Inizia la Mostra del Cinema: tacco o ciabatta?

 
Ci risiamo: come ogni anno, da ben 70 anni, inizia la Mostra del Cinema di Venezia.
Eh sì, stasera si inizia con la proiezione delle anteprime, e via di feste, film, attori e attricette, corsi e ricorsi, fatte e rifatte.
Ma diciamocelo: la Mostra regala sempre delle gran belle emozioni.
Il problema però è sempre lo stesso: infilo i tacchi e mi butto in mischia o metto pigiama e pantofole e me ne sto a casetta?
So che ora riderete, ma io sotto sotto sono una pigrona.
E poi è da fine giugno che sono in giro tra crociera e montagna con mio figlio, e in valigia non ho di certo infilato abiti da sera e tacchi pensando alle numerose feste di questi giorni.
Sta a vedere che mi tocca fare come l’anno scorso e tirare fuori i miei vestiti di quando avevo 13 anni e vivevo ancora qui a Venezia con la mia mamma.
Per fortuna che è tornato di moda il pantalone a vita alta.
L’anno scorso ero venuta a Venezia con l’idea di starmene in pantofole a seguire la Mostra da telegiornali e quotidiani e invece mi sono ritrovata impossessata dal demonio nottambulo e sono uscita 7 sere su 7.
Sono andata a tutte le feste e non sono mai tornata a casa prima delle 3.
Ovviamente mi svegliavo alle 8 max 8.30, quando arrivava nel lettone mio figlio, e con lui andavo in spiaggia, ma appena calava il sole, Danny lo lasciavo a mia mamma e io scappavo a vedere qualche prima con gli attori in sala e poi cocktail, feste, amici e taxi acquei a caccia degli ingressi più veloci per le feste più belle.
Quel gran pezzo di gnocco di Adriano Giannini, il super simpatico Gianmarco Tognazzi (per gli amici Gimbo), quel pazzo di Guido Bagatta che tra una diretta e l’altra veniva a schiacciarsi un meritato riposino in capanna da me, in spiaggia, il mitico Bob Sinclair, che tanto mi ha fatto ballare e tanti altri.
Vecchi amici e nuove conoscenze, una settimana super intensa alla quale, non so come, sono sopravvissuta, felice e soddisfatta.
Un segreto per sopravvivere, a certi ritmi alla mia età, in effetti lo ho: non bevo.
Esco, ballo, chiacchiero, mi diverto, socializzo anche coi muri, ma non bevo alcool.
Cosa succederà durante questa 70esima Mostra del Cinema?
Riuscirò a rimanere in pantofole o mi farò di nuovo trascinare dall’entusiasmo di massa e affonderò nel mio armadio da tredicenne alla ricerca di 7 look per 7 serate?
Lo scoprirete prossimamente su questi “schermi”.
Per stasera appendo le lenti a contatto e mi metto la mia camicia da notte a fiorellini.
Barbara

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PS: Il post qui sopra l’ho scritto ieri sera verso le 23.30
Stavo davvero andando a letto, giuro.
Peccato che alle 23.45, mentre mi stavo togliendo le lenti (quella sinistra era già nella sua scatoletta) mi arriva un sms di un amico: “Stiamo andando alla festa di Vogue Uomo a Palazzina Grassi dietro casa tua, dai vieni. Ci vediamo lì davanti tra 5 minuti”
Risultato?
Ho rinfilato la lente sinistra, ho aperto “l’armadio del burdel” (dove ho dentro qualsiasi cosa dai miei 13 ai miei 43 anni) e ho scovato un vestito simil hippy che ho infilato al volo assieme ad un sandalo basso tempestato di swarovsky.
I capelli li ho lasciati con il loro “look post spiaggia”, tanto non avrei avuto tempo di fare nessun tipo di altra piega e con il phon avrei rischiato di svegliare Danny Boy.
Peccato che appena uscita di casa mi sono accorta che pioveva.
Sandalo bagnato sandalo fortunato?
Sperem.
Alla festa ci sono arrivata coi piedi bagnati, ma non penso che qualcuno se ne sia accorto.
Per fortuna in certe feste, con tutta la gente che c’è, i piedi e le caviglie spesso non riesci neanche a vederli.
L’immancabile principe Carlo Giovannelli, l’artista Bobo Ivancich de la Torriente, Paolo Lorenzon, il super galante direttore del neo ristrutturato hotel “The Gritti Palace”, la biondissima e potentissima Carla Sozzani, i miei amici veneziani, Toto Bergamo Rossi , veneziano doc che organizza super eventi per Venetian Heritage,  la statuaria ed elegantissima Eva Riccobono, madrina della 70esima Mostra del Cinema di Venezia, e il suo famoso fidanzato Matteo Ceccarini, ovviamente finito in consolle per deliziarci con il suo grande sound (da anni è il leader indiscusso per quanto riguarda le colonne sonore delle sfilate più importanti, ma non solo).
Ce n’era di gente alla festa di ieri sera, ma siamo solo agli inizi, il grosso deve ancora arrivare.
Oggi si inizia con “Gravity”, il film che vede come protagonisti Sandra Bullock e George Clooney.
Sembra che George dopo la proiezione del film e prima della festa, abbia deciso di farsi una mangiatina in una trattoria proprio dietro casa mia.
E se stasera cenassi fuori?
In una trattoria…a caso?
Barbara 

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Oggi parliamo di Spritz, ma di quello vero

