Il primo mi è venuto parecchio bene, e quindi non vi nego che ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di fare il secondo.
Ma sono stati giusto dei momenti…
Ho partorito Daniele che avevo già 37 anni.
“Già”?
Eh sì, già!
Sono contenta di essere diventata mamma a 37 anni perché ho avuto tempo per me, per la mia libertà, per viaggiare, per amare e per confrontarmi, con la vita.
Anche quando diventi mamma puoi viaggiare, e fare tutto quello che facevi prima, ma è ovvio che le cose cambino, e che a volte diventino più complicate, e meno spensierate.
Ci sono quelli che sostengono che i figli non debbano rimanere figli unici, e sono quelli che quando ti vedono mano nella mano con tuo figlio, guardano prima lui, e poi te, con quel sorrisetto stampato in faccia esordiscono con un bel: “Ma non lo lascerai mica figlio unico vero?! Gli fai un fratellino o una sorellina vero?!”
A parte il fatto che se evitate di dirlo davanti a Danny mi fate un favore!
E’ ovvio che poi parta all’attacco anche lui, e allora via a ricordargli che i fratelli piccoli, se ti va bene, ti rubano i giochi e, se ti va male, te li rompono proprio.
Ma poi, diciamocelo, non ho più l’età per fare il secondo!!!
A febbraio ne faccio 45, non mi chiamo Heather Parisi e non sono d’accordo sul fatto che ormai, ai nostri tempi, i figli si possano tranquillamente fare anche a 50 anni.
A farli siamo capaci tutte, menopausa permettendo, ma poi?
Quando tuo figlio ha 20 anni e ha bisogno di te, e tu ne hai 70 e il tuo unico pensiero è ricordarti dove hai messo la dentiera?
No grazie!
A parte il fatto che ogni donna è diversa dalle altre, e ogni donna conosce i suoi limiti, e le sue forze, ma io sono dell’idea che ci siano dei tempi per tutto.
Fare un figlio dopo i 50 è un po’ come avere delle gambe mozzafiato e ostinarsi a mettere minigonna e calze a rete anche dopo i 60.
Fare un figlio in età troppo avanzata è un gesto egoistico, ecco, l’ho detto.
Io un giorno sì, e un giorno no, mi auguro di poter stare accanto a mio figlio, in salute, il più a lungo possibile, e già ho le mie paure, avendolo fatto a 37.
Da quando sono diventata mamma ho scelto di stare con lui.
Avrei potuto dedicarmi di più al lavoro, con la speranza di diventare un donna in carriera, e invece ho scelto lui.
Ammiro le donne che escono di casa la mattina e vanno a lavorare, senza poter rivedere i loro figli, fino a sera, ma io non ce la farei.
Io ho un bisogno fisico di condividere tutti i momenti che posso, con lui.
E allora lavoro meno, e guadagno meno, cosa che in questo momento mi pesa, ma, quando lo aspetto fuori dal portone della scuola, e lui mi vede e sorride, sono contenta della scelta che ho fatto.
In America alcuni colossi come Facebook e Google si sono offerti di pagare il congelamento degli ovuli alle loro dipendenti, per rimandare le loro gravidanze.
Aziende disposte a pagare 3000/5000 euro per tenersi una dipendente in carriera, senza prole a carico.
Ma vi rendete conto?
La carriera prima di tutto, e poi?
E poi orde di donne che partoriscono a 50 anni; orde di donne abituate alla loro libertà che si ritrovano all’improvviso in una realtà parecchio diversa da quella vissuta per mezzo secolo; coppie che, inevitabilmente, entrano in crisi e figli, che già da piccolini si ritrovano sbattuti a destra e sinistra.
Non sto scherzando, giuro!
Da oggi in poi, nei benefit che le aziende offrono alle proprie dipendenti, oltre alla macchina e al cellulare, potrebbe sbucare il “congelamento gratuito degli ovuli”.
Il congelamento degli ovuli esiste da anni, ma normalmente viene usato da quelle donne che, spesso per motivi di salute (vedi chemioterapia), rischiano di compromettere la loro fertilità.
Ma se invece di portare una donna a dover scegliere tra la carriera e la maternità, le aziende dessero il modo alle donne di poter fare entrambe le cose? Senza dover arrivare ad una scelta così dura e ingiusta?
Offrire dei bei nidi accanto agli uffici, no?!
Solo nei casi in cui una donna ha difficoltà a rimanere incinta concepisco il ricorrere alla scienza, alla medicina.
Per il resto penso che la maternità sia una gioia che vada vissuta, e non programmata.
In tutte le scelte che si fanno nella vita ci sarà sempre un dritto e un rovescio, della medaglia.
L’importante è ricordarsi che la medaglia ha due lati, e che quando ci si sente un po’ in difficoltà, bastano due dita e un piccolo gesto, e la medaglia si può sempre girare.
Barbara