Il tempo che vorrei

Domani compio 47 anni e, come ogni anno, prima del mio compleanno, cerco di fermarmi un attimo per fare qualche bilancio (durissima per me fermarmi un attimo)

Probabilmente nun ve ne pò fregà di meno, ma ora vi dirò lo stesso cosa ne è venuto fuori da questi bilanci 🙂

Quando una mamma ha paura di invecchiare…

Ogni tanto mi sento chiedere se ho paura di invecchiare.
Spesso rispondo senza pensarci troppo, e dico di no, ma poi ci penso, e ci ripenso…

La mia prima corsa e la sua prima partita: c’è sempre una “prima volta”

 

È stata una 48 ore ricca di prime volte: io ieri ho fatto la mia prima corsetta e oggi il mio cucciolo è andato a vedere la sua prima partita, allo stadio, col suo papi!

Per mio figlio che ha 7 anni è normale che quasi ogni giorni ci sia una prima volta, ma per me che di anni ne ho ho 45…

Nella vita secondo me ci dovrebbe essere sempre una “prima volta”, da quando emettiamo il primo vagito, a quando esaliamo l’ultimo respiro.

Tragica? No! Realistica, curiosa e speranzosa.

Che vita sarebbe senza una “prima volta”, ogni tanto?!

Ve la ricordate la prima volta che avete baciato qualcuno sulla bocca? Qualcuno che non fosse un vostro parente stretto?

Io sì: ero a Ponza ed ero giovane, molto giovane.

Forse avevo 8 anni, non ricordo, ma ricordo lui, quel ragazzetto romano con i capelli un po’ lunghi che piaceva a tutte, ma che quella sera, tra una partita di ping pong e l’altra, ad un certo punto ha deciso di sfiorare me, con le sue labbra…

E “quella” prima volta ve la ricordate?!
Io sì: che paura!

Ma la prima volta che ricordo con più allegria è stata quella del primo bacio con la lingua: continuavo a chiedere alle amiche più esperte se la lingua andava girata in senso orario o antiorario.

Effettivamente, ripensandoci, sono sempre stata una precisina, troppo precisina, ahahahahah!

E quella volta che uscì con un ragazzo più grande di me e per la prima volta un maschio mi toccò il seno?

Il giorno dopo, in spiaggia, mentre mi infilavo il reggiseno del costume, mia mamma mi chiese se l’amico con cui ero uscita la sera prima mi aveva toccato il seno.

Io diventai rossa e urlai subito “no!”, e lei, ridendo,  mi disse di non mentire, perché si vedeva.

A quel punto diventai ancora più rossa e, d’istinto, mi coprì i due seni velocemente, con le mie mani.

Che tonta!

Mia mamma iniziò a ridere per prima, e io la seguì a ruota, capendo che da qual momento in poi, a mia mamma, avrei potuto raccontare tutto, senza temere sgridate o giudizi scontati ed affrettati, come spesso fanno alcuni genitori quando si dimenticano di essere stati giovani, anche loro.

La prima volta fa sempre brutti scherzi.

La prima volta emoziona; la prima volta stordisce; la prima volta delude; la prima volta fa venire voglia di farlo un’altra volta, fa venire voglia di fare una giravolta, di guardare in su, di guardare in giù, e di dare un bacio a chi vuoi tu, ahahaha!

Chissà cosa avrà provato oggi il mio cucciolo entrando in quel grande stadio che io conosco bene: io lavoravo al Milan, e per anni ho tifato Milan, ma lui ha deciso di tifare Inter, come il suo papà, e come tanti suoi amici.

Delusa?

Ma chisseneeeeeeeee

Io non tifo più per nessuno!

Al Milan, delle persone a cui volevo bene, non è rimasto più nessuno, e a me del calcio non me n’è mai importato molto.

Certo è che mi farà un po’ strano quando, per la gioia di mio figlio, mi ritroverò a sperare che la sua squadra del cuore vinca, ops!

Oggi Danny, e alcuni suoi compagni di classe, sono andati a vedere Inter-Genova, con i loro papà.

Quelle sì che sono le prime volte che non si dimenticano, specialmente quando si vince, e tutti ti dicono che è stato anche un po’ merito tuo, che hai portato fortuna.

Prima di Natale Danny aveva avuto occasione di vedere i suoi idoli dell’Inter dal vivo, in giacca a cravatta, e oggi li ha visti di nuovo dal vivo, ma in mutande, mentre correvano dietro a quel magico pallone che tante emozioni sa regalare.

