Quasi quasi faccio un altro figlio!

 

La 72esima Mostra del Cinema di Venezia è iniziata,  e io, che sono veneziana, e che in questo momento sono a Venezia, cos’ho fatto oggi?

Ho cercato nell’armadio il giusto vestito da indossare stasera alla serata di inaugurazione?

Il pilota intelligente, e uno strano silenzio…

 

Ormai è un rito per me e Danny: appena finisce la scuola si va a Venezia, dalla “nonna mao”, e chi c’è c’è!

Peccato che quest’anno Danny ha finito la sua scuola a Milano di lunedì, mentre tutti i suoi amichetti di Venezia la finiranno tra domani e venerdì 🙁

“E quindi?” , vi chiederete voi?

E quindi ve lo spiego subito 🙁

Avete presente quando arrivate al mare e vostro figlio sparisce in acqua con gli amici; dietro le capanne con gli amici; al bar con gli amici, ed etc etc, sempre con gli amici ?!

Ecco, oggi, durante il nostro primo di giorno di spiaggia, non è successo niente di tutto ciò!!!

E io che mi ero anche portata un libro nuovo nell’illusione di poter finalmente riuscire ad iniziare a leggerlo, ahahahah!

Tra un po’ lo brucio quel libro!

È due mesi che lo ho in borsa, e quelle parole non lette, iniziano a pesare 🙂

“Mamma facciamo il bagno assieme?”

“Mamma affittiamo la canoa per due?”

“Mamma giochiamo che io faccio mille gelati con la sabbia, e tu te li mangi tutti?”

C’era uno strano e piacevole silenzio oggi, in spiaggia, e quindi non potevo neanche fare finta di non averlo sentito 🙂

E quindi la sottoscritta, che in questo momento si trova in treno da sola perché sta tornando a Milano, dove domani ha un matrimonio, ha detto di sì a tutto!!!

Quando una mamma sta per “scaricare” un figlio alla nonna, capita che venga assalita dai sensi di colpa, e loro lo sanno, e ti colpiscono alle spalle! Ahahahhahah

Non mi sono tirata indietro neanche quando mi ha chiesto di fare una bella passeggiata sotto il sole cocente delle 13, per andare a vedere l’aereo caduto sulla spiaggia!

Avevo appena mangiato 3 ottimi tramezzini (stasera per cena però mi bevo solo il frullato Visalus 😉) e quindi avevo altri sensi di colpa che danzavano nella mia coscienza, Ops!

Ma torniamo all’aereo…

Ebbene sì, domenica scorsa un ultraleggero, con a bordo un 45enne austriaco, e la sua fidanzata, ha visto bene di fare un atterraggio di emergenza sulla spiaggia del Lido, proprio davanti all’hotel Exelsior, a poche centinaia di metri dalla nostra capanna (per fortuna noi eravamo ancora a Milano)

L’aereo era da poco partito dal piccolo aereporto del Lido, diretto al Lago di Garda, ma un problema al motore ha costretto il pilota ad un cambio di programma!

Stava per atterrare in acqua, ma poi ha visto che in acqua c’era gente, mentre sulla spiaggia c’era un bello spazio vuoto, e qui ha virato, all’ultimo, urtando con il carrello gli scogli della diga, prima di atterrare dritto dritto sulla sabbia.

Ora il pilota, uscito dall’altraleggero spaventato, ma illeso, come la sua compagna, è ovviamente indagato, e l’aereo ancora lì, nella stessa posizione in cui è atterrato 3 giorni fa!

Che dire ?! Che forse forse al mondo c’è ancora qualche pilota con la testa sulle spalle 🙂

Besos

Barbara

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Venezia: casa dolce casa

Sono appena tornata da un week-end a Venezia, nella mia città, e mi sembra di essere stata via una settimana.
Tutte le volte che torno a casa mi ripropongo di staccare la spina, e di prendermela un po’ con calma, ma alla fine mi ritrovo a girare come una trottola, tra campi e campielli.