Un paio di settimane fa sono andata al Chioschetto alle Zattere (a Venezia) e ho raggiunto un paio di amici per l’aperitivo.
Appena arrivata ho notato sul tavolo 3 invitanti bicchieroni pieni di apparente vino bianco e ghiaccio.
Non so se per me, che non amo l’alcol, fosse più invitante il vino o il ghiaccio, ma alla fine ho chiesto ai miei amici cosa stessero bevendo e Giuseppe, per gli amici Jason, mi hanno risposto “Spritz”.
“Ma come Spritz? Lo Spritz è arancione!”
Ed ecco che all’improvviso mi sono ritrovata 6 occhi tutti puntati su di me.
Ops, mi sa che ne avevo detta un’altra delle mie.
sprtizbiancoaitavolifoto“Lo Spritz è bianco Barbara, il vero spritz è sempre stato bianco. Quello che ora va tanto di moda e che ormai bevono in tutta Italia, è uno spritz macchiato.”
Ah benon, questa mi mancava, e sono anche Veneziana, che vergogna!
Ovviamente mi sono fatta raccontare la storia dello spritz e non contenta, quando sono tornata a casa, mi sono anche documentata su internet.
Cavolo, non mi avevano fatto uno scherzo, era tutto vero!
Per conoscere le probabili origini dello Spritz bisogna fare un lungo salto indietro fino all’800, ai tempi in cui nel Veneto c’era la dominazione Austriaca.
I soldati, ma anche i vari commercianti, diplomatici e lavoratori dell’impero Asburgico, presero presto l’abitudine di frequentare le nostre piccole osterie disseminate in tutto il Triveneto.
Il problema è che questi erano abituati ai loro vini a bassa gradazione e struttura e quindi la complessità e la grande varietà dei vini veneti per loro era difficile da mandar giù (in tutti i sensi).
Iniziarono a chiedere agli osti locali di spruzzare un po’ di acqua all’interno dei vini (spritzen, in tedesco) per renderli più leggeri.
Lo Spritz originale era rigorosamente composto da vino bianco frizzante, o da vino rosso, diluiti con acqua fresca.
Ho poi scoperto, parlando con qualche nonno, che al bancone del bar si chiedeva uno Spritz quando si voleva vino ed acqua, o uno Spritz macchiato se si voleva una piccola correzione di Bitter.
Quando nei primi anni del 1900 iniziarono a diffondersi i sifoni per l’Acqua di Seltz (un’acqua molto gassata) che arrivava dalla città di Selters, una località tedesca da cui proviene un’acqua minerale ricca di anidride carbonica, diventò possibile rendere frizzante anche uno Spritz fatto con vino fermo.
Questa evoluzione avvicinò allo Spritz nuove tipologie di clientela, come le nobildonne austriache, che potevano finalmente permettersi una bevanda leggera come grado alcolico, ma con un tocco di glamour per come veniva preparata.
Quello è stato solo uno dei primi tocchi creativi che ha portato lo Spritz alle ricette attuali.
Oggi infatti si trovano diversi tipi di Spritz: a Trieste e Udine lo si serve ancora “liscio”, in Veneto è rigorosamente a base di Prosecco mixato a Bitter Campari o Aperol, a Venezia lo si trova assieme al Select, a Padova talvolta con il Cynar, in Trentino si serve assieme al Ferrari ed in Alto Adige si serve secondo la tradizione austriaca “liscio”, ma quando è corretto con Bitter o altro lo si chiama Veneziano.
L’origine della parola Spritz è quindi di origine Austriaca, ma l’abitudine di mescolare al vino un po’ d’acqua per renderla una bevanda leggera ed estiva è un’usanza tipicamente nostra già da molto prima dell’arrivo degli austriaci in Veneto.
C’è chi fa risalire quest’usanza al medioevo, chi all’epoca romana, chi addirittura la fa iniziare con la nascita del vino nelle popolazioni paleovenete.
Una storia molto interessante da raccontare riguarda l’Arsenale di Venezia.
La Serenissima aveva particolare cura dei suoi operai navali, gli arsenalotti: a loro era riservato un trattamento economico di favore, garanzie di sostentamento in caso di malattia, erano nominati guardiani nelle sedute del Maggior Consiglio all’interno della Loggetta progettata per loro da Sansovino ed erano i vogatori del Bucintoro (la barca di rappresentanza dei Dogi) nelle manifestazioni ufficiali.
A loro inoltre era riservato un trattamento speciale quotidiano che oggi possiamo definire “merenda”.
A metà pomeriggio vi era per loro una piccola pausa in cui venivano serviti pane e vino rosso per ritemprare gli operai dalle fatiche del lavoro, mentre con la calura dei mesi estivi il tutto era sostituito da gallette ed una bevanda a base di vino allungata con un po’ d’acqua fresca di pozzo.
Una sorta di Spritz, servito però 500 anni prima dell’avvento degli austriaci nel nostro territorio.
Quindi da oggi in poi chiedete uno “spritz macchiato” e se il barista vi guarda strano, raccontategli questa storia.
Barbara
PS: dimenticavo! Tra le varie tipologie di Spritz ho da poco introdotto il “Junior Spritz” per il mio Danny boy ossia crodino, acqua gassata o seltz e una spruzzatina di limone
Spritz "macchiato"

Spritz “macchiato”

Danny Boy con il suo "Junior spritz" e un crostino con baccalà mantecato.

Danny Boy con il suo “Junior Spritz” e un crostino con baccalà mantecato.

Il mio primo vero spritz

Il mio primo vero Spritz

Piccoli sconci scorci di dialetto veneziano: post vietato ai minori di 18 anni.

 
Quando da ragazzino vai in vacanza in un posto dove la lingua parlata non è proprio la tua, quali sono le prime cose che si imparano?
Le parolacce.
E infatti mio marito, che in confronto a me è un ragazzino, le prime cose che ha imparato quando si è fidanzato con me sono state le parolacce o meglio, alcuni modi di dire simpatici, ma un pò pesantini, che hanno i veneziani.
Il bello è che il mio maritino spesso si diverte ad esercitarsi quando siamo in vaporetto.
Pericoloso, molto pericoloso.
Certe cose gliele ho insegnate io che del dialetto veneziano so ben poco quindi si sente lontano un miglio che mio marito non è del posto e di conseguenza il suo modo di parlare sa da presa in giro.
Ocio!
Un paio di giorni fa cercavo su internet il vero significato di uno dei nostri “delicati” modi di dire e mi  sono imbattuta in un sito fantastico che spiega tutto per benino.
Se siete di quelli che si scandalizzano allora lasciate stare e cambiate blog, subito.
Se invece avete voglia di farvi due risate continuate pure a leggere
Alcune frasi e alcune varianti ho preferito non pubblicarle e vi lascio immaginare il perché…
Chei cani dei to morti: modo di dire, molto comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche, ma qui la faccenda si ingarbuglia…
Variante: “I to morti” (semplice) , “Varemengo ti ta morti” (composto) , “Chei becanassi de tuti i to morti” (in questo caso i parenti sono stati traditi, in vita, dalla propria moglie)
Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro qualcuno (NB della BLOGGER: lo so che è pesante, ma è una delle più famose e non me la sono sentita di cancellarla!).
Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi.
Spesso questa frasetta “carina e leggera” viene addirittura usata nelle frasi per intercalare al posto del “cioè” italiano. 
Varianti: “Che ghe sboro” , “sboro mi” , “che ghe sbiro”(NB della BLOGGER: quest’ultima è la versione soft che usavo spesso da sbarbata).
Ma ti se sbregà: letteralmente: “sei rotto?” come per dire che c’è qualcosa in te che non funziona.
Date cò un legno: darsi le botte in testa da soli con un pezzo di legno. Frase tra quelle più recenti che viene utilizzata per dire a qualcuno di mettere la testa a posto.
Buso de cueo: apprezzamento verso una bella ragazza.
Buso de cueo 2 : avere fortuna.
S-ciopà : letteralmente scoppiato. Si dice di solito ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra esserlo.
Imatonìo : persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
Casso : persona un pò imbranata. “Casso” messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
Es: temperateitacchi.com sì che è un blog divertente “casso”.
Col casso : figurarsi, scherzi?, No di certo! 
Goldòn: preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che diceva “Gold-one!”.
Ma ti gà e moròidi in testa? : domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della “faccia da culo”.
Muso da mona: faccia da vagina: classicissima espressione veneziana (e non solo veneziana) per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido.
Ciapar cassi per attaccapanni: più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare “prendere un abbaglio”. Letteralmente “confondere i peni con appendiabiti” (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).
Bene, adesso se volete venire a farvi un paio di giorni in questa splendida città, imparate un paio delle frasette qui sopra, magari di quelle più soft.
In certi posti dove si va a fare l’aperitivo, se ti scambiano per veneziano ti fanno lo sconto.
Ahahah
Barbara 

 

Turista per caso, con sorpresa, da Manet.