Correre…

Anche io ieri finalmente ho corso, ma non in mutande.

Mi sono fatta convincere da un caro amico che ormai corre da un po’, e ho provato a correre anche io, per la prima volta.

Anche Mario, come me, non aveva mai corso, poi un giorno si è fatto male, e per tornare a giocare a calcio gli fu ordinato di iniziare a correre.

Fu così che iniziò a correre per forza, e che ben presto inziò a correre per amore, per passione.

A me piace molto camminare, velocemente, ma era da anni che non correvo.

Anzi, forse, non ho mai corso, se non durante l’ora di ginnastica, alle medie e al liceo.

Da giovane (ieri) mi faceva male la milza se correvo troppo, e da grande (ora) ho due protrusioni, e un bravo medico, quando lavoravo al Milan, mi aveva detto che per me sarebbe stato meglio non correre, e quindi io ho felicemente obbedito.

Ma durante le ultime vacanze di Natale…

Durante le ultime vacanze di Natale ero in Puglia, nella nostra nuova casa di campagna (che affittiamo, sappiatelo!), e durante una delle mie lunghe camminate, un giorno ho provato ad accelerare, e ho pian pianino iniziato a correre.

Con la musica che mi accompagnava passo dopo passo,  in quell’incredibile paesaggio fatto di stretti tratturi ed imponenti trulli, è stato facile correre senza sentire la fatica.

Ho corso davvero poco, ma mi è piaciuto, e mi sono detta che ci avrei riprovato, con calma.

Correre mi fa un po’ paura, perché a volte tra il rinforzare un muscolo, e il farsi male, la differenza diventa davvero minima.

Se corro devo tenere ben contratti gli addominali, e non è sempre facile.

Ieri ho corso, e ce l’ho fatta.

Ieri ho superato una mia paura: ieri ho corso per circa 2 km.

Se in questo momento siete state leggendo seduti sul comodo divano di casa vostra, sappiate che quel divano non ve lo ruberà nessuno anche se, qualche volta, lo lascerete da solo.

Abbandonate i vostri divani, fate un piccolo sforzo, e uscite.

Uscite a camminare, uscite a correre.

Fatelo con i vostri figli, con i vostri amici, con i vostri cani.

E se c’è qualcosa che non avete mai fatto, e che avreste voglia di provare a fare, fatelo, per la prima volta.

Cambiate strada e fate quella strada nuova, per la prima volta.

Andate a fare la spesa, comprate quella verdura che non avete mai comprato prima e cucinatela, per la prima volta.

Ci sono tante cose che non avreste mai pensato di poter provare, ma ora è giunto il momento di provarne alcune, per la prima volta.

Un nuovo sport, un nuovo hobby, una nuova destinazione, un nuovo ristorante, un nuovo sapore, un nuovo amore…

Provate qualcosa di nuovo per la prima volta, e magari scoprirete che non sarà l’ultima.

Baci

Barbara

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Pensa a quello che hai, e non a quello che non hai

 

Ho passato un periodo un pó così, ma è passato.

Ebbene sì: anche wonder woman soffre, in silenzio.

Amo condividere il mio entusiasmo per la vita, ma quando sto male mi eclisso, sparisco: mi sveglio piangendo, mi addormento piangendo, mi lecco le ferite, e mi rigiro nel letto, o sul divano, da sola.

Forse a volte pretendo troppo, dagli altri, e da me…

Forse a volte penso troppo a quello che non ho, e troppo poco a quello che ho.

Non ho un vero lavoro che mi appaghi.

Non ho la certezza che sia Milano la città dove voglio far crescere mio figlio.

Non ho la sfera magica…

E allora una mattina ti svegli, e ti senti una nullità, ti senti piccola, e inutile.

E allora quel giorno inizi a pensare a tutte le cose che avresti potuto fare, e costruire, e che invece non hai fatto.

E quella sensazione di fallimento ti accompagna anche il giorno dopo, e quello dopo ancora…

Poi ti sfoghi con un’amica, una di quelle che magari senti poco, ma che sai che c’è, eccome se c’è.

Ed ecco che arrivano le parole giuste: “Non pensare solo a quello che non hai. Pensa a quello che hai!”

E allora cammini velocemente verso la camera di tuo figlio, lo guardi mentre dorme, e ti scende la prima lacrima, di gioia.