Una “Fontana” di colori, e di emozioni.

 
Io vivo col telefonino in mano, e scatto, scatto, scatto.
Ho sempre amato fotografare.
Non ho mai fatto corsi di fotografia e infatti non ho la tecnica, ma molto mi dicono che ho occhio.
Ho perso il conto delle  amiche incinte che sono venute a farsi fotografare da me
Anche nella fotografia sono un precisina: il braccio, quando fai la foto del mezzo busto di fianco, deve essere leggermente piegato, sennò  l’avambraccio sembra più grosso.
Se mentre scatto vedo qualcosa che non mi piace, per esempio una piega di troppo sul collo, non scatto
Una  volta giravo sempre con la mia Canon manuale, e diversi obiettivi, poi sono sono arrivate le compatte e adesso, ormai, scatto con il mio i-phone
Mi ricordo che quando facevo le foto agli amici sbuffavano, poi però mi chiedevano se potevo mandarle, stamparle…
Mi ricordo quando da ragazzina, a Ibiza, mi fotografavo da sola, mentre ero sdraiata al sole, e prendevo un pezzo del mio costume intero (ebbene sì, intero), un lembo di sabbia e uno scorcio di mare azzurro.
Mi piacevano le foto “artistiche”, e mi piaceva il colore.
Franco Fontana è stato forse il primo fotografo in Italia che, negli anni ’60, portó il colore nelle foto.
Le foto a colori andavo molto all’estero, ma in Italia eravamo ancora fermi al bianco e nero
Il taglio, l’inquadratura e il colore, diventano le costanti creative delle sue foto, delle sue opere
Le foto di Franco Fontana sembrano dipinti, le sue foto emozionano
Non sapevo nulla del vernissage della mostra “Full color”
Venerdi sono arrivata a Venezia con la febbre: una toccata e fuga di meno di 24 ore, per ritirare una vecchia scrivania di mia mamma da mandare in Puglia.
Avevamo in programma giusto una cenetta romantica a base di pesce, prima di rientrare a Milano
E invece?
E invece, prima dell’arrivo di mio marito, decido di passare al volo a trovare Fiorella Mancini, un’amica, un’artista che ha un negozio molto eccentrico e sfizioso dietro casa mia, e lei mi invita ad andare con lei all’inaugurazione della mostra di Franco Fontana, a Palazzo Franchetti.
Mi sentivo calda, sapevo che mi stava risalendo la febbre, ma Franco Fontana meritava uno sforzo, e poi era proprio lì difronte, accanto a casa
130 immagini, una più bella dell’altra: spiaggie, asfalti, statue di un cimitero ligure trasformate in dee velate.
I suoi famosi nudi in piscina, e scorci di città dove il colore, come sempre, fa da soggetto.
E poi lui, il suo sorriso, e l’onore di stringergli la mano
È del ’33, ma nei suoi occhi vedi ancora tanta curiosità, tanto entusiasmo e tanta voglia di colore
Grazie maestro e grazie Fiorella, per avermi portata con te
Barbara

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Oggi lasciamo il paradiso, sigh

