Questa volta non so davvero da dove cominciare.
Le ultime due serate sono state davvero intense, di profumi, di sapori, di colori e di emozioni.
Forse posso iniziare raccontandovi cos’è Viavì
Il progetto ViaVì, ristorante itinerante, è una produzione di Luzzart – Syncretic Agency APS, Macrohabitat APS e SYNCRETIC, nata all’interno di Terra per la Terra – Syncretic Med Festival, un festival ideato tre anni fa per destagionalizzare il turismo attraverso eventi syncretici, in grado di unire ambiente, arte, enogastronomia, tradizioni e territorio.
Sono arrivata a Cisternino, con mia mamma e mio figlio, pochi giorni fa, e la prima sera, mentre cenavamo nella nostra macelleria preferita, il mio occhio è caduto su quel volantino, e la mia curiosità ha fatto il resto.
La prima sera, per il primo percorso, ho portato con me anche nonna Mao e Danny Boy, mentre la seconda sera ho preferito andare da sola: non volevo perdermi una sola parola, e quindi non volevo distrazioni.
Il caronte che ci ha guidato nei due percorsi, per assaggiare i piatti proposti dai diversi ristoranti di Cisternino, tra aneddoti e curiosità, è stato Nick Difino, un noto food hacker.
Cosa sia un food hacker non l’ho capito bene neanche io, ma credo di aver intuito che si tratti di qualcuno che entra a gamba tesa in tutti i sistemi dove si parli e si tratti di cibo, andando a caccia di pregi e difetti, per poi fare le proprie scelte di vita, magari consigliandole anche al prossimo suo.
Di una cosa però sono sicura: mi spiace aver conosciuto Nick Difino solo ora!
In queste serate ho scoperto delle cose pazzesche, cose che voi umani…
In queste serate ho saputo cose che forse avrei preferito non sapere, e altre che avrei voluto sapere prima, molto prima.
Pensavo di aver assaggiato tutte le focacce in commercio nel mondo, ma la focaccia di Remix, fatta con la farina del Senatore Cappelli, ha un altro sapore, e non ti si gonfia nella panza appena la mandi giù.
Solo quando assaggi certi sapori, e senti La differenza, capisci davvero di cosa si parla quando si parla di prodotti a kilometro zero!
E vogliamo parlare della cialledda di Diavolicchie?
Pane secco, capperi, diavolicchi (una sorta di peperoncini), cipolla rossa, cocomero, olio, sale e origano.
La cialledda è un piatto della tradizione contadina, risalente al secolo scorso, in cui si mangiava quello che si trovava in casa, e il pane raffermo non mancava mai.
“Pa”, in sanscrito, vuol dire “proteggere, nutrire”.
Il pane è femmina, perché è tondo, caldo e nutre, e si fa con il lievito madre.
Il pane avvolge in sė la figura dell’uomo e della donna, diventando il principio dell’universo cibo.
E per ogni piatto Nick Difino, che nasce come dj, sceglieva un pezzo da suonare con il suo “nuovo ipod”.
Il suo nuovo iPod, in realtà, era uno splendido grammofono originale degli anni ’30.
La musica e il cibo sono strettamente collegati, e la musica influisce fisicamente nei sapori che le camminano di fianco.
Pensate alla nascita di un bambino…
Dopo 9 mesi il bimbo arriva nel mondo e, assieme al battito cardiaco della mamma, la prima cosa che gli succede, dopo essere stato prima appoggiato sul ventre materno, è essere attaccato al seno di chi gli ha dato la vita, per nutrirsi del suo latte.
Il battito cardiaco è musica, e il latte è cibo.
Musica e cibo sono fatti per camminare uno al fianco dell’altro, sin dai nostri primi respiri.
Trovo che questo sia emozionante, come trovo che sia stato per me molto forte scoprire che un bambino che non è stato allattato avrà più possibiltà di non avere un ottimo rapporto con il cibo.
Io non sono stata allattata, non ho mai avuto un bel rapporto con il cibo, e soffro di attacchi di fame.
E a chi dice che bisogna mangiare la carne perché le proteine sono importanti?
Li manderei tutti ad assaggiare la zuppa di cereali e legumi che fanno da Micro: quelle sì che sono proteine bbbbbone!
Ma lo sapete che servono 1500 litri di acqua per fare 100 grammi di carne?,
E che per fare 100 grammi di legumi ne bastano 60?!
So che vi state chiedendo dove finiscano i 1500 litri di acqua che servono per la carne, ma ricordatevi che le mucche bevono tanto, e vanno pure lavate!
Non dico che la carne vada eliminata, ma ieri ho capito che va sicuramente ridotta, e mentre ci pensavo mi gustavo le mitiche pucciette col capocollo del bar 32, OPS!
Sul purè di fave e cicorie di Bari Vecchie ho già detto tanto, ma condividere con dei nuovi amici un piatto che normalmente si condivideva in famiglia, come piatto unico, mi ha emozionata.