Torni in salotto. prendi in mano il cellulare e scrivi quelle due parole a tuo marito, che è dall’altra parte del mondo, e che, anche se ha mille difetti, come li hai tu, è un uomo serio, in gamba, e ti ama.

All’improvviso ti torna il sorriso, e in quel preciso momento ricominci a respirare, uscendo dall’apnea in cui sei entrata ormai da giorni, da settimane.

E mentre respiri ti torna il coraggio, e mandi una mail, e un sms, senza pensarci troppo.

Fissi due appuntamenti, anzi, tre.

Decidi di buttarti, di provarci.

Se andrà bene avrai fatto qualcosa in più, se non andrà bene ti ricorderai che hai già  fatto tanto.

Ora sai che non avrai rimpianti, mai.

Non fate come me.

Non pensate troppo a quello che non avete, e a quello che non avete fatto.

E non abbiate paura di provare, per il timore di fallire.

Pensate a tutto ciò che di bello avete intorno a voi, a tutti quelli che vi amano, e che vi hanno amato.

Pensate a quante cose buone avete realizzato, e a quante persone avete reso felici

E ricordatevi che le cose possono cambiare, sempre.

E se avete un sogno nel cassetto, non aspettate che faccia la muffa per paura di non riuscire a realizzarlo, ma provateci.

A volte basta sapere aspettare il momento, quello giusto.

Think positive

Barbara

 

Le paure che non fanno crescere

 
 
Ieri sera un’amica, maestra di asilo, mi raccontava di alcuni bambini che, all’ultimo anno (circa 5 anni), bevono ancora tenendo il bicchiere con due mani.
Molti dei bambini che a scuola bevono dal bicchiere con due mani, sono gli stessi che la mattina bevono ancora il latte dal biberon.
Quante volte le piccole paure di noi mamme impediscono ai nostri figli di crescere?!
“Se gli faccio bere il latte con la tazza…di sicuro me lo versa sul divano”.
“Se gli dico di vestirsi da solo…sicuramente facciamo tardi a scuola, e poi io devo correre per non fare tardi al lavoro”.
“Se gli dico di tagliarsi la carne da solo…sicuramente si fa male o, come minimo, un pezzo di carne volerà sul pavimento e mi toccherà buttarlo”
A meno che non diate a vostro figlio un coltello di quelli che si usano per fare i sushi, a vostro figlio non succederà niente di grave (i cerotti esistono per quello); voi arriverete in ufficio due minuti in ritardo, ma non verrete di certo licenziate per quello, e una macchia di latte dal divano si smacchia facilmente.
Non voglio fare la maestrina perché vi assicuro che, un giorno sì, e uno anche, ho anche io ho la mia lista personale di “mea culpa”.
Diciamo che sto scrivendo come se fosse una sorta di terapia di autoconvicimento, ops.
E’ da quando Danny ha imparato a camminare che compro solo scarpe con lo scratch per evitare di dover perdere il mio tempo ad insegnargli a come si fa un fiocco con i lacci, ma ad un certo punto tocca arrendersi, e più tardi lo lo si fa e più difficile diventa.
Ad un certo punto avevo davvero perso la pazienza, ma, per fortuna, è arrivato in soccorso papi.
Ci sono paure piccole e paure più grandi, ma quello che è sicuro è che le paure non fanno crescere.
E’ giusto stare attenti ai nostri figli e cercare di fare il possibile perché non si facciano male, fuori e dentro, ma bisogna anche imparare a fare i conti con le nostre paure, e lasciarli fare.
Stamattina ho svegliato Danny con il solito bacino e a quel punto lui ha aperto gli occhi e la prima cosa che mi ha detto, con un sorriso milleottantordici denti, è stata: “Mamma possiamo andare a scuola in bici!?”
A scuola in bici???
Lo avevamo già fatto una volta, ma era un venerdì in cui in molti erano via per non ricordo quale ponte, e le strade erano deserte.
Per andare da casa nostra a scuola in bici (io sulla mia, e lui sulla sua) ci vogliono circa 10 minuti.
Si può fare un pezzo di strada andando pian pianino sul marciapiede (lo so che non si potrebbe, ma abbiate pietà di una mamma apprensiva), ma poi bisogna fare un bel pezzo per strada e bisogna anche attraversare Viale Umbria (sempre molto trafficata).
Ho avuto la tentazione di rispondere che era tardi e che sarebbe stato meglio andare in scoter come sempre, ma poi ho guardato l’ora…
Erano le 7.30 ed avevamo tutto il tempo del mondo per mangiarci le nostra uova strapazzate, bere il nostro frullato alla frutta, vestirci e andare a scuola in bici.
Perché privare mio figlio di una gioia così grande per colpa di una mia paura?
Ci sono mamme che non permettono ai loro figli di andare in bici in città e quindi le bici diventano il gioco dell’estate, al mare, o in campagna.
Ma vicino alla scuola di Danny c’è il Parco Marinai di Italia, e dopo scuola Danny si diverte così tanto a girarsi il parco in lungo e in largo con la sua bici…
Care mamme, stringiamo i denti e cerchiamo di soffocare qualcuna delle nostre paure.
Facciamolo per la gioia dei nostri figli.
Non teniamoli dentro una campana di vetro perché tanto nella vita dovranno soffrire per forza, come è successo, e come succederà ancora, anche a noi.
Facciamoli cadere, ma insegnano loro a rialzarsi.
Spaventiamoli raccontando loro che ci sono persone cattive che non vogliono bene agli animali e che, a volte, fanno anche male ai bambini, ma raccontiamo loro che ci sono anche tante persone buone che sanno amare davvero, e che passano la loro vita ad aiutare chi ne ha bisogno, chi è meno fortunato di noi.
Se ripenso a stamattina e alle macchine che sfrecciavano accanto a noiche paura!
Ma poi riguardo questa foto che gli ho scattato mentre eravamo fermi ad un semaforo, guardo il suo sorriso, e la paura diventa solo un lontano ricordo.
Se però il caro Sindaco si decidesse a fare qualche pista ciclabile in piùnoi mamme saremmo di certo più felici!
Vero mamme?!?!?!?
Barbara 