 
Ieri, nel primo pomeriggio, mia mamma sarebbe tornata a casa, a Venezia.
Era andata in Sardegna con mia suocera e il loro nipotino (il mio Danny boy) ed erano lì da ben 9 giorni.
Non ci vedevamo da circa 20 giorni e avevo voglia di rivederla quindi avevo deciso di non andare in spiaggia, ma di aspettarla a casa.
Mi sono svegliata con calma, ho fatto colazione, sono andata a fare la ceretta (oggi arrivano anche i miei maschi e non vorrei mai che mi scambiassero per una scimmia) e ho bevuto un caffè fresco shakerato con una mia amica, in Campo Santo Stefano.
Dopo il caffè ho guardato l’ora: erano le 12.
“Invece di tornarmene sola soletta a casa, cosa posso fare per un paio di ore a Venezia?”
“Faccio shopping?”
“No, devo risparmiare i soldi per la casa che stiamo costruendo in Puglia”
“E allora che faccio?”
E a quel punto mi è venuta l’idea: “Faccio la turista: faccio una bella passeggiata e me ne vado in giro per la mia città a scattare foto.”
Tutti di Manet: "Colazione sull'erba", "La pesca", "Il piffero", "La corsa dei tori" e "Il balcone".
di Manet: “Colazione sull’erba”,
“Il piffero”, “La pesca”,
“La corsa dei tori” e “Il balcone”.
Cammina cammina e sono arrivata in Piazza San Marco, ho alzato lo sguardo verso Palazzo Ducale e ho visto la scritta “Manet: ritorno a Venezia. In mostra fino al 18 agosto 2013”.
Bingo!
Ecco dove vado: a vedermi la mostra di Manet.
Facciamo subito outing così mi levo il pensiero e non ci penso più: per quanto riguarda l’arte, sono ignorante come una capra.
Ignoro nel senso che non so, ma sono capace di leggere ed imparare e quindi ieri, visto che avevo del bel tempo a disposizione, mi sono impegnata.
Sono un’esteta, mi piacciono le cose belle, ma non vado oltre alle nozioni base imparate a scuola (quelle che mi ricordo ancora).
Ho pagato il biglietto, ma prima di entrare alla mostra ci ho messo quasi mezz’ora.
Era da anni, tanti anni, che non entravo dentro Palazzo Ducale e mi sono persa, smarrita.
Smarrita nei pensieri, smarrita tra le ombre e i raggi di sole che illuminavano il cortile, le colonne, gli archi, le statue…
Che spettacolo.
Alla fine ho ritrovato me stessa e sono entrata.
Non sto qui a raccontarvi tutta la storia di Manet perché se la volete leggere basta che digitiate il suo nome su Google e fate prima.
Vi dirò solo quello che ha colpito me tra le tante cose che ho letto prima sulle pareti dell’appartamento del Doge, dove è stata allestita la mostra, e poi sulla guida che mi sono regalata.
Di questa mostra si è parlato tanto e per tanti motivi.
Innanzitutto è esposto “Olympia”, il dipinto mai uscito prima dalla Francia.
Sotto "La Venere di Urbino" del 1538 dipinta da Tiziano e sopra "Olympia" del 1863 dipinta da Edouard Manet
Sotto “La Venere di Urbino” del 1538 dipinta da Tiziano e sopra “Olympia” del 1863 dipinta da Edouard Manet
Quel dipinto che Manet ha fatto ispirandosi alla “Venere d’Urbino” di Tiziano, dopo averla prima copiata durante un suo soggiorno a Firenze.
I due dipinti hanno molto in comune, ma è il senso che è molto diverso.
Le cose che mi hanno colpito di più sono che nella “Venere d’Urbino” c’è un cane, simbolo delle fedeltà, mentre in “Olympia” c’è un gatto, simbolo del demonio (nella foto si vede male perché è nero ed è in basso a destra).
Nelle “Venere d’Urbino”, inoltre, la mano di lei si appoggia rilassata sulle parti intime, mentre in “Olympia” la mano è più aperta, ferma, quasi fosse uno sbarramento.
In “Olympia”, la sensualità è decisamente meno forte che nel dipinto che Tiziano dedicò alla giornata nuziale.
In “Olympia” lei non aspettava il futuro marito, ma forse un amante da cui voleva farsi desiderare, senza concedersi (questa l’ho pensata io, magari è una cavolata, ops!).
Per molto tempo la critica ha parlato della pittura spagnola come grande fonte di ispirazione di Manet, ma con questa mostra, per la prima volta, si capisce quanto invece sia stata forte l’influenza dell’arte antica Italiana sull’opera di questo grande artista che in Italia soggiornò numerose volte tra Firenze e la mia amata Venezia.
Tiziano, Raffaello, Andrea del Sarto e Tintoretto sono solo alcuni degli artisti a cui Manet si è ispirato.
Scandalizzò molto i suoi contemporanei per il fatto che attingeva un pò troppo spesso dai maestri del passato, ma se l’arte e la moda continuano ad esistere è proprio perché gli artisti di oggi guardano agli artisti di ieri appropiandosi delle loro idee e sviluppandole a loro modo no?!
Credo sia inevitabile, anche se forse Manet si è un pò troppo “allargato” e, visitando questa mostra, la cosa salta molto all’occhio.
Non dico che Manet non mi piaccia, ma di sicuro (ricordatevi che ho fatto outing e ho ammesso che sono ignorante) preferisco quelli che ci hanno messo più del loro.
Resta il fatto che la mostra è davvero bella e che vedere certi quadri dal vivo è davvero emozionante, toglie il fiato.
Manet è nato nel 1832 a Parigi in una ricca famiglia borghese ed è stato suo zio, portandolo al Louvre, a mettere in lui il seme dell’arte (l’ho sempre detto che gli zii sono indispensabili).
Manet non voleva studiare giurisprudenza come avrebbe voluto il padre (meno male che ogni tanto i figli si ribellano) e avrebbe preferito la scuola navale dove però non lo accettarono (meno male che non lo accettarono).
Fu così che iniziò la sua carriera artistica e che Eduard (ormai lo sento “amico”) posò le dita prima su un pianoforte e poi sui pennelli, gli stessi pennelli con cui ha creato le splendide opere che ho potuto ammirare ieri.
Ho continuato il mio giro leggendo i racconti dei suoi viaggi e dei suoi percorsi e ammirando tanti altri suoi dipinti, fino a che sono arrivata all’ultima sala, e lì mi sono bloccata.
“Cavolo, ma quella è la casa della famiglia di mia mamma?”
Canal Grande a Venezia

Canal Grande a Venezia

Ma è possibile che io sia così ignorante da non sapere che Manet, in uno dei suoi tre viaggi a Venezia, si è messo a dipingere un gondoliere che guarda caso, era proprio sotto alle finestre della casa dove vive ora mia mamma?!”.