Danny era stanco e quindi purtroppo abbiamo saltato l’ultima tappa del primo tour, anche se noi la pasta di mandorle ricoperta di cioccolata fondente, del bar fod, la conosciamo bene da anni…
Il secondo tour, quello di ieri sera, è stato molto più intimo: eravamo in 6 e quando l’intimitá cresce, diminuiscono i freni inibitori, e le parole fluiscono come un buon bicchiere di vino rosso del gentil Natalino.
Come prima tappa siamo andati al centodieci cavalli mozzarella bar, un posticino delizioso che si chiama così perchè all’inizio la gente entrava, comprava le mozzarelle e se le portava velocemente a casa.
Ma quando entri lì diventa difficile scappare.
Ti siedi al banco, ti mangi le loro mitiche frise al pomodoro, e inizi a chiacchierare con Gianni.
Sapete cos’è esattamente la frisa?
La frisa è pane biscottato, ossia cotto due volte (bis cotto) e durante la biscottatura viene essiccata.
E sapete perché le frise hanno il buco? Per poter infilarci lo spago con cui si faceva una corona che veniva poi appesa per essere conservata.
La corona veniva portata nei campi e nelle pagghiare (le pagliare), dove i contadini dormivano.
Assieme alle corone di frise si appendevano anche i pomodori che, assieme all’acqua, servivano per completare il loro pasto.
Le frise, infatti, si bagnavano in acqua di mare, se avevano il mare vicino, o con acqua normale, e poi si mangiavano con sopra i pomodori.
Il pane si faceva una volta alla settimana e lo si usava in diversi modi.
Uno di questi modi era bagnarlo e saltarlo con un pó di olio, per poi mesacolarlo con i fagioli cotti nel brodo vegetale e, per non buttare nulla, con le carote (che tra una delle sue proprietà ha quella di eliminare i gas dei fagiolo), il sedano, la cipolla e l’alloro usati per fare il brodo.
Parola di Mimmo che, nella sua Zia Rosa, ci ha accolti con una fantastica zuppa di fagioli con crostini di pane, e verdure.
Sono rimasta sorpresa nel trovarmi davanti al baccalà in tempura della Bell’Italia: ma come?! Siamo in Puglia e con tutto il pesce fresco che hanno qui, ci servono del pesce essiccato?!
E a quel punto ha preso la parola il grande Beppe Lorusso che ieri sera era con noi da “spettatore”, e che stasera sarà il caronte del terzo tour al quale, purtroppo, non riuscirò a partecipare.
Giuseppe Lorusso, per chi non lo conoscesse, è un giornalista, scrittore d’enogastronomia, e studioso e ricercatore di storia dell’alimentazione e degli usi e comportamenti di consumo.
Ieri sera, tra le varie cose, ci ha spiegato anche come e perché il baccalà sia utilizzato così tanto anche nei posti di mare dove il pesce fresco non manca: il baccalà è un pesce conservato che costa molto meno del pesce fresco e può essere, appunto, conservato per periodi ben più lunghi.
Per finire in bellezza siamo andati alla cremeria Vignola, per perderci nei sapori delle sue fantastiche torte.
Che dire ancora?
Che ringrazio Luca e Walter per avermi dato l’occasione di unirmi a loro in questi bellissimi percorsi, perché camminando sotto un fantastico cielo stellato, tra una tappa e l’altra, ho conosciuto proprio delle belle persone.
E ringrazio tutti quelli che con i loro ristoranti hanno aderito a questo splendido progetto e ci hanno accolti con tanta gioia, tanta passione e tanta gentilezza.
E, per finire, ma non in ordine di importanza, ringrazio Nicola Difino e Giuseppe Lorusso per tutto quello che mi hanno raccontato ed insegnato in queste due serate così particolari, così intense.
In verità mi avete raccontato anche cose che avrei preferito non sapere, ma prometto che cercherò di metabolizzarle e di prendere al più presto la retta via.
Forse avrei preferito non sapere che la busta delle insalata è trattata internamente con una vernice ritardante che consente all’insalata in busta di restare verde per almeno 3 giorni.
Forse avrei preferito non sapere che nelle sigarette mettono l’ammoniaca per creare dipendenza, e che negli hamburger di Mc Donald…
Vabbè dai, sto zitta che è meglio!
Adesso vado in cucina, lavo un pó di insalata comprata oggi dal contadino e me la gusto pensando a voi.
Domani è un altro giorno, e si vedrá
Non so cosa mangerò quando tornerò a Milano, ma so che, anche senza caronte, nei prossimi giorni andrò a farmi il terzo tour che non riuscirò a fare stasera.
Eh sì, perché questi tre tour, anche mescolandoli tra loro, si potranno fare tutte le sere fino al 6 di gennaio (tranne il 25 il 31 e il 1), e il costo di ogni tappa sarà di soli 3 euro.
Ecco qui sotto il menù dei tre tour!
Se siete in Puglia credete a me e fatevi un giro a Cisternino, che merita assai.
Besos
Barbara