Ce l’ho fattaaa

 
Oggi vi racconto un mio piccolo segreto.
Ormai sapete che io giro sempre in scooter o in bicicletta.
Sapete anche che io una macchina tutta mia non ce l’ho (ce l’ho avuta per tanti anni, ma poi…)
Ma c’è una cosa che non sapete: io la macchina la so guidare, ma ho un blocco, un grande blocco.
Se non sono proprio costretta a guidare la macchina, preferisco non guidarla.
Ho fatto anche la tessera per “Car2go” che ti permettere di predere a noleggio per brevi periodi (anche giusto il tempo di un tragitto) queste smart che si trovano sparse un pò per tutta Milano.
A detta di tutti sembra sia un servizio molto comodo perchè la macchina la paghi al minuto.
Quando ho fatto la tessera mi hanno anche regalato 30 minuti di utilizzo, ma duravano 30 giorni, e me li sono persi (non la ho ancora usata!)
E’ iniziato tutto quando Nek cantava “Laura non c’è”.
Filippo (Nek) mi aveva invitata a sentirlo cantare a Sanremo durante la settimana e io avevo convinto un mio amico a venire a Sanremo con me: puntata del festival e poi cena e seratina con Nek and co.
Avevo chiesto al mio amico se avremmo potuto fermarci a dormire a Sanremo.
Filippo era stato gentilissimo e mi aveva detto che avrebbe diviso la sua doppia con il suo assistente, e il suo assistente avrebbe ceduto a noi la sua doppia (gli alberghi erano stra pieni)
Non mi sembrava proprio geniale fare seratina a Sanremo e poi rimettersi in macchina.
Il mio amico (era solo un amico, giuro! Io ho sempre avuto più amici maschi che femmine) aveva acconsentito.
Siamo partiti da Milano con la sua macchina tutti contenti e dopo mezz’ora lui apre quella cavolo di bocca e mi dice: ” Ah Barbara, mi sono dimenticato di dirti che dobbiamo tornare stanotte a Milano perchè un’ora fa mi hanno detto che domani mattina ho un appuntamento importante e non posso mancare”
Porca paletta!
Io sono una precisina spacca maroni e odio quando organizzo tutto per benino e qualcuno mi rovina i miei piani, grrrrr
Vabbè, ormai non si poteva fare più niente.
Siamo arrivati a Sanremo, siamo andati a vedere il festival e siamo finiti a cena con Filippo (Nek) e un gruppo di amici.
Filippo e la sottoscritta, l'ultima volta che è venuto a Milano

Filippo e la sottoscritta, l’ultima volta che è venuto a Milano

La serata è finita nella hall dell’albergo di Filippo, per il drink della staffa e due chiacchiere.

Il mio amico doveva guidare quindi non aveva beve, io non dovevo guidare quindi avevo bevuto, un drink.
Considerate che sono quasi astemia quindi tra il vino a tavola e il drink in albergo, non ero proprio fresca come una rosa.
Verso l’1 di notte salutiamo tutti e ripartiamo.
 
Immaginerete che proprio contenta non ero.
Diciamo che tra me e Filippo in quel periodo c’era una certa simpatia (c’era stato qualche innocente bacetto) e quindi sotto sotto speravo che il mio amico finisse a dormire con l’assistente di Nek, ahahahahah.
Alla seconda curva in autostrada (la Sanremo-Milano proprio dritta non è) al mio amico si abbassa la testa sul volante: colpo di sonno.
Ma perdindirindina!
Quello non beve perchè deve guidare, e gli viene il colpo di sonno?!
Al mio urlo la sua testa torna su.
Passano 5 minuti e la testa ricade.
A quel punto mi viene la demente idea di proporgli di guidare io per una mezz’ora, in modo che lui potesse schiacciare un pisolino e riprendersi.
Risultato?
E’ crollato e non ha dormito solo mezz’ora.
Si è risvegliato al casello di Milano e tutto sorridente mi ha detto: “Grazie, ora posso guidare io”
Limortaccisua.
Il problema è che io al casello di Milano ci sono dovuta arrivare, e non so come ho fatto.
Ho combattuto contro guard rail e camion guidando forse a 90 all’ora con la faccia spiccicata sul vetro, per vederci meglio.
Vedevo queste luci fortissime e ad ogni sorpasso mi chiedevo se sarei andata contro il guard rail o contro il camion che stavo cercando di superare (quella notte, in autostrada, c’erano solo camion)
Da quel giorno mi è rimasta la paura di guidare la macchina, specialmente di sera, con il buio.
So che può far ridere, ma vi assicuro che per me è stato un incubo.
Essere costretta a guidare da “non lucida”, mi ha spaventata non poco.
Ora tutte le volte che devo guidare, fino a che non salgo in macchina, ho paura.
Roba che se so che il giorno dopo devo guidare, la sera prima faccio fatica ad addormentarmi.
Poi salgo in  macchina e guido come se non fosse mai successo nulla, ma ho un blocco, un blocco molto forte.
Era da due anni che non guidavo.
L’ultima volta avevo guidato in vacanza a Formentera perchè ero con mio figlio e mia suocera e siccome mio figlio non ha ancora la patente…ho preferito guidare io (spero abbiate colto che di proposito non ho neanche nominato mia suocera perchè la amo, ma in macchina è giusto un filo distratta, ops)
Ieri faceva freddo, ieri faceva tanto freddo.
Iera sera avevo la mia serata al Bobino e non avevo voglia di andarci in scooter.
Mia suocera è venuta a tenere Danny perchè mio marito stava rientrando da una settimana di lavoro in Cina.
Era l’occasione giusta: la macchina di mia suocera ha già “qualche” ammaccatura quindi una in più una in meno…
Sconfiggere una paura da sempre grandi soddisfazioni.
Sono salita, ho acceso e sono andata al Bobino in macchina, come se niente fosse.
Appena ho sentito il rumore del motore, la paura è volata via.
Ero talmente felice che dopo il Bobino sono anche andata all’aereoporto a prendere mio marito.
Vi lascio immaginare la sua faccia quando ha visto sua moglie, nella macchina di sua madre, che lo aspettava davanti agli arrivi.
Peccato che questo mood da film romantico sia durato poco: appena arrivati a casa abbiamo litigato.
Dopo una settimana di pace è sempre difficile riabituarsi alla presenza di uomo maggiorenne in casa, uff!
Barbara

arrivifoto

 

 

 

 

 

 

Lettera aperta a mio figlio.

 
Danny boy sta ancora andando all’asilo, nel senso che sta frequentando il terzo e ultimo anno e nel senso che ci sta ancora andando perchè il suo asilo è ancora aperto.
In questi giorni però siamo a Venezia dalla nonna e quindi ce ne andiamo in spiaggia e stiamo insieme tutto il giorno.
A volte è proprio quando si sta insieme così tanto che si ha il tempo di fermarsi a pensare…
Lo guardo da lontano, lo osservo da vicino, e penso.
Lo ascolto mentre cerca di spiegarmi le sue teorie o di raccontarmi i suoi vissuti, e penso.
Cerco di infilargli il costume da bagno che l’anno scorso gli andava enorme, ma capisco che ormai gli va stretto, e penso.
noi0fotoPenso a come sta crescendo velocemente il mio Danny.
Lo so che non è “mio”, ma “nostro”, ma oggi sono io che ho voglia di scrivergli una lettera e quindi fino a che non la avrò firmata, sarà “mio”, poi tornerà subito”nostro”.
Caro Danny,
stai per finire il tuo terzo anno di asilo e da settembre andrai alle elementari. 
Non potrò più accompagnarti fino all’armadietto per aiutarti, ma ti dovrò salutare al portone.
Stai crescendo, come passa veloce il tempo…
Mi sembra ieri che ho visto apparire quella righina blu e ho capito che non sarei mai più stata sola e che si sarebbe presto avverato il più grande miracolo della natura, il mio più grande desiderio.
Potrei uccidere per difenderti, potrei morire di dolore se ti succedesse qualcosa.
Non si può capire la forza e l’intensità dell’amore che una madre può provare per il proprio figlio fino a che non lo si prova sulla pelle, come quei colpi di sole che ti fanno sentire prima un forte caldo e poi i brividi di freddo.
A volte ho quasi paura di farti male quando ti abbraccio, ho paura di consumarti quando ti bacio, ho paura che gli angeli ridano di me quando nel buio della notte mi osservano incuriositi mentre vengo in camera tua e ti guardo mentre dormi, per essere sicura che non ho sognato, che esiti davvero.
Che grande fortuna averti al mio fianco. che grande fortuna poter dividere con te le mie emozioni e il mio entusiasmo.
Ogni tanto vorrei arrabbiarmi di meno e dirti le cose con un altro tono, ma la mamma è una passionale, nel bene e nel male.
Mi capita di  piangere di gioia per una tua parola o per un tuo gesto d’affetto, ma anche di urlare per una cavolata.
Sono fatta così e a volte mi dispiace, ma lo sai che ti amo e che sono fiera di te.
Te lo dico tutti i giorni.
Spero di riuscire a stare al tuo fianco lasciandoti libero di volare dove vorrai.
Spero di riuscire a darti la sicurezza di sapere che se avrai bisogno io ci sarò, ma che se vorrai fare di testa tua, io ti sosterrò , sempre.
Spero che anche quando sarai più grande mi guarderai ancora con quegli occhi pieni di amore.
Spero che fino a che vivrai con noi, tu riapra sempre la porta di casa per urlarmi dietro che mi vuoi bene, mentre scendo le scale per uscire.
Spero che tu tu continui a chiamarmi “mammina” anche quando sarai grande e mi telefonerai da casa tua per salutarmi.
Spero che ancora per tanti anni tu abbia voglia sdraiarti sopra di me per fare il nostro “panino umano” abbracciandoci stretti stretti come facciamo tutte le mattine appena svegli, prima di uscire.
Spero che tu abbia la possibilità di viaggiare e di conoscere il mondo, ma che ogni tanto tu torni da me.
Vorrei averti al mio fianco per tutta la vita, vorrei sentire il profumo della tua pelle tutte le mattine e raccontarti la favola della buona notte tutte le sere, fino all’ultimo giorno della mia vita.
Vorrei…
Vorrei, ma non lo farò.
Prometto che cercherò di lasciarti libero di diventare presto un uomo, così poi so che potrò contare su di te, sulla tua forza, sul tuo amore e su quel senso di protezione che mi stai già dimostrando.
Prometto che appena capirò che sarai in grado di arrangiarti da solo, ti darò un calcio nel sedere e ti manderò fuori di casa, a vivere la tua vita.
Io ci sarò sempre, ma non sarò una di quelle madri che stira le camicie del figlio quarantenne.
Anche perchè non so stirare e ti farei fare delle pessime figuracce.
Spero di esserci ancora quando diventerò nonna, mi piacerebbe tanto essere chiamata “nonna”.
So che vi starete chiedendo perché io abbia deciso di scrivere questa lettera nel mio blog e non su un foglio di carta da chiudere magari in una busta sigillata con la ceralacca e da conservare poi in cassaforte per quando Danny sarà in grado di capire.
Beh, la mia risposta è “Bo?”.
Perché mi andava? Perchè non ho segreti? Perché mi piace condividere le mie emozioni e pulire la tastiera del mio mac con le mie lacrime di gioia e di passione che spesso mi scendono quando scrivo certe cose?
Può essere…
Barbara

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