Last night in Venice

 
Se una città è bella, ma ci vivi, finisci per camminare guardandoti la punta dei piedi.
Se un uomo è bello, ma è il tuo, a volte quella bellezza ti sfugge.
Ma se in quella città non ci vivi più, e se quell’uomo non è più accanto a te da giorni…
Allora inizi a camminare guardandoti attorno, e accanto a te, per condividere tale bellezza, vorresti lui.
Ecco come mi sono sentita ieri sera quando, dopo una bella festa in casa, tra amici, per festeggiare i 45 anni di uno di loro, mi sono ritrovata a salire su una topa (non sto parlando di una bella donna toscana, ma di una tipica imbarcazione veneziana, con fondo piatto, in legno e con motore fuoribordo).
Il nostro esperto e affascinante capitano si è inoltrato in stretti e bui canali, zizzagando con sicurezza: c’eravamo solo noi 8, il cielo, l’acqua e il rumore del nostro motore.
Sono Veneziana, ma da quando ho lasciato la mia cittá per andare all’università, a Milano, mi sono rinnamorata di lei.
Quando sei giovane e vivi e studi in una città che ai giovani offre ben poco, hai solo voglia di scappare e allora, se puoi, scappi: vai a studiare nelle grandi città e magari non torni più, come è successo a me.
Nella grande città, che tutto offre, ci vivo ormai da 24 anni e non nego che ci sono giorni in cui vorrei scappare anche da lì.
Non voglio tornare a Venezia, non per ora.
Magari andremo a vivere in campagna, in Puglia, magari…
Voglio che Venezia resti la mia oasi di pace, dove rifugiarmi ogni tanto.
Voglio che Venezia resti quel gioiello che indossi solo una volta ogni tanto e che solo così resterà sempre unico, speciale.
Ieri ho fatto l’ultimo bagno, ho chiuso la valigia e sono andata a ballare con gli amici di sempre, i Veneziani con cui ho condiviso sogni e marachelle.
Al Capsula, una sorta di serra/discoteca fatta allestire da Nicola Parente nel cortile del Casinó di Venezia, suonava dj Ravin, quello del Buddha Bar.
Ho ballato due ore di seguito, senza fermarmi.
Era tanto che non ballavo e ne avevo proprio voglia, bisogno.
Alle 2.30 sono scappata, da sola, in vaporetto.
Avrei ballato fino all’alba, ma avevo un treno da prendere.
Un figlio e due cuori da riportare a casa, a Milano, dal nostro “Papi”.
Ciao Venezia, mi mancherà il silenzio del Canal Grande durante l’ultima sigaretta della sera, seduta sul balcone.
Ci mancherà la nonna, ci mancherà la spiaggia (non la sabbia!) e il mitico baccalà mantecato di “polpetta”.
Ma siamo felici di tornare, molto felici.
Barbara
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One day for two