Che grande sopresa, che enorme sopresa.
Erano in tanti davanti a me ad ammirare quel quadro e io avrei voluto urlare a tutti che in quella casa ci era nata (tranne me che sono nata in Scozia) e cresciuta tutta la mia famiglia.
Che emozione, non dimenticherò mai quell’ultima sala dedicata al mare e alla mia Venezia.
Sono uscita dalla mostra accecata dalla luce di quel quadro e sono rimasta ancora più accecata quando, dalla penombra dell’appartamento del Doge, mi sono ritrovata scaldata ed illuminata da un forte ed intenso sole.
Il cielo era azzurro e dopo neanche un’ora avrei rivisto la mia mamma.
Che giornata intensa e ricca di emozioni, ieri.
Barbara
Un "uomo nudo" mi aspettava fuori dalla mostra di Manet.

Un “uomo nudo” mi aspettava fuori dall’appartamento del Doge.

 
All'uscita della mostra, il caldo sole e il cielo azzurro sul cortile di Palazzo Ducale.

All’uscita della mostra, il caldo sole e il cielo azzurro incorniciavano il cortile di Palazzo Ducale.

Aspettando l'arrivo di mamma, dentro il quadro.

Aspettando l’arrivo di mamma, dentro il quadro.

 
Souvenir della mostra: panno per pulire gli occhiali con stampato il quadro che ovviamente mi ha colpita più di tutti.

Souvenir della mostra: panno per pulire gli occhiali con stampato il quadro che ovviamente mi ha colpita più di tutti.

 
 
 

Scorci di vita Veneziana: la porcellana e altre curiosità – Seconda e ultima parte

Ieri vi ho raccontato di come la porcellana sia arrivata a Venezia grazie a noi donne e alla nostra cipria e oggi vi racconterò delle occasioni in cui si utilizzava questo materiale così pregiato ed elegante.
I grandi pranzi erano un fatto sociale: il cibo, di per sé stesso, non era importante, ciò che contava era come veniva presentato.
Cavolo, avrei avuto un gran successo ai tempi, visto che non sono proprio una brava cuoca, ma gioco a copiare le ricette degli altri. Ahahah!
In occasione della visita di qualche importante personaggio, il governo della Serenissima andava sì a riceverlo, in pompa magna, col Bucintoro (la barca del Doge), ma poi delegava una nobile famiglia che doveva accollarsi il piacere e, soprattutto, l’onere dell’ospitalità.
Pare che un principe di Galles, al momento di andarsene, abbia detto a chi lo aveva ospitato, che non avrebbe potuto ricambiare l’invito perché gli sarebbe stato, economicamente, impossibile competere.
Poverino, ma non li vendevano dei piatti decenti in Galles?!?
La tavola, per i pranzi quotidiani, era coperta con tovaglie di lino o di cotone, mentre per un pranzo di gala un telo di seta veniva ricoperto da un copritovaglia in pizzo (di Burano o per i più raffinati, del Belgio).
Io per i pranzi quotidiani uso le tovagliette all’americana di Superman o al massimo quelle con i velieri, anche se mio marito vorrebbe sempre la tovaglia bianca (grazie cara suocera per come hai abituato bene tuo figlio! Grrr).
Per le cene importanti, invece, uso una fantastica tovaglia color panna che sembra fatta di stoffa normale, e invece è fatta di una stoffa impermeabile che se per caso si macchia, si può lavare con la spugnetta senza doverla mettere tutte le volte in lavatrice: adooorooo.
L’uso del tovagliolo era diventato corrente e, per pulirsi bocca e mani, non si usava più la tovaglia.
Eh sì, prima la tovaglia era come un gigante tovagliolo a disposizione di tutti, blaaaaa.
Nei pranzi familiari, l’etichetta non era certo formale, ma libera e a volte pure un pochino troppo libera. Pensate che spesso i “gentiluomini” (gentilissssssimi), con la complicità della luce soffusa delle candele, si slacciavano le aperture laterali dei loro pantaloni e li calavano per non rovinarne il prezioso tessuto mentre mangiavano (le sedie avevano le sedute in paglia di Vienna e spesso non avevano i cuscini).
Tres chic! Secondo me lo facevano sperando che passasse qualcuna sotto il tavolo e con la penombra si immaginasse le cose più grandi di quello che erano… Hihi.
posatefotoPer quanto riguarda le posate: il cucchiaio era usato da sempre per le zuppe mentre il coltello veniva soprattutto utilizzato per tagliare la carne. 
A quanto si dice la punta arrotondata, che distingue il coltello da tavola dal pugnale, fu voluta dal cardinale Richelieu per impedire ad un commensale di pulirsi i denti col coltello.
E io che mi lamento quando in certi ristoranti vedo ancora gli stuzzicadenti sul tavolo!
La forchetta, invece, entrò nell’uso comune assai tardi perché considerata effeminata.
Che giramento di maroni: gli uomini già ai tempi erano “raccomandati” e potevano fare un sacco di cose che a noi donne non erano permesse.
Anche oggi, se ci pensate, se a un uomo, tra le mura domestiche, scappa una “puzzetta” o un “ruttino”, secondo loro non è così grave, ma se scappa a noi diventa una tragedia!
Vabbè, torniamo a parlare di cose serie.
I piatti da portata non erano di grandi dimensioni perché, appoggiati, sulla tavola, accanto ai commensali servivano per due sole persone.
Venivano posizionati in giro anche i rinfrescatoi ossia grandi coppe che, riempite di ghiaccio, erano usate per raffreddare bottiglie e bicchieri.
La manifattura della porcellana Veneziana raggiunse altissimi vertici di gusto e raffinatezza nella fabbricazione dei servizi da caffè e da cioccolata.
La varietà del decoro era vastissima, anche se, per snobismo o per moda, i servizi con stemma di famiglia venivano spesso commissionato a Meissen.
I Veneziani amavano far servire caffè e cioccolata  in tazze, tazzine o ”cicare” (tazze senza manico simili a quelle orientali) che erano basse o alte a campana, più simili ad un bicchiere ed inserite in un supporto di metallo dorato per evitare le scottature.
Si arrivò al punto di offrire il caffè mascherandosi da turchi.
Ci sono infatti molti quadri e stampe di grandi maestri, come Longhi e Tiepolo, che mostrano la società Veneziana nell’atto di offrire e consumare queste bevande in diverse occasioni sia pubbliche che private.
Per finire vi racconto una storiellina divertente che ha per protagonisti una moglie infedele, un amante, un marito comprensivo ed una tazzina di caffè.
La scostumata, approfittando della lontananza dello sposo, invita l’amante a casa.
Mentre stanno facendo “body-building” il marito cornuto torna all’improvviso e li fa sobbalzare.
Lo sposo entra, ma il velocissimo amante ed i suoi abiti sono già sotto al letto.
La sposa sorride, seducente, e lui la raggiunge a letto…
Al mattino, come sempre, la Colombina di turno (la filippina di oggi) porta ai padroni il caffè e complice probabile della signora, si guarda attorno spaventata e curiosa.
Il padrone rimprovera la sua goffaggine si fa servire il caffè, poi, con un rapido movimento, allunga la tazza sotto al letto, chiedendo, ironicamente: ”Con o senza zucchero?!?”.
Adoro mio zio Agostino: senza di lui non avrei mai saputo tutto ciò e soprattutto non mi sarei fatta quest’ultima grassa risata!
Barbara

Scorci di vita Veneziana: la porcellana e altre curiosità – Prima Parte

Essere in Puglia a seguire il cantiere della nostra casa sta scatenando tutta la mia fantasia e la mia immaginazione.
Ormai sogno ad occhi aperti e visualizzo la casa già finita ed arredata, pronta ad accogliere parenti ed amici.
Il problema è che ho già fatto i primi danni: due giorni fa ho comprato 6 sdraio per la nostra futura piscina e ieri ho rischiato perchè la mia amica Flora mi ha portato da un artigiano di Ostuni che fa oggetti di ceramica e terracotta (per fortuna mi sono trattenuta e non ho comprato nulla)
Ammirare tutti quei piatti, ma non solo, e iniziare a “vedere” la nostra cucina dove preparerò i miei pranzetti e le mie cenette per i nostri ospiti, mi ha fatto pensare a mio zio…
zio Agostino

zio Agostino

Un paio di mesi fa, durante una della trasferte a casa di mia mamma a Venezia, sono andata a trovare mio zio Agostino.
Mio zio agostino dipinge, sa cucinare divinamente ed è un appassionato della storia Veneziana quindi quando vado da lui spesso rimango ad ascoltare i suoi racconti.
L’ultima volta che sono andata a casa sua, mi ha svelato la storia della porcellana.
Ne sono rimasta letteralmente affascinata quindi oggi, con l’aiuto dei suoi preziosi appunti, cercherò di raccontarvela.
A Venezia la manifattura della porcellana è nata intorno al termine del secondo decennio del ‘700
La prima fu quella di Vezzi, che seguì di pochi anni (1714) quella di Meissen in Sassonia.
I preziosissimi, ricercatissimi, rarissimi e, naturalmente, costosissimi oggetti di questo materiale erano stati importati fino ad allora dalla Cina.
Per vari secoli in tanti tentarono invano di produrre la porcellana in Europa e tra loro ci furono i Medici che investirono un sacco di soldi in questo inutile tentativo.
Quello che non si sapeva era l’esatta lista dei componenti dell’impasto perchè i cinesi, ovviamente, si tenevano ben stretto il loro segreto: uno dei componenti della porcellana era top secret!
All’inizio del ‘700 il segreto, che si divulgò rapidamente, fu svelato: si trattava del caolino.
Quasi contemporaneamente una cava di questo materiale fu scoperta in Sassonia, e, a Meissen, si cominciarono a produrre  oggetti di porcellana.
Naturalmente in  Sassonia fu subito messo il divieto assoluto di esportare quel materiale.
Ma i Veneziani , che erano parecchio furbi, riuscirono ad ottenerlo, di contrabbando, pagando a carissimo prezzo una fantomatica ” cipria ” di cui nessuna dama mai fece uso.
Che fenomeni, e comunque alla fine il merito è sempre di noi donne! Hihi
Fu così la produzione della porcellana arrivò dalla Cina all’Europa rendendo così possibile il possesso di oggetti in questo materiale ad un più vasto numero di acquirenti sia per il prezzo ormai ben più accessibile, sia per la quantità di oggetti che il mercato proponeva.
Il nome, datole da Marco Polo, pare derivi dalla somiglianza con certe conchiglie tondeggianti e rosee come, appunto, un porcellino.
Io questo proprio non lo sapevo!
Certo è che comunque l’impiego della porcellana non entrò nell’uso quotidiano, dove si adoperava la ceramica (che è simile alla porcellana, ma molto meno pregiata)
La porcellana si usava solo in  occasione di feste o di importanti ricevimenti.
Nei primi tempi veniva usata al posto dei servizi d’argento, oppure d’oro, nelle grandi circostanze.
A proposito di questo, è famoso un aneddoto riguardante la “doviziosissima” (amo questi vecchi paroloni che non si usano più!) famiglia Labia: pare che un suo esponente, alla fine dei lussuosi pranzi che offriva, usasse lanciare in Canal Grande le stoviglie su cui gli ospiti avevano mangiato ed accompagnasse il gesto dicendo:”Che l’abia o non l’abia son sempre Labia!”
Vorrei tanto conoscere il nome del suo pusher, ops!
Nei servizi di ceramica, e naturalmente ora di porcellana, la quantità dei piatti era enorme, sproporzionata a quella degli invitati composta, anche nei grandi avvenimenti, da un numero limitato di persone.
A questo proposito ora vi svelo un altro aneddoto a dir poco buffo che mi ha raccontato sempre mio zio .
Mio zio un giorno andò a casa di amici, che spesso organizzavano importanti cene, e vide, appeso alle pareti, un enorme servizio di Wedgwood; la sala da pranzo era letteralmente tappezzata da piatti da portata e non solo.
Qua e là, sulle mensole, spuntavano anche delle bellissime zuppiere bianche.
“Tanti vero?” , chiese a mio zio il suo amico. “Aspetta! Ti faccio vedere l’ordine. Riderai!”
Poco dopo, datato 1780, gli fu mostrato un documento dove, in italiano, si leggeva :
“Vogliate inviarci:
250 piatti fondi
250 piatti piani
30 zuppiere grandi
15 zuppiere piccole
40 piatti da portata grandi
40 piatti da portata medi
40 piatti per contorni
15 legumiere
12 salsiere  
2 o 3 vasi da notte”
L’ordine era indirizzato al Signor Wedgwood in Inghilterra.
Dopo qualche mese, via mare, la famiglia ricevette quanto ordinato. ”Solo che, concluse l’amico, i vasi da notte erano 203″, come da ordine.
Secondo me i Wedgewood avevano lo stesso pusher del Sig. Labia
E non finisce qui…
A domani per la SECONDA ed ultima PARTE
Barbara
I miei piatti di porcellana

I miei piatti di porcellana

Le ceramiche inglesi del trullo di Flora

Le ceramiche inglesi del trullo di Flora

 
 
 

#Venezia #Biennale #Feste #Tacchitemperati #Machedddolore PRIMA PUNTATA

 
“Ci scusiamo per eventuali ritardi, ma è stato investito un uomo tra Verona e Brescia. Le autorità giudiziarie stanno indagando”.
Il mio viaggio di ieri con Danny boy, in direzione Venezia, è iniziato con un annuncio che non prometteva niente di buono. La linea Milano-Venezia era nel delirio totale: treni partiti in ritardo di 3 ore, treni dirottati su Mantova e treni cancellati.
Ma il nostro treno… è partito puntuale ed è arrivato in perfetto orario.
Dannu boy ed io nella toilet dell'unico treno puntuale di ieri!

Dannu boy ed io nella toilet dell’unico treno puntuale di ieri!

Eh che cavolo! Io dovevo arrivare a Venezia, passare il “testimone”, ops, Danny boy, a mia mamma, farmi una doccia, truccarmi, vestirmi e partire per il tour de force targato “Biennale by night”.

Il mio treno doveva essere puntuale.

Ovvio che mi dispiace per il poverino finito sotto il treno, ma le autorità avrebbero anche potuto darsi una mossa no?!

Dire “vado a Venezia” per la Biennale e passare la serata in giro per feste senza aver ancora visto la “Biennale”, fa un po’ “ignorante”, ma ogni tanto adoooro essere ignorante.
Alla Biennale ci andrò lunedì con calma quando se ne andranno “quellidelweekend”.
Sì, sì, avete letto bene. Io da qui non mi schiodo fino a martedì: avrò pur diritto ad un week-end lungo ogni tanto o no?!
Ma torniamo alla serata di ieri: wow, che serata!
Vengo a Venezia mediamente una volta al mese e quando arrivo stacco la spina. Ovviamente non quella del cellulare, del mac e dell’ipad perché quelli restano sempre accesi, anche di notte.
Quando vengo a casa dalla mia mamma, alle 19.30 ceniamo, alle 20.30 metto a letto Danny boy e alle 21 sono già in pigiama.
Adoro Venezia: mi leva quell’ansia di fare, uscire, vedere, incontrare.
A Venezia mi rilasso e stacco la spina e devo dire che non faccio neanche tanta fatica anche perché quando non c’è la Biennale, la Mostra del Cinema o qualche altro evento speciale, Venezia è “parecchio” tranquillina.
Venezia, in assetto standard, non offre moltissimo per noi ex giovani con lo spirito da quindicenni.
A Venezia ci si ritrova nelle case e si fanno lunghi aperitivi e grandi cene, ma se si tratta di muovere un pò i fianchi…picche, zero, tabula rasa.
Ieri sera, invece, abbiamo mosso tutto.
Eli, io, Serena e Matilde

Girls in taxi

Con la Biennale Venezia si accende, si aprono spazi e location normalmente non utilizzati per questi meri fini e si fanno le ore piccole, molto piccole.

Ci si muove a piedi o quando non si riesce a camminare sull’acqua (qualcuno ci è riuscito) si gira in taxi. Ovviamente sto parlando di barche, le macchine non galleggiano.

Ore 20.15 appuntamento a Sant’Angelo con un pò di amiche. Prenotato taxi di gruppo per risparmiare. I passaggi in taxi a Venezia non te li tirano dietro, anche perchè farebbero male.
Giamba (ttista Valli) ed io alla festa di trussardi

Giamba (ttista Valli) ed io alla festa di Trussardi

Arrivo al punto di ritrovo e chi ti incontro?

Un mio vecchio amico di Roma. Era li seduto in total relax fuori dal suo albergo e si godeva uno dei milioni di spettacoli che Venezia ti regala: basta aprire gli occhi e sono lì, che ti aspettano.

Presento Giamba alla mie amiche, ma mi dimentico di dire il cognome, ops, che cafona.
Le mie amiche non se lo filano molto quel romano magrolino e un pò timido lì seduto a guardarsi il Canal Grande.
Giamba rientra in Hotel e io guardo le mie amiche “Ma vuoi avete capito chi vi ho appena presentato? Era Giambattista Valli“.
Quando fai quel nome alle donne… iniziano a brillare gli occhi e al posto dei dollaroni di Paperone, in quegli occhi vedi scarpe, vestiti, scarpe, vestiti scarpe.
Conosco Giamba da circa 25 anni e sono felice per il successo che sta avendo in tutto il mondo perché mi è sempre stato simpaticissimo, è un grande.
Ore 20.30. Partiamo per l’isola di San Giorgio.
Prima tappa? Festa Swarosvky.
Effettivamente ci aspettavamo tutti una festa, ma una festa non era.
La fondazione Swarovsky presentava la lente più grande del mondo in cui ieri sera potevi ammirare una splendida prospettiva della Basilica di San Giorgio disegnata da Andrea Palladio tra il 1566 e il 1610.
Bellini in Sacrestia

Bellini in Sacrestia

Giusto il tempo di un paio di Bellini e di una decina di mini tramezzini nella scarestia della Basilica e poi via verso il party della Swatch che grazieadddddio era lì dietro, alla Compagnia della Vela di San Giorgio. 

Iniziavano a farmi male i piedi. All’improvviso mi sono ricordata come mai per 43 anni non ho mai usato i tacchi per più di un’ora.

P.S: per il catering di Swarovsky: “ma farne uno grande di tramezzino no?! Avrei fatto prima a nutrirmi”.
Vabbè. Arriviamo all’ingresso della festa della Swatch e ci ritroviamo in coda. Eravamo tutti in lista, ma si sa che alle feste fa figo far stare la gente un pò in coda.
Peccato che io odio le code, mi annoiano tremendamente le code.
Allora ho inziato a fare la supida (strano no?!) 
“Allora? Ci fate entrare o dobbiamo fare 1, 2, 3 si sfonda?” e tutti giù a ridere.
“Scusi, ma non lo vede che io ho uno Swatch al polso?! Guardi che me lo sono comprato un mese fa a Malpensa con dei soldi veri. Non vorrà mica lasciarmi fuori con al polso uno originale Swatch ultimo modello trasparente con ingranaggi in vista?” e tutti giù a ridere.
“Ok ragazzi. Qui non ci fanno entrare: andiamo tutti alla festa della Rolex, o a quella della Breil, dai andiamo!”
E la coda entrò!

E la coda entrò!

A quel punto si è aperto un varco e ci hanno fatti entrare, tutti.

Bastava dirlo prima che serviva la parola d’ordine.
Bella festa quella delle “Facce da Swatch”.
Alcool a fiumi (non per me che non bevo), ancora mini tramezzini (Grrr), macarons, spiedini di frutta  e ovviamente un live show tutto targato Svizzera, tranne un cinese che miracolosamente cambiava faccia ogni 10 secondi. Potrei farmi insegnare il trucco, sarebbe parecchio utile: faccio una bella rapina poi esco e cambio faccia. 
Peccato per la musica nella zona “disco”: niente di che! Avrebbero potuto fare di molto meglio. In effetti non ho mai sentito di dj famosi Svizzeri.
Erano quasi le 2 e iniziavo a pensare a Danny boy che alle 8 sarebbe arrivato a svegliarmi. Aiuto, dovevo andare a casa, dovevo andare a dormire, qualcuno doveva portarmi a dormireee!
Mika ed io: gemelli di Swatch

Mika ed io: gemelli di Swatch

Ma proprio in quel momento arrivano le mie amiche che mi trascinano nel privè ” Andiamo andiamo che c’è Mika!” .

Sarò vecchia, ma quando mi hanno detto “Mika” io ho pensato a quel mostro di Mick Hucknall dei Simply Red.

Sono vecchia io: se mi dici “Mika” penso ai Simply Red.

Non capivo perchè volessero andare tutte nel privè a vedere il rosso! Vabbè, andiamo…

Arrivo e mi ritrovo lui. Mika e non Mick. Che tonta!

Mi piace come canta, mi mette allegria, è solare, ma non mi ricordavo il nome. Ho una certa età io.

“Dai dai, chi ha coraggio di chiedergli se canta?” dice una mia amica. Avrebbe dovuto cantare e lo stavano aspettando tutti, ma lui dal quel privè non è mai uscito.

Forse aveva bevuto un pò troppo e non si ricordava le parole e per punizione si è ritrovato attorniato da una decina di anziane fans. Povero lui! A saperlo prima, secondo me si sarebbe portato il gobbo!

A quel punto della serata ero soddisfatta. Erano le 2 di notte passate e continuavo a pensare a Danny boy che alle 8 si sarebbe infilato nel mio letto. Aiuto!
Dovevo andare a letto. E invece? E invece sono finita con un gruppetto di amici nel taxi di Paolo, il simpaticissimo direttore del bellismo Hotel Gritti fresco di ristrutturazione.
Arsenale: nella fila di taxi per scendere da Trussardi.

Arsenale: nella fila di taxi per scendere da Trussardi.

Direzione del taxi? Casa?

Ma quando mai?! Avevano saputo che la festa di Trussardi alle “tese 113” dell’Arsenale era spettacolare.

Potevamo perdercela? Siammmmai.

15 minuti di fila per scendere dal taxi (A Venezia capita anche questo) e ci siamo ritrovati catapultati in una festa “superwow”.
Musica da paura con due super dj mega conosciuti, non da me, in consolle.
Gente da tutto il mondo. Very international. Bello, bellissimo! 
Se avessi avuto un bel paio di ballerine o meglio ancora un bel paio di scarpe da ginnastica, avrei ballato fino alle 4 e invece fino alle 4 ho girovagato salutando e chiacchierando con amici che non vedevo da anni. Senza mai smettere di muovere i fianchi, era impossibile stare fermi con quella musica.
Ho spento la luce alle 4 e alle 8 è arrivato lui.
“Cucciolo, saresti così gentile da andare di là dalla nonna così la mamma fa ancora un pò di nanna?”
“Certo mamma”
111fotoLo amo, direi che si è proprio meritato lo Swatch che mi hanno regalato ieri sera alla festa e chi gli ho dato quando mi sono definitivamente svegliata, intorno alle 10.
Bella la vita mondana di Venezia i questi periodi.
Bello girare per feste traghettata da comodi taxi, ma che male ai piedi. Io i tacchi li voglio temprare, ma preferisco non indossarli per troppo tempo! Argh
Tra poco scappo: indosso un bel paio di ballerine, mollo il “testimone” alla nonna e raggiungo mio marito a Verona per una serata romantica… Domani però torniamo a Venezia e si riparte con “Rumba Biennale: seconda puntata
Ora vado a prendere un moment.
 Passo e chiudo
Barbara
 
Me and Letizia going to San Giorgio con il resto delle girls

Me and Letizia going to San Giorgio con il resto delle girls

 
Arrivando a San Giorgio

Arrivando a San Giorgio

 
Ammirando San Marco dall'isola di San Giorgio

Ammirando San Marco dall’isola di San Giorgio

 
 
La speciale prospettiva del Palladio nella lente gigante presentata dalla fondazione Swarovsky.

La speciale prospettiva del Palladio nella lente gigante presentata dalla fondazione Swarovsky.

 
Ready for Swatch party

Ready for Swatch party

 
Facce da Swatch

Facce da Swatch

Il cinese dalle mille facce!

Il cinese dalle mille facce!

Facce da Swatch

Facce da Swatch

 
Facce da Swatch

Facce da Swatch

Facce da Swatch: tra ben 3 "Gianluchi"

Facce da Swatch: tra ben 3 “Gianluchi”

Facce da Swatch: tra Paolo e Federico

Facce da Swatch: tra Paolo e Federico

 
Vecchi vaporetti alla festa di Trussardi all'Arsenale

Vecchi vaporetti alla festa di Trussardi all’Arsenale

 
Trussardi Party alle tese 113 dell'Arsenale. Wow! Very wow

Trussardi Party alle tese 113 dell’Arsenale. Wow! Very wow

Il piacere di rincontrare un vecchio amico ad un party!

Il piacere di rincontrare un vecchio amico ad un party!

 
Facce da Trussardi Party. Con Victoria.

Facce da Trussardi Party. Con Victoria.

 
 
 
 
 

Il mitico “Pierino” dell’Harry’s Bar di Venezia: eccovi la vera ricetta!

 

Per questo lungo ponte non potevo che venire nella citta’ dei ponti a trovare mia mamma, infatti sono a Venezia.

Il problema e’ che quando vengo a Venezia non riesco proprio a fare a meno di andare in un posticino a fare una cosuccia.

Devo per forza andare a mangiare almeno un “Pierino” all’Harry’s Bar.

Il Pierino e’ una sorta di toast fritto e quindi non è per niente dietico, ma gli strappi alle regole sono così buoniii.

Moi con il grande Ernesto e Bruna Avogaro sorella di Arrigo Cipriani

Moi con il grande Ernesto e Bruna Avogaro sorella di Arrigo Cipriani

L’ultima volta ho davvero esagerato: ne ho mangiati ben due e prima di farlo mi sono infiltrata nelle cucine dell’Harry’s Bar.

Con la complicità di Bruna Avogaro, la sorella di Arrigo Cipriani, e del grande Ernesto, mi sono fatta spiegare bene come si fanno e per essere sicura di capire bene, son rimasta a guardare mentre preparavano i miei.

Ingredienti

Ingredienti

Iniziamo dalla LISTA DELLA SPESA per fare 7 Pierini:

1/2 cucchiaio da caffè di Colman’s
2 cucchiai da caffè di salsa Worcestershire
2 uova
300 gr di emmental
Sale
2 fogli di pancarrè con bordo
1 etto di prosciutto cotto

 

 

Se avete tutto e siete pronti, possiamo iniziare.

Emmental, uova etc

Emmental, uova etc

Grattugiate l’emmental e lo rendete “cremoso” con frusta a spirale, con minipimer o con quello che avete.

Aggiungete la salsa Worcestershire, la Colman’s e un pizzico di sale.

Aggiungete un uovo e girate e infine aggiungete il secondo uovo e amalgamate bene il tutto.

 

Ernesto all'opera

Ernesto all’opera

I Pierini ottenuti dalla maxi fetta di pancarrè e pronti per essere fritti

I Pierini ottenuti dalla maxi fetta di pancarrè e pronti per essere fritti

Spalmate bene le due grandi fette di pan carré con la “crema di formaggio” ottenuta, aggiungete in mezzo in vostro prosciutto cotto, schiacciate bene le due maxi fette tra loro e le tagliate per ottenere 7 Pierini.

 

A quel punto mettete dell’olio per friggere in una padella e ci friggete i vostri Pierini per un paio di minuti, fino a che vedrete che il vostro pan carré si sarà dorato per bene.

Barbara

Nicola frigge i Pierini e io aspetto di gustarmeli.

Nicola frigge i Pierini e io aspetto di gustarmeli.

Tirate fuori dalla padella i vostri Pierini, li asciugate bene con la carta assorbente e li servite ben caldi. Slurp!

Barbara

Invasione nelle cucine dell’Harry’s Bar, gita a Burano e giro di Bacari

Meno male che le previsioni ultimamente ci azzeccano veramente poco perché se avessimo dato retta a loro…ieri non avremmo fatto la nostra gita a Burano!

Mio marito non ci era mai stato, come non ci erano mai stati neanche Ivan e Yuka, una coppia di amici anche loro a Venezia per questo lungo we.

Cosa altro avrei potuto fare se non sacrificarmi, mollare mio figlio a mia mamma e fare loro da guida?

La verità e’ che io vengo a Venezia circa una volta al mese con Danny boy e una volta si e una volta no viene anche mio marito.

Quando vengo da sola se esco di casa sto nel raggio di un km e la sera alle 20.30 metto a letto il cucciolo e alle 21 me stessa.

Se però c’è mio marito e magari anche degli amici…allora mi riprendo dal mio letargo Veneziano, scatta la guida che c’è in me e me la godo.

La giornata di ieri e’ iniziata con un Bellini e un Pierino (il mitico tost fritto) all’Harry’s bar.

 

Moi con il grande Ernesto e Bruna Avogaro sorella di Arrigo Cipriani

Moi con il grande Ernesto e Bruna Avogaro sorella di Arrigo Cipriani

Dopo aver divorato il mio divino Pierino, mi sono “infiltrata” nelle cucine per farmi svelare il segreto del Pierino.

Ovviamente super Barbs, con la complicita’ della simpatica Bruna Cipriani, anche questa volta e’ riuscita nella sua impresa quindi presto vi rivelerò un’altra chicca…

Ci siamo poi incamminati verso San Marco e abbiamo preso il battello per Burano.

Un lungo viaggio per poi “perderci” per calli e callette e finire con le gambe sotto al tavolo della trattoria da Romano.

Moeche fritte (granchi)

Moeche fritte (granchi)

Canoce e gamberetti lessi, cozze alla marinara, fritto misto, moeche e per finire un ottimo sgroppino.

Il rumore di una pioggia fitta, ma breve, sulla tenda sopra il nostro tavolo, all’aperto, in calle.

Che belle le gite, che bella questa mezza giornata tra adulti senza dover cercare le salviette umide infondo alla borsa perché tuo figlio si è impiastricciato le mani un’altra volta.

imageChe bello tornare in vaporetto abbracciati stretti stretti perché ok che non ha piovuto come dicevano le previsioni, ma…faceva freschetto!

Che bello tornare a casa dopo una bella passeggiata e vedere che mio marito accoccolato nel mondo dei sogni vicino a me, mentre io scrivevo.

Anche a me sarebbe stata utile una pennica, ma alla fine ho preferito scrivere. Mi piace scrivere, mi riporta a rivere gli entusiasmi della giornata.

E poi poco dopo saremmo ripartiti col giro della morte: avevo promesso che li avrei portati tutti a fare un giro per bacari quindi dovevo preparare il mio piano di “guerra”.

imageIeri sera niente ristoranti, niente cene, ma tante ombre de vin, qualche spritz, tanti cicchetti e una bella passeggiata in notturna in giro per una città che dopo tanti anni ancora riesce a sorprendermi

Siamo partiti alle 19 da Fiore, il mio Baccaro preferito dietro casa, uno spritz e un paio di crostini con il baccala’ mantecato per poi incamminarci verso l’Enoteca “Il Volto” dove non passa di certo inosservato il soffitto tempestato di etichette di vini.

Tappa successiva Rialto, dove la leggera pioggerellina non aveva spaventato nessuno perché i sottoportici erano pieni di gente col bicchiere in mano.

imageUno spritz al “Marca” e due cicheti all'”Ancora” perché al Marca si erano già spazzolati tutto.

Ultima tappa il “Portego” a sentire quello che raccontava che ormai a Venezia molti vengono in motonave la mattina per ripartire la sera e non spendono..

Ci aspettava un festino a casa di amici sennò avremmo potuto tranquillamente continuare il nostro giro della morte perché camminando tra le calli si smaltisce e non guidando…al massimo si rischia una scivolata in canale.

Amo Venezia, amo girare per bacari e ascoltare la gente che parla, che racconta; amo i festini in casa dove c’è ancora quel giusto spirito che ti fa ballare in salotto, con le luci spente.

Amo sentirmi ancora giovane e viva in una città così antica.

Amo e sono felice.

E visto che anche per oggi davano pioggia e invece c’è il sole…vi saluto e torno a godermi la mia città, gli amici e un bel pranzetto al sole, fin che dura!

Barbara

 

All'Ancora

All’Ancora

Al Volto

Al Volto

Uno trovato in giro: ma se l'idea del matrimonio ti fa conciare così...non ti sposare!!!

Uno trovato in giro: ma se l’idea del matrimonio ti fa conciare così…non ti sposare!!!

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Tornando verso casa

Tornando verso casa

La vista dalla casa dei nostri amici dove abbiamo ballato in salotto. Grazie Robi e Chicco

La vista dalla casa dei nostri amici dove abbiamo ballato in salotto. Grazie Robi e Chicco

Al Portego, ultima tappa

Al Portego, ultima tappa

Negozio di fiori  Burano

Negozio di fiori Burano

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Burano

Burano

casa di Bepi a Burano

casa di Bepi a Burano

Burano

Burano

Casa di Burano

Casa di Burano

 

Gli ottimi Pierini dell'Harry's Bar

Gli ottimi Pierini dell’Harry’s Bar

 

Coppi di Burano dipinti a mano

Coppi di Burano dipinti a mano

 

Burano

Burano

Burano

Burano

Canoce e gamberetti da Romano a Burano

Canoce e gamberetti da Romano a Burano

Per me Carnevale e' tutti i giorni!

Per me Carnevale e’ tutti i giorni!

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Al Merca

Al Merca

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Una giornata all’aria aperta tra campi, calli e prova costume.

imageStamattina ho aperto la finestra e ho visto il sole!

Se anche quando è brutto non mi manca l’entusiasmo…quando c’è il sole vado in brodo di giuggiole.

In 10 minuti ho preparato borsa per la spiaggia con crema protettiva, asciugamano, pareo, costumi, paletta e secchiello.

In 10 abbiamo fatto colazione e in 10 ci siamo lavati e vestiti.

Totale: 30 minuti

 

Risultato? Ha iniziato a piovere.

Maremma maiala!

Ho mollato la borsa sul pavimento e siamo usciti a fare due passi. Mentre eravamo fuori e’ tornato il sole.

“Allora!? C’è qualcuno che si sta divertendo a prendermi in giro?”

Di corsa a casa a mangiare e poi via in vaporetto con un amichetto e la sua tata.

Direzione? Lido di Venezia, spiaggion.

Tempo di metterci costume e crema e di giocare un’ora, che il sole se ne è andato di nuovo, ma…e’ stato lo stesso bellissimo!

Almeno ho fatto la prova costume e so che devo fare ancora qualche ripetizione, Sigh

Barbara

Borsa per la spiaggia? Prontissima.

Borsa per la spiaggia? Prontissima.

Aspettando il vaporetto

Aspettando il vaporetto

Vaporetto direzione Lido di Venezia, spiaggia

Vaporetto direzione Lido di Venezia, spiaggia

 

 

 

Che gioia, la spiaggia!

Che gioia, la spiaggia!

 

 

 

Lavori in corso? Allora ci fate fare un giretto!

Lavori in corso? Allora ci fate fare un giretto!

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finalmente con i piedi in acquaaaaa

finalmente con i piedi in acquaaaaa

Strana barca/jeep avvistata oggi

Strana barca/jeep avvistata oggi al ritorno dalla spiaggia!