “I to morti” (semplice) , “Varemengo ti ta morti” (composto) , “Chei becanassi de tuti i to morti” (in questo caso i parenti sono stati traditi, in vita, dalla propria moglie)
Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro qualcuno (NB della BLOGGER: lo so che è pesante, ma è una delle più famose e non me la sono sentita di cancellarla!).
Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi.
Spesso questa frasetta “carina e leggera” viene addirittura usata nelle frasi per intercalare al posto del “cioè” italiano.
Varianti: “Che ghe sboro” , “sboro mi” , “che ghe sbiro”(NB della BLOGGER: quest’ultima è la versione soft che usavo spesso da sbarbata).
Ma ti se sbregà: letteralmente: “sei rotto?” come per dire che c’è qualcosa in te che non funziona.
Date cò un legno: darsi le botte in testa da soli con un pezzo di legno. Frase tra quelle più recenti che viene utilizzata per dire a qualcuno di mettere la testa a posto.
Buso de cueo: apprezzamento verso una bella ragazza.
Buso de cueo 2 : avere fortuna.
S-ciopà : letteralmente scoppiato. Si dice di solito ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra esserlo.
Imatonìo : persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
Casso : persona un pò imbranata. “Casso” messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
Es: temperateitacchi.com sì che è un blog divertente “casso”.
Col casso : figurarsi, scherzi?, No di certo!
Goldòn: preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che diceva “Gold-one!”.
Ma ti gà e moròidi in testa? : domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della “faccia da culo”.
Muso da mona: faccia da vagina: classicissima espressione veneziana (e non solo veneziana) per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido.
Ciapar cassi per attaccapanni: più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare “prendere un abbaglio”. Letteralmente “confondere i peni con appendiabiti” (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).
Bene, adesso se volete venire a farvi un paio di giorni in questa splendida città, imparate un paio delle frasette qui sopra, magari di quelle più soft.
In certi posti dove si va a fare l’aperitivo, se ti scambiano per veneziano ti fanno lo sconto.
Ahahah
Barbara
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