 
LO SPACCA MARONI: “Mamma, ma perché quando siamo a Venezia dalla nonna esci tutte le sere?”
LA SANTA: “Non è vero che esco tutte le sere, e poi tu stai con la nonna mao con cui ti diverti sempre tanto quindi che problemi ci sono?”
LO SPACCA MARONI: “Il problema è che tu esci sempre da sola con i tuoi amici e a me non mi porti mai, uffa! (e via di broncio con labbro inferiore tremolante)
LA SANTA: “Amore prometto che appena c’è un aperitivo dove possono entrare anche i bambini, la mamma ti porta”.
LA SALVEZZA: DRIN (il mio cellulare fa DRIN, è un problema?!): Buongiorno, parlo con Barbara Garavelli Nani Mocenigo (vien dal mare!)? La chiamo da parte di Valeria Marini che ci terrebbe molto ad averla come sua ospite all’aperitivo Akay che si terrà stasera allo spazio “Time out” presso il tennis club del Lido di Venezia dalle ore 19
LA SANTA: “Posso portare mio figlio?”
LA SALVEZZA: “Ma certo, vi aspettiamo”.
Bingo!
LA SANTA: “Daniele ti ricordi quella bella signora tutta vestita d’oro che ieri pomeriggio faceva le foto in spiaggia e che ti ha chiesto di fare la foto con lei? (foto fatte dal suo fotografo e che prima o poi riuscirò ad avere, hihi)”
LO SPACCA MARONI: “Certo mamma, dici Valeria?” (e quando mai quello si dimentica del nome di una bella “biondina,” e poi a lui piacciono le bambine iù grandi, come al suo papi!)
LA SANTA: “Valeria ci ha invitati stasera ad un aperitivo”.
LO SPACCAMARONI: “Quindi posso venire con te? Davvero? Esco di sera con la mia mamma? Yahooooooo”
E quindi ieri siamo partiti da casa, diretti in spiaggia, con in borsa il cambio.
L’aperitivo era proprio dietro alla nostra capanna e quindi non potevamo che essere più comodi.
Ieri ho dedicato tutta la giornata al mio cuccioletto e me lo sono anche portato “in vita”: abbiamo aspettato il vaporetto quasi un’ora (è tutta l’estate che c’è in corso una sorta di sciopero selvaggio); abbiamo battuto il nostro record stagionale pescando e liberando ben 12 granchi; complice il bel venticello, abbiamo fatto volare i nostri aquiloni; abbiamo fatto lunghi bagni e verso le 18.30 ci siamo vestiti, in capanna, ci siamo fatti belli (per quel che si può fare senza corrente, senza phon e senza luci) e assieme a Marianna, una mia amica, siamo andati a salutare la simpatica “Valeria nazionale”.
Abbiamo smangiucchiato qualcosa lì, abbiamo conosciuto il marito di Valeria, e alla fine ho portato Danny in gelateria (non capita spesso che io gli faccia mangiare il gelato dopo cena, sono una mamma rompina e vagamente rigida!).
Visto che eravamo alla Mostra del Cinema, ho anche pensato bene (o male?) di farlo entrare sul tappeto rosso per mangiare il suo gelato in una cornice un pò diversa dal solito.
In quel momento il red carpet era vuoto perchè erano tutti in sala a vedere quella cavolata di “Under the skin” con Scarlett Johansson.
Abbiamo preso il vaporetto delle 21.05 per tornarcene a casa a Venezia e alle 21.45 Danny stava già russando, crollato, secco, con la bolla al naso.
Mi sa che l’ho strapazzato un po’ il mio cucciolo ieri, ops!
Così impara a dire che non lo porto mai con me.
Hai voluto la bicicletta? Pedalaaaaaaa
A parte le battute, è stata davvero una bella giornata e il mio Danny boy se l’è meritata.
Stamattina si è svegliato tutto allegro e non la finiva più di ringraziarmi.
In questo periodo è un pò in “tensione pre prima elementare” e quindi lo vedo che mi vuole ancora più presente del solito.
In certi momenti mi sento mancare l’aria, ma poi mi fermo un attimo, ci penso e non riesco a trovare un motivo per non accontentarlo.
PS: Chiedo perdono per la “ciabatta” nella foto, ma giuro che ho indossato tacco 12 dalle 19  alle 21 (per me un grande sforzo) poi prima di prendere il vaporetto ho ceduto e ho messo la ciabatta che avevo in borsa. La foto sul cuscinone la abbiamo fatta aspettando il vaporetto per tornarcene a casa, giuro, ops.
Barbara

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Una doppietta che fa riflettere

 
La doppietta su cui riflettere non sono i goal di qualche partita e non siamo neanche Valeria Marini ed io, ma i due film che ho visto ieri sera.
Certo è che se non avete niente di meglio da fare e volete riflettere anche su noi due e sulla foto qui sopra, fate pure.
Se per esempio vi state chiedendo quanto sia alta Valeria allora vi svelo che lei aveva un super tacco mentre io no: il tacco 12 lo avevo in borsa, ma la voglia di indossarlo è rimasta in borsa con le scarpe.
Io i tacchi li tempero, ma faccio proprio fatica ad indossarli.
Se vi state chiedendo quando sia dimagrita Valeria, vi dico solo che non la vedevo da un po’ e che ieri l’ho trovata proprio bene, si vede che il matrimonio aiuta.
E poi è proprio simpatica e genuina, doti rare ai giorni d’oggi, specialmente in certi ambienti.
Ma torniamo alla vera “doppietta”di cui parlo nel titolo.
Ieri sera ho visto “The zero theorem” del gradissimo Terry Gilliam (quello di Monhy Python, Brazil e le 12 Scimmie) con Mélanie Thierry e Matt Damon, non presente alla mostra, ma “chissene”, e subito dopo sono rientrata in sala grande per “Locke” di Steven Knight, con un fantastico Tom Hardy.
“The zero theorem” racconta di una Londra del futuro che ricorda e prende in giro”Blade Runner”.
Una città del futuro in cui le sigarette sono scomparse, ma durante una festa vedi ancora la gente avvicinarsi le due dita unite alla bocca: hanno finalmente tutti capito che le sigarette, vere o elettroniche, fanno male, ma il bisogno della gestualità è rimasto.
Il protagonista è un uomo, deluso dalle esperienze passate, che ha deciso di isolarsi e di cercare il senso della sua vita, e le riposte alle sue domande, nella tecnologia, in una telefonata che non arriva mai, nel tentativo di risolvere un teorema che non ha soluzione.
L’amore gli passa vicino, prima virtuale e poi vero, in carne ed ossa, ma lui ha paura e se lo lascia scappare per tornare alla sua gigante play station, che non lo deluderà mai, forse
Un film che fa riflettere, amo i film che fanno rifletter.
Con i computer, i social network e la ricerca della perfezione, a cui spesso si ambisce per essere accettati, abbiamo creato un mondo nuovo, parallelo a quello reale, ma a volte rischiamo di togliere spazio, tempo e valore a chi ci sta vicino, ai sentimenti e alle emozioni “terrene”.
Uscendo dalla sala ho incrociato il regista (che stava scappando in bagno a fare pipì) e lo ho ringraziato confessandogli che il suo film mi aveva fatto pensare, molto.
Non nego che nell’ultimo anno sono diventata “schiava” prima di facebook e poi del mio blog, di Instagram e dei commenti di tutti voi.
Chi non ha bisogno di affetto, di soddisfazioni e di carezze virtuali?
Ma diventarne dipendenti non va bene, si rischia davvero di trascurare il resto, gli affetti veri.
Terry Gilliam mi ha detto “Vai a casa e spegni il computer” e io gli ho risposto “quello è spento, ma il problema è il mio cellulare con cui ho appena scattato la foto con lei”, e lui ha sorriso.
Dopo “The Zero theorem” mi sono fiondata al bar lì davanti per mangiare un toast al volo.
Alla fine del primo film , che abbiamo visto assieme, Valeria Marini e Randy Ingerman (un’altra donna, amica, che io stimo perchè ne ha passate di tutti i colori, ma non ha perso il sorriso) se ne sono andate a Venezia a cena con il maghetto di “Harry Potter”, ma siccome ho saputo che quel nanetto lì sa fare un sacco di magie, ma per la cellulite non ha ancora trovato una soluzione, io ho deciso di rimanere al Lido e di vedermi anche il film dopo: “Locke”: un film da non perdere.
Novanta minuti in cui si vede solo Tom Hardy mentre affronta un viaggio in macchina e dentro di sé.
Gli altri protagonisti del film sono solo delle voci con cui il protagonista parla al telefono, per tutta la durata del film.
E’ la storia di un uomo che aveva tutto: una famiglia, una moglie che ama, due figli e un lavoro di grande responsabilità che gli aveva sempre dato grandi soddisfazioni.
Poi una sera quell’uomo cede, fa un errore, e la sua vita cambia, perde tutto.
Non vi racconto niente di più perchè dovete andarlo a vedere, perché il messaggio, forte, è che quel padre di famiglia rischia di mandare a rotoli tutto per non ripetere gli errori che suo padre aveva fatto con lui, abbandonandolo, da piccolo.
“Locke” mi ha fatto pensare a come a volte sia strana la vita.
A volte quando siamo piccoli ci sono atteggiamenti dei nostri genitori che odiamo e poi cresciamo, diventiamo noi i genitori e ci ritroviamo a fare gli stessi errori che facevano loro.
A volte invece riusciamo a prenderci il tempo per fermarci un attimo, contiamo fino a 10 e riflettiamo.
Ecco che allora riusciamo a cambiare l’impronta che ci è stata lasciata addosso e prendiamo un’altra strada, molto diversa.
Quante volte ci siamo ritrovati a pensare “Quando sarò grande e avrò dei figli non farò mai così, non risponderò mai così” e poi invece…
Gli anni passano, il tempo passa, succedono tante cose e ci dimentichiamo le vecchie promesse, i vecchi propositi.
Siamo cresciuti, molti di noi da figli sono diventati genitori.
Ora è arrivato il nostro turno, il momento di usare il passato per cambiare il futuro.
Abbiamo piccole armi e grandi possibilità.
Mica male no?!
E quindi unendo “The Zero theroem” a “Locke” ho deciso che ora rileggo il post, lo pubblico e poi spengo il computer e continuo la mia navigazione, ma in spiaggia e senza alzare la voce.
Barbara
 
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La quiete dopo la tempesta

 

Da quando è iniziata la Mostra del Cinema, il Canal Grande è diventato una via vai di taxi che si sono aggiunti numerosi a tutte le imbarcazioni che normalmente navigano quelle acque.
Ve lo dico per cognizione di causa visto che quando sono a casa di mia mamma, qui a Venezia, sul Canal
Grande ci vivo e il traffico lo vedo e lo sento bene!
Amo il silenzio di Venezia, ma in questi giorni di silenzio ce n’è ben poco.
Ieri però, in occasione della Regata Storica, dalle ore 15 il Canal Grande è tornato alle origini: solo barche a remi.
Che spettacolo!
Per circa 4 ore si sono sentiti pochi motori: polizia, ambulanze, per fortuna non utilizzate, e poi loro, i nostri poliziotti a cavallo delle loro nuove moto d’acqua.
Ma quanto sono belli i nostri Poncharello on the water?
Danny e il suo amichetto Nicolò hanno anche avuto la fortuna di salire su quelle stupende moto. Ovviamente giusto per fare la foto,  e con le moto ferme a attraccate sotto casa nostra.
E io, uffa? Ce lo avrei fatto volentieri un giretto per i canali di Venezia, in moto d’acqua e con un poliziotto in divisa (ops, in muta) come autista!
La regata è stata vinta per la dodicesima volta dai grandissimi Rudi e Igor Vignotto, e Luisella Schiavon, moglie di Rudi, ha vinto quella femminile con Giorgia Ragazzi.
Grande famiglia la loro! È rimasto fuori dal podio solo il figlio quattordicenne Mattia, ma ieri per lui era solo la prima volta quindi avrà tutto il tempo per rifarsi.
Sempre emozionante anche la parata storica che quest’anno, per la prima volta, si è fermata a Rialto per un alzaremi e un minuto di silenzio, per commemorare la vittima dell’incidente avvenuto in gondola poche settimane fa.
Peccato che il mio maritino abbia, giustamente, deciso di partire subito dopo la parata storica, per evitare il delirio dopo.
Peccato che per accompagnarlo a prendere il vaporetto alle Zattere (in Canal Grande ovviamente non passavano) ci siamo ritrovati bloccati sul ponte dell’Accademia tra centinaia di persone che non potevano nè salire nè scendere a causa della solita disorganizzazione dei vigili nostrani.
Vabbè, almeno abbiamo avuto un’ultima occasione per stare stretti stretti prima della sua partenza.
Bicchiere sempre metà pieno, giusto!?
Ieri sera alla fine abbiamo cenato alle 19.30 con mio cugino Jacopo e la sua simpatica fidanzata Emanuela e alle 20.30 mi sono addormentata mentre guardavo Peppa Pig sul mio lettone con Danny boy.
Queste vacanze e gli orari in po’ strampalati mi hanno messa “cappaò”
Partirei per Milano anche oggi, per tornare ai nostri soliti ritmi e soprattutto alla mia cucina semi-sana. Ormai rotolo!
Ma Danny inizia la prima elementare il 12 settembre e io posso lavorare anche da qui, quindi mi sentirei in colpa a riportarlo ora in città.
Gli faccio fare ancora un po’ di mare, ma, se promettete di non dirlo a nessuno, vi faccio una confidenza: “non sopporto più la sabbiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!”.
E poi ho voglia di starmene col mio maritino davanti alla tv in tranquillità, magari guardando un bel film comico.
Devo ancora riprendermi da “Child of God” , il film di e con James Franco che abbiamo visto assieme sabato sera. Bravissimo il protagonista Scott Haze, ma troppa violenza.
Ho voglia di freddo, di camino, di vellutate di verdure, di lunghe camminate e di intense sedute in palestra.
So che state pensando che io sia matta, ma non sarà mica una novità no!?
Barbara
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Autografi e taffetá

Sempre emozionante ed effervescente la Mostra del Cinema, ma se devo essere sincera rimpiango le vecchie edizioni di quando ero giovane (poco più giovane di oggi) e vivevo ancora a Venezia.
Nelle scorse serate, prima delle proiezioni dei film in sala grande, al Palazzo del Cinema al Lido di Venezia, fanno vedere dei mini documentari in bianco e nero tratti dall’archivio storico della Biennale del Cinema.
Quelle immagini mi hanno riportata indietro nel tempo, mi hanno fatto tornare alla mente gli anni in cui c’era veramente una grande attesa per ogni film e ogni attore.
Gli anni in cui sono andata con la mamma a comprare il vestito a tubino nero di lino, con le maniche a sbuffo di seta bianca a pois neri e quello verde menta (allora si diceva “verde menta” e non “verde smeraldo”) tutto bello lucido di taffetá.
In sala grande gli uomini entravano in smoking e le donne (anche le più giovani) super eleganti e con il mento all’insù.
Gli attori spesso non arrivavano il giorno stesso per poi scappare magari anche prima della fine della proiezione del film, salendo su aerei privati.
Gli attori non facevano come Scamarcio che due giorni fa ho visto dire a 10 ragazzine che lo seguivano per una foto “scusate non ho tempo, devo fare un’intervista”.
Gli attori scendevano sorridenti dalla gradinata dell’Hotel Exclesior e raggiungevano sul prato i loro piccoli fans in cerca di autografi e non se ne andavano fino a che non li avevano firmati a tutti.
Gli autografi di allora non erano veloci scarabocchi fatti al volo senza alzare mai la testa, come ho visto fare ieri a James Franco e l’altro ieri a Nicolas Cage.
Gli autografi ai miei tempi erano fatti con un sorriso e una dedica, guardandosi negli occhi.
Durante la Mostra del Cinema non arrivavano solo gli attori dei film in concorso, ma anche cantanti e personaggi vari in cerca di visibilità in una settimana così importante.
Non mi dimenticherò mai di quando al Lido arrivó Nikka Costa, la piccola cantante prodigio di cui ero una grandissima fan.
Ero capace di ascoltare “On my own”
anche 20 volte al giorno.
Scoprì che il suo manager era Tony Renis, amico di infanzia di mia mamma, e quindi per un paio di giorni le mie amichette ed io diventammo la sua ombra.
Un giorno ci invitó tutte in camera sua all’Hotel Excelsior e ci chiese di aiutarla a fare il suo autografo su tanti foglietti che poi lei lanciava dalla finestra alle sue fan appostate notte e giorno sotto alla finestra della sua camera.
Ebbene sì, gli autografi di Nikka Costa spesso erano falsi, ora lo sapete!
Verissimi sono invece tutti gli autografi che ho raccolto negli anni nel mio “Libro degli autografi” e che ho ritrovato due giorni fa nella stessa cassapanca in cui ho trovato i miei vecchi diari (http://www.temperateitacchi.com/blog/un-tuffo-nel-passato/)
Monica Vitti, Nino Manfredi, Ornella Muti, Nanni Loy, Carlo Giuffrè, Franco Nero, Paolo Villaggio e tanti, tantissimi altri.
In quel libro sono rinchiuse le firme e i ricordi di una bambina che amava sognare.
Quella bambina oggi è diventata una donna, una moglie e una mamma, e non ha mai smesso di sognare…
Barbara

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Nella foto qui sotto, da sinistra, Francesca, Sabina, Nikka Costa e io semi nascosta da Magherita